9892 GOLPE IN PARAGUAY: Destituito il presidente, l’ex Vescovo Fernando Lugo

20120623 11:27:00 redazione-IT

Servizi di[b]Gennaro Carotenuto[/b] e [b]Tito Pulsinelli[/b]

[b][i]Paraguay, rovesciato Fernando Lugo, il vescovo dei poveri che non ha saputo difenderli[/b][/i]

Un massacro di contadini orchestrato dalla multinazionale Monsanto è stata infine l’occasione per le oligarchie paraguayane per far fuori il presidente Fernando Lugo, usando i poteri peculiari dei quali dispone il Senato di quel paese, che può rimuovere il capo dello Stato semplicemente con un giudizio politico. Tecnicamente, solo tecnicamente, non è un colpo di Stato ma nella sostanza ci troviamo di fronte all’ennesimo passo della storia dell’ignominia delle classi dirigenti paraguayane e latinoamericane in sinergia con i grandi interessi economici internazionali.
Nella sostanza, come si legge nel comunicato di Unasur, la legittimità continua a risiedere in Lugo (che pure ha accettato la destituzione con poche e deboli parole) e nel popolo e il nuovo governo non sarà riconosciuto.

Quello paraguayano, per ora senza sangue, ricorda non solo il 2009 hondureño, quando cavilli legali differenti eppure simili giustificarono il golpe. Allora però l’assalto al cielo del presidente Manuel Zelaya era tale: un referendum per una nuova Costituzione partecipativa che portasse il paese centroamericano. Adesso perché cade Lugo? Lui, che senz’altro conosce San Paolo, cade come conseguenza di una sorta di cupio dissolvi, un lungo stallo nel quale sono infine state le destre a giocare la carta decisiva. Allora Zelaya era disponibile a dar battaglia in una resistenza democratica che sta cambiando l’Honduras. Adesso Lugo appare ritrarsi in un atteggiamento non certo combattivo per una resistenza necessaria.

Ricorda anche il rovesciamento di Jacobo Arbenz in Guatemala. In quel golpe di oramai quasi sessant’anni fa gli interessi dell’oligarchia locale e delle multinazionali si coniugarono con quelli dell’Ambasciata contro un governo non certo rivoluzionario ma che aveva la colpa di essere degno del popolo che l’aveva eletto.

È, è stato, un governo appena dignitoso, quello dell’ex-vescovo Lugo. Non aveva mai attaccato direttamente gli interessi delle oligarchie ma non per questo avevano smesso di complottare contro di lui. La sua colpa era quella di stare aprendo spazi di democrazia intollerabili nel paese più isolato del Sud America. S’è fatto spolpare giorno per giorno in questi quattro anni Fernando Lugo, incapace di affidarsi ai movimenti sociali che lo avevano portato al governo ma non al potere, alla piazza che invocava per poi dissolverla, placarla, rinviando a domani necessità di oggi. Non aveva saputo affrontare, come invece da altre parti s’è fatto, quel nodo di complicità tra media e classi dirigenti. Dalle tivù, dalle radio, dai giornali, avevano continuato a bombardarlo giorno per giorno, senza che potesse difendersi. Aveva anche evitato di affidarsi pienamente all’America latina integrazionista Fernando Lugo, come testimonia la vicenda indecorosa dell’ancorare per quattro anni al voto di quello stesso infame, corrottissimo Senato che lo ha destituito, il voto per il pieno ingresso del Venezuela nel Mercosur. Una vicenda che testimonia la diretta dipendenza di quel Senato dall’Ambasciata statunitense.

Non si era reso conto Lugo, e forse non si renderà mai conto, della sostanza delle cose, di quel crinale tra democrazia formale e democrazia sostanziale che l’ha irretito in mille minuetti parlamentari senza capire che solo dai movimenti sociali derivava la sua stessa legittimità e che solo appoggiandosi pienamente a questi –e giammai nella pattuizione defatigante col nemico- avrebbe potuto salvare il processo popolare. Non si era reso conto, o forse n’è semplicemente stato sconfitto, che le oligarchie sono irredimibili, irriconducibili a processi democratici. Li usano, usano le elezioni, usano i voti parlamentari, usano i media come hanno usato la sua pazienza che non ha portato a nulla e adesso lo destituiscono per “inettitudine e mancanza di decoro” in quella che è di fatto l’unica (pseudo)democrazia parlamentare del Continente. “Legale ma non legittima” hanno detto della destituzione. Vero: e per il cambiamento necessario Lugo in questi anni ha scelto la legalità leguleia piuttosto che la legittimità e ora viene spazzato via da questa stessa legalità illegittima. Come nel 2009 con Manuel Zelaya in Honduras, gli azzeccagarbugli delle destre hanno di nuovo trovato dei cavilli che fanno apparire legale quello che è illegittimo.

La Monsanto, l’Ambasciata, i narcos, le oligarchie locali festeggiano per essere riusciti a irretire prima e liberarsi ora di quella speranza chiamata Latinoamerica che aveva osato spingersi fino ad Asunción. Adesso Unasur, una sorta di consiglio di sicurezza delle democrazie integrazioniste latinoamericane, dovrà decidere quali sanzioni prendere verso il governo presieduto da Federico Franco, che ha giurato stanotte, e che non riconoscerà. La schiena dritta dei governi integrazionisti latinoamericani in queste ore continua ad essere la certezza ma in queste periferie d’America, Asunción come Tegucigalpa, il tempo scorre più lentamente e neanche l’escatologia cristiana del vescovo Lugo ha potuto accelerarlo.

FONTE: http://www.gennarocarotenuto.it/

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[b][i]Paraguay: Eseguito il golpe “creativo” contro Fernando Lugo[/b][/i]

[b]di Tito Pulsinelli (Caracas)[/b]

Argentina, Venezuela, Ecuador e Bolivia non riconoscono il nuovo governo – Brasile chiede l’espulsione dall’Unasur e dal Mercato comune del sud (Mercosur)
A trenta ore dall’accusa mossagli dal senato, Fernando Lugo è stato destituito, ed il suo posto a capo del Paraguay è stato affidato al suo vice. Trenta ore in cui il senato ha formulato le acuse, ha stilato un regolamento per il giudizio, per il dibattito processuale e per la condanna. Un’ora di tempo è stata riservata alla difesa di quel che ora è un ex presidente. In sostanza, gli autori del golpe-express, hanno dato mostra di creatività riuscendo ad essere investigatori, pubblici ministeri e giudici, sulla base di regole stabilite ad hoc da loro stessi. Riuscite ad imaginare un Napolitano licenziato -dalla notte al pomeriggio successivo con un ritmo da film poliziesco- da una congiura di senatori ed estromesso dal Quirinale?

Per di più, il Paraguay è una repubblica presidenziale, dove il presidente in carica ha poteri che Napolitano può solo sognare. L’ex vescovo Fernando Lugo, è stato trasformato in ex presidente, in un “processo politico” dov’è stato ritenuto colpevole praticamente di tutto. Soprattutto di avere una concezione politica incompatibile con quella di un’oligarchia erede di una dittatura durata più di mezzo secolo che ha mantenuto il piccolo Paese sudamericano nel figorifero della storia. I senatori che ieri hanno portato a segno un golpe sicuramente “creativo”, destinato a fare scuola, hanno cognomi, facce, cultura, mentalità e reddito che nulla hanno a che fare con la maggioranza dei paraguayani, guaraní la cui seconda lingua è quella spagnola.

Ieri hanno “trionfato” i latifondisti dell’agro-esportazione, quelli che hanno lasciato all’85% dei contadini solo il 5% delle terre, insufficienti persino per le colture destinate a produrre il fabbisogno alimentare della maggioranza. Con arbitrio ed irrisione della legalità, si è riaffermata l’èlite che ha sempre fatto dello Stato uno strumento per autofinanziarsi e preservare relazioni di dominio neocoloniali. L’orologio del Paraguay ora marca l’ora della resistenza della società civile e del sostegno esterno dell’Unasur che può stendere un cordone sanitario contro i golpisti di Asunción. Con il “protocolo democratico” che prevede anche la chiusura delle frontiere, sospensione dei voli e congelamento dei commerci.

Fernando Lugo era il frutto di quel vento di cambio che nell’ultimo decennio soffia in Sudamerica. Dal 1998 in Venezuela si è esteso poi all’Argentina, Ecuador, Brasile e Bolivia ed Uruguay. In pratica, grandi alleanze di movimenti sociali e forze politiche hanno fatto scaturire governi in grado di accantonare o divincalarsi dai dogmi neolibersisti.

In Paraguay, quattro anni fa Lugo seppe sedimentare un’alleanza politica che scardinò il controllo storico dell’oligarchia sul potere politico. Non disponeva di una maggioranza nel parlamento, nè di un partito proprio, solo di una maggioranza elettorale e dei movimenti sociali, organizzazioni di base e i sindacati rurali che l’avevano espressa. L’oligarchia non gli ha dato il tempo di consolidarsi e dopo vari tentativi di disarcionarlo, ieri ci è riuscita. E’ un’evidenza che non bastano i voti per inoltrarsi sul sentiero del cambio. Le forze che l’avversano non si limitano ad aspettare la seguente scadenza elettorale (tra nove mesi terminava il periodo di Lugo). No, passano alle vie di fatto, all’illegalità , alle soluzioni di forza e pagliacciate ridicole.

Così è stato in Venezuela dall’aprile del 2002 fino al gennaio del 2003, con un fallito golpe (spacciato come rinuncia alla presidenza), una serrata padronale durata tre mesi e il sabotaggio-paralisi dell’industria petrolifera che provocò 20 miliardi di dollari di danni. Il prezzo di una guerra, senza uso di tecnologia militare. In Bolivia, vari sono stati i tentativi di buttar giù Evo Morales, il più pericoloso quello mascherato come separatismo secessionista della Media Luna, fomentato da un diplomatico USA reduce dal Kosovo. Più recentemente, in Ecuador tentarono di spacciare il golpe come una protetsa sindacale di poliziotti scontenti.

Non bastano i voti e la legittimità formale per neutrallizare i nemici interni, i loro sponsor esterni e gli interessi economici multinazionali. E’ indispensabile riuscire a trasformare i voti e le alleanze elettorali in forza politica organizzata dal basso. Fino a conformare un blocco sociale capace di dare continuità al progetto di autonomia nazionale, inclusione ed equità. O, come dice la presidente Dilma Roussef, “crescita con inclusione”. Questo è un obiettivo che richiede continuità, maggiore ad un semplice quadriennio legislativo.

FONTE: Selavasorg.blogspot.com

http://cambiailmondo.org/

 

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