9260 Disobbedienza civile.

20110922 16:23:00 redazione-IT

[b]di Tonino D’Orazio[/b]

Devo ammettere che la lettera del 20 settembre della segreteria nazionale della Cgil, non a firma Camusso ma collegiale, mi ha stupito non poco. E’ un invito chiaro a tutte le strutture , dopo lo sciopero generale, a continuare l’azione di “contrasto” della manovra economica voluta dal Governo e “che ogni articolazione della CGIL, sia politica che di servizio, deve uniformare i propri atti ed i propri comportamenti alla decisione assunta, escludendo in ogni caso di applicare o avallare l’applicazione dell’articolo 8”.
Lasciamo perdere il fatto che precisando qualcosa per difetto si teme che qualcuno possa anche applicare l’art.8 o avallarlo. Bene averlo ribadito. Anche tra noi spesso ci sono i primi della classe.
Vi sono due considerazioni di principio. O si ritiene che quest’articolo di legge sia eversivo e fascista, allora capisco e sono lieto, oltre la protesta, di una nuova Resistenza della mia organizzazione. Staremo a vedere come e con chi.

O si rimane costituzionalisti per cui delle leggi dello stato e del parlamento, firmato tra l’altro dal capo dello stato in modo ineccepibile (bisogna solo “fare presto”, anche buttando il bambino con l’acqua) e quindi pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, è “fatto obbligo a chiunque applicarle e farle applicare”.

Chiaro che propendo per la prima e intendo assumermi la responsabilità civile della disobbedienza ad una norma non giusta. Diventa un problema morale e di coscienza ma atto costruttivo (Erich Fromm).
Tra l’altro, con quell’articolo, quale nostro delegato, o iscritto, si sentirà più al sicuro dal licenziamento politico e ideologico ? Quale tessera avere in tasca ormai per lavorare?

Siamo tornati al novembre del 1925 e all’accordo di palazzo Vidoni. Il contesto non è uguale, certamente, ma la sostanza repressiva e coercitiva anti-operaia sì, e forse anche un po’ il concetto di “partecipazione” ad obiettivi di salvataggio nazionali, governativi e di classe che non ci competono veramente, se non allargando il concetto confederale alla cittadinanza tutta. I lavoratori, le famiglie, i pensionati e i giovani, cioè il paese vero, ci hanno sempre rimesso, con il concetto di parare al peggio, se la memoria non m’inganna.

Ritengo però che siamo in un periodo neofascista (non dimentichiamo che governano con un loro capo e alcuni caporali da 17 anni), se quest’ultimo termine significa ancora per molti l’annullamento totale dei diritti e della dignità dei lavoratori e la sua schiavizzazione “moderna” legata ad un massimo di produttività, di redditività, cioè di sfruttamento e ricatto. Quindi ci siamo, senza squadristi, polizia (anche se ogni tanto mi pare che serva ancora) e olio di ricino.

Con l’avallo democratico, con il ritorno prepotente dei nazional-socialisti, il sostegno della Chiesa (un colpo al cerchio, i soldi e i 10 comandamenti, e un colpo alla botte, poveri giovani precari) e con lo sgretolamento della Costituzione fondata sul lavoro.

Pensate se l’art. 8 diventasse retroattivo come i contratti. Viene licenziato un nostro delegato Sevel retroattivamente dal 2008 e deve rimborsare tutti gli stipendi avuti e forse avrebbe la possibilità di “patteggiare” davanti a un mediatore privato. Non sorridete, alla follia padronale e alla sua utopia diventata realtà non c’è più limite. Persino la sua responsabilità nel disastro economico, finanziario e morale del nostro paese viene negata.

Dice la Marcegaglia che l’imprenditore Berlusconi (ricordate “io vi rappresenterò”? Standing ovation di 10 minuti all’Assemblea di Confindustria) deve andare via al più presto perché ormai si sentono nei guai e stanno perdendo le loro capitalizzazioni di Borsa (cioè la loro Italia), nel frattempo si sono già affacciati, e fatti affacciare, prepotentemente sulla scena politica altri due di loro, Tronchetti Provera (con De Benedetti capi della filiera finanziaria ebraica italiana) e Montezemolo (garante sia del ritorno della Fiat a pescare soldi pubblici, sia della non uscita, come maggiore azionario, da Confindustria), moralmente e ufficialmente corretti in un ambito generale, ma della loro stessa ideologia “vincente”.

Proprio al limite meglio un banchiere, magari uno meno implicato nel disastro globale attuale, che sappia come riportare i soldi e dove prenderli in modo “equilibrato”. Come affidare l’agnello al lupo.
Dove passa la nuova Resistenza? Attraverso il mondo pulito del lavoro, la disubbidienza civile a norme amorali e contro la libertà, il riferimento sicuro alla Costituzione e l’allargamento del consenso popolare, quando si tradurrà in politica e riprenderà i suoi diritti di libertà di scelta. Andiamo avanti, se per altri non è importante per noi è la nostra sostanza.

 

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