10999 Un Parlamento incostituzionale (parte 3): le motivazioni della Corte Costituzionale

20140115 16:50:00 guglielmoz

La sentenza della Corte Costituzionale in tema di legge elettorale (n. 1/2014) accoglie, in buona sostanza, le motivazioni che la Corte di Cassazione aveva formulato nel redigere l’ordinanza di remissione alla Corte Costituzionale della questione di costituzionalità sorta nel giudizio instaurato da Aldo Bozzi ed altri contro la Presidenza del Consiglio e il Ministero dell’interno per violazione del loro diritto soggettivo al voto derivante dall’introduzione, nel 2005, di norme incostituzionali relative, appunto, alla legge elettorale.

Abbiamo già illustrato, in passato, l’ordinanza di remissione della Corte di Cassazione e già valutato, in prima battuta, gli effetti della sentenza della Corte Costituzionale. Dunque, rispetto a quanto già detto in precedenza cercheremo di aggiungere, sinteticamente, in questa circostanza quei punti maggiormente rilevanti e di novità, per così dire, che fuoriescono dalla lettura delle motivazioni redatte dal giudice costituzionale Tesauro.
In primo luogo, allo stesso modo della Corte di Cassazione, la Corte Costituzionale ribadisce, quanto all’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale, che il giudizio civile in cui è sorto il c.d. incidente di costituzionalità e il giudizio di costituzionalità non coincidono, sebbene l’esito del primo possa comunque dipendere dall’esito del secondo. Ciò che rileva, però, con particolare forza è il fatto che la Corte Costituzionale (par. 2 della sentenza) mette in rilievo, sia pure non contestando le regole che disciplinano le modalità di accesso alla Corte, il carattere fondamentale del diritto di voto protetto dalla Costituzione, la cui tutela è ineludibile per la Corte in ragione dell’interesse del corpo sociale nel campo elettorale e del suo rilievo costituzionale, specialmente tenendo a mente che la normativa elettorale sottoposta a censura pone questo diritto in una condizione di incertezza circa la sua portata effettiva. Ne segue anche per questa via, cioè attraverso un’attività tesa alla protezione dei diritti soggettivi, che la legge elettorale resta sempre sottoponibile al controllo di costituzionalità. Per la Corte, non è possibile pertanto accettare l’esistenza di una zona franca nel sistema di giustizia costituzionale insuscettibile di controllo e costituita dalle leggi elettorali, giacché queste finiscono per incidere proprio su un diritto fondamentale e inviolabile del cittadino, che a sua volta contribuisce a determinare l’assetto democratico complessivo del Paese.
In secondo luogo, per quanto riguarda il merito della questione, in relazione al premio di maggioranza per la Camera (par. 3.1 della sentenza), la Corte parte dalla premessa che il Costituente, seppur esprimendo tramite un ordine del giorno votato all’Assemblea Costituente la sua preferenza per il sistema proporzionale, non ha inteso costituzionalizzare alcuna formula elettorale all’interno della Costituzione, lasciando così al legislatore ordinario il compito di disciplinare la materia elettorale, purché tale disciplina sia conforme a taluni princìpi, a partire da quello dell’eguaglianza del voto di cui all’art. 48 della Costituzione.
La Corte riconosce, per altro verso, la legittimità costituzionale dell’esigenza, espressa nella legge elettorale sottoposta a censura, di assicurare la stabilità delle compagini governative, se del caso provvedendo ad attribuire alla lista o coalizione di liste che ha vinto le elezioni un premio di maggioranza. Ma questo premio di maggioranza non può comprimere oltremodo il principio in base al quale il voto di ogni cittadino deve contribuire in egual misura alla formazione della volontà politica nazionale. Mercé un giudizio di ponderazione tra esigenze diverse tipico dell’operare delle corti costituzionali e fondato sui princìpi di proporzionalità e ragionevolezza, la Corte arriva alla conclusione che il premio di maggioranza delineato dal c.d. Porcellum finisce per alterare la composizione della rappresentanza democratica.
È interessante osservare preliminarmente che la Corte ha ritenuto di agire stante l’inerzia in materia mantenuta dal legislatore nonostante i suoi continui richiami ad esso rivolti, benché in altra sede (ad esempio allorquando la Corte si è espressa nel 2012 in tema di ammissibilità dei referendum sulla legge elettorale). Anche quello ora in discussione resta un meccanismo tipico di funzionamento della Corte Costituzionale. Piuttosto, vi è da chiedersi come mai, nelle sue modalità organizzative e di funzionamento, il Parlamento non riesca ad essere reattivo e ad agire allorché la Corte sottopone alla sua attenzione delle questioni rilevanti che andrebbero risolte al più presto.
Va aggiunto, poi, che la Corte ha rilevato la mancanza di una soglia minima raggiunta la quale far scattare il premio di maggioranza. Più in particolare, la Corte ha notato come la formula usata nel Porcellum finisca persino addirittura per compromettere il sistema di base adottato dal Parlamento nel 2005, ossia il sistema proporzionale. In altre parole, ciò che si vuole mettere in evidenza è che, contrariamente alla vulgata diffusa dai mezzi di informazione, il nostro sistema elettorale è fondato sul principio del proporzionale corretto con premio di maggioranza. Non siamo allora in presenza di un sistema maggioritario, al contrario di ciò che molti fingono di credere. Siamo in presenza di un sistema proporzionale, che però in maniera fortemente illogica, ovverosia senza prevedere per l’appunto una soglia minima, è stato violentemente e sproporzionatamente trasformato in maggioritario attribuendo un premio di maggioranza a una lista, o coalizione di liste, malgrado il fatto che questa potenzialmente possa raccogliere addirittura pochi voti, per ottenere il premio di maggioranza bastando il fatto che la lista in questione ne raccolga uno in più dei suoi concorrenti.
Se si adotta, cioè, il proporzionale, che è volto per definizione a garantire prima la rappresentatività e poi la stabilità di governo, non si può poi aggiungervi un congegno (o piuttosto un ordigno) di questo tipo che finisce per stravolgere, senza meccanismi correttivi adeguati, la ratio di base del sistema. Di qui anche il fatto che la legge elettorale del 2005, voluta dal centrodestra, non abbia superato il test di ragionevolezza e proporzionalità impiegato dalla Corte.
Amareggia peraltro notare come in alcuni commenti, ancorché provenienti da non specialisti, si sia detto che la Corte ha impropriamente fatto riferimento a giurisprudenze straniere, in particolare a quella elettorale del Bundesverfassungsgericht. A parte che questo è una modalità consueta di operare delle corti costituzionali, il rinvio della Corte Costituzionale italiana alla sentenza n. 3/11 della Corte Costituzionale tedesca del 25 luglio 2012 non pare affatto improprio, se solo si consideri che il sistema elettorale tedesco è di impianto proporzionalista corretto col maggioritario nel quadro di un sistema costituzionale che, al pari di quello italiano, non codifica la formula elettorale.
Relativamente ai premi di maggioranza per il Senato, la Corte Costituzionale ha adottato motivazioni del tutto eguali a quelle usate per la Camera e già formulate dalla Cassazione e dunque non vale la pena di tornarci sopra. Bisogna tuttavia sottolineare un punto rimarcato dalla Corte nel par. 4 della sua sentenza relativo alla modalità di formazione del tutto casuale della maggioranza al Senato risultante dalla composizione di premi di maggioranza attribuiti in modo non eguale su base regionale. Da qui deriva, evidentemente, il fatto che si possano formare due maggioranze diverse alla Camera e al Senato, con cui si finisce per compromettere il funzionamento delle Camere, entrambe chiamate a esercitare paritariamente la funzione legislativa e a concedere la fiducia al Governo. Di recente, si è udita un’argomentazione contraria al bicameralismo perfetto dal momento che, in presenza di due maggioranze diverse, il Governo non può più funzionare, atteso che la fiducia deve essere concessa da entrambe le camere ed esse esercitano lo stesso potere legislativo. Ma occorrerebbe rammentare che se ciò è successo non è responsabilità della Costituzione, perché quando era in vigore la legge proporzionale o comunque anche la legge elettorale c.d. Mattarellum, un simile fenomeno era impossibile a prodursi. Le due camere hanno sempre avuto maggioranze analoghe. Quindi, la distorsione in parola è stata causata unicamente dalla legge elettorale.
Non sembra legittimo, allora, adoperare un argomento come questo per invocare una riforma del ruolo paritario delle Camere, quando è del tutto evidente che questo meccanismo è stato costruito proprio con l’obiettivo di delegittimare il sistema bicamerale cercando di dimostrare ai cittadini comuni che il sistema così come prefigurato dalla Costituzione non funziona e non è adeguato ai tempi. Ciò che ne ha pregiudicato il funzionamento, piuttosto, è stata con ogni evidenza la legge elettorale in quanto, appunto, incostituzionale.[img]http://cambiailmondo.files.wordpress.com/2013/05/parlamento-incostituzionale.jpg?w=225&h=126[/img]
Circa il voto di preferenza, la Corte ha incentrato il suo ragionamento sul ruolo che spetta al cittadino, che è libero di associarsi in partiti per concorrere democraticamente alla formazione dell’indirizzo politico nazionale, nel sistema di voto. In pratica, deve esistere un raccordo tra partiti e cittadini nella manifestazione della volontà politica. Il che significa che, da una parte, i partiti organizzano le liste, ma dall’altra il cittadino deve essere messo in condizione di poter esprimere la sua preferenza sia per un partito che per i candidati, diversamente dal sistema individuato col Porcellum, risultandone altrimenti coartata la sua libertà di voto. Ne discende l’illegittimità dell’assenza di preferenze, mentre la Corte lascia trasparire (par. 5.1 della sentenza) la potenziale legittimità di sistemi elettorali in cui le liste siano solo parzialmente bloccate (alla stessa stregua, sembrerebbe di potersi affermare, del sistema elettorale regionale) o in cui le circoscrizioni elettorali siano talmente piccole da rendere possibile, per il cittadino, quantomeno la conoscenza dei candidati. Col sistema in vigore fino al 13 gennaio 2014, essendo le circoscrizioni elettorali molto vaste, i cittadini non potevano conoscere i candidati presentati dai partiti, cosicché il loro voto si risolveva automaticamente nel voto solamente a una lista i cui candidati venivano eletti secondo l’ordine di lista impostato dal partito presentatosi alle elezioni. È chiaro, viceversa, che in circoscrizioni più piccole, dove la conoscibilità è maggiore, l’elettore si trova perlomeno nella possibilità di collegare più direttamente lista e candidati e dunque anche di rifiutare la lista anche sulla base della motivazione che i suoi candidati gli risultano sgraditi.
La Corte ha, infine, ribadito quanto anche noi avevamo già notato, ovverosia che la sua pronuncia non si estende ai rapporti già esauriti con l’elezione, sicché non è contestabile per questa strada l’elezione di parlamentari eletti col premio di maggioranza, all’opposto di quanto sostenuto, ancora non ci capisce sulla base di quali fondamenti giuridici, dall’On. Brunetta, né che gli atti posti in essere dai parlamenti eletti col Porcellum, in funzione del principio di continuità dello Stato, siano censurabili.
Ora, non resta che sperare (invano?) che la nostra classe politica colga, una buona volta, il messaggio della Corte Costituzionale e inizi, a partire dalla legge elettorale, a elaborare norme che, pure nella discrezionalità che legittimamente spetta agli organi di governo ed elettivi, siano conformi ai princìpi della nostra bella Costituzione. (mgzKarl )

 

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