10545 Notizie 23 feb

20130222 16:50:15 red-emi

0 – MONDO,
1 – EUROPA
2 – AFRICA & MEDIO ORIENTE
3 – ASIA OCEANIA ANTARTIDE (Pacifico)
4 – AMERICA CENTRO e MERIDIONALE
5- AMERICA SETTENTRIONALE

0 – MONDO,
ITALIA/SIRIA – TERZI CON L’ELMETTO ARMA GLI INSORTI SIRIANI di Marinella Correggia
II GIURISTA CURTIS DOEBBLER: «QUESTE FORNITURE BELLICHE SONO UNA GRAVE VIOLAZIONE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE». GLI USA CONDANNATI NELL’86 PERI CONTRAS
Il ministro italiano uscente Terzi come l’emiro del Qatar e il re dell’Arabia Saudita. In prima linea per fomentare la guerra in Siria e nel boicottare soluzioni negoziali sostenibili. Ieri al Corriere della Sera il responsabile della Farnesina ha dichiarato che ospiterà il prossimo 28 febbraio a Roma la riunione degli «undici paesi più coinvolti nella gestione della crisi siriana» (che Sarebbe una versione concentrata del grup-pone dei cosiddetti «Amici della Siria» riunitosi a Parigi a fine gennaio), più la «Coalizione di Doha», opposizione che incorpora una parte degli armati).
Terzi proporrà maggiori aiuti militari («assistenza tecnica, addestramento, formazione») ai gruppi armati dell’opposizione. Il 18 febbraio a Bruxelles il Consiglio dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea aveva già deciso di rinnovare le sanzioni commerciali e militari contro la Siria (decise nel 2011 in funzione antigovernativa), ma emendandole per fornire all’opposizione un «maggiore supporto non letale» (?) e «assistenza tecnica per la protezione dei civili» (protezione, in realtà, degli armati contro i civili, che sono vittime degli scontri e di attacchi mirati come dimostra no i cinque attentati dell’opposizione armata di ieri a Damasco). Sarà contento il Qatar che giorni fa ha protestato contro la posizione non abbastanza netta dallTJe. A gennaio l’emiro Al Thani aveva chiesto un intervento militare esterno
diretto, per «fermare le uccisioni». Arabia Saudita e Qatar forniscono armi che passano dai paesi confinanti con la Siria, e secondo fl New York Times la maggior parte delle forniture sarebbero finite nelle mani di gruppi jihadisti. Del resto sul terreno questi non sono separabili dai gruppi più graditi a quell’Occidente che «combatte gli islamisti» in Mali e in Afghanistan.
L’UE ha poi mantenuto ben saldo l’embargo commerciale che contribuisce ad aumentare le sofferenze del popolo siriano preso nella guerra. Una lettera delle suore trappi-ste siriane pubblicata su Avvenire domenica scorsa parla delle sanzioni come di un’altra guerra, «diretta da grandi potenze e grandi interessi», una guerra che ha azzerato i posti dì lavoro e provocato miseria; «il popolo siriano vuole la sua libertà e i suoi diritti, ma non così, non in questo modo. Così si uccide la speranza, la dignità, e anche la vita fisica di un popolo». Comunque l’operato della Farnesina non solo fomenta gli scontri ma sembra violare leggi italiane e internazionali. La legge italiana 185/1990 sul commercio delle armi pre-
vede all’articolo 1 comma 6(a) che l’-esporta-zione, il transito, il trasferimento intraeomu-nitario e l’intermediazione di materiali di armamento sono vietati verso i paesi in stato di conflitto armato (come è la Siria), salvo diverse deliberazioni del Consiglio dei Ministri, da adottare però previo parere delle Camere. Sarà sentito davvero il nuovo Parlamento?
C’è peraltro il rischio che la legge non si applichi se il governo vuole regalare armi, perché non si tratta di vendita da ma «supporto politico».
Ma c’è il diritto internazionale. Non solo la Carta dell’ONU impone ai paesi di perseguire politiche estere di pace anziché fomentare guerre, ma la fornitura di armi e risorse a forze che combattono contro un governo riconosciuto dall’Onu, ha detto al manifesto mesi fa il giurista internazionalista Curtis Doebbler, «è illegale ed è una grave violazione del diritto internazionale. Uno stato che sostiene l’uso della violenza contro un altro stato è responsabile sulla base della legge internazionale per il danno arrecato. Si viola il dovere di non ingerenza negli affari interni di altri stati sulla base dell’articolo 2 comma 7 della Carta dell’Onu e l’astensione dall’uso della forza nell’art. 2 comma 4, uno dei principi più importanti del diritto internazionale». Qualcuno ricordi a Terzi che il 27 giugno 1986 gli Stati Uniti furono condannati dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aja per aver violato questi principi in Nicaragua sostenendo gli armati della contro.

1 – EUROPA
VTICANO – Santa sede /POSSIBILE L’ANTICIPO DEL CONCLAVE / Ior, Scola e Monti, il papa pensa al dopo
di Cristiano M. G. Faranna / Studi di diritto canonico in Vaticano. Con un Conclave da svolgere con papa vivente la data potrebbe essere anticipata, è quanto annunciato dal portavoce dalla sala stampa vaticana Federico Lombardi. La Costituzione Universi Dominici Gregis prevede la partenza del Conclave dai 15 ai 20 giorni dopo l’inizio della sede vacante , ma «questo termine è fissato per attendere i cardinali che devono arrivare a Roma, nell’eventualità che siano tutti arrivati è anche possibile anticipare», ha precisato Lombardi spiegando che si tratta di «un’interpretazione della legge, dunque è una questione che è stata posta». Sono giorni di attesa, febbrili e ad alto tasso di commozione per Benedetto XVI. Ieri l’ultima visita ad limina dei vescovi italiani, il riassetto dei vertici dello Ior (con il rinnovo della Commissione cardinalizia di vigilanza, nella quale il cardinale Domenico Calcagno ha preso il posto dell’altro porporato Attilio Nicora) poi l’incontro con il premier uscente Mario Monti. Oggi il penultimo Angelus in piazza San Pietro, dove si prevede un’altissima affluenza di fedeli, poi da lunedì il ritiro, fino a sabato mattina, negli esercizi spirituali, quindi l’incontro riservato con il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. «La Lombardia deve essere il cuore credente dell’Europa», ha detto Ratzinger davanti ai tredici vescovi delle diocesi lombarde, capitanati da Angelo Scola, arcivescovo di Milano. Tra i componenti anche Dionigi Tettamanzi, suo predecessore sulla cattedra ambrosiana in qualità di amministratore apostolico della diocesi di Vigevano. Al centro dell’incontro la rinascita spirituale nel Vecchio continente. Il papa ne ha fatto uno dei punti cardine del suo ministero cambiando modo di agire rispetto a quando, da prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede, era tra i maggiori sostenitori del riferimento alle radici cristiane nella costituzione dell’Unione. In questi otto anni ha invece puntato sulla necessità di rievangelizzare a partire dalla testimonianza della comunità ecclesiale. Questo il punto di maggiore somiglianza tra Benedetto XVI e Scola, dato per papabile. Il suo trasferimento anomalo da Venezia, con dignità di patriarcato, alla più grande diocesi italiana, voluto da Ratzinger nel giugno 2011, è stato letto come una sorta di prova generale di pontificato.

SPAGNA/ MADRID – Scioperi e licenziamenti Il personale di bordo e di terra dell’Iberia ha avviato il 18 febbraio uno sciopero di cinque giorni per protestare contro i 3.800 licenziamenti previsti dal piano di ristrutturazione dell’azienda, che contempla anche riduzioni degli stipendi e il taglio delle rotte. La protesta (nella foto) è la prima di tre agitazioni previste da qui a fine marzo. All’aeroporto di Madrid ci sono stati scontri tra scioperanti e polizia. Acquistata nel 2011 dalla British Airways, nei primi nove mesi del 2012 lìberia ha perso oltre 262 milioni di eu¬ro, spiega El Pais, anche a causa della crisi e della concorrenza delle compagnie low cost.

SPAGNA / MADRID – Diritto alla casa, mobilitazioni in tutto il paese di Emanuela Borzacchiello, Valeria Galanti / Più di mille persone in piazza nella sola Madrid e più di 43 città spagnole che hanno organizzato ieri marce, presidi, manifestazioni. Sono le prime cifre della mobilitazione nazionale convocata in tutta Spagna dalla Plataforma de Afectados por la Hipoteca (Pah) per rivendicare il diritto alla casa. Quattro suicidi in quest’ultima settimana e un solo motivo: la perdita della propria casa. Un giorno ti arriva una lettera, ti avvisano che non hai più una casa e ti senti impatanato nelle sabbie mobili di un debito con la banca che non potrai mai pagare. In sei anni in Spagna hanno perso il diritto alla casa 420 mila persone per pignoramento e altre 220 mila per sfratto esecutivo. Quattro suicidi in una settimana ma anche una vittoria: martedì 12 febbraio è passata al Congresso dei deputati la Iniciativa Legislativa Popular (ILP). Una svolta sostanziale per migliaia di persone, la possibilità di uscire dal pantano del debito contratto con le banche e, soprattutto, una conferma: quando la cittadinanza si mobilita e organizza ci sono buone possibilità di centrare l’obiettivo. Analizziamo, in sintesi, l’iter dell’Iniziativa Legislativa Popolare (Ilp). Raccolte più di 1 milione e 400 mila firme, superata l’ammissione, l’iniziativa arriva al Congresso dei deputati. Tre le proposte principali su cui si basa la Ilp: dación en pago retroactiva , affitto sociale e fermo immediato degli sfratti esecutivi. Uno dei motivi che ha generato un numero considerevole di sfratti e pignoramenti è stato l’impossibilità da parte delle famiglie di pagare il debito che dovevano continuare a versare alla banca, nonostante avesserero già perso la casa. Per questo la proposta cardine della Ilp è la dación en pago retroactiva , ovvero la cancellazione del debito con la restituzione della proprietà alla banca. Pesano più di un milione e mezzo di firme, la pressione sociale e la spada di damocle di 17 persone che sono suicidate negli ultimi due anni in attesa degli ufficiali giudiziari. Anche il Partido Popular, da sempre contro la Ilp, toglie il veto e la proposta passa. La capacità di vincolare un dramma concreto a un fenomeno più profondo. «Gli scandali per la corruzione e il tentativo costante di ridurre i diritti civili e sociali sono la caratteristica più sintomatica di questa fase della nostra democrazia in tempi di crisi – afferma Ada Colau, avvocata, una delle anime de la Plataforma, – una democrazia a bassa intensità in cui, però, è importante sottolineare l’importanza della partecipazione diretta della cittadinanza che si oppone alla concentrazione del potere economico e finanziario». Secondo Consuelo Obregòn, ricercatrice in Scienze Politiche dell’Università Complutenee di Madrid: «per la prima volta dall’entrata in vigore della costituzione del 1978, gli strumenti dell’Iniziativa Popolare Legislativa e del referendum sono ripresi con vigore da molti movimenti che si occupano dei diritti civili».

GRAN BRETAGNA – Il premier Cameron scoraggia i migranti bulgari e romeni / Cameron limita il welfare pubblico per gli immigrati europei romeni e bulgari. Alla vigilia della sua visita in India, il politico conservatore assicura che nessun limite verrà posto invece agli studenti indiani che vorranno rimanere in Gran Bretagna dopo la laurea. Secondo la stampa locale, con l’Europa in profonda crisi e il Trattato di Schengen esteso a Bulgaria e Romania nei prossimi mesi, il premier britannico guarda verso i mercati asiatici per rivitalizzare il commercio inglese. Non solo, sarebbero pronti una serie di spot per scoraggiare bulgari e romani dal raggiungere Londra, mentre sono stati già stabiliti criteri più severi per ottenere la cittadinanza. Grandi polemiche avevano suscitato le dichiarazioni dei mesi scorsi sui tetti al numero di studenti stranieri che ogni anno hanno accesso alle università britanniche. Dal canto suo, il sottosegretario per l’Immigrazione Mark Harper ha sottolineato che «non si tratta di riforme che si possono attuare a breve termine e senza il pieno rispetto della legge europea». Il riferimento non è solo a bulgari e romeni, ma anche a italiani, greci, francesi e tedeschi. Nei mesi scorsi Cameron aveva dichiarato di voler limitare gli ingressi di cittadini dei Paesi europei in crisi economica, suscitando gravi polemiche tra gli stranieri residenti nel Regno Unito. Ma i progetti dei Tory sono già avanzati, come primo passo verrà tagliata l’assistenza finanziaria a chi si batte contro l’espulsione così come il sussidio previsto dalla legge per il turista o il migrante che viene arrestato durante la permanenza in Gran Bretagna.

GERMANIA – Bassa Sassonia – Politica scolastica del nuovo Governo Rosso/Verdee – A cura di Giuseppe Scigliano – In questi giorni è stato sottoscritto dai partiti SPD e Verdi (hanno vinto le elezioni con un solo seggio in più) il programma che intendono realizzare durante il loro Governo nei prossimi anni. Tra i tanti punti, specialmente nel campo scolastico sono previsti cambiamenti radicali che mirano a migliorare il sistema attuale.
Tra le tante novità, di seguito i punti più innovativi:
1) Nella scuola elementare vogliono sostituire i voti con i concetti;
2) vogliono abolire ( Die Empfehlungen) i consigli che indirizzano i bambini, alla fine della quarta classe della scuola elementare, alle scuole successive ( i più scarsi alle H.S i mediocri alle RS ed i migliori ai Ginnasi);
3) Vogliono accorpare la scuola elementare alle Integrierte Gesamtschule;
4) Vogliono riportare il diploma della maturità nuovamente fino alla tredicesima classe, obbligatorio nelle Gesamtschule e facoltativo nei ginnasi;
5) Vogliono abolire la bocciatura ed investire nel recupero;
6) Vogliono abolire le tasse universitarie;
La Ministra della Cultura Frauke Ailigenstadt non parla comunque di togliere subito ed ovunque il voto ma solamente di una sprospettiva. “Essere bocciati o cambiare scuola deve diventare superfluo. Il modello da seguire è l’Integrierte gesamtschule perché fino ad oggi hanno dimostrato il loro successo”. In tal senso esistono in Germania altri esempi giè esistenti per esempio ad Amburgo dove da anni non si possono ripetere le classi fino alla nona. Se sussistono lacune negli alunni, queste devono essere colmate con la frequenza obbligatoria e gratuita al doposcuola offerto dalla scuola. Nella buona sostanza ci sono tutte le buone premesse per migliorare il sistema scolastico e renderlo più efficiente specialmente nei confronti dei bambini più deboli.
GERMANIA – I neonazisti di Amazon /Amazon ha annullato il contratto che aveva stipulato con la società di sicurezza Hensel european security services (Hess), dopo che un reportage televisivo andato in onda sulla rete pubblica Ard aveva rivelato le condizioni disumane dei lavoratori interinali stranieri nei suoi depositi nel land dell’Assia. I lavoratori, tra cui numerosi spagnoli e polacchi, erano ammassati in stanze sovraffollate, pagati meno di quanto concordato e costretti ad attendere per ore l’autobus per raggiungere il luogo di lavoro, spiega Die Welt. Ma a far scattare la polemica è stata soprattutto la rivelazione che la società di sicurezza Hess, "reclutava persone vicine al movimento neonazista per intimidire, vessare e spiare i lavoratori".

BULGARIA – Senza governo Il 20 febbraio il governo bulgaro del primo ministro Boiko Borisov ha annunciato in parlamento le dimissioni in blocco del suo governo, in seguito alle proteste scoppiate in tutto il paese contro l’aumento del prezzo dell’elettricità. Borisov aveva cercato di placare la rabbia dei cittadini, alimentata da una situazione economica molto difficile e da una diffusa sfiducia verso le isti¬tuzioni, licenziando il ministro delle finanze Simeon Djankov, ma questo "futile sacrificio", co¬me l’ha definito Kapital Daily, non è servito a molto

ARMENIA – CONFERMATO SARGSYAN – Il presidente Serzh Sargsyan, in carica dal 2008, è stato riconfermato alla guida dell’Armenia nelle elezioni del 18 febbraio con il 58,6 per cento dei voti. Sargsyan, scrive Armenpress, ha sconfìtto il rivale Raffi Hovannisian, ex ministro degli esteri e fondatore del partito Eredità, che si è fermato al 36,7 per cento. Tuttavia il voto è stato boicottato dalle tre principali forze di opposizione, che in parlamento hanno poco più di un terzo dei seggi. La principale incognita, a questo punto, è la possibilità che si ripetano proteste e scontri simili a quelli che dopo il voto del 2008 causarono dieci morti e decine di arresti.

BIELORUSSIA – II 19 febbraio una guardia di frontiera è stata condannata a due anni di prigione per non aver segnalato, nel luglio 2012, l’ingresso nello spazio aereo nazionale di un velivolo svedese da cui sono stati lanciati degli orsetti di peluche con un appello alla libertà (nella foto).

RUSSIA – II 18 febbraio un tribunale di Mosca ha rinviato l’udienza preliminare del processo contro l’avvocato Sergej Magnitskij, morto in prigione nel 2009 dopo aver denunciato una frode finanziaria. La vicenda ha causato uno scontro diplomatico con gli Stati Uniti.

CIPRO – L’AUSTERITÀ AL BALLOTTAGGIO / A sfidarsi al ballottaggio delle presidenziali del 24 febbraio saranno il conservatore Nicos Anastasiades, del partito Disy (che con il 45,5 per cento dei voti ha sfiorato la vittoria già al primo turno del 17 febbraio), e Stavros Malas, il candidato del partito comunista (Akel), secondo con il 26,9 per cento. Come spiega il quotidiano greco Prin, i ciprioti hanno scelto il candidato del rigore, favorevole alle politiche di austerità e considerato il miglior alleato della cancelliera tedesca Angela Merkel nell’isola. In una campagna elettorale dominata dalla crisi economica, Anastasiades si era detto pronto ad accettare tutte le condizioni della troika (Fmi, Commissione europea e Bce) per accedere al pacchetto di salvataggio da 17 miliardi di euro già richiesto dal presidente uscente, Demetris Christofias. "La cosa più importante", scrive il quotidiano cipriota Phileleftheros, "è che i due candidati uniscano le forze per risolvere i problemi del paese. Anche se le tensioni sono inevitabili, i due partiti devono evitare di alimentare lo scontro e gli estremismi. Perché i ciprioti non vogliono chiacchiere ma proposte e dialogo".
Il primo turno delle presidenziali a Cipro.
Fonte: elections.gov.cy
• Nicos Anastasiades (Disy) il 45.5
• Stavros Malas (Akel) 26,9
• Giorgos Lillikas (Edek, socialisti) 24,9

GRECIA – RITRATTO DELLA GRECIA IN GINOCCHIO / Kostas Tsapogas, The New York Times, Stati Uniti.
FILE DAVANTI ALLE MENSE PER I POVERI. UN FUMO DENSO CHE COPRE IL CIELO. E NESSUNA SPERANZA PER IL FUTURO. IL PAESE RACCONTATO DA UN GIORNALISTA DI ATENE SENZA LAVORO DA PIÙ DI UN ANNO
EL DICEMBRE 2011 IL GIORNALE IN CUI HO LAVORATO PER 23 ANNI (E MIA MOGLIE PER 17) HA CHIUSO. DA ALLORA SIAMO ENTRAMBI DISOCCUPATI. NON RICEVIAMO UNO STIPENDIO DA 18 MESI. IN GRECIA IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE TRA I GIORNALISTI È AL 30 PER CENTO, QUELLO GENERALE È AL 26 PER CENTO. LE NOSTRE PROSPETTIVE, INSOMMA, NON SONO PROPRIO ROSEE.

La nostra storia somiglia a quella di molti altri greci, che giorno dopo giorno lottano per procurarsi il cibo, riscaldare la casa e mantenere una parvenza di normalità. Noi combattiamo per proteggere la nostra dignità e sfuggire la depressione che sta stritolando il paese. In fondo siamo stati fortunati. Nostro figlio, come molti altri ragazzi, ha trovato lavoro come programmatore in Scozia, e i nostri genitori sono anziani ma in salute. Riescono a sopravvivere con la loro pensione e si sono offerti di condividere con
noi il poco che hanno. Capita spesso, in Grecia. Qui i legami familiari funzionano molto meglio dell’assistenza sociale. Negli ultimi 18 mesi abbiamo cercato di trovare un lavoro nel campo del giornalismo. Insieme a un gruppo di ex colleghi abbiamo creato una start up per un quotidiano online. Ma a pochi giorni dal lancio, dopo mesi di lavoro (non pagato), il nostro principale investitore si è tirato indietro. Così abbiamo provato altre strade. Mia moglie ha cominciato a vendere dolci fatti in casa, e stiamo pensando di avviare un’attività di esportazione di prodotti agricoli greci.
UN’ALTRA SETTIMANA
Siamo anche riusciti a vendere la nostra piccola casa di campagna. Abbiamo incassato meno del 20 per cento del suo valore originale, ma siamo fortunati perché possiamo tirare avanti per qualche altro mese. E siamo anche riusciti a ottenere un’ordinanza del tribunale che impedisce alla banca di pignorarci la casa. Il nostro appartamento ad Atene è al sicuro fino al 2015. Di certo siamo più fortunati di quelli che sono costretti a vìvere in macchina. Restano in un posto per qualche giorno, poi parcheggiano l’auto da un’altra parte. Per lavarsi e andare al bagno dipendono dalla disponibilità degli estranei, oppure usano i giardini pubblici e privati. Anche il nostro.
Siamo fortunati ad avere un giardino. J gennaio potare gli alberi ci ha dato un cera conforto psicologico. Anche se forse abbia mo esagerato: ho finito per abbattere l’albe ro d’alloro piantato da mio padre 57 anni tj per la mia nascita. Ma finora siamo riuscii a evitare di tagliare la legna per usarla com combustibile. Il prezzo del riscaldamento quasi raddoppiato, e gli impianti centralii zati sono quasi sempre spenti. I camini e 1 stufe, invece, funzionano a pieno regina Di sera, quando Atene è avvolta in una nuh di fumo di legna, mi bruciano gli occhi, governo ripete che l’inquinamento ha sup» rato i livelli di guardia, ma le persone ignj rano gli avvertimenti 0 li considerano n altro trucco per convincerci a usare il carbi rante per il riscaldamento (altamente tasa to), il cui consumo è crollato.
Io e mia moglie siamo più fortunati quelli che affollano le 191 mense per i povi ri della città. Siamo più fortunati dei nua poveri, come l’uomo di mezza età con vestito Armani consumato sui gomiti c cerca di non dare nell’occhio mentre fai fila alla mensa di piazza Koumoundoura Siamo più fortunati della donna che osa giorno cammina per sei chilometri, fa lan per ricevere un po’ di cibo, e poi torna a casa a far finta di cucinare, perché non vuole confessare al marito malato che non possono più permettersi di fare la spesa.
A volte io e mia moglie ci chiediamo! non stiamo cercando di negare la realtà. Ma siamo ancora convinti che il pericolo peggiore sia quello di cedere alla depressione Sotto le feste quasi non avevamo la forza alzarci dal letto, ma da allora l’abbiamo fi to ogni giorno e abbiamo cercato di rimetterci in sesto. Saremmo felici di ricominciare da capo, ma come? Per qualsiasi inizia va serve denaro, ma quello che abbiamo basta a malapena per sopravvivere. Ottenere un prestito è impossibile. Quando ani mo a letto, ci accorgiamo di aver supen un altro giorno. Sette notti, un’altra sei mana. Ci sforziamo di credere che qua situazione non sia immutabile, proprio come la nuvola di fumo nel cielo di Atene. Ma non possiamo esserne sicuri. Sappiamo solo che il fumo si diraderà a primavera.
Kostas Tsapogas è un ex giornalista del quotidiano greco Eleftherotypia, chiuso nel dicembre 2 011 e tornato in edicola a gennaio del 2013.

ITALIA
ROMA – L’INCONTRO • Riservato, di 15 minuti, CON SCAMBIO DI DONI DAL VATICANO AL TG1, IL PREMIER RICEVE L’ULTIMA BENEDIZIONE / Si erano già incontrati sette volte. La prima visita ufficiale risale a gennaio 2012, quando il professore fresco di nomina a palazzo Chigi si fece benedire da Ratzinger. Si sono rivisti ieri, tutti e due in procinto di lasciare l’incarico, per un faccia a faccia riservato, ma non istituzionale. «Lei ha cominciato bene, però in una situazione molto difficile», aveva detto allora Benedetto XVI battezzando il governo appena nato. Ieri il commiato, di 15 minuti, «particolarmente cordiale e intenso» fanno sapere dalla sala stampa vaticana. Con tradizionale scambio di doni: Monti si è portato a casa una stampa raffigurante la fontana dell’aquilone che si trova all’interno dei giardini vaticani, Ratzinger tre penne, una bianca, una rossa e una verde, come auspicio per l’attività di studio e di scrittura. Una foto che all’ultimo giro di campagna elettorale vale più di un comizio al gelo. «Il prof. Monti ha manifestato al Santo Padre ancora una volta la gratitudine e l’affetto del popolo italiano per il suo altissimo magistero religioso e morale e per la sua attenzione partecipe ai problemi e alle speranze dell’Italia e dell’Europa», si legge nel comunicato diffuso dalla sala stampa vaticana. Monti per dire la sua è andato davanti alle telecamere del Tg1, che per un premier uscente, ma in corsa, non è colpo da poco: «Il papa è vicino all’Italia che ama», ha fatto sapere non escludendo «un possibile dialogo intellettuale anche per il futuro».

ROMA – IL PROCESSO – Alitalia, rinvio a giudizio per gli ex capi / Sette manager si dovranno presentare in aula: tra loro Mengozzi e Cimoli. Accuse di bancarotta e aggiotaggio di Antonio Sciotto.
Il giudice di Roma: «Accertare anche le responsabilità dei governi che hanno gestito il fallimento»
Una nuova bufera, questa volta giudiziaria, si è abbattuta sulla già martoriata Alitalia. Ieri sono stati rinviati a giudizio Francesco Mengozzi, che fu amministratore delegato dal 2001 al 2004, e Giancarlo Cimoli, che gli succedette nel periodo dal 2004 al 2007: la sentenza è stata emessa dal giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Roma, in merito al procedimento sul dissesto della compagnia. Le contestazioni riguardano reati di bancarotta per distrazione e dissipazione, a seconda delle varie posizioni tra il 2001 e il 2007. Rinviati a giudizio anche GABRIELE SPAZZADESCHI, ex direttore del dipartimento amministrazione e finanza, PIERLUIGI CESCHIA, ex responsabile del settore finanza straordinaria, GIANCARLO ZENI e Leopoldo Conforti, ex funzionari e GENNARO TOCCI, ex responsabile settore acquisti.
La prima udienza è stata fissata per il 18 giugno davanti ai giudici della IV sezione penale.
E non basta, perché i giudici hano anche aggiunto un elemento in più, inserendo nel loro mirino anche i governi che hanno gestito la crisi e la vendita della compagnia di bandiera: si deve «accertare il ruolo svolto dai governi che si sono succeduti nel fallimento che ha riguardato l’Alitalia». Con queste parole il gup di Roma ha deciso di inviare gli atti alla Procura.
Il giudice dell’udienza preliminare, disponendo il rinvio a giudizio, ha accolto pienamente le richieste del procuratore aggiunto Nello Rossi e dei sostituti procuratori Stefano Pesci e Maria Francesca Loi. Secondo le conclusioni della procura le persone coinvolte hanno in sostanza compiuto una opera di dissipazione dei beni della compagnia di bandiera avviando operazioni abnormi sotto il profilo economico e gestionale che avrebbero causato perdite per oltre 4 miliardi di euro fino al 2007. Per quanto riguarda Cimoli, l’accusa di aggiotaggio che è stata mossa, è la conseguenza della diffusione di notizie risultate poi false al fine di fare lievitare sul mercato il valore delle azioni Alitalia.
La decisione del gup soddisfa l’associazione di consumatori Codacons, che chiede ai cittadini un impegno più attivo: «Consente a chi ancora non ha aderito all’azione del Codacons di costituirsi parte civile e partecipare al processo». A sottolinearlo è la stessa associazione dei consumatori che definisce la decisione del Tribunale di Roma "una buona notizia" e "un passo importante" per tutti i risparmiatori danneggiati dal crac.
– Prima dell’Imu «se Berlusconi vuole restituire qualcosa, restituisca i soldi del condono tombale del 2002, che sono 4,5 miliardi di euro non pagati – ha detto il segretario del Pd e candidato premier Pierluigi Bersani – Restituisca i 4,5 miliardi delle quote latte e i fondi che sono stati necessari per il salvataggio di Alitalia». «Tirino fuori questi e non in maroni – ha detto Bersani sulla proposta leghista di creare una moneta che affianchi la valuta comune europea – ma in euro». Il leader del Pd ha ricordato che ci sono anche« i 4 miliardi dati ad Alitalia e buttati via inutilmente. Da qui a qualche settimana saremo daccapo e dovremo andare con il cappello in mano a cercare soluzioni che avevamo già trovato e che non è detto che ci siano ancora", ha spiegato sull’ipotesi che Alitalia venga acquisita da Air France».
Anche Rivoluzione civile dice la sua sugli arresti, per bocca dell’ex pubblico ministero Antonio Di Pietro: «Noi come Italia dei valori e come Rivoluzione civile abbiamo sempre difeso il diritto dei lavoratori di Alitalia e il diritto dei cittadini italiani di poter avere una compagnia di bandiera che fosse all’altezza di quel nome – dice Di Pietro -In realtà, come i fatti hanno dimostrato ancora oggi, dietro Alitalia giravano interessi privati che esulavano da quel che era l’interesse pubblico». «Mi sembra di essere tornato nel ’92 – ha aggiunto l’esponente di Idv e Rivoluzione civile – con la sola differenza che nel ’92 nei cittadini c’era la speranza che qualcosa potesse cambiare, adesso c’è la disperazione che non cambia nulla».

2 – AFRICA & MEDIO ORIENTE
GAZA /GERUSALEMME – VIK, È QUASI COLPO DI SPUGNA / Pena ridotta ai due presunti salafiti processati per il sequestro e la morte di Arrigoni di Michele Giorgio
Dall’ergastolo a 15 anni di carcere. Ma tra buona condotta e ulteriori sconti in 2-3 anni Hasasna e Salfiti potrebbero tornare in libertà
Dall’ergastolo a 15 anni di detenzione. L’Alta Corte Militare di di Gaza ieri ha accolto il ricorso presentato dai due palestinesi, i presunti salafiti Tamer Hasasna e Mahmud Salfiti, condannati lo scorso settembre in primo grado all’ergastolo e ai lavori forzati per il sequestro e l’assassinio di Vittorio Arrigoni, avvenuto il 15 aprile 2011. Nell’aula del tribunale di Gaza city, presente la cooperante italiana Meri Calvelli che aveva seguito tutto il processo di primo grado, i giudici hanno informato Hasasna e Salfiti di aver accolto il loro ricorso, trovandoli adesso colpevoli solo di rapimento. Considerando la buona condotta e possibili sconti di pena, i due condannati potrebbero ritornare in libertà tra 2-3 anni. Ed è lecito attendersi, domenica prossima, quando si aprirà un altro processo di appello, una forte riduzione della pena a 10 anni di carcere inflitta al terzo condannato, Khader Jram, colpevole di aver partecipato al sequestro. Si aspettano le motivazioni della sentenza per capire cosa sia cambiato tra il primo grado e l’appello.
Ieri dopo l’annuncio a Gaza della riduzione delle pene detentive, si è discusso sui socialnetwork di garantismo e giustizialismo. Qualcuno ha giustamente posto la questione del rifiuto dell’ergastolo anche per gli assassini di Vittorio. Tuttavia l’andamento e l’esito dei processi di primo grado e di appello per il rapimento e l’uccisione di Vik possono essere solo in parte oggetto di questo dibattito. Ovvio, anche per Hasasna e Salfiti la pena non può essere solo punitiva ma deve puntare al reinserimento dei condannati nella società. Allo stesso tempo questo brutale omicidio, a danno di un attivista e giornalista che ha dato tutto per sostenere i diritti del popolo palestinese, non può essere cancellato con un quasi-colpo di spugna. La sensazione è che il caso non stia procedendo sui binari della legge ma lungo un percorso politico e sociale. A Gaza regna un dubbio: i giudici in primo grado potrebbero aver punito con severità gli imputati allo scopo di inviare un segnale all’esterno della credibilità della giustizia di Hamas. Poi in appello hanno bruscamente virato, sotto le forti pressioni giunte dalle famiglie dei condannati convinte che i loro congiunti non abbiamo commesso un crimine ma siano stati «manipolati» da Abdel Rahman Breizat e Bilal Omari, il capo e il suo vice della cellula salafita che ha rivendicato il rapimento di Vittorio. Entrambi non possono raccontare la loro verità perchè sono stati uccisi in uno scontro a fuoco con la polizia.
Un altro fatto insolito è quello che a chiedere la riduzione della pena per i due condannati sia stato lo stesso procuratore militare che lo scorso settembre aveva invocato e ottenuto l’ergastolo. È in possesso di prove decisive sul non coinvolgimento di Hasasna e Salfiti nell’assassinio? Può darsi, ma non è questo che ha spiegato ieri a Meri Calvelli. La cooperante italiana ci ha riferito che al termine del processo è stata avvicinata dal procuratore che non le ha dato alcuna motivazione per la sua richiesta. Piuttosto ha lasciato capire che in appello una sentenza più mite era scontata perchè Hasasna e Salfiti erano stati condannati a 20 anni e non all’ergastolo. Una affermazione strabiliante se si legge il dispositivo della sentenza di primo grado che afferma, nero su bianco, che ad Hasasna e Salfiti è stato inflitto il carcere a vita per omicidio premeditato, sulla base dell’articolo 378 del codice penale rivoluzionario palestinese del 1979 e per sequestro di persona allo scopo di commettere un omicidio sulla base degli articoli 254 e 256 del codice penale del 1936. È questo caos su leggi, procedure e sentenze, l’affermare una cosa per negarla dopo, che lascia sconcertati se si tiene conto della gravità dell’omicidio di Vittorio Arrigoni. La difficile situazione di Gaza lo spiega solo in parte. Ieri si è appreso che l’Alta Corte Militare prima della sentenza si era riunita per ben 10 volte senza che nessuno ne fosse a conoscenza.
I diritti di Salfiti e Hasasna sono stati tutelati sino in fondo. Ora i due condannati devono mostrare rispetto per Vittorio e la sua famiglia. Ieri in aula entrambi sghignazzavano mentre i giudici leggevano la sentenza. Non si sono mai pentiti per ciò che hanno fatto.
PALESTINA – GAZA 2013 / SUNSHINE4PALESTINE – Immaginate una terra baciata dal sole 360 giorni l’anno, carezzata dal mare e rischiarata da 4000 anni di storia. Ora voltatevi, e posate lo sguardo sulle rovine, sulla povertà, sul disperato bisogno di un sistema sanitario. Questo è quanto circonda l’ospedale di Jenin a Gaza, una struttura moderna, che potrebbe potenzialmente salvare centinaia di migliaia di vite, se solo avesse le risorse energetiche minime necessarie a permettere il regolare funzionamento della struttura Il progetto di Sunshine4Palestine, ha lo scopo di provvedere all’energia necessaria al funzionamento dell’ospedale di Jenin, costruendo un impianto fotovoltaico sul tetto della struttura. Un impianto che convertirà Sole in Vita Umana.
Come probabilmente sapete, la striscia di Gaza soffre di una terribile carenza energetica che causa, tra le varie problematiche, una operatività estremamente ridotta degli ospedali locali. Con un piccolo gruppo di amici, sparsi per il mondo (Londra, Gaza, Vienna), abbiamo deciso di fondare una non profit con sede negli UK, per realizzare un progetto che permettesse di mostrare che sia possibile fare qualcosa per migliorare la situazione di vita quotidiana a Gaza. Ci proponiamo di costruire un impianto fotovoltaico che renderà l’ospedale di Jenin, una struttura che serve 200,000 persone in una regione estremamente povera di Gaza city, indipendente energeticamente per 24 ore al giorno, 7 giorni su 7.
Nel caso VOI reputate il progetto interessante, vi chiedo il vostro aiuto nel disseminarlo condividendolo e rendendone consapevoli quante più persone. Un piccolo contributo può cambiare la vita di 200,000 persone e far loro sentire che non sono dimenticate.
Speriamo il sito si sparga a macchia d’olio perché’ anche attraverso le condivisioni, oltre che attraverso eventi organizzati, raccoglieremo i fondi necessari a costruire l’impianto.
Allego il sito in varie lingue. http://sunshine4palestine.com/Italiano/Sunshine4Palestine_it/Benvenuti_files/logo.png
(di Barbara Capone)

ISRAELE – II 17 febbraio è cominciato a Gerusalemme il processo per frode contro l’ex ministro degli esteri Avigdor Lieberman.

MAROCCO – Ventiquattro attivisti sahrawi sono stati condannati a dure pene detentive il 17 febbraio con l’accusa di aver ucciso agenti delle forze dell’ordine a Gdeim Izik, nel Sahara Occidentale, nel novembre del 2010. Otto hanno ricevuto l’ergastolo.

SIRIA – L’ora dei conti / Mentre il bilancio delle vittime sale a /ornila morti, in Siria si accumulano le prove di crimini di guerra commessi sia dall’esercito sia dai ribelli. È ar¬rivato il momento che la Corte penale internazionale si occupi della questione siriana, ha di¬chiarato il 18 febbraio Carla Del Ponte, presentando il rapporto della commissione d’inchiesta Onu sulle violazioni dei diritti umani in Siria. Inoltre, secondo il regime, i danni alle infrastrut-ture ammontano a 8,2 miliardi di euro, scrive Now Lebanon. Il 19 febbraio i ribelli hanno col¬pito il palazzo presidenziale di Damasco.

DA RAMALLAH AMIRA HASS – MALVAGITÀ SENZA CONFINI / Lunedi e martedì la vicenda di una capra e dei suoi due piccoli ha dato luogo a una serie di telefonate urgenti ed email. Sabato e domenica un campo non irrigato è stato al centro di altre telefonate concitate. Altri giorni può essere un albero, una perdita dal tetto, una cisterna o un permesso di lavoro revocato. Da qualche tempo un gruppo di attivisti israeliani anti occupazione mi chiama per chiedermi di rivolgere alcune domande alle autorità militari. Lunedì i soldati sono stati visti mentre confiscavano la capra e i suoi piccoli a un pastore chiamato Malek. Nel fine settimana un gruppo di coloni e soldati ha fatto irruzione nel campo di Mohammed, a sud di Betlemme. Qualche settimana fa i soldati hanno impedito a un abitante di Hebron di completare la costruzione di un tetto. Gli attivisti passano molto tempo insieme ai pastori e agli agricoltori. La sera tornano nelle loro case di Gerusalemme, ma il loro cuore resta in Cisgiordania. Sperano che una domanda formale
possa rimediare alle ingiustizie, che un articolo possa fermare l’ordine di demolire una cisterna o di abbattere degli ulivi. Ho passato più tempo di loro a combattere l’occupazione, e ormai non credo più nel potere immediato di un’inchiesta giornalistica. Quindici anni fa una domanda poteva causare un certo imbarazzo tra i funzionari. Oggi è solo una perdita di tempo. Ma non posso deludere gli attivisti e i palestinesi vittime di questa malvagità senza confini.

TUNISIA – LE DIMISSIONI DIJEBALI / Il 19 febbraio il primo ministro tunisino Hamadi Jebali (nella foto) ha dato le dimissioni dopo il fallimento delle consultazioni, durate due settimane, per formare un governo tecnico. Jebali aveva avanzato questa proposta per uscire dalla crisi politica scatenata dall’omicidio del leader dell’opposizione Chokri Belaid, ucciso il 6 febbraio, attribuito a gruppi estremisti legati al partito di maggioranza Ennahda. Jebali, spiega Al Jazeera, ha incontrato forti resistenze all’interno del suo partito, ma non esclude di poter tornare alla guida dì un nuovo governo.

BAHRAIN – Ancora Manifestazioni dopo le morti di ieri / Decine di sostenitori dell’opposizione hanno manifestato ieri a Boudaya, vicino Manama, capitale del Bahrein. Gli attivisti gridavano «Abbasso la dittatura». Negli scontri per le commemorazioni a due anni dall’inizio delle proteste hanno perso la vita due persone. Mentre un poliziotto è rimasto ucciso nella notte di ieri negli scontri di al-Sahla, villaggio sciita vicino a Manama, al termine di una giornata caratterizzata da episodi violenti in diversi villaggi sciiti. Ieri, durante le proteste, anche un giovane manifestante ha perso la vita. «Il poliziotto Mohamed Atef, colpito da un proiettile incendiario è rimasto gravemente ferito, ed è morto prima del suo arrivo in ospedale», ha detto il capo della polizia, il generale Tariq al-Hassan. Secondo il militare le forze di sicurezza sono state prese di mira con bombe molotov, spranghe di ferro e pietre lanciate da «gruppi terroristici». Centinaia di persone erano scese in piazza nei villaggi sciiti per protestare contro il governo e chiedere riforme politiche. Le forze di polizia in tenuta antisommossa, distribuite attorno ai villaggi, hanno usato gas lacrimogeni e sparato contro i manifestanti che lanciavano pietre e Molotov. Secondo testimoni, i manifestanti avevano bloccato l’accesso a villaggi con pneumatici dati alle fiamme, tronchi d’albero e cassonetti.

EGITTO – DECINE DI CORTEI PRO E ANTI MORSI AL CAIRO, NEI GOVERNATORATI DI BEHERIA E KAFR EL-SHEIKH / ORA C’È LA LEGGE CONTRO IL DIRITTO A MANIFESTARE di Giuseppe Acconcia / Nel mirino degli islamisti ci sono ora le manifestazioni di piazza. Le opposizioni continuano a criticare la legge sulle proteste, resa nota ieri. Secondo il testo di legge, un movimento deve chiedere un’autorizzazione per manifestare con cinque giorni di anticipo, mentre le autorità hanno libertà di cancellare, spostare o posticipare le manifestazioni. Non solo, si vieta l’uso di maschere, palchi, striscioni o slogan contro la religione, insulti alle istituzioni dello Stato o l’incitamento alla violenza. Nel testo si vietano anche le manifestazioni entro duecento metri dai palazzi presidenziali, ospedali, luoghi di culto e le istituzioni pubbliche: Parlamento e ministeri. Proprio con l’assedio permanente dei palazzi del potere i manifestanti avevano ottenuto nel 2011 le dimissioni del presidente Mubarak e il divieto di fare politica agli esponenti del suo partito. Ora la Shura è incaricata di approvare o emendare la controversa legge. Il ministro della Giustizia, Ahmed Mekki, ha dichiarato che la legge «protegge il diritto a manifestare e previene la confusione tra proteste pacifiche e attacchi all’ordine pubblico».
Ma una nuova norma aveva già duramente colpito le organizzazioni non governative egiziane. Proprio ieri il ministero degli Affari sociali ha concluso la stesura della legge sulle ong. Si stabilisce che ogni finanziamento pubblico e proveniente dall’estero dovrà essere approvato da un comitato di coordinamento. Mohamad al-Ansary, avvocato dell’Istituto per gli Studi sui diritti umani, ha detto che «la nuova legislazione ha lo scopo di colpire il lavoro delle ong». «Come è possibile considerare le donazioni come fondi pubblici se vengono da privati?», prosegue con ironia l’attivista. In generale i movimenti accusano il governo di voler interferire nelle attività delle ong egiziane.
Come se non bastasse, i principali politici dell’ormai bandito Partito nazionale democratico, l’ex presidente della Camera alta, Safwat el-Sherif, Zakaria Azmi e l’ex primo ministro, Ahmed Nazif, sono stati rilasciati. Mentre il processo a Mubarak deve ripartire da zero. Per raccogliere le ceneri di una rivoluzione che voleva un cambiamento radicale della società egiziana, gli attivisti si sono dati appuntamento ieri intorno al palazzo presidenziale di el-Qobba, sempre ad Heliopolis. In seguito alle manifestazioni intorno alle mura del palazzo di Ettehadeya, il presidente Morsi ha trasferito qui i suoi uffici. Gli attivisti chiedono le dimissioni del governo di Hisham Qandil e un nuovo processo per i leader del vecchio regime usciti di prigione. Anche gli ultras dell’al-Ahly si sono assembrati intorno al ministero della Difesa nel quartiere di Abbasseya per chiedere di processare gli esponenti del Consiglio supremo delle Forze armate per crimini contro i manifestanti. Anche nei governatorati di Beheira, Beni Suef e Kafr Sheikh ci sono state manifestazioni nella giornata di ieri. Decine di persone hanno bloccato la linea ferroviaria dopo le parole del primo ministro che aveva criticato le donne di questi governatorati per non usare norme igieniche adeguate nell’educazione dei figli. Dal canto loro, centinaia di sostenitori di Morsi hanno manifestato per denunciare la violenza delle scorse settimane, tra loro centinaia di salafiti. «Il Corano è la nostra Costituzione», «Morsi, Morsi», «No alla violenza, sì alla sharia (legge islamica, ndr)», gridavano i manifestanti, bradendo foto del discusso sceicco cieco in prigione Omar Abdel Rahman.

IRAN – Khamenei a Tabriz, contro le sanzioni. «Non costruiremo un ordigno nucleare perché sarebbe un crimine contro l’umanità». Sono le parole pronunicate da Ali Khamenei in occasione di raduno pubblico a Tabriz. Ma se «l’Iran volesse dotarsi di armi nucleari lo farebbe nonostante le pressioni americane, alle quali la Repubblica islamica non si piegherà», ha proseguito il leader conservatore. «Non c’è dubbio che le sanzioni portano pressione e molestano», ha ammesso Khamenei. Gli Stati uniti «vogliono fiaccare il popolo» iraniano, ha avvertito l’ayatollah ammettendo che «le sanzioni fanno danni ed esercitano pressione» sulla nazione.

SOMALIA – Un morto in attentato a Mogadiscio. Un’esplosione all’ingresso di un ristorante sul lungomare a Mogadiscio ha causato almeno un morto. «Abbiamo notizie di una persona morta e di un’altra rimasta ferita nell’esplosione», hanno confermato alcuni poliziotti, che si trovavano nei pressi quando il veicolo è esploso. «L’auto era carica di esplosivo», ha proseguito il poliziotto, aggiungendo che diverse altre auto e un edificio sono rimasti danneggiati. L’attentato non è stato ancora rivendicato. Gli insorti al-Shebaab, nei mesi scorsi, sono stati individuati come responsabili di attacchi simili.

CAMERUN – Famiglia francese rapita, forse da Boko Haram /Sette francesi, tre adulti e quattro bambini sono stati sequestrati da un gruppo di uomini armati, nel nord del Camerun, vicino al confine con la Nigeria. Uno dei rapiti è il numero due dell’impresa multinazionale GDF Suez in Camerun. In un comunicato su Twitter la società ha garantito al governo di Parigi tutta la collaborazione nella ricerca dei rapiti. Il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius ha affermato che il rapimento potrebbe essere opera della setta islamica Boko Haram. I sette sono stati aggrediti da uomini in moto nella località di Dadanga, alla frontiera con la Nigeria, mentre stavano tornando dal parco naturale di Waza (nel nord). Questo nuovo sequestro porta a 15 il numero degli ostaggi francesi all’estero, tutti in Africa. Fra questi, almeno sei sono nelle mani di Aqmi (al-Qaeda del Maghreb) nel Sahel. Secondo Intel center media list, un centro aericano di ricerche in sicurezza, la Francia è il paese occidentale con il maggior numero di cittadini all’estero rapiti nel mondo, seguita dagli Usa (nove ostaggi). Lunedì, rivendicando il sequestro in Nigeria di sette stranieri, il gruppo Ansaru ha denunciato «le atrocità commesse contro la religione di Allah dai paesi europei».

COSTA D’AVORIO – Laurent Gbagbo davanti alla Cpi / L’ex presidente della Costa d’Avorio, Laurent Gbagbo, accusato di aver fomentato un «piano» di omicidi e stupri per restare al potere, è comparso ieri davanti alla Corte penale internazionale per rispondere di «crimini contro l’umanità». «Gbagbo e le forze sotto il suo controllo sono responsabili della morte, degli stupri, delle ferite gravi e della detenzione arbitraria di molti cittadini che rispettavano la legge, considerati sostenitori di Ouattara», il suo rivale durante le elezioni, ha dichiarato il procuratore della Cpi, Fatou Bensouda. Laurent Gbagbo aveva rifiutato di riconoscere la vittoria al secondo turno dell’elezione presidenziale il 28 novembre 2010, del suo rivale Alassane Ouattara, appoggiato dall’Onu. Primo ex-capo di stato a comparire davanti alla Cpi, Gbagbo, 67 anni, è accusato di essere «coautore indiretto» di crimini contro l’umanità, commessi durante le violenze post-elettorali del 2010-2011. Mentre qualche centinaia di persone manifestava per Laurent Gbagbo, la difesa ha contestato la legittimità della Cpi, ritenendo che l’ex presidente dev’essere giudicato nel suo paese.

ZIMBABWE – L’ORA DEI CONTI Facendo appello anche ad aziende private, il governo dello Zimbabwe vuole raccogliere cento milioni di dollari per organizzare il referendum sulla nuova costituzione, previsto per il 16 marzo. Il testo, approvato dal parlamento, riduce i poteri del presidente e rafforza le altre istituzioni. Nel 2008, dopo un voto contestato, il presidente Robert Mugabe e il premier Morgan Tsvangirai, avversari politici, hanno accettato di formare un governo di coalizione e di indire nuove elezioni dopo l’approvazione della nuova costituzione, spiega New Zimbabwe.

BAHREIN – Un ragazzo di 16 anni e un poliziotto sono morti nelle manifestazioni scoppiate il 15 febbraio in occasione del secondo anniversario della rivolta degli sciiti.

NIGERIA – II 18 febbraio il gruppo islamico Ansaru ha rivendicato il rapimento di sette impiegati dell’azienda libanese Setraco, tra cui un italiano. Il giorno dopo sette turisti francesi sono stati rapiti in Camerun e portati in Nigeria.

RDC II 24 febbraio è prevista ad Addis Abeba la firma di un accordo regionale per la pacificazione dell’est del paese. Il documento dovrà essere firmato anche da Ruanda, Uganda, Burundi, Angola, Congo, Sudafrica e Tanzania

SUDAFRICA – LA VIOLENZA SULLE DONNE IN SUDAFRICA NON HA COLORE /Alex Duval Smith, The Observer, Regno Unito / L’OMICIDIO DI REEVA STEENKAMP, DI CUI È ACCUSATO OSCAR PISTORIUS, HA SCOSSO UN PAESE GIÀ PROVATO DALLA MORTE DI ANENE BOOYSEN, 17 ANNI, VITTIMA DI UNO STUPRO DI GRUPPO.
OSCAR PISTORIUS era il perfetto eroe sportivo sudafricano perché la vittoria sulla disabilità l’aveva reso una figura ammirata da tutti in una società ancora segnata I dalle divisioni. Ma la cultura machista in cui | è cresciuto coinvolge tutti i gruppi razziali e | spiega in parte gli elevati tassi di violenza ] domestica nel paese. "Per provare la loro j virilità i sudafricani neri devono andare in ì giro armati di coltelli e avere tante ragazze", S dichiara Rachel Jewkes, del Medicai research council (Mrc) sudafricano. "Gli afrikaaner bianchi come Pistorius non hanno bisogno di avere tante ragazze, ma il loro amore per le armi è una dimostrazione del desiderio di mettere in evidenza la loro mascolinità". Le esatte circostanze della morte di Reeva Steenkamp, l’ex modella e fidanzata di Pistorius uccisa il 14 febbraio 2013, sono ancora da chiarire, ma tutti i sudafricani ricordano che la sua morte è avvenuta alla vigilia della campagna contro gli stupri del Venerdì nero, lanciata in memoria di Anene Booysen, 17 anni, morta il 2 febbraio a Bredasdorp, vicino a Città del Capo, dopo essere stata stuprata e sventrata da una banda di cui faceva parte anche il suo ex ragazzo.
"In Sudafrica dobbiamo prendere coscienza del gravissimo problema della violenza, in particolare di quella nei confronti delle donne", dice Lisa Vetten, ricercatrice specializzata nello studio della violenza domestica. Le statistiche della polizia in questo campo sono limitate, ma i 15.609 omicidi e i 64.500 stupri denunciati nel periodo 2011-2012 lasciano intravedere livelli altissimi di violenza. Secondo i rilevamenti dell’Mrc il 40 per cento degli uomini ha picchiato la propria compagna e un uomo su quattro ha stuprato una donna. Tre quarti degli uomini che ammettono di aver stuprato una donna sostengono di averlo fatto la prima volta da adolescenti. E mentre un quarto delle donne ha subito violenze sessuali, solo il 2 per cento sporge denuncia. A detta degli esperti, la società sudafricana presenta tutti gli elementi che favoriscono la diffusione di stupri e violenze: una cultura in cui vige la legge del più forte, profonde disuguaglianze economiche che fanno sentire gli uomini più deboli, disparità nei rapporti tra i sessi, lacune nell’educazione dei figli – in particolare dei maschi, abbandonati a loro stessi – e un alto tasso di disoccupazione maschile.
UN SENSO DI IMPUNITÀ
"Qui è davvero raro avere un padre in casa", spiega Jewkes. "Inoltre gli uomini pensano che le donne dovrebbero sottostare al loro controllo. In questo senso è cambiato poco negli ultimi vent’anni, e nonostante il tasso di omicidi nel paese sia sceso del 50 per cento, quello degli stupri è invariato". Sotto il governo del presidente Jacob Zuma, noto per le sue dichiarazioni sessiste, si è diffuso un senso di impunità tra gli uomini. Il ministro degli insediamenti umani Tokyo Sexwale è impegnato in una causa di divorzio intentata da sua moglie Judy, che lo accusa di abusi psicologici e verbali. La carriera politica di Sexwale però non sembra averne risentito. Il problema degli stupri si ripresenta con una certa regolarità sui mezzi d’informazione. A gennaio i giornali traboccavano di stupore per la forte reazione della società indiana allo stupro di una studentessa. I commentatori sudafricani si chiedevano perché nel loro paese una reazione simile sarebbe stata impensabile.
In Sudafrica c’è una legge sulla violenza domestica che permette alla polizia di intervenire se una donna teme un attacco, ma raramente viene applicata. Jennifer Williams, direttrice del Women’s legai centre, afferma: "C’è un problema di risorse e di formazione dei poliziotti. Spesso le donne si sono sentite dire dai poliziotti: ‘Lui sembra una brava persona, siamo certi che riuscirete a mettervi d’accordo’. Ad altre viene negato il processo per carenza di magistrati. È un’emergenza nazionale, eppure i centri a disposizione delle vittime di stupro stanno chiudendo".
DA SAPERE
Il 19 febbraio l’atleta sudafricano Oscar Pistorius è comparso in tribunale per rispondere dell’accusa di omicidio premeditato della fidanzata Reeva Steenkamp. La donna è stata uccisa il 14 febbraio con tre colpi di arma da fuoco nella casa di Pistorius a Pretoria. L’uomo nega le accuse e sostiene di aver scambiato Steenkamp per un ladro. Mail & Guardian

3 – ASIA OCEANIA ANTARTIDE (Pacifico)

COREA DEL NORD – II 18 febbraio l’Unione Europea ha rafforzato le sanzioni contro il regime dopo il test nucleare del 12 febbraio. I ministri degli esteri europei hanno aggiornato la lista dei funzionari nordcoreani che non possono entrare nell’Ue e quella degli enti sottoposti a congelamento dei beni.

MALESIA – II 16 gennaio il senatore australiano Nick Xenophon, in visita in Malesia, è stato bloccato all’aeroporto di Kuala Lumpur e poi espulso. In passato aveva denunciato le violazioni dei diritti umani nel paese.

PAPUA NUOVA GUINEA – La polizia ha arrestato il 19 febbraio un uomo e una donna sospettati di aver bruciato viva una donna accusata di stregoneria.

AFGANISTAN – Una magra consolazione / Vittime civili in Afghanistan / Secondo l’ultimo rapporto della missione delle Nazioni Unite in Afghanistan, nel 2012 il numero dei civili uccisi nel paese è diminuito per la prima volta in sei anni, scrive la Bbc. Nel 2012, infatti, i morti tra la popolazione sono stati 2.754, il 12 per cento in meno rispetto ai 3.021 del 2011. Tra le cause della diminuzione, il rapporto indica il minor numero di combattimenti sul terreno, attentati suicidi e attacchi aerei. L’uso indiscriminato di ordigni esplosivi improvvisati rimane la principale causa dell’uccisione di civili. Nel 2012, prosegue il rapporto, l’8i per cento delle vìttime civili è stato ucciso dagli antigovernativi mentre l’8 per cento dai militari. I feriti, invece, sono passati dai 4.507 del 2011 a 4.805.
Vittime civili in Afghanistan
Fonte: Unama
Nel 2011 – MORTI 3021. FERITI 4507
Nel 2012 – MORTI 2754. FERITI 4805

KURDISTAN – Erdogan-Ocalan, dialogo a distanza sulle trattative di pace in corso di Geraldina Colotti.
Il 16 febbraio scorso, il premier turco Recep Tayyip Erdogan è tornato a parlare dei negoziati tra governo e kurdi. Da Mardin – città d’origine del nuovo ministro dell’Interno, Muammar Güler -, ha detto: «Siamo arrivati al momento in cui sta a voi parlare. Aspettiamo dei gesti, specialmente da parte delle madri. Ci aspettiamo che diciate ‘basta’ opponendovi all’insidioso fenomeno del terrore». Quindi, ha chiesto al PKK di deporre le armi. Dall’isola di Imrali dove sta scontando l’ergastolo, gli ha risposto il leader del PKK, Abdullah Öcalan. Per bocca del fratello, che ha potuto fargli visita l’altroieri ha ribadito la sua piena disponibilità al dialogo, ripreso dal governo turco nel dicembre 2012. Ha però precisato: «Sono un prigioniero, non posso fornire tutte le soluzioni. Tramite gli ufficiali di intelligence venuti a trovarmi, ho fornito le proposte su come il problema potrebbe essere risolto. Ora valuterà il governo. In ogni caso – ha aggiunto – la questione kurda coinvolge sia Kandalit che la Turchia e l’Europa. I presidenti del BDP e del DTK dovrebbero partecipare anche per portare notizie da Kandalit». Nella zona di Kandalit, nel Kurdistan iracheno, al confine con la Turchia, si verificano sempre scontri tra l’esercito turco, che bombarda anche oltre frontiera, e la guerriglia indipendentista. E ai deputati del Partito della Pace e della Democrazia e a quelli del Congresso della Società Democratica è stata proibita un’altra visita a Imrali perché «colpevoli» di aver abbracciato in carcere alcuni indipendentisti. La situazione non si è ancora sbloccata.
L’ennesimo intoppo al proseguimento delle trattative di pace per portare a soluzione il conflitto che, dall’84, ha provocato oltre 40.000 morti nel sud-est della Turchia. Il 9 gennaio sono state assassinate a Parigi tre leader del PKK. «Le ha uccise la stessa mano che mi ha portato su quest’isola», ha detto Ocalan, arrestato il 15 febbraio a Nairobi.

CINA / AIXIN – IL RITOCCO SUL WEB / Ripulire l’immagine di un’azienda 0 di una persona su internet è diventato un’attività redditizia in Cina. La pratica, tuttavia, è illegale, scrive Caixin, che dedica la copertina a Mario Monti e alle elezioni italiane. A luglio una retata della polizia negli uffici di una società di pubbliche relazioni di Pechino ha portato alla luce il fenomeno. Spesso per la cancellazione di contenuti sgraditi bastano i contatti con le persone che gestiscono un determinato sito. Ma più i metodi diventano complessi più si fa ricorso alla corruzione di addetti alla censura che possono ordinare l’intervento su una determinata informazione. Lo scandalo ha lambito il colosso Baidu, il Google cinese, facendo ipotizzare che sia possibile manipolare le ricerche sul web. La Yage, la principale tra le aziende finite sotto inchiesta, nel 2011 ha guadagnato 50 milioni di yuan (5,9 milioni di euro). Almeno il 60 per cento di questo denaro è arrivato da funzionari locali e capi di polizia, soprattutto nelle città minori, che volevano ripulire la loro reputazione ed eliminare il rischio di scandali.

CINA / COREA DEL NORD «ESUBERANTE» . Stavolta la Cina si gioca la faccia
PECHINO – È passato inosservato sui media occidentali, così pronti a richiamare la Cina ai suoi doveri da "grande potenza", un messaggio apparso sul sito web di Utopia il giorno dopo il test nucleare della Corea del Nord. Il sito internet, come prima la libreria omonima pechinese, è il ritrovo dei neo maoisti, assurti alle cronache cinesi per la difesa a spada tratta di Bo Xilai e per le recenti performance, con tanto di poster di Mao durante le proteste anti giapponesi (conseguenza del balletto diplomatico per un ammasso di scogli disabitati, chiamati Diaoyu dai cinesi e Senkaku dai giapponesi). Nel messaggio postato on line, i maoisti si sono congratulati con il «compagno Kim Jong un» per la riuscita «perfetta» del test nucleare in funzione anti occidentale e primariamente anti statunitense, confermando la stretta amicizia del popolo cinese con i "fratelli" coreani. L’episodio, di per sé insignificante nel brodo diplomatico internazionale, in realtà nasconde tutte le insidie che la Cina si ritrova a dover affrontare dopo l’ennesima "pazzia" del suo alleato più fedele in Asia, ovvero Pyongyang.
C’è da immaginarsi l’imbarazzo ad esempio di quei membri dell’esercito e del partito che, pur cercando di tenere posizioni credibili e presentabili da un punto di vista internazionale, condividono in pieno quanto affermato dai maoisti, regrediti nella scala politica cinese a pusillanimi un po’ fuori di testa, specie dopo il repulisti seguito alla caduta di Bo Xilai, ex leader di Chongqing, espulso e in attesa di processo (probabilmente a marzo inoltrato anche se stando alle ultime indiscrezioni, si paventa la possibilità di un processo a porte chiuse data la volontà di «non collaborare» che avrebbe dimostrato l’imputato). Non sono pochi, specie nell’esercito, braccio militare del partito e non dello stato, va ricordato, a concepire ancora oggi la Corea del Nord come quel lembo di territorio in grado di effettuare la funzione di cuscinetto, rispetto a una Corea unita e sotto l’influenza americana. Anche se i "falchi" all’interno o nell’ambito del Pla – un gruppo composto da una ventina di papaveri tra i quali il colonnello Dai Xu, il general maggiore Luo Yuan, in pensione ma ancora molto influente e l’ammiraglio Zhang Zhaozhon – pur spingendo per una posizione dura nei confronti della comunità internazionale che confermi l’alleanza con Pyongyang, non vogliono certo un conflitto.
«L’ultima guerra coreana finì in modo disastroso in termini di costi per Cina- racconta a il manifesto June Teufel Dreyers, una delle principali esperte mondiali di forze armate cinesi e professoressa alla Miami University – sia sotto il profilo delle perdite umane, pesanti, quelle economiche, i debiti accumulati con l’ex Urss e per aver creato la situazione di impossibilità di riprendersi di fatto Taiwan. Quello che interessa a esercito e comitato Centrale del Pcc è affermare, di sicuro, la propria influenza nelle zone orientali. Del resto, se i generali e politici cinesi hanno studiato la storia, sanno bene che la coda coreana ha già agitato il cane cinese e giapponese, più di una volta».
Certo che questa volta la Corea del Nord ha rischiato grosso. Ha messo in discussione, in modo pubblico, la parola della Cina, portando Pechino a rischiare quanto di più prezioso hanno i cinesi, ovvero l’onore della parola data, la "faccia", mianzi in cinese. Quando la Corea del Nord aveva avvisato che avrebbe provveduto ad effettuare un nuovo test nucleare, la Cina consigliò prudenza a Pyongyang, come può fare un fratello maggiore con un piccolo ed esuberante fratellino. Ma Kim Jong un ha proseguito per la propria strada, mettendo la Cina in una posizione delicata. Le mire nucleari nord coreane, intanto, hanno intensificato i bisogni difensivi di Corea del Sud e Giappone. Inoltre il test ha prestato il fianco a critiche internazionali alla Cina, accusata esplicitamente dalla stampa americana, di «aver fallito». Nell’edizione cinese di alcuni giornali, come il Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Partito comunista, queste critiche hanno finito per ricacciare indietro le posizioni cinesi: «La colpa, al massimo – ha scritto il quotidiano – deve ricadere sugli Stati Uniti e le sue continue minacce e richieste di sanzioni contro la Corea del Nord».
Stallo dunque, in attesa che Xi Jinping, il nuovo leader del paese (a marzo sarà ufficialmente anche presidente della Repubblica Popolare) indirizzi la politica estera cinese in modo determinato. Sono in molti ad attendere questa scelta: gli Usa fiduciosi delle promesse lanciate da Xi rispetto a una nuova stagione dei rapporti tra le due potenze, e tutta l’Asia all’interno della quale, per questioni economiche, territoriali e militari, cresce sempre di più il fronte anti cinese. (di Simone Pieranni da Il Manifesto 13.02.20)

INDIA – IL CASO FINMECCANICA A NEW DELHI / Toral Varia Deshpande, Outlook, India.
Le voci di tangenti pagate da Finmeccanica al governo indiano circolavano da tempo. Ma l’esecutivo non ha fatto nulla finché non è scoppiato lo scandalo
e voci circolavano da almeno un anno: presto sarebbe scoppiato uno scandalo sull’accordo da 36 miliardi di rupie (560 milioni di euro) tra il governo indiano e il gigante della difesa italiano Finmeccanica per l’acquisto degli elicotteri AgustaWestland. C’è voluto l’arresto dell’amministratore delegato di Finmeccanica, Giuseppe Orsi, e di altre tre persone per riportare l’attenzione verso l’ex capo dell’aeronautica militare indiana S.P. Tyagi. Il ministero della difesa ha avviato un’inchiesta sul contratto che prevedeva l’acquisto di dodici elicotteri da usare per portare in giro i più alti dignitari indiani. Gli inquirenti stanno seguendo il percorso dei soldi alla ricerca delle tangenti che sarebbero state pagate all’ex capo dell’aeronautica attraverso i suoi cugini. Il Bharatiya janata party (Bjp), all’opposizione, gongola all’idea
di avere un’altra arma per mettere in imbarazzo il governo. Il portavoce del partito, Prakash Javadekar, tra i primi a sollevare il caso in parlamento, ha detto ironizzando: "Il paese che avrebbe tratto vantaggio dall’accordo ha agito, mentre quello che ha perso dei soldi non ha fatto nulla". Alle sue domande ha risposto a sorpresa il ministro della difesa A.K. Antony, assicurando che un’indagine del ministero è già in corso. Questo è il primo scandalo legato alla difesa nel quale i nomi degli intermediari di tangenti sono stati identificati. In effetti hanno tutti confessato, e la "Italian connection" di Antony e "madam Sonia" non passerà sotto silenzio quando il parlamento si riunirà. Per ora la consegna di nove dei dodici elicotteri è stata sospesa – tre sono già stati consegnati – e mentre il 30 per cento del pagamento è già avvenuto, il saldo è congelato fino alla fine dell’inchiesta. Antony ha anche dichiarato che "a questo punto l’India potrebbe riavere indietro il denaro sborsato". Messo alle strette, il ministero della difesa ha diffuso una nota secondo cui, alle prime notizie sull’accordo sottobanco nel febbraio del 2012, aveva scritto all’ambasciata di Roma

 

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