9588 ISRAELE, IL RIFUGIATO DIVENTA CRIMINALE

20120111 15:51:00 redazione-IT

[b]Il Parlamento israeliano ha approvato con maggioranza di due terzi alcuni emendamenti alla legge anti-infiltrati. Gli immigrati illegali potrebbero andare in carcere per un tempo indeterminato e senza alcun processo.[/b]
[i]di Giorgia Grifoni[/i]

(Roma, 11 gennaio 2012, Nena-News). I perseguitati non sono benvenuti in Israele. Lunedì scorso, la Knesset ha approvato, con soli otto contrari su 45, un emendamento al disegno di legge sulla cosiddetta “infiltrazione”, ovvero l’immigrazione illegale nel paese. Si rivolge principalmente ai migranti provenienti dall’Africa che varcano la frontiera nel Sinai e fuggono da regimi dittatoriali, come Sudan ed Eritrea. D’ora in poi, se catturati, potranno passare in carcere dai 3 anni in su, a seconda del loro paese d’appartenenza: ad esempio, i profughi che vengono dal Sudan -considerato come un paese nemico- potrebbero restare in prigione per un tempo indeterminato.

Coloro che invece aiutano i migranti a entrare nel paese o peggio, li impiegano in nero per lavorare, rischiano fino a 15 anni di prigione e multe salatissime. E senza alcun processo: tutto, pur di non minare la maggioranza ebraica dello stato di Israele.

Chiamati indistintamente “infiltrati”, sono più di 1200 –secondo le stime del Governo- i migranti africani che ogni mese varcano la frontiera col Sinai. Molti di loro potrebbero ottenere asilo politico, mentre altri cercano un lavoro e migliori condizioni di vita. La legge israeliana, che non faceva alcuna distinzione tra il richiedente asilo o meno, non ne farà nemmeno ora che è previsto il carcere: finora le autorità di frontiera non si sono mai preoccupate di verificare lo status del migrante, il che ha generato una moltitudine di persone rilasciate nelle grandi città israeliane senza diritti né identità. Molti di loro bivaccavano nei giardini pubblici dei quartieri sud di Tel Aviv in attesa di essere reclutati per qualche lavoro, con il rischio di non venir pagati perché inesistenti. Adesso quella fiumana inonderà le prigioni e il richiedente asilo diventerà un criminale a tutti gli effetti.

Questo tipo di misure era nell’aria già da tempo: le dichiarazioni allarmanti del sindaco di Tel Aviv Ron Huldai, che si lamentava dei cambiamenti e del degrado della città dovuti, secondo lui, alla massiccia presenza di immigrati “non ebrei”, avevano riportato la questione sui banchi della Knesset lo scorso dicembre. Il primo ministro Netanyahu aveva dichiarato la rinnovata necessità di difendere “i propri confini e la sicurezza dei cittadini”. A questo proposito, un muro lungo circa 240 chilometri che separa Israele dall’Egitto cresce al ritmo di 800 metri al giorno e dovrebbe tenere a bada le masse migranti già verso la metà del 2012.

La legge anti-infiltrati non è l’ultima di una serie di provvedimenti varati dal governo Netanyahu che hanno come obiettivo gli immigrati “non ebrei” nel paese: un paio di mesi fa è passata una legge che limita i finanziamenti esteri alle ONG definite “politiche”, quindi anche a quelle che si occupano dei diritti dei rifugiati. Una legislazione che sconcerta israeliani e stranieri, considerata inumana e antidemocratica dai media e dagli attivisti per i diritti umani. Senza contare poi che viola la Convenzione sui Rifugiati del 1951, di cui Israele è firmatario, che vieta la detenzione o l’espulsione dei soggetti che godono di protezione internazionale. Dulcis in fundo, evidenzia il crescente razzismo della società israeliana nei confronti degli immigrati africani dovuto, tra le altre cose, allo spauracchio di finire in minoranza in uno Stato costitutosi appena 60 anni fa. Uno Stato costruito da immigrati che, per conservare il suo carattere ebraico, deve fare tutto quello che può: anche incarcerare gli immigrati che non sono ebrei. Nena News

http://nena-news.globalist.it/

 

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