10994 2. NOTIZIE dall’ITALIA e dal MONDO 11 gennaio 2014

20140111 00:41:00 guglielmoz

ITALIA – Crisi, si risparmia su cibo e benzina per pagare ticket, affitti e bollette. Uno studio di Prometeia.
PIANO DI SORRENTO. Ha fatto un certo effetto il silenzio sulla morte di GAETANO PAGANO di MELITO avvenuta pochi giorni fa. Eppure si tratta dell’unico italiano che abbia partecipato attivamente e in armi alla rivoluzione cinese, e di un amico fraterno di FIDEL CASTRO, OLOF PALME, AMILCAR CABRAL, AGOSTINHO NETO e SAMORA MACHEL.
VATICANO – sul tema delle coppie omosessuali il dibattito è aperto anche nella chiesa di papa Francesco.
EUROPA – GRECIA E PORTOGALLO austerity, in Grecia e Portogallo la mannaia su sanità e pensioni: economisti: "cancellare il debito
AFRICA & MEDIO ORIENTE – Rep. CENTROAFRICANA . Bisogno di assistenza / Alla fine di dicembre vari paesi africani, dal Mali alla Nigeria, hanno cominciato a rimpatriare migliaia di loro connazionali dalla Repubblica Centrafricana, dove la situazione di sicurezza è ancora incerta
ASIA & PACIFICO – INDIA . Presa NEW DELHI L’AAP PUNTA al resto del paese / Sidharth Bhati a, The Asian Age, India
AMERICA CENTROMERIDIONALE – PANAMA. Disputa sul canale. Il 6 dicembre la ministra spagnola dei lavori pubblici Ana Pastor si è recata a Panama per risolvere la controversia tra l’Autorità per il canale di Panama
AMERICA SETTENTRIONALE – NYC/ Wall Street journal / oceano, un mare di acqua nucleare: l’inchiesta del Wall Street journal /

ITALIA
ROMA
CRISI, SI RISPARMIA SU CIBO E BENZINA PER PAGARE TICKET, AFFITTI E BOLLETTE. UNO STUDIO DI PROMETEIA / I 5 anni della crisi hanno profondamente modificato le dinamiche della spesa delle famiglie per i singoli beni e servizi con un aumento di circa 650 euro per le spese obbligate per la casa (affitti, utenze) e per la cura del futuro (sanitarie, finanziarie, di protezione sociale) mentre di Prometeia. Secondo il Rapporto di Prometeia, le piu’ penalizzate sono state, in particolare, le spese per la mobilità (mezzi, loro gestione e manutenzione e servizi) che nei 5 anni (2008-2013) si sono ridotte di circa 800 Euro a famiglia e quelle per l’alimentazione domestica che si sono ridotte di circa 200 euro a famiglia.
Per effetto dell’accresciuta diseguaglianza di redditi e ricchezza, inoltre, secondo l’indagine, sono state premiate spese quali quelle per i servizi di pulizia della casa, mentre quelle per mobili ed elettrodomestici sono risultate in calo. Meno penalizzate dalla crisi e sostanzialmente in linea con
il trend fisiologico, invece, le spese legate alla cultura e al tempo libero (beni e servizi per la comunicazione e ricreativi e culturali, pubblici esercizi, alberghi, etc.). Tale evoluzione, oltre a risentire dei positivi contributi del turismo straniero in Italia, piu’ rilevanti che in altri settori, testimonia anche come alcune voci di spesa, quali i nuovi device di telefonia (smarthpone) e informatici (tablet), abbiano beneficiato di maggiori spazi nelle preferenze dei consumatori, grazie all’elevata capacita’ di innovazione dell’offerta.
I 5 anni della crisi hanno profondamente modificato le dinamiche della spesa delle famiglie per i singoli beni e servizi con un aumento di circa 650 euro per le spese obbligate per la casa (affitti, utenze) e per la cura del futuro (sanitarie, finanziarie, di protezione sociale) mentre sono scese le spese per per cibo e mobilità. E’ quanto risulta dall’ultimo Rapporto Club Consumo di Prometeia. Secondo il Rapporto di Prometeia, le piu’ penalizzate sono state, in particolare, le spese per la mobilità (mezzi, loro gestione e manutenzione e servizi) che nei 5 anni (2008-2013) si sono ridotte di circa 800 Euro a famiglia e quelle per l’alimentazione domestica che si sono ridotte di circa 200 euro a famiglia. Per effetto dell’accresciuta diseguaglianza di redditi e ricchezza, inoltre, secondo l’indagine, sono state premiate spese quali quelle per i servizi di pulizia della casa, mentre quelle per mobili ed elettrodomestici sono risultate in calo. Meno penalizzate dalla crisi e sostanzialmente in linea con il trend fisiologico, invece, le spese legate alla cultura e al tempo libero (beni e servizi per la comunicazione e ricreativi e culturali, pubblici esercizi, alberghi, etc.). Tale evoluzione, oltre a risentire dei positivi contributi del turismo straniero in Italia, piu’ rilevanti che in altri settori, testimonia anche come alcune voci di spesa, quali i nuovi device di telefonia (smarthpone) e informatici (tablet), abbiano beneficiato di maggiori spazi nelle preferenze dei consumatori, grazie all’elevata capacita’ di innovazione dell’offerta.

PIANO DI SORRENTO
L’ITALIANO CHE FECE LA RIVOLUZIONE CINESE. / Personaggi. Con Gaetano Pagano di Melito, scomparso nei giorni scorsi, se ne va un internazionalista di lungo corso, grande e schivo. Al fianco di Mao nel 1949, diventò amico personale di Fidel Castro e Olof Palme. Sue le immagini della battaglia di Cuito Canavale, in Angola, che inchiodarono il regime razzista sudafricano
Ha fatto un certo effetto il silenzio sulla morte di GAETANO PAGANO DI MELITO avvenuta pochi giorni fa. Eppure si tratta dell’unico italiano che abbia partecipato attivamente e in armi alla rivoluzione cinese, e di un amico fraterno di FIDEL CASTRO, OLOF PALME, AMILCAR CABRAL, AGOSTINHO NETO e SAMORA MACHEL.
Nato nel 1928 da famiglia nobile di diplomatici, si trova tra Giappone e Cina giovanissimo e proprio lì aderisce all’esercito maoista e partecipa alla rivoluzione vittoriosa del 1949. Laureatosi in ingegneria navalmeccanica, si trasferisce in Svezia e fa la spola con Cuba come tecnico volontario. Diventa un personalissimo amico di Fidel Castro a Cuba e più tardi in Svezia diventa un volto popolare del giornalismo televisivo per i suoi reportage dall’Africa. Memorabili le sue riprese in Angola: quelle della battaglia di Cuito Canavale in particolare mettono con le spalle al muro il governo sudafricano dell’apartheid. Il primo ministro svedese Olof Palme diventa un suo estimatore e amico, tanto da allacciare forti relazioni con Cuba e con i governi rivoluzionari delle ex colonie portoghesi in Africa. Sicuramente ci fu lo zampino di Pagano di Melito nell’epico discorso di Olof Palme contro l’apartheid all’Avana davanti a una gremita Piazza della Rivoluzione.
Negli ultimi trenta anni di vita Pagano è ritornato al suo paese di origine, Piano di Sorrento, dove con la moglie Britte Jansson ha condotto una vita estremamente riservata; forse troppo schiva, tanto che in molti si sono dimenticati di lui. La sua stretta amicizia con Fidel Castro gli permise (tra i pochissimi) un incontro a Roma col lider maximo in occasione della visita di Fidel a Papa Woytila. Ha ottenuto riconoscimenti in Angola, Mozambico, Guinea-Bissau, Capo Verde, Cuba, Svezia e Cina popolare.
Pochi mesi prima della sua morte è stata pubblicata una sua biografia di Chiara Bianca Maturo, alla quale ha rivelato aneddoti e dettagli storici di notevole importanza.

VATICANO
SUL TEMA DELLE COPPIE OMOSESSUALI IL DIBATTITO È APERTO ANCHE NELLA CHIESA DI PAPA FRANCESCO.
La posizione del magistero ufficiale non è cambiata: le relazioni omosessuali sono «gravi depravazioni», l’unica via di salvezza resta la «castità», «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati» e «con­trari alla legge naturale», non sono il frutto di una vera complementarietà affettiva e sessuale, in nessun caso possono essere approvati», ricorda il Catechismo della Chiesa cattolica. Tuttavia è innegabile che quello che era un tabù, soprattutto durante i pontificati di Karol Wojtyla e Joseph Ratzinger, da quando Jorge Mario Bergoglio è salito sulla cattedra di Pietro è diventato argomento di discussione e confronto.
Il tema lo ha rilanciato papa Francesco anche nel colloquio con i superiori delle congregazioni religiose maschili pubblicato ieri da Civiltà Cattolica in un lungo arti­colo fir­mato dal diret­tore del quin­di­cinale dei gesuiti, padre Antonio Spadaro (anche se, siccome l’incontro è avvenuto il 29 novembre, interpretarlo come un inserimento papalino nel dibattito politico di questi giorni è assolutamente fuori luogo).
Parlando dell’educatore che deve «essere all’altezza delle persone che educa» e interrogarsi su come annunciare il Vangelo «a una generazione che cambia», Bergoglio rievoca un episodio accaduto a Buenos Aires: «Ricordo il caso di una bambina molto triste che alla fine confidò alla mae­stra il motivo del suo stato d’animo: la fidanzata di mia madre non mi vuole bene». Chiosa Bergoglio: «Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Come annunciare Cristo a questi ragazzi e ragazze? Bisogna stare attenti a non somministrare ad essi un vaccino contro la fede».
Leggere queste parole come un’apertura alle coppie omoses­suali — come pure qualcuno ha fatto — pare forzato. Di sicuro però la questione viene affrontata in termini più problematici del pas­sato. Come del resto già papa Francesco aveva fatto in estate, di ritorno dalla Giornata mondiale della gioventù a Rio de Janeiro, quando in aereo, parlando con i giornalisti, aveva pronunciato la frase che innescò il dibattito: «Chi sono io per giudicare un gay?». Ribadita, e approfondita, nella lunga conversazione con padre Spadaro pubblicata da Civilità cattolica a settembre (e poi in un libro edito da Rizzoli).
«Se una per­sona omo­ses­suale è di buona volontà ed è in cerca di Dio, io non sono nes­suno per giudicarla. Dicendo questo io ho detto quello che dice il Catechismo», puntualizza Bergoglio. «Una volta una persona mi chiese se approvavo l’omosessualità. Io allora — prosegue papa Francesco — le risposi con un’altra domanda: Dio quando guarda a una per­sona omosessuale ne approva l’esistenza con affetto o la respinge condannandola? Bisogna sempre considerare la persona» e «accompagnarla a partire dalla sua condizione».
La linea sembra chiara: fermezza nella dottrina — del resto Bergoglio da vescovo di Buenos Aires fu uno dei più strenui oppositori della legge che nel 2011 approvò le unioni tra persone dello stesso sesso, definendola frutto della «invidia del demonio» — ma atteggiamento pastorale meno rigido e più inclusivo.
Nel questionario preparato dal Vaticano per interpellare i cattolici di tutto il mondo su temi caldi come le coppie omosessuali e i divorziati in vista del Sinodo straordinario dei vescovi sulla famiglia in programma per otto­bre 2014, un intero blocco di domande è dedicato alle «unioni di persone dello stesso sesso». «Qual è l’atteggiamento delle Chiese locali di fronte alle persone coinvolte in questo tipo di unioni? Quale attenzione pastorale è possibile avere» nei loro confronti?», viene chiesto. E molti di coloro che hanno inviato le risposte ai loro vescovi e in Vaticano — parrocchie, gruppi di base, singoli fedeli — hanno espresso pareri in netta difformità rispetto alle posizioni ufficiali. Allora proprio il Sinodo potrà essere l’occasione per verificare se le parole problematiche di papa Bergoglio, oltre a manifestare le buone intenzioni di una prassi pastorale più inclusiva ma in un quadro dottrinale di condanna immutato, comporteranno anche un aggiornamento delle ermeneutiche bibliche e soprattutto del magistero. Senza questi passaggi le aperture resteranno dimezzate.

EUROPA
ELEZIONI EUROPEE
CON TZIPRAS PER UNA NUOVA EUROPA. MA SI PARTA COL PIEDE GIUSTO / Sembra che l’appello di Barbara Spinelli per una lista alle elezioni europee collegata alla candidatura di Alexis Tzipras per la presidenza della Commissione Ue stia incontrando molto interesse in alcuni ambienti intellettuali e politici del nostro paese. Il ragionamento che si fa è più o meno questo: l’Europa così com’è appare sempre più in preda ad una malattia autoimmune, tutte le sue forze sono protese a distruggere se stessa, a negare una prospettiva di futuro alle nuove generazioni; finora la lotta all’austerità ha visto solo il protagonismo di forze di destra, che l’hanno declinata in chiave regressiva.
Ragionamento condivisibile, non c’è dubbio. C’è il rischio che le prossime elezioni per il rinnovo del parlamento di Strasburgo, in assenza di una proposta democratica e di sinistra di fuoriuscita dalla gabbia dell’austerità, facciano registrare un’affermazione record di movimenti e partiti populisti, nazionalisti, neofascisti, xenofobi, razzisti, in tutta Europa, Italia compresa.
Tra il pigro, o interessato, europeismo di maniera e le pulsioni neo autoritarie della galassia populista c’è bisogno, allora, di una proposta politica che contrapponga alla religione del pareggio di bilancio l’idea di un’Europa sociale, in cui l’uomo, il lavoro, i diritti, la dignità, vengono prima di un decimale di deficit sul Pil.
In Italia tale esigenza è ancora più stringente, stante il dissolvimento cui è andata incontro la sinistra politica in questi anni. Il problema è, tuttavia, come e da dove partire. Le recenti esperienze di liste unitarie a sinistra sono state un disastro, e su questo concordiamo tutti. Penso che siamo tutti d’accordo anche sul fatto che mai più una lista unitaria della sinistra alternativa potrà essere costruita in camera caritatis da piccole oligarchie autoreferenziali, com’è accaduto con la disgraziata vicenda di Rivoluzione civile.
Più persuasiva, da questo punto di vista, si presenta la proposta, avanzata dalla stessa Barbara Spinelli, di dare vita ad una lista civica nazionale, aperta, inclusiva, in cui possano ritrovarsi "cittadini attivi", intellettuali, uomini e donne espressione di forze politiche e movimenti che si sono distinti in questi anni per le loro battaglie sociali, contro le politiche neoliberiste e pro-cicliche dei governi che si sono succeduti in questi anni. Una lista non costruita a tavolino dai leader dei cosiddetti "partitini" della sinistra radicale, ma nemmeno chiusa al loro contributo paritario, che non potrebbe essere unicamente di idee, beninteso. Voglio essere più esplicito: credo che Flores d’Arcais sbagli quando punta l’indice contro alcune formazioni della sinistra, a cominciare da Rifondazione comunista, asserendo apoditticamente che un’alleanza con esse sarebbe di per sé fatale ad un progetto politico-elettorale come quello proposto dalla Spinelli.
Proprio l’esperienza di Syriza dimostra come una buona sintesi tra movimenti e forze organizzate da un lato e società civile dall’altra possa rivelarsi oltremodo proficua in termini elettorali. Nel caso specifico poi, stiamo parlando di soggetti politici che appartengono al partito della Sinistra Europea, proprio il raggruppamento delle forze della sinistra antiliberista che all’ultimo congresso di Madrid hanno scelto Alexis Tzipras come candidato unitario alla presidenza della Commissione. Circostanza, questa, che pone anche dei problemi "pratici" in ordine al profilo che la lista dovrebbe assumere. Ma tant’è’è.
Casomai il vero problema è il "come", ed in che tempi, si arriva a strutturare un progetto di questo tipo. La mia opinione è che nel più breve tempo possibile debba essere lanciato un manifesto per la lista a sostegno di Alexis Tzipras, i cui promotori potrebbero essere, come è stato per la manifestazione del 15 ottobre scorso, un gruppo di intellettuali, con in testa la stessa Barbara Spinelli. Il tempo di raccogliere le dovute adesioni, in forma individuale o collettiva, e via subito con un grande appuntamento nazionale, molto partecipato, migliaia di persone che si danno appuntamento a Roma, per il varo del nuovo soggetto politico-elettorale. Per le candidature, essendo previste le preferenze, non ci sarebbe il problema di accaparrarsi posizioni di vertice nelle liste per garantirsi un’elezione sicura: sceglierebbero i cittadini chi mandare a Strasburgo. Chi candidare? Ampio spazio a giovani, donne, intellettuali, portatori di esperienze di lotta e di solidarietà, personalità significative del mondo della cultura, dirigenti politici di prestigio.
Sui contenuti non tutti la pensiamo esattamente allo stesso modo, si sa. Ci sono diverse opinioni sull’Euro, sulla necessità o meno di una maggiore integrazione politica e sul suo significato, ci sono tra noi europeisti spinti ed europeisti prudenti, anche qualche disilluso. Siamo però tutti d’accordo che l’Europa mercantilista a trazione tedesca, che ha nell’ossessione del deficit la sua cifra essenziale, che risponde alla crisi con politiche recessive, che impone tagli alla spesa sociale e destruttura il mercato del lavoro solo a vantaggio dell’impresa, che salva le banche impoverendo la popolazione, che priva i più deboli, bambini compresi, dell’assistenza sanitaria, che non valorizza l’intelligenza e la competenza dei giovani, che usa la crisi, insomma, come metodo di governo, per ridistribuire verso l’alto la ricchezza, deve essere cambiata, profondamente cambiata. Ed è quello che pensa in fondo la maggioranza del popolo italiano.
Non vorrei però, e sono sicuro che sono in tanti a pensarla come me, che nel mentre si discutesse su chi dovrebbe – o non dovrebbe – salire a bordo della nave, la stessa si inabissasse prima ancora di rompere gli ormeggi. Col risultato di lasciare a Grillo, a Berlusconi, a Salvini, alla ricomposta ciurma postmissina dei vari Alemanno, Meloni, La Russa, il compito di rappresentare l’Italia stremata dal combinato disposto di crisi ed austerità di questi anni.

GRECIA E PORTOGALLO
AUSTERITY, IN GRECIA E PORTOGALLO LA MANNAIA SU SANITÀ E PENSIONI: ECONOMISTI: "CANCELLARE IL DEBITO" / L’Austerity in Europa ormai sembra essere un’automobile impazzita lanciata a grande velocità nel traffico cittadino. Le ultime notizie che arrivano da Grecia e Portogallo non solo non sono rassicuranti ma lasciano intravedere un accanimento cieco per far quadrare i conti. Mentre ad Atene, che il 15 riceverà l’ennesima visita della Troika, si sta parlando di introdurre un ticket di 25 euro sui ricoveri ospedalieri, a Lisbona vogliono effettuare un prelievo forzoso sulle pensioni. Per non parlare dell’Italia che vede crescere la tassazione delle imprese al 65%. Intanto, anche alcuni economisti di Harvard sottolineano che il rischio default per molti paesi occidentali si può evitare solo con la cancellazione del debito.
GRECIA E PORTOGALLO SPREMONO IL SANGUE
Nonostante la bocciatura della Corte Costituzionale dei tagli delle pensioni dei funzionari pubblici, il Governo lusitanoci riprova con una rapina da 388 milioni di euro sull’assegno previdenziale. In questo modo spera di raggiungere l’obbiettivo del 4% nel rapporto deficit-Pil del 2013, condizione necessaria per lo sblocco della tranche da 2,7 miliardi di euro prevista dal piano di aiuti di Ue, Bce ed Fmi.
In Grecia, tuttavia, si parla anche di licenziamenti del pubblico impiego. Ma su questo il Governo ha incontrato il muro contro muro con i medici dell’Ente Nazionale per le Prestazioni Sanitarie (Eopyy), che si battono da mesi contro la decisione del governo di mettere in mobilita’ circa 1.000 medici. L’Associazione dei medici dell’Ente ha infatti deciso di proseguire la mobilitazione – cominciata il 25 novembre e gia’ estesa piu’ volte sino a dopodomani – per altri sette giorni, sino al 10 gennaio "per difendere l’onore della categoria". Il sindacato che rappresenta i medici in sciopero ha reso noto che in tutti gli ospedali uno staff di sanitari ridotto continuera’ ad assicurare i soccorsi d’urgenza. L’estensione dello sciopero e’ stata decisa dopo che i rappresentanti dei medici hanno espresso il proprio disappunto circa l’andamento dei negoziati con il ministero della Sanita’ al termine di un ennesimo incontro con il sottosegretario Antonis Bezas le cui proposte per l’inserimento dei medici dell’Eopyy nel sistema assistenziale nazionale sono state definite "offensive".
EUROZONA IN FRANTUMI
Tra l’altro il rischio dell’uscita della Grecia dall’eurozona esiste ancora. A sostenerlo, in un editoriale scritto per l’edizione domenicale del quotidiano ateniese To Vima (La tribuna), e’ l’ex primo ministro socialista greco Costas Simitis. "In Germania, in Austria, in Olanda e in diversi altri Paesi dell’Europa – scrive Simitis – gran parte della popolazione considera eccessiva la solidarieta’ verso la Grecia e chiede la sua uscita dalla zona dell’euro. Lo scenario di Ifigenia, il sacrificio della Grecia per il ritorno del ‘vento propizio’ nella zona dell’euro, rimane verosimile soprattutto perche’ il debito pubblico non e’ sostenibile e non e’ possibile che esso sia ridotto al 124% del Pil entro il 2020 come e’ previsto nei Memorandum" firmati da Atene con i creditori internazionali. Il finanziamento della Grecia, secondo l’ex premier, e’ stato fatto in modo tale che ha provocato il crollo del Paese perche’ "le misure imposte dai creditori internazionali non erano state studiate bene". "Molti greci, portoghesi e spagnoli – conclude Simitis – ritengono che il loro Paese debba essere liberato dalla presenza dei controllori dell’Unione europea e dagli impegni assunti, e che cio’ debba essere fatto prima possibile".
ECONOMISTI: "CANCELLARE IL DEBITO"
Considerazioni che vanno nella stessa direzione di due economisti di Harvard, Reinhart e Rogoff, che parlano di rischio default per molte economie avanzate, che saranno costrette, in qualche modo, a prendere provvedimenti estremi come la tassazione del risparmio e spingere sul pedale dell’inflazione. Uno studio pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale, e firmato da due noti economisti di Harvard, Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, spazza via in questo modo le ‘illusioni’ di chi confida nella crescita economica come via d’uscita al problema del debito pubblico. "La dimensione del problema sembra indicare che saranno necessarie ristrutturazioni, ad esempio nei paesi periferici dell’Europa , di livelli ben superiori a quanto discusso finora in pubblico", scrivono Reinhart e Rogoff. A livello di Eurozona, quindi, lo studio del Fondo Monetario sembra indicare a Germania e altre economie ‘virtuose’ la necessita’ di accettare subito la cencellazione di parte del debito di alcuni paesi periferici (come gia’ avvenuto con la Grecia) invece di cercare di guadagnare tempo con una sotterranea mutualizzazione del debito .
Fra gli esempi storici di cancellazione del debito, quello attuato dagli Usa nei confronti dei debiti contratti dai paesi europei durante la prima guerra mondiale, un taglio che nel caso dell’Italia era stato pari al 19% del Pil dell’epoca. Ma gli stessi Stati Uniti nel 1933, con l’abbandono del sistema aureo, in realta’ – ricorda lo studio – imposero ai propri creditori un taglio del debito pari al 16% del Pil.
GRECIA
PRESIDENZA A RISPARMIO / J. Chaffin, Financial Times, Regno Unito
IL 1 gennaio 2014 la Grecia ha assunto la presidenza “semestrale” dell’Unione europea, che non sarà certo all’insegna delle spese pazze. Il governo si comporterà come una famiglia che deve organizzare un matrimonio frugale: il paese è nel sesto anno di re-cessione, le casse sono vuote e la disoccupazione è al 30 per cento. Per il semestre europeo, il premier Antonis Samaras (nella foto con il presidente della Commissione europea José Bar-roso) ha stanziato 50 milioni di euro, meno di quanto hanno spesso i paesi predecessori, Irlanda, Cipro, Danimarca e Lituania. Ma le autorità sperano che alla fine il conto sarà ancora minore. I greci hanno trovato un modo facile per tagliare le spese. Limiteranno a 13 il numero degli eventi organizzati nel loro paese, facendo in modo che il grosso del lavoro rimanga a Bruxelles. Tutti gli incontri greci, inoltre, saranno ad Atene, una novità rispetto all’abitudine di organizzare gli eventi in località diverse. La Grecia deve affrontare anche un problema supplementare: le elezioni europee di maggio renderanno il governo incapace di funzionare. E potrebbero anche segnare il successo dei partiti euroscettici.

SPAGNA
MADRID
L’infanta Cristina di Borbone, figlia dei reali di Spagna, è stata citata in giudizio dal tribunale di Palma di Maiorca, che indaga sul cosiddetto scandalo Noos, in cui è coinvolto il marito, Inaki Urdangarin. Cristina è accusata di frode fiscale e riciclaggio. In particolare, sarebbe stata complice nel dirottamento di milioni di euro pubblici dalla fondazione Noos (che fa capo a Urdangarin, ex giocatore di pallamano) verso la Aizoon, la loro azienda di famiglia. Secondo ElMundo, l’udienza, fissata per f 8 marzo, potrebbe chiudersi con l’incriminazione della principessa, un fatto del tutto inedito nella storia della monarchia spagnola.
SPAGNA
II governo ha approva il 20 dicembre un progetto di legge che limita fortemente il diritto d’aborto. La legge deve essere ancora approvata dal pa lamento, dove il Partito popola re ha la maggioranza assoluta.

FRANCIA
IL COMICO ANTISEMITA
A qualche giorno dall’inizio della sua tournée, il governo francese sta cercando di bloccare gli spettacoli del comico Dieudonné M’bala M’bala (nella foto), noto per le sue provocazioni antisemite e per aver inventato il gesto della quenelle, una specie di saluto romano rovesciato. Il 6 gennaio il ministro dell’interno Manuel Valls ha invitato i prefetti ad applicare in modo "inflessibile" la legge che permette di vietare degli eventi in caso ci sia il "rischio di turbare l’ordine pubblico". Una misura difficile da applicare, scrive Le Monde, "perché è complicato provare in modo preventivo l’effettiva esistenza di un rischio". Inoltre gli avvocati di Dieudonné "hanno annunciato che impugneranno tutti i divieti, come hanno fatto con successo finora". Nella questione è intervenuto anche il presidente Francois Hollande, il quale ha chiesto che Dieudonné sia costretto a pagare le numerose multe che ha ricevuto e che si è rifiutato di saldare.

GERMANIA
Amburgo sotto controllo
Dal 4 gennaio la polizia di Amburgo può effettuare perquisì-1 zioni, fermi e controlli preventivi a St. Pauli, Altona e nello Schanzenviertel. Questi quar-1 tieri sono stati dichiarati "zone rischio" in seguito agli scontri avvenuti a dicembre tra la poli-zia e un gruppo di autonomi contrari allo sgombero del centro sociale Rote Flora. "Le zona rischio sono previste da una legge del land di Amburgo", spiega la Süddeutsche Zei-tung, "ma di solito sono usate | per poche ore, in coincidenza < eventi particolari". La misurai stata decisa da un'amministra-zione socialdemocratica, in contrasto con l'azione dell'Sp livello centrale. Segno che "il partito ha bisogno di tornare all'abc dei diritti civili". LETTONIA II 1 gennaio la Lettonia è diventata il diciottesimo paese ad adottare l'euro. Pochi | giorni dopo l'economista Lair dota Straujuma è stata incarica ta di formare un governo. BULGARIA-ROMANIA Dal 1 gennaio i lavoratori dei due paesi possono trasferirsi liberamente a lavorare in tutti i paesi dell'Unione europea. RUSSIA SOCHI 2014: DECRETO PUTIN, VIETATE MANIFESTAZIONI SPONTANEE / A Sochi, durante i prossimi Giochi invernali, non si potrà manifestare ne tenere meeting senza autorizzazioni. Vladimir Putin ha firmato un decreto sull'onda delle preoccupazioni suscitate dagli attentati di Volgograd, che il 29 e 30 dicembre scorso fecero 24 morti nell'antica Stalingrado. Proprio la sicurezza, infatti, rischia di rivelarsi uno dei punti deboli dell'organizzazione dei Giochi, che potrebbero rivelarsi per Putin un autogol in termini di immagine sul piano internazionale. A Sochi saranno presenti circa 50.000 tra agenti di polizia e altre unita' delle forze dell'ordine. GRAN BRETAGNA UN MILIONE DI STUDENTI SCHEDATI GRAZIE AL FURTO DELLE IMPRONTE DIGITALI / Oltre un milione di studenti delle scuole secondarie inglesi (medie e superiori) sono stati schedati dal 2012 con la raccolta delle impronte digitali, i dati registrati in un archivio per gli insegnanti ma cui possono accedere via web anche ai genitori per controllare presenze e spostamenti dei figli. Lo rivela un'organizzazione per la difesa delle libertà civili, il 'Big Brother Watch', denunciando che in alcuni casi i rilevamenti biometrici vengono effettuati sui ragazzi a loro insaputa e senza l'autorizzazione dei genitori. I responsabili scolastici si difendono affermando che si tratto solo di un ''sistema discreto'' per gestire gli studenti in alcune delle normali attivita' scolastiche, come ''assicurarsi che restituiscano i libri presi in prestito dalla biblioteca o che abbiano il pasto in mensa''. Sdrammatizzano ritenendolo un metodo pratico visto che, sottolineano alcuni ''i ragazzi non si perdono le dita ma molto spesso smarriscono le loro tessere magnetiche''. L'organizzazione che ha diffuso i dati contesta tuttavia la pratica che trova diseducativa, in quanto potrebbe indurre gli studenti a ritenere normale essere schedati. Preoccupa inoltre l'uso potenziale del database delle scuole, con il timore che le aziende che forniscono la tecnologia necessaria per questo sistema possano anche usare i dati ad altri scopi, soprattutto se le informazioni non vengono cancellate in seguito. LONDRA RIOTS 2011, LEGITTIMO L’OMICIDIO DUGGAN / Rabbia, sgomento e protesta: così è stata accolta da familiari e opinione pubblica la notizia secondo la quale l’omicidio di Mark Duggan, l’uomo di colore di 29 anni, colpito in una sparatoria con due agenti nell’agosto 2011 a Tottenham, sarebbe stato «legittimo». Da quell’uccisione si erano scatenati i violenti scontri di Londra nell’estate del 2011. La decisione è arrivata dalla Royal Courts of Justice. Secondo la giuria l’uomo era disarmato quando è stato colpito a morte, ma solo perché si sarebbe disfatto pochi istanti prima di un’arma. Alla lettura della sentenza la folla davanti al tribunale ha reagito con rabbia. I familiari del ragazzo morto hanno annunciato che la loro lotta per la verità proseguirà, un uomo tra il pubblico ha urlato che «la vita di un uomo nero non vale niente». Gli avvocati di Duggan — al termine dell’udienza — hanno specificato: «non aveva armi, si è trattato di un’esecuzione». IRLANDA DOMANI VENDE BOND STATO 10 ANNI. SPREAD PIÙ AFFIDABILE DELL'ITALIA / L'Irlanda domani dovrebbe collocare sul mercato almeno 3 miliardi di euro di titoli a 10 anni, secondo quanto scrive Bloomberg che cita fonti vicino al dossier. Si tratterebbe del primo collocamento da parte di Dublino dopo l'uscita dal programma di salvataggio - Ue-Bce-Fmi - il mese scorso. Lo spread tra i titoli decennali irlandesi e il Bund si attesta a 142 punti base, per i mercati quindi l'Irlanda è molto più affidabile dell'Italia, che ha uno spread di nuovo sopra quota FRANCIA I LAVORATORI DELLA GOODYEAR CHIUDONO I DIRIGENTI NELL'UFFICIO: "TAVOLO SUBITO" “E’ la nostra fabbrica, punto”. Recita così l’ultimo messaggio sulla pagina Twitter dei lavoratori della Goodyear di Amiens che dalla mattinata di oggi, primo giorno di riapertura dopo le festività, hanno deciso di dare corpo alla loro lotta impedendo a due dirigenti di lasciare gli uffici. Si tratta del direttore della produzione della fabbrica dei pneumatici Michekl Dheilly e del direttore delle Risorse umane Bernard Glesser rinchiusi in una sala riunioni bloccata con un grosso pneumatico di trattore. Lo stabilimento Goodyear di Amiens dà lavoro a 1173 persone ed e' a rischio di chiusura. La decisione, annunciata il 31 gennaio dello scorso anno, ha dato il via a una serie di proteste e di ricorsi giudiziari da parte dei sindacati Cgt e Chsct. La Cgt spera che l'azienda ritiri i suoi piani e proceda invece a degli esodi volontari. I dipendenti della Goodyear di Amiens chiedono ''una tavola rotonda con il prefetto e il direttore delle risorse umane su indennita' e conseguenze'' per gli operai dello stabilimento, che sara' chiuso nelle prossime settimane. Vogliamo ''che i dirigenti capiscano che dopo 7 anni di lotta la nostra motivazione e' intatta” AFRICA & MEDIO ORIENTE PALESTINA L'8 gennaio un miliziano della Jihad islamica è stato ucciso da un drone nella Striscia di Gaza. Israele ha negato il suo coinvolgimento. ISRAELE IL LAVORO NERO I migranti irregolari africani che dal 5 gennaio manifestano a migliaia contro il governo in varie città israeliane sono gli stessi che "lavorano nelle cucine di hotel e ristoranti, o che svolgono quei lavori umili che gli israeliani non vogliono fare", scrive il giornale online +927. "Spesso hanno solo un permesso di soggiorno temporaneo che non gli dà il diritto di lavorare. Ma trovano lo stesso un impiego attraverso le agenzie interinali". Molti avrebbero diritto all'asilo politico, ma le autorità israeliane accettano solo una piccola parte delle richieste, circa lo 0,25 per cento TUNISIA GARANZIE COSTITUZIONALI Liberté, Algeria "Ennahda rinuncia alla sharia", titola il quotidiano Liberté. Il 4 gennaio l'assemblea costituente tunisina ha cominciato a votare il testo della nuova costituzione. Dovrebbe terminare i lavori entro il 14 gennaio, il giorno del terzo anniversario della rivoluzione che ha portato alla caduta di Zine el Abidine Ben Ali. Sono stati approvati articoli che sanciscono la parità "senza discriminazioni" tra uomini e donne e che tutelano la libertà di coscienza. Sono stati invece bocciati quegli emendamenti che proponevano la sharia come fonte principale del diritto, un segno che il partito islamista Ennahda, in maggioranza nell'assemblea, ha deciso di scendere a patti con l'opposizione. "Con 'una rivoluzione nella rivoluzione'", scrive Liberté, "la Tunisia si sforza di elaborare una costituzione che mantiene un minimo di carattere repubblicano. L'Egitto, invece, sembra soccombere alla tentazione autoritaria". Il 3 gennaio tredici persone sono morte negli scontri tra la polizia egiziana e i sostenitori del presidente destituito Mohamed Morsi in varie città del paese. Il 25 dicembre il governo aveva messo fuori legge i Fratelli musulmani. REP. CENTROAFRICANA BISOGNODI ASSISTENZA Alla fine di dicembre vari paesi africani, dal Mali alla Nigeria, hanno cominciato a rimpatriare migliaia di loro connazionali dalla Repubblica Centrafricana, dove la situazione di sicurezza è ancora incerta. Anche se si sono fermate le violenze nella capitale, che hanno causato almeno 600 morti, la soluzione della crisi è lontana, scrive Jeune Afrique. Il 6 gennaio le Nazioni Unite hanno fatto sapere che 2,2 milioni di persone, metà della popolazione, hanno bisogno di assistenza "Ennahda rinuncia alla sharia", titola il quotidiano Liberté. Il 4 gennaio l'assemblea costituente tunisina ha cominciato a votare il testo della nuova costituzione. Dovrebbe terminare i lavori entro il 14 gennaio, il giorno del terzo anniversario della rivoluzione che ha portato alla caduta di Zine el Abidine Ben Ali. Sono stati approvati articoli che sanciscono la parità "senza discriminazioni" tra uomini e donne e che tutelano la libertà di coscienza. Sono stati invece bocciati quegli emendamenti che proponevano la sharia come fonte principale del diritto, un segno che il partito islamista Ennahda, in maggioranza nell'assemblea, ha deciso di scendere a patti con l'opposizione. "Con 'una rivoluzione nella rivoluzione'", scrive Liberté, "la Tunisia si sforza di elaborare una costituzione che mantiene un minimo di carattere repubblicano. L'Egitto, invece, sembra soccombere alla tentazione autoritaria". Il 3 gennaio tredici persone sono morte negli scontri tra la polizia egiziana e i sostenitori del presidente destituito Mohamed Morsi in varie città del paese. Il 25 dicembre il governo aveva messo fuori legge i Fratelli musulmani. MADAGASCAR I I 20 dicembre Hery Rajaonarimampianina ha vinto le elezioni presidenziali. Al secondo turno l'alleato dell'ex presidente Andry Rajoelina ha ottenuto il 53,5 per cento dei voti contro il 46,5 per cento del suo rivale Robinson Jean Louis, che ha denunciato brogli. RDC II 7 gennaio almeno 26 persone sono morte negli scontri a Lubumbashi tra l'esercito e un gruppo ribelle che si batte per l'indipendenza della regione del Katanga. Il 30 dicembre altre 103 persone erano morte nelle violenze a Kinshasa e a Lubumbashi. SOMALIA Undici persone sono morte il 1 gennaio a Mogadiscio in una serie di attentati rivendicati da Al Shabaab. UGANDA II 20 dicembre il parlamento ha approvato una legge che inasprisce le norme contro l'omosessualità, già vietata nel paese. Il nuovo testo prevede pene che possono arrivare all'ergastolo. ASIA & PACIFICO COREA DEL NORD LA DIPLOMAZIA DI RODMAN La terza visita dell'ex giocatore dell'Nba Dennis Rodman a Pyongyang, poche settimane dopo l'esecuzione di Jang Songtaek, ha fatto molto discutere. Rodman, arrivato nella capitale nordcoreana con una squadra di suoi ex colleghi per celebrare con una partita di basket il compleanno di Kim Jongun, definisce il giovane dittatore "un amico" e la sua missione come parte della "diplomazia del basket". L'ex cestista è accusato di ignorare la ferocia del regime nordcoreano e di offrire a Kim un'occasione per migliorare la sua immagine agli occhi dei cittadini. Ma, scrive l'esperto Andrei Lankov, gli scambi culturali o sportivi come questo vanno incoraggiati perché più nordcoreani - anche se si tratta dell'elite - entrano in contatto con l'esterno, più si affievolisce l'immagine negativa del resto del mondo offerta dal regime e più cresce la voglia di cambiamento. THAILANDIA L'OMBRA DEL GOLPE L'ombra del golpe militare aleggia sulla crisi politica tailandese. Finora i capi dell'esercito, nemici del partito di Yingluck Shinawatra, oggi alla guida del governo di transizione in vista delle elezioni del 2 febbraio, sono rimasti in silenzio di fronte alle manifestazioni dell'opposizione, scrive il Bangkok Post. Ma i timori dell'esecutivo su un imminente colpo di stato sono aumentati quando i militari hanno annunciato un piano per portare a Bangkok truppe, armamenti, carri armati ed elicotteri in occasione delle celebrazioni per la festa delle forze armate il 18 gennaio. INDIA PRESA NEW DELHI L'AAP PUNTA AL RESTO DEL PAESE / Sidharth Bhati a, The Asian Age, India II 3 gennaio il primo ministro Manmohan Singh, del partito del Congress, ha annunciato il ritiro dopo le elezioni legislative del 2014 lanciando Rahul Gandhi per la successione. IL risultato ottenuto dall'Aamaadmi party (Aap, Partito dell'uomo comune) alle ultime elezioni per l'assemblea legislativa di New Delhi ha sorpreso gli altri partiti e gli esperti, che non l'avevano preso sul serio. I grandi rivali l'hanno trattato come un gruppo di dilettanti, considerandolo al massimo come un elemento di disturbo in una partita riservata a giocatori più esperti. Ora, dopo aver assistito al giuramento di Arvind Kejriwal (nella foto) come chief minister dello stato della capitale e aver constatato che sempre più persone vorrebbero unirsi all'Aap, il partito del Congress e il Bharatiya janata party (Bjp) sembrano coscienti di aver commesso un errore pericoloso a ignorare il nuovo sfidante. Anche i commentatori più saggi, che non avevano sottovalutato l'Aap, sono rimasti stupiti di fronte ai 28 seggi ottenuti su 70 nel parlamento locale. Ormai si sprecano i pronostici su come potrà cambiare le cose questo nuovo protagonista della politica indiana. Alcuni giornalisti hanno addirittura ipotizzato una gara tra Kejriwal e Narendra Modi alle elezioni nazionali che si terranno entro maggio 2014. Il partito nato sulla spinta del movimento anticorruzione di Anna Hazare potrebbe ottenere 25 o più seggi e ostacolare la marcia apparentemente inarre-stabile di Modi verso il potere. Ma predire il futuro è un esercizio pericolosissimo nella politica elettorale, specialmente in un paese come l'India dove le variabili in campo sono numerose. Guidare un governo è molto più difficile che essere un partito sempre in opposizione a tutto. Per il momento, l'Aap è inattaccabile grazie al sostegno di cui gode. La prova dei fatti sarà quando dovrà cominciare a prendere decisioni impopolari. Sta di fatto che ha già ottenuto l'impossibile: eliminare Narendra Modi dalle prime pagine dei giornali e danneggiare la sua campagna trionfalistica. Presto l'Aap sfiderà il Congress, che non sembra avere i mezzi per replicare efficacemente. Questo nuovo arrivato sta cavalcando l'onda e di sicuro ne sentiremo ancora parlare. INDONESIA WELFARE AMBIZIOSO Il i gennaio è partito il nuovo programma di assicurazione sanitaria che mira alla copertura dell'intera popolazione indonesiana (240 milioni di persone) entro il 2019, scrive il Jakarta Post. La prima parte dello schema, per cui il governo ha stanziato 2omila miliardi di rupie, dovrà garantire la copertura a metà della popolazione. I dubbi sulla sua efficacia, però, non mancano. Per esempio bisogna fare i conti con la cattiva distribuzione delle strutture e del personale sanitario nel paese. AFGHANISTAN. JALALABAD CON O SENZA AMERICANI? C’È ODORE DI «RICATTO»/ Il presidente Karzai prende tempo sull’Accordo di sicurezza con gli Stati Uniti che prevede soldati Usa anche dopo il 2014 e l’uso di almeno 9 basi militari, altrimenti Obama sospenderà gli aiuti, «È un vero e proprio ricatto. Lo fanno perché sono consapevoli che abbiamo bisogno di aiuto esterno, di sostegno. Ma io rimango convinto che l’accordo con gli americani non vada firmato. Che accordo può esserci con chi ti ricatta?». Un viso largo, la barba appena accennata e gli occhi scuri, Asif Shinwari è uno dei più noti giornalisti radiofonici di Jalalabad, il capoluogo della provincia orientale di Nangarhar, al confine con il Pakistan. Lavora per la radio-televisione iraniana e per il network televisivo in lingua araba «Al Alam». Lo incontro nel suo ufficio, in una traversa laterale della via centrale della città. Mi accoglie mostrandomi il suo ultimo libro, un manuale sull’arte delle interviste radiofoniche, ma subito torna a parlare della sua passione: l’attualità politica. Qui a Jalalabad come in tutto l’Afghanistan parlare di attualità politica significa parlare dell’Accordo bilaterale di sicurezza con gli Stati Uniti. A fine novembre si è tenuta a Kabul la Loya Jirga , la Grande assemblea che ha visto la partecipazione di 2.500 delegati dalle 34 province del paese. Accuratamente selezionati dal governo, i delegati hanno approvato l’Accordo, che prevede la presenza dei soldati ame­ricani (forse 10/15.000) anche dopo il 2014 e l’uso di almeno 9 basi militari. Karzai però ha preso tempo. Prima di ratificarlo, chiede che gli americani soddisfino altre condizioni, tra cui il rilancio del processo di pace. È così che è cominciato quel che Asif Shinwari defi­ni­sce «ricatto»: niente firma — hanno riba­dito molti mem­bri dell’amministrazione Obama, tra cui la consigliera per la sicurezza nazionale Susan Rice — niente soldi. Né quelli stanziati nel luglio del 2012 alla conferenza di Tokyo (16 miliardi di dollari destinati allo sviluppo, distribuiti in quattro anni), né quelli promessi nel maggio del 2012 alla conferenza di Chicago (3,6 miliardi di dollari annui per sostenere le forze di sicurezza afghane). Alle minacce degli americani si sono aggiunte quelle del segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, che nella conferenza ministeriale di inizio dicembre lo ha detto chiaro e tondo: senza quell’Accordo, anche la Nato farà le valigie, alla fine del prossimo anno. E con le valigie scomparirà ogni futuro impegno finanziario dei Paesi della Nato. A Washington e Bruxelles sanno come scegliere gli «argomenti» più convincenti. Qui a Jalalabad, per esempio, le preoccupazioni economiche sono molto sentite: «Siamo un Paese debole, dal punto di vista militare, economico e politico. Ecco perché abbiamo bisogno di quell’accordo. È una scelta pragmatica: accettare gli americani o andare incontro a un futuro molto incerto», mi ha detto Hedayatullah Amam, un inge­gnere sui cinquant’anni dall’aspetto molto signorile, quando l’ho incontrato su uno dei taxi collettivi che collegano la capitale Kabul a Jalalabad. Per Nurrahmad Nurrani, direttore in quest’area del paese della Youth Federation , un net­work di gruppi giovanili, «è indispensabile che gli stranieri mantengano gli impegni di Tokyo e Chi­cago. Senza quei soldi, rischiamo il collasso economico in pochi anni. E più deboli siamo economicamente e più facile sarà interferire per i nostri vicini». Il timore di rima­nere da soli — con un esercito numeroso ma impre­pa­rato e con poche armi, nel bel mezzo di una regione for­te­mente conflittuale, con vicini pronti a tutto pur di esercitare l’egemonia nell’area — è molto dif­fuso. Tra la gente comune come nell’establishment: senza l’accordo con gli americani l’Afghanistan «tornerà a essere isolato, come un agnello tra i lupi nel deserto», ha dichiarato Dadfar Rangin Spanta, il consigliere di Karzai per la sicurezza nazionale, a metà novembre di fronte ai parlamentari della Wolesi Jirga . «La nostra prima preoccupazione è la sicurezza», conferma il dottor «Tasal», esponente della Welfare Association di Jalalabad, un’associazione che porta aiuto alle famiglie più bisognose e che non ha mai accet­tato fondi stranieri, «per rimanere indipendenti e per­ché vogliamo rilanciare la cultura della solidarietà, uccisa dalle Ong straniere». Per lui, il pericolo è che «quando le truppe straniere se ne andranno ricomincino le rivalità dei nostri vicini, più di prima. Ci sono Paesi come Iran, Pakistan, Russia che combatteranno le loro guerre per procura sul nostro territorio». Neanche «Tasal» però è convinto che accettare le basi militari degli americani sia la ricetta giusta per evitare le interferenze dei Paesi vicini e l’abbandono della comunità internazionale. «È una scelta difficile», ammette. «Dovremmo capire bene se gli interessi degli americani contraddicono o meno i nostri valori e i nostri interessi. Nel caso fosse così, è evidente che il conflitto continuerà». Sembra avere le idee più chiare Khairullah Khiaal, responsabile qui a Jalalabad dei contenuti editoriali per Killid Radio, un net­work di radio indipendenti con sedi in molte città afghane. «Le basi degli americani pos­sono essere usate per impedire all’Iran e al Pakistan di rovinarci la vita ma anche per interferire nei nostri affari, e questo non è accettabile. Inoltre gli insorti non vogliono neanche un soldato straniero sul suolo afghano. Con le basi, gli attacchi contro gli stranieri e il governo afghano continueranno», si dice convinto Khiaal. Per Baz Moham­mad Abid, giornalista di Radio Mashaal, la costola locale di Radio Free Europe, la questione è ancora più semplice: «Bisognerebbe chiedersi perché gli americani vogliono rimanere qui. Se costruiscono o usano delle basi militari, è perché vogliono fare una guerra, in Asia centrale o meridionale. Se non vogliono fare una guerra, che se ne vadano», risponde sicuro. Il ritiro, puntualizza il dottor «Tasal», non deve però significare un disimpegno completo. Andarsene senza pianificare il futuro del Paese, senza chiarire l’impegno dei prossimi anni, «è come lasciare incustodito un fuoco dopo averlo acceso. Quel fuoco si alimenterà da solo e finirà per incendiare le case, bruciare le persone. Lasciare il Paese a se stesso, senza un’economia funzionante e senza una strategia chiara per il futuro, è completamente insen­sato», sostiene «Tasal» prima di uscire dal suo ufficio con alcuni borsoni pieni di abiti usati da distribuire nei distretti rurali. Per Asif Shinwari l’unica alternativa è invece quella di non firmare l’accordo con gli americani: «Non farà che crearci problemi. All’interno del Paese, con i gruppi che non vogliono gli stranieri, e all’esterno, con i nostri vicini. Di loro non possiamo fidarci, è vero. Ma possiamo forse fidarci degli americani?». AMERICA CENTROMERIDIONALE CUBA GOVERNO APRE ALLA PRIVATIZZAZIONE DEI TAXI Cuba apre alla privatizzazione dei taxi. Secondo quanto riporta oggi 'Granma', infatti le agenzie statali che possiedono e gestiscono tutti i taxi dell'isola ora cominceranno ad affittare le macchine agli autisti che potranno iniziare a lavorare in proprio, senza avere più uno stipendio fisso. La riforma, precisa l'organo del partito comunista cubano, sarà attuata in modo graduale a partire da quest'anno. Il sistema è già stato testato da tre società statali di taxi dell'Avana e nella località turistica di Varadero. La riforma va nella direzione della politica di graduale apertura all'iniziativa privata annunciata dal presidente Raul Castro CUBA AUTOMOBILI DI LUSSO Il 3 gennaio il governo ha auto-rizzato la vendita di automobili tra privati, mettendo fine a oltre cinquant’anni di restrizioni. Il problema è che i costi sono altissimi: più di duecentomila dollari per un'auto nuova, che si vende a trentamila nel resto del mondo, e sessantamila per una usata. "Per comprare un'auto un cubano medio che guadagna venti dollari al mese dovrebbe lavorare mille anni", commenta EI Universal. Il governo cuba-no vuole utilizzare i ricavati del-le vendite per migliorare i tra-sporti pubblici. PANAMA DISPUTA SUL CANALE Il 6 dicembre la ministra spagnola dei lavori pubblici Ana Pastor si è recata a Panama per risolvere la controversia tra l'Autorità per il canale di Panama e il consorzio di imprese che sta lavorando all'allargamento del canale, scrive El Mundo. Il 30 dicembre l'impresa spagnola Sacyr, che guida il consorzio, aveva minacciato di interrompere i lavori se non avesse ricevuto 1,2 milioni di euro per coprire i costi supplementari. L'allargamento, che permetterà il passaggio di navi da 12mila container contro l'attuale limite di cinquemila, è cominciato nel 2009 e avrebbe dovuto essere concluso nel 2014, ma la fine dei lavori ora è prevista per il giugno 2015. An-che l'inizio dei lavori per la costruzione del canale del Nicara-gua, che dovrebbe rappresentare un'alternativa a quello di Panama, è stato rinviato al 2015. Il 5 gennaio il governo nicaraguense ha annunciato che servirà altro tempo per gli studi sull'impatto ambientale del progetto. CILE II 7 gennaio la corte suprema ha chiuso un'inchiesta sulla morte di Salvador Allende, con-fermando il suo suicidio durante il golpe dell'n settembre 1973. AMERICA SETTENTRIONALE USA NYC/ WALL STREET JOURNAL OCEANO, UN MARE DI ACQUA NUCLEARE: L'INCHIESTA DEL WALL STREET JOURNAL / Sta facendo il giro del mondo, sui media di lingua inglese, il racconto struggente, tragico e a suo modo poetico di un marinaio, Ivan Macfadyen, che ha ripetuto la traversata del Pacifico effettuata dieci anni fa. Allora fra l’Australia e il Giappone bastava buttare la lenza per procurare pranzo e cena succulenti. Stavolta in tutto due sole prede. Dal Giappone alla California, poi, l’oceano è diventato un deserto assoluto formato da acqua e rottami. Uno dei pochissimi esseri viventi incontrati dal Giappone alla California era una balena che sembrava in fin di vita per un grosso tumore sul capo. Nessun altro animale. Non un solo richiamo di uccelli marini. Solo il rumore del vento, delle onde e dei grossi detriti che sbattono contro la chiglia trascinati in mare dallo tsunami del 2011, quello che ha dato il via alla crisi di Fukushima. Ma Fukushima ha solo amplificato un problema innescato dall’abitudine americana di affondare scorie nucleari al largo delle coste occidentali. Il Wall Street Journal, che sulla vicenda ha avviato un'inchiesta, reputa ci siano dai 29 ai 60 siti di sversamento di scorie non esattamente definite. Una legge della California del 1983 ordinava test annuali sui pesci per tenere sotto controllo l'impatto sulla fauna sebbene nell’unico effettuato risultò che i pesci pescati fino a 100 chilometri dal maggiore sito di deposito scorie al largo della California, presentavano tracce di Americio, un elemento metallico radioattivo derivato dal plutonio. Inoltre, sui fondali nei pressi dei barili carichi di rifiuti, il livello di plutonio era 1000 volte maggiore di quello normale. Dal marzo 1999 è diventato operativo Il Wipp (Waste Isolation Pilot Plant), questo il nome della discarica atomica; si trova a Carlsbad, nello Stato del New Mexico, in una miniera di sale a 700 metri sotto terra . L'impianto, capace di accogliere 175.600 metri cubi di rifiuti transuranici, il cui intero trasferimento potrà essere completato prima del 2034. La messa in sicurezza del deposito sarà completata nel 2039. Solo tra più di un secolo, nel 2134, cesseranno, infine, i controlli attivi. Ma, il lupo perde il pelo e non il vizio, forse hanno solo cambiato tratto di mare; certamente sono stati antesignani del malcostume presto assunto a uso proprio da noi italiani, che come ogni discepolo tendiamo a superare il maestro. USA NYC LA MAGGIORANZA DEGLI AMERICANI FAVOREVOLI ALL'USO LEGALE DELLA MARIJUANA / Svolta sulla marijuana nell'opinione pubblica Usa. Per la prima volta la maggioranza degli americani (il 55%) si dice favorevole alla sua legalizzazione, come emerge da un sondaggio di Cnn e Orc International. Il 44% degli intervistati continua invece ad essere contraria. Il sondaggio e' stato diffuso mentre in tutto il Paese divampa la polemica sull'apertura dei cosiddetti 'coffee shop' in Colorado. E mostra come il cambiamento dell'opinione pubblica americana nel corso degli ultimi decenni e' stao impressionante: nel 1987 a volere la marijuana libera era solo il 16% dei cittadini, salito al 26% nel 1996, al 34% nel 2002 e al 43% due anni fa. Lo Stato di New York si appresta a diventare il 21esimo a legalizzare l'uso della marijuana per scopi medici, una settimana dopo che il Colorado ha deciso di consentirne l'uso anche a scopo ricreativo. Secondo la stampa Usa il governatore,il democratico Andrew Cuomo, finora contrario ad allentare i freni sulla droga, ci avrebbe ripensato ed in settimana emettera' un suo decreto per cambiare regime. Negli Usa cresce la convinzione che la marijuana non rappresenti un pericolo a differenza degli stupefacenti piu' forti: ad ottobre il 58% degli americani in un sondaggio Gallup si era espresso a favore della sua legalizzazione. Dal primo gennaio, in Colorado è in vigore la norma che legalizza la vendita della cannabis fino a 28 grammi per coloro che hanno compiuto 21 anni e ne consente la coltivazione in casa fino a sei piantine (non piu' di 12 a famiglia). Il Colorado, che ha varato la norma in seguito al referendum tenuto nel novembre scorso, sara' seguito tra qualche mese sulla stessa strada dallo Stato di Washington. Le autorita' di Denver hanno gia' rilasciato 248 licenze per la vendita della cannabis, che nelle casse dello Stato portera', si stima, 67 milioni di dollari. Il consumo di marijuana e' legale in 19 Stati americani ma solo per uso medico da circa venti anni. Ma solo Colorado e Washington hanno in mente la messa in piedi di un mercato per un consumo diverso, con fini ricreativi, ma regolato e controllato lungo tutta la filiera che va dalla produzione, alla distribuzione e alla vendita. Lo Stato di Washington vedra' l'apertura di circa 300 negozi a giugno. In entrambi gli Stati il giro d'affari previsto per il 2014 e' di 2,34 miliardi di dollari. NYC FACEBOOK E IL PRIMO COLPO IN INDIA: ACQUISTA STARTUP LITTLE EYE / La mossa per espandere presenza nel settore mobile AFP New York, 8 gen. (TMNews) - Per la prima volta Facebook fa spese in India. Il gruppo di Menlo Park ha infatti acquistato la startup Little Eye Labs con sede a Bangalore: produce un software per analizzare le performance delle app di Android. La mossa mette in luce l'intenzione del social network di migliorare la sua presenza nello sviluppo del settore mobile, aumentando anche il numero di utenti su smartphone e tablet. La cifra spesa - anche se non è stata confermata dalla società californiana - dovrebbe essere compresa tra i 10 e i 15 milioni di dollari, come riporta TechCrunch. La startup - nata un anno fa in India - e tutto il suo team si trasferiranno nel quartiere generale di Facebook negli Stati Uniti. Il gruppo lavorerà allo sviluppo di strumenti analitici per creare applicazioni. La decisione mette in luce la strategia del social network che sta aumentando i suoi sforzi per migliorare e ripensare le sue strategie mobile. La sua presenza nel settore è infatti molto al disotto dei suoi diretti rivali, in particolare Twitter. La mossa serve anche ad aumentare gli introiti provenienti da pubblicità sui telefonini e i tablet. NYC II 1 gennaio il democratico Bill de Biasio (nella foto) è entrato in carica come sindaco di New York. Ha promesso di lottare contro le disuguaglianze. Brasile II 3 gennaio il governo dello stato di Rio de Janeiro ha approvato un aumento del 5,7 per cento del prezzo dei biglietti dell'autobus. Una misura simile aveva provocato delle manifestazioni di massa nel giugno del 2013 NYC BILL DE BLASIO, NUOVO SINDACO DI NYC / Il Partito Democratico – quello Usa – ha da qualche ora due eroi. Il primo si gode il sole, il secondo spala la neve. Barack Obama, presidente e leader, ha inaugurato il 2014 nel luogo anche climaticamente più remoto dalle stanze del potere di Washington. Bill de Blasio ha assunto la carica che viene spesso definita come seconda per importanza negli Stati Uniti: quella di sindaco di New York. E i maggiorenti del partito si sono stretti accanto a lui, nel gelo, dimenticando un po’ anche il loro “comandante in capo” che si è preso qualche giorno di riposo. Lui, de Blasio, ha cominciato a lavorare duro non appena ha prestato giuramento in una cerimonia che, anche per la profusione di neve e di ghiaccio, è stata molto vicina alle coreografie natalizie. Quando ha preso la pala in mano per una variazione “polare” della posa della prima pietra, ha ricevuto tutti gli onori riservati a un leader. Gli ha “somministrato” il giuramento addirittura un ex presidente, Bill Clinton, fiancheggiato da esponenti storici, a cominciare dal governatore dello Stato di New York, Mario Cuomo. Little Italy nella Grande Mela, ma è stato di più di un festival etnico. L’uomo che discende (da parte di madre perché il padre è tedesco) si è presentato però come rappresentante di tutte le minoranze, soprattutto di quelle più disagiate, come portavoce di una protesta globale e soprattutto dei non privilegiati. L’oratore più illustre era il “neodemocratico” Clinton, ma la Bibbia su cui de Blasio ha giurato apparteneva a Franklin Delano Roosevelt, l’icona dei “veri democratici” nella tradizione “liberale”. Se impugnando la pala da neve il nuovo sindaco ha voluto “plagiare” i simbolismi di Papa Francesco, il suo discorso inaugurale, soprattutto l’atmosfera in cui era avvolto, è stato una rivendicazione degli ideali e delle opere del New Deal. Un riferimento storico quasi d’obbligo, perché collega due Americhe attraverso un ponte di ottant’anni: dalla Grande Depressione degli anni Venti e Trenta al faticoso rialzarsi dalla Grande Recessione del 2008. E con un altro collegamento ancor più evidente: l’allargamento rapido e a tratti vertiginoso delle distanze di reddito fra gli americani, che sacrificano soprattutto la classe media ma in una città come New York coinvolgono più visibilmente quelli che il sindaco Bill chiama i poveri come Papa Francesco. Sul piano della politica pratica l’avvento di de Blasio indica un possibile spostamento del baricentro ideologico e strategico. Quello di Obama è moderatamente “liberale” in un arduo equilibrio e per la successione si offre, quasi come scontata, la candidatura di Hillary Clinton, più moderata che liberale e che segnerebbe, per esempio in politica estera, uno spostamento verso il centro. de Blasio non può avere evidentemente ambizioni di concorrente ma rappresenta e propone un’alternativa decisamente “liberale”, in termini italici, una svolta a sinistra. La ricerca di un confronto anche duro con i repubblicani che da tempo si vanno spostando verso destra. Ci sono sempre meno “moderati” in America, il centro continua ad essere uno spazio largo ma sempre più vuoto. Per rimanere a New York de Blasio, eletto con quasi i tre quarti dei voti, è il primo sindaco democratico dopo vent’anni di repubblicani alla guida del comune. I suoi predecessori, peraltro apprezzati e di successo, sono stati il competentissimo Michael Bloomberg e Rudy Giuliani, incarnazione di Legge e Ordine. de Blasio capovolge le priorità e si presenta fra l’altro con due impegni: attenuare certe pratiche poliziesche e “aumentare le tasse ai ricchi” per redistribuire le risorse. Proprio quegli obiettivi che i repubblicani hanno a torto attribuito a Obama, uomo in realtà molto cauto. Ciò di cui egli era sospettato de Blasio lo proclama e lo propone come strategia alternativa anche per la Casa Bianca nel 2016 ma soprattutto per le elezioni congressuali di quest’anno. Egli è pronto a cavalcare alcune delle onde più gonfie di questa America contraddittoria, che assottiglia gli stanziamenti per i disoccupati ma galoppa su nuove leggi “progressiste”, dalle nozze fra omosessuali alla legalizzazione della marijuana. Continua la radicalizzazione della politica Usa. Se i repubblicani si sono spostati per anni sempre più a destra, pare oggi che i democratici vogliano incamminarsi sulla stessa via ma in direzione opposta. Sognano forse un’America simile alle Hawai delle vacanze presidenziali: lo Stato che lo ha votato con più larga maggioranza, nella cui assemblea siedono ventitré democratici e due repubblicani. New York non è così: Bill de Blasio ne avrà di neve da spalare. ( di pasolini zanelli) W DC I SALARI CRESCONO "Mentre il congresso degli Stati Uniti esamina la legge per aumentare il salario minimo federale, il 1 gennaio, in 13 stati del paese, sono scattati gli aumenti decisi dai parlamenti locali o dovuti all'adeguamento al tasso d'inflazione", scrive l'Huffington Post. In totale sono 21 gli stati che hanno innalzato il tetto del salario minimo al di sopra di quello federale, fermo a 7,25 dollari all'ora dal 2009. La battaglia per l'aumento, cominciata nel 2013 con le manifestazioni dei dipendenti dei fast food e dei supermercati (nella foto), è sostenuta da Barack Obama e dai democratici in vista delle elezioni di metà mandato del 2014. COLORADO MARIJUANA LIBERA Il 1 gennaio in Colorado hanno aperto i primi negozi autorizzati a vendere fino a un'oncia di marijuana (circa 28 grammi) a persone di più di 21 anni residenti nello stato, in base a una legge approvata con un referendum nel novembre del 2012. Il limite per i non residenti è di un quarto di oncia. Il consumo è vietato nei luoghi pubblici ed è illegale in base alla legge federale. La marijuana sarà venduta e tassata come l'alcol: i primi 40 milioni di dollari che entreranno nelle casse dello stato saranno usati per costruire scuole. Dei 136 negozi che hanno ottenuto la licenza di vendita, 101 si trovano a Denver. NYC IN DIFESA DI SNOWDEN "Considerato l'enorme valore delle informazioni che ha forni-to e gli abusi che ha svelato, Edward Snowden merita di meglio che una vita di esilio, paura e fuga. Forse ha commesso un reato, ma ha reso un grande servizio al suo paese". In un editoriale del 1 gennaio il New York Times chiede di concedere all'ex consulente dell'Nsa che sette mesi fa ha denunciato le violazioni della privacy commesse dall'intelligence statunitense "il patteggiamento della pena o una qualche forma di clemenza". E conclude: "Se qualcuno rivela che i funzionari di un governo hanno sistematicamente e deliberatamente in-franto la legge, non dovrebbe essere mandato in carcere da quello stesso governo". (articoli da: NYC Time, Time, Guardian, The Irish Times, Das Magazin, Der Spiegel, Folha de Sào Paulo, Clarin, Nuovo Paese, L’Unità, Internazionale, Il Manifesto, Liberazione, Ansa , AGVNoveColonne, ControLaCrisi e Le Monde) PER LE ASSOCIAZIONI, CIRCOLI FILEF, ENTI ed AZIENDE . 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