11954 Marco Fedi su: Referendum, Canone Rai, Pensioni e … Petizioni

20160225 16:48:00 redazione-IT

1. REFERENDUM …

Sono in arrivo a distanza di pochi mesi due referendum sui quali gli elettori italiani saranno chiamati a pronunciarsi. Non so se ne avevamo proprio bisogno, ma tant’è. Il primo, il 17 aprile, è sulla durata delle concessioni per le trivellazioni entro le 12 miglia marine. Il secondo, a ottobre, confermativo, sulla riforma costituzionale.
La Costituzione dice che i cittadini che eleggono il Parlamento votano anche per il referendum. La legge 459 del 2001 sul voto dei cittadini italiani all’estero fissa le modalità di partecipazione elettorale. Modalità che non sono cambiate per l’esercizio del voto politico e per i referendum.

Il modo di votare in loco, si ricorderà, è cambiato solo per l’elezione dei Comitati degli italiani all’estero (Com.It.Es.) prevedendo una iscrizione per poter ricevere il plico elettorale.
La prima considerazione è che una vera discussione sulle riforma della 459 del 2001 è stata sempre rinviata, nonostante siano state depositate diverse proposte. In più, una modifica incisiva come la preiscrizione dovrebbe impegnare il Governo, e la Farnesina in particolare, in una capillare attività di comunicazione e informazione. I tempi politici per avere un confronto e portare in porto una riforma, e tecnici per informare, comunicare ed eventualmente per la preiscrizione, sono del tutti inadeguati.
Quello che nel frattempo si può fare è lavorare per informare al meglio le nostre comunità sul voto referendario, sia sui contenuti che sulle modalità. Potranno votare gli iscritti AIRE, cioè chi è stabilmente residente all’estero ed anche i temporaneamente residenti all’estero da almeno tre mesi, che ne facciano richiesta. Con la certezza che chiunque riuscirà, vorrà e potrà partecipare al voto per corrispondenza farà il proprio dovere di cittadino/elettore.

2. CANONE RAI …

Una strana nube si è addensata sulla questione del canone Rai. Come per IMU, TASI e TARI vale la pena ricordare che stiamo affrontando un tema che riguarda la situazione specifica di persone residenti all’estero. Non si tratta di diritti negati. Non si tratta di discriminazione. Per tutti, in Italia e nel mondo, le condizioni sono analoghe.
Purtroppo un errore iniziale ha alimentato l’idea, sbagliata, che con una nuova procedura di pagamento si potessero escludere i residenti all’estero dal dovere del canone Rai. In questo modo si è alimentata un’ondata di richieste e analisi abbastanza fuorvianti.
Il canone Rai è dovuto da tutti coloro che posseggono un apparecchio televisivo. Lo dice la legge e lo confermano numerose sentenze della Corte di Cassazione. L’uso, frequente o sporadico, dell’apparecchio televisivo, non rileva ai fini della norma. La domanda è: possiedi un televisore? Se la risposta è sì, il canone è dovuto. Se la risposta è no, con un’apposita procedura, ogni anno, si dovrà presentare una dichiarazione che consente di non pagare il canone.
Quindi non si tratta, nuovamente, di cattiveria nei confronti dei residenti all’estero. Era già un pagamento dovuto e tale rimane. Forse chi evadeva il pagamento, pur avendo un’utenza elettrica a suo nome, sarà ora costretto a pagare un canone che prima evadeva. Ma si tratta, come è evidente, di situazioni particolari.
La domanda, semmai, è cosa fare. Per IMU, TASI e TARI, le motivazioni per dare una risposta, non ad un diritto negato, ma ad una situazione oggettiva che riguarda in particolare i Comuni italiani, molti nel meridione, con un ingente patrimonio immobiliare a rischio abbandono, le abbiamo trovate e sono forti. Al punto che la prima equiparazione ha riguardato i pensionati di prestazione estera o in convenzione e stiamo lavorando ad altre soluzioni.
Per il canone Rai la risposta è più complessa. Come qualcuno ha suggerito, la linea potrebbe essere quella di pagare tutti per pagare meno. Ma come motivazione non è molto forte. Credo possa essere forte un richiamo affinché si riconosca nuovamente l’unicità e la specificità della condizione dell’italiano residente permanentemente all’estero. Gli iscritti all’AIRE non solo non hanno la residenza negli immobili posseduti in Italia ma non usufruiscono delle trasmissioni radio-televisive italiane nei suddetti immobili per il tempo del periodo di imposta. Inoltre, la stragrande maggioranza paga un analogo canone nel Paese di residenza oppure finanzia le reti televisive pubbliche con la fiscalità generale. Chi si trova in queste condizioni non riesce a capire i motivi per i quali debba finanziare il servizio pubblico televisivo in Italia visto che dello stesso se4vizio non può usufruirne. A ciò si aggiunge il fatto che egli, per utilizzare il canale Rai Italia nel mondo, deve pagare un abbonamento.
L’orientamento prevalente, quindi, è di presentare una proposta di legge che preveda una riduzione per i residenti all’estero pari a 50% dell’importo del canone.

3. CONTRASTO ALLA POVERTÀ …

La lentezza della ripresa economica in Italia, il permanere di ampie sacche di disagio economico e di disoccupazione e quindi l’urgenza di introdurre misure di contrasto alla povertà, hanno indotto il Governo a presentare ed approvare un ddl (una legge delega) in materia di contrasto alla povertà e di riordino delle prestazioni previdenziali ed assistenziali e del sistema degli interventi e dei servizi sociali. Il testo di legge delega è arrivato in questi giorni alla Camera dei deputati che dovrà analizzarlo e votarlo per consentire al Governo l’emanazione dei decreti legislativi attuativi della delega. Lo strumento della legge delega rende molto complessa l’azione di conoscenza, comprensione e proposta che siamo chiamati a fare in sede parlamentare, in questo caso con particolare riguardo a diritti e doveri dei nostri connazionali all’estero. Ho già nei giorni scorsi segnalato il rischio che la “riforma” dei trattamenti assistenziali previsti dal ddl possa ripercuotersi sulle pensioni degli italiani residenti all’estero, così come esplicitamente indicato nel disegno di legge delega. Vediamo però di capire meglio le possibili conseguenze per i “beneficiari delle prestazioni dell’Inps residenti all’estero”. Tra le prestazioni di natura assistenziale abbiamo il trattamento minimo, già non esportabile in ambito UE e dello spazio economico europeo, gli assegni al nucleo famigliare e le maggiorazioni sociali. Il trattamento minimo è oggi corrisposto in rarissimi casi: a condizione che si possa far valere un’anzianità contributiva in costanza di rapporto di lavoro di almeno 10 anni in Italia e non si superino delle soglie di reddito individuale e famigliare. Nei paesi a welfare avanzato i redditi sono tali che in pochi casi si rientra nei limiti e comunque la condizione dei 10 anni limita ulteriormente la platea dei possibili beneficiari di tale prestazione. Se il Governo con la delega del Parlamento introducesse l’inesportabilità delle prestazioni assistenziali, ciò varrebbe solo per il futuro mentre gli importi delle pensioni attualmente integrate al minimo verrebbero cristallizzati in virtù di una garanzia costituzionale relativa ai diritti acquisiti; di converso le maggiorazioni sociali potrebbero essere revocate definitivamente. Ma sono certo che nella discussione sul disegno di legge delega e sui decreti attuativi affronteremo la questione e cercheremo di tutelare al meglio diritti e interessi dei nostri lavoratori e pensionati residenti all’estero. Per quanto invece riguarda gli assegni per il nucleo familiare, giova ricordare che essi sono previsti da molte convenzioni internazionali di sicurezza sociale. Escluderli non è possibile, né sarebbe logico escluderli per le pensioni autonome, cioè non in convenzione, e lasciarle per le pensioni in convenzione internazionale. Si potrebbero al limite introdurre limiti reddituali più stringenti. Anche qui i redditi prodotti in paesi a welfare avanzato, anche solo da pensioni, porta i beneficiari a livelli tali per cui gli ANF sono ridotti o non corrisposti. Sulle maggiorazioni sociali e sulla 14esima ricordo che ho presentato una proposta di legge chiedendo che vengano corrisposte a saldo anziché in anticipo rispetto alla valutazione del reddito prodotto. Sarebbe sufficiente questa misura organizzativa per risparmiare tempo e danaro. Invece si rischia di colpire proprio i più deboli, in paesi a welfare debole e coloro i quali hanno un reddito molto basso. In conclusione, si rischia di contrastare la povertà creando altra povertà, forse in qualche angolo del pianeta più distante da Roma.

4. PETIZIONI E PARLAMENTO …

Un nuovo trend nasce tra gli eletti all’estero: la petizione mania! Si accavallano petizioni su argomenti di rilevanza parlamentare ed allora la domanda, credo legittima, è: se le petizioni partono da parlamentari e non riguardano temi di interesse generale o globale, ma questioni piuttosto del tipo "legge di stabilità" – per essere chiari – vuol dire che i parlamentari sollecitano se stessi a far qualcosa? O più semplicemente che si sta perdendo gradualmente fiducia nella capacità del Parlamento di "far la differenza"?

Marco Fedi

 

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