9258 ASSEMBLEA GENERALE ONU: COSA DICE IL SUD DEL MONDO

20110929 00:08:00 redazione-IT

SUDAFRICA – “In questa fase in cui si cerca un ritorno alla normalità in Libia, chiediamo la fine delle ostilità e la fine dei bombardamenti della Nato”: lo ha chiesto dal Palazzo di Vetro il presidente Jacob Zuma, ricordando che il suo paese, insieme all’Unione africana, si è sempre opposto all’opzione militare in Libia. Zuma ha espresso preoccupazioni per la circolazione di armi in Libia e chiesto misure urgenti per fermare le discriminazioni ai danni dei migranti subsahariani. Pieno sostegno è stato garantito alla richiesta del riconoscimento di uno Stato Palestinese, ma anche alla lotta del popolo sahrawi. Zuma ha chiesto inoltre che venga rimosso l’embargo economico, commerciale e finanziario imposto a Cuba da circa mezzo secolo.

PARAGUAY – Riportare l’uomo e la dignità umana al centro delle preoccupazioni dei governanti, per cercare di ridurre i divari e le ingiustizie in un mondo in cui prevalgono gli interessi economici sui valori: è stato il perno dell’intervento del presidente Fernando Lugo Méndez. “Non è logico che i nostri paesi – ha detto Lugo riferendosi all’America Latina – proprio quelli che esportano risorse naturali, ossigeno, cibo, energie rinnovabili, quelli che generano la ricchezza altrove, stiano camminando nella povertà”. Anche Lugo ha Lugo ha attirato l’attenzione sull’embargo imposto all’Avana, auspicandone la fine.

MOZAMBICO – Servono “approcci multilaterali” in questo momento “critico” segnato dagli effetti della crisi finanziaria, dall’aumento dei prezzi di cibo e petrolio, da rinnovate tensioni in Nord Africa e Medio Oriente, da malattie e da frequenti disastri naturali. Lo ha detto il presidente Armando Emilio Guebuza, insistendo sull’importanza dei processi di mediazione nella risoluzione delle crisi e dei conflitti, tema di questa 66ma Assemblea dell’Onu in corso fino al 30 settembre.

TANZANIA – Un’azione globale e concertata per ripristinare la stabilità economica e non cadere in una recessione mondiale che avrebbe conseguenze devastanti per i paesi poveri: l’ha chiesta il presidente Jakaya Mrisho Kikwete durante il dibattito generale all’Assemblea generale delle Nazioni unite. “È triste vedere che nessun progresso sia stato compiuto nelle riforme del Consiglio di sicurezza per una maggiore integrazione dei paesi dell’Africa, dell’America latina e dell’Asia” ha aggiunto, dopo aver illustrato i ruoli ricoperti dal suo paese in vari processi di mediazione per la risoluzione di crisi. Kikwete si è espresso a favore del riconoscimento dello Stato di Palestina e per la fine dell’embargo economico contro Cuba.

COSTA D’AVORIO – Per il suo primo intervento davanti all’Assemblea, il presidente Alassane Dramane Ouattara ha espresso “profonda gratitudine per il contributo delle Nazioni Unite” nella risoluzione della crisi post-elettorale che ha sconvolto il paese tra dicembre 2010 e maggio 2001. Riferendosi alla crisi economico-finanziaria mondiale Ouattara – un economista – ha sottolineato che non basta una crescita economica per garantire al mondo stabilità, ma serve accesso al lavoro, giustizia e sicurezza. Il peso delle crisi alimentari, energetiche, le catastrofe naturali “mostrano quanto il destino dei popoli è legato, nessun confine geografico, religioso o razziale può resistere a tali fenomeni” pertanto servono “risposte multilaterali” ha detto ancora. Auspicabile, ha aggiunto, sarebbe la riduzione delle spese militari globali. Parlando della situazione specifica del suo paese, ha condiviso con l’assemblea l’ambizione di “fare della Costa d’Avorio un paese emergente, una nazione riconciliata, uno Stato moderno rispettoso delll’indipendenza della giustizia che lotterà contro l’impunità”.

ZIMBABWE – “La Carta delle Nazioni Unite deve essere rispettata alla lettera se vogliamo il mantenimento della pace e della stabilità nel mondo. Non dobbiamo manipolarla per servire le ambizioni di ciascuno”: è il monito lanciato dal presidente Robert Mugabe, riferito esplicitamente all’intervento militare in Libia al quale ha dedicato ampia parte del suo discorso. Ricordando che “la mediazione come risoluzione dei conflitti” è il tema di questa assemblea generale, Mugabe ha sottolineato che solo sei mesi fa “alla soluzione attraverso il negoziato non è stata data una chance”. L’Unione Africana, ha aggiunto, “non avrebbe mai pensato di imporre una leadership sul popolo libico come la Nato ha cercato illegalmente di fare”. Mugabe ha inoltre criticato la Corte penale internazionale, che “sembra esistere solo per i presunti trasgressori agli occhi del mondo sviluppato, per la maggior parte africani. Sugli altri dirigenti dei paesi occidentali, come Bush e Blair, si chiude sempre un occhio”.

KENYA – Un appello urgente a mobilitarsi per la pace e la stabilità in Somalia, con l’invito a rafforzare la locale missione di pace dell’Unione africana è stato rivolto dal presidente Mwai Kibaki. Nel suo breve intervento il presidente ha incoraggiato buone relazioni tra Sudan e Sud Sudan, auspicato soluzioni per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici e della siccità nell’Africa orientale e espresso il suo sostegno al riconoscimento dello Stato palestinese.

CRISI E CONFLITTI, COLOMBIA CHIEDE “MENO INTERVENTI E PIÙ PREVENZIONE”
E’ giunto a sorpresa dalla Colombia, paese in preda a un conflitto interno da quasi mezzo secolo, un appello alla comunità internazionale per promuovere i meccanismi di prevenzione delle guerre privilegiandoli sugli interventi. Il presidente Juan Manuel Santos, già ministro della Difesa sotto il suo predecessore Alvaro Uribe (2002-2010), ha chiesto al Consiglio di sicurezza – in cui la Colombia occupa un seggio non permanente – di utilizzare come prassi generale ogni mezzo diplomatico a sua disposizione prima di ricorrere al capitolo 7, che consente l’uso della forza.

“Sottoscriviamo quanto osservato dal segretario generale nel suo rapporto del 2009, poiché è sorprendente che, nonostante la mediazione abbia mostrato la sua efficacia come mezzo di risoluzione delle controversie, le siano state dedicate poca attenzione e poche risorse nel sistema delle Nazioni Unite” ha detto Santos. La Colombia, ha ribadito, “promuove la risoluzione pacifica dei conflitti e l’uso dei canali democratici per evitare quello della forza”.

Santos ha citato “una delle più recenti esperienze” in America Latina, ovvero “la mediazione portata avanti da Colombia e Venezuela affinché l’Honduras rientrasse, come accaduto, in seno all’Organizzazione degli Stati americani (Osa), contribuendo a risolvere la crisi nata nel 2009” con il golpe che rovesciò l’allora presidente Manuel Zelaya.

In qualsiasi contesto, ha precisato, “la mediazione deve essere agile ed efficace e condotta tra Stati e non con attori illegali che operano fuori o contro il sistema” dell’Onu. Al Consiglio di sicurezza, Santos ha chiesto anche di ampliare lo sguardo verso strategie a lungo termine: “La Carta ci offre gli strumenti per farlo, come i negoziati diretti, i buoni uffici, le indagini, la conciliazione, l’arbitraggio, così come la possibilità invitare le parti a risolvere le loro divergenze con questi stessi mezzi”.

ASSEMBLEA GENERALE : COSA DICE IL SUD DEL MONDO (2)
(26/09/2011)

NIGER – Non ha risparmiato le sue critiche nei confronti delle errate politiche monetarie delle istituzioni di Bretton Woods il presidente Mahamadou Issoufou che vede in “malgoverno, dominazione del capitale finanziario, scambi iniqui e crescenti ineguaglianze sociali” altrettante cause di “disturbo della pace mondiale”. Dati alla mano, Issoufou ricorda che negli ultimi 40 anni il numero di paesi molto poveri è raddoppiato e quello delle nazioni povere è raddoppiato in soli tre decenni, comprovando il “fallimento” dell’applicazione dei modelli di sviluppo. Dai suoi omologhi si aspetta “una scelta coraggiosa per risolvere definitivamente la questione israelo-palestinese”, insistendo che “senza questa soluzione dei due Stati verranno presto cancellati gli effetti positivi della primavera araba dal punto di vista dell’affermazione della democrazia ma anche della sicurezza e della pace in Medio Oriente”. Per il presidente nigerino la crisi in Libia ha invece “aggravato molte minacce che già colpivano i paesi del Sahel: terrorismo, traffici di droga e armi” con rischi crescenti di instabilità regionale. “Come musulmano, vorrei, però, dire che il terrorismo non ha nulla a che vedere con l’Islam. L’Islam ha sempre posto l’accento sulla fratellanza e la giustizia” ha insistito il presidente del Niger.

MALI – Buona parte dell’intervento del primo ministro del Mali, Cisse Mariam Kaidama Sidibe, è stata dedicata all’insicurezza internazionale e all’instabilità regionale alimentate dal terrorismo, la criminalità organizzata, i traffici di armi, droghe ed esseri umani. “Nessuno è al riparo del terrorismo (…) Gli eventi in Libia e i loro effetti collaterali potrebbero tuttavia aggravare la situazione già preoccupante dei nostri paesi del Sahel, ledere allo sviluppo armonioso della regione” ha detto la Sidibe, proponendo di “rafforzare la cooperazione regionale per rispondere alla sfida della sicurezza”. Altra sfida comune da non sottovalutare è, secondo la Sidibe, la desertificazione e i cambiamenti climatici, che “minacciano lo sviluppo e la sopravivenza stessa” delle popolazioni. Il primo ministro ha poi ricordato l’importante scadenza elettorale delle presidenziali in Mali nel 2012 e l’attuazione del ‘Programma speciale’ per ristabilire pace, sicurezza e generare sviluppo nelle instabili regioni settentrionali.

ERITREA – Secondo il presidente Isaias Afwerki, a 50 anni dall’emergenza di un’Africa decolonizzata e indipendente, il bilancio è piuttosto “deludente e cupo”, ma “si sta aprendo una nuova era per il continente in cui una parte dell’Africa è già consapevole delle proprie risorse umani e naturali, decisive per raggiungere il successo”. Per questo motivo, è giunta l’ora di “dare precedenza alla cooperazione regionale e continentale per sviluppare le proprie infrastrutture e far crescere commercio e economia” ha aggiunto Afwerki, dicendosi convinto che “oramai nessun paese può farcela da solo”. A proposito dell’annoso conflitto in Somalia, “c’è bisogno di un nuovo approccio visto che il precedente è arrivato a capolinea e può solo portare a ulteriori complicazioni (…) ma soprattutto di coinvolgere tutti gli attori politici nazionali, inclusi i governi del Somaliland e del Puntland”.

BURUNDI – Il presidente Pierre Nkurunziza ha spiegato il clima di insicurezza con “il non ben riuscito reinserimento socio-economico degli ex combattenti, il perdurare di comportamenti che risalgono al periodo di guerra” ma anche al “crescente impoverimento della popolazione dovuto al carovita e alla diminuzione della produzione agricola”. Ha però ribadito che “le istituzioni oggi funzionanti sono legali e legittime” e che “hanno il dovere costituzionale di proteggere la popolazione e garantire la sicurezza” del Burundi. Nonostante il processo di disarmo in atto, Nkurunziza ha riferito di “incidenti per lo più causati dal banditismo armato, da forze negative in alcune aree dei Grandi Laghi e da conflitti fondiari”. Inoltre, nel condannare “la tragedia macabra” di Gatumba, verificatasi il 18 settembre, ha chiesto il sostegno della comunità internazionale nella ricerca dei responsabili dell’attentato che ha causato una quarantina di vittime.

COMORE – Ha invitato tutti i paesi in cerca di “pace, libertà e giustizia” a fare come la Palestina che ambisce al “suo riconoscimento come Stato”, il presidente dell’Unione delle Comore, Ikililou Dhoinine, chiedendo alle Nazioni Unite di inserire all’ordine del giorno dell’Assemblea generale la questione dell’isola di Mayotte, da 30 anni al centro di una controversia diplomatica tra le Comore e la Francia. Per Dhoinine non “ha alcun valore giuridico la decisione unilaterale presa dalla Francia di trasformare Mayotte in un dipartimento francese”. Il presidente comoriano denuncia anche “il visto imposto dalle autorità francesi ai comoriani delle altre tre isole che ha già distrutto intere famiglie, trasformando il braccio di mare tra Mayotte e l’isola sorella di Anjouan in un immenso cimitero di migliaia di compatrioti che volevano semplicemente raggiungere una parte del nostro territorio”. In sede Onu Dhoinine ha ribadito la “nostra legittima determinazione a rivendicare il reintegro di Mayotte nel suo contesto naturale”, quello delle Isole Comore.

GUINEA – Nel suo intervento il presidente Alpha Condé ha denunciato “atti terroristici che seminano lutto in famiglie innocenti, traffici di droga, circolazione illecita di armi leggere e di piccolo calibro che danneggiano le nostre economie e lacerano le nostre società”. Per quanto riguarda la prevenzione e la risoluzione dei conflitti, Condé ha proposto di rafforzare le organizzazioni regionali che possono dare un contributo decisivo “assieme alla società civile, in particolare donne e giovani”, chiedendo che “la priorità venga data ai meccanismi africani di mediazione che hanno già dato prova di efficacia”. Per questo motivo sollecita con urgenza una “rappresentatività più equa dell’Africa” nel Consiglio di sicurezza.

MADAGASCAR – Dopo tre anni di crisi politica e di mancata partecipazione del Madagascar ai lavori dell’Assemblea generale, è intervenuto il presidente di transizione, Andry Rajoelina. Ha ringraziato la Comunità di sviluppo dell’Africa australe (Sadc) e tutte le altre organizzazioni internazionali impegnate dal 2009 nella mediazione che ha portato alla firma, lo scorso 17 settembre, di “un consenso che ha ridato speranza al popolo” ha detto Rajoelina in riferimento all’accordo firmato tra i principali partiti politici per una “gestione consensuale ed inclusiva” della transizione. Ha spiegato che nonostante le gravi difficoltà socio-economiche e le rivalità politiche, il caso del Madagascar è “emblematico dell’importanza del dialogo e del negoziato per risolvere pacificamente una crisi”. In vista delle prossime elezioni generali che il governo di transizione deve organizzare, ha sollecitato un ulteriore sostegno da parte della comunità internazionale.

INDIA – La crisi economica e finanziaria globale con tutti i suoi impatti negativi per il Sud del mondo sin dal 2008 spingono ad “interrogarsi sull’efficienza delle istituzioni di Bretton Woods” secondo il primo ministro indiano, Manmohan Singh che ha elencato tutte le sfide che la comunità internazionale deve affrontare. Aumenti dei prezzi alimentari e delle fonti di energia sono causa di nuova instabilità soprattutto nei paesi in via di sviluppo. “Dobbiamo prestare un’attenzione particolare all’Africa, le cui risorse fondamentali non sono i minerali ma le persone” ha insistito Singh. Inoltre l’India rinnova il “suo pieno sostegno alla lotta del popolo palestinese per la sua sovranità, indipendenza, viabilità e per uno Stato unitario con Gerusalemme Est come capitale che conviva nella pace con Israele e diventa membro delle Nazioni Unite”.

LESOTHO – Il primo ministro del Lesotho, Pakalitha B. Mosisili si è interrogato sulle motivazioni che in Libia hanno spinto alcuni membri del Consiglio di sicurezza a scegliere la strada dell’intervento armato piuttosto che quella del dialogo e del negoziato. “Il costo dell’intervento militare è stato catastrofico per civili innocenti, distruggendo infrastrutture e economia. Quanto accaduto in Libia è un caso tutto da studiare” ha insistito il capo dell’esecutivo del Lesotho, deplorando la marginalizzazione dell’Unione Africana che all’inizio del conflitto aveva elaborato un piano di uscita di crisi pacifica. Secondo Mosisili , “se non vogliamo ripiombare nel conflitto più in là” Onu e Unione Africana vanno coinvolti nella ricostruzione e nella riconciliazione in Libia, “non solo i pochi paesi con interessi economici diretti”. Per il raggiungimento della libertà e dell’indipendenza del Sahara Occidentale e della Palestina “è la mediazione che deve prevalere oltre al coinvolgimento di tutte le parti”. Una soluzione simile viene proposta dal Lesotho per risolvere “il problema tra Cuba e Stati Uniti”.

GUINEA-BISSAU – Il primo ministro Carlos Gomes Junior è intervenuto sabato 24 settembre, giorno in cui la Guinea Bissau celebrava il 38° anniversario della sua indipendenza. Dal punto di vista della democrazia, della libertà, del rispetto dei diritti umani e dell’affermarsi della propria dignità, “la richiesta di riconoscimento dello Stato palestinese è da considerarsi molto positiva” così come “i cambiamenti avvenuti nei paesi arabi che hanno tutta la nostra simpatia e solidarietà”. Nel caso della Libia, ma non solo, “deploriamo l’elevato costo umano per portare questi paesi sulla strada della transizione” ha aggiunto. Gomes chiede a Washington di “porre fine a 50 anni di embargo ai danni di Cuba e di liberare i cubani ancora detenuti”. Alla luce della globalizzazione e delle responsabilità crescenti, urge procedere a riforme nel Consiglio di sicurezza tenendo conto del peso demografico delle regioni, dell’emergenza di nuovi paesi e dei nuovi equilibri geopolitici.

TOGO – Manifestazioni e sollevamenti in corso in Africa sono “legittimi in quanto contribuiscono all’affermazione democratica di interi popoli” ma “vanno accompagnati per evitare derive negative per la pace e la coesione nazionali” ha detto il primo ministro togolese, Gilbert Fossoun Houngbo, insistendo sul fatto che “al di fuori del negoziato non ci sono soluzioni sostenibili”. Per questo motivo, ha aggiunto, va ricercata “una soluzione politica all’annoso conflitto medio-orientale: Israele e Palestina devono convivere in due Stati indipendenti dai confini ben delineati, nella pace e la sicurezza (…) Le aspirazioni del popolo palestinese ad avere una propria nazione e quelle degli israeliani a vivere nella pace e la sicurezza non sono obiettivi contraddittori ma complementari”. Secondo Houngbo le Nazioni Unite sono però chiamate a rispondere a nuove sfide: terrorismo, traffico di droga, pirateria marittima e criminalità via la rete internet, “motivi per cui a 65 anni dalla nascita le sue istituzioni devono subire riforme”. Il Togo è candidato a uno dei cinque seggi di membro non permanente al Consiglio di sicurezza, che verranno eletti il 13 ottobre.

NEPAL – “Nel mondo globalizzato di oggi, l’Onu ha più che mai la responsabilità di creare un ordine globale equo e inclusivo” ha detto il primo ministro Baburam Bhattarai secondo cui “le crisi economiche e finanziarie ricorrenti ma anche quelle del cibo e delle fonti di energia indicano una crisi strutturale più profonda che dovrebbe spingerci a superare i paradigmi attuali per creare un nuovo ordine più giusto”. In vista della scadenza del 2015 per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio, “va adottato un approccio di sviluppo che tenga maggiormente conto dei diritti delle persone, inclusi i migranti” in un mondo dove “il 75% degli abitanti dei paesi meno sviluppati vivono ancora nella fame e la povertà”.

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VENEZUELA CRITICA NAZIONI UNITE E USA

Nazioni Unite asservite agli interessi degli Stati Uniti e responsabili “delle più spietate ingiustizie” nel mondo: non ha usato mezzi termini il presidente del Venezuela, Hugo Chávez, nel suo intervento all’Assemblea generale dell’Onu attraverso una nota di cui ha dato lettura il ministro degli Esteri di Caracas, Nicolás Maduro.

Chávez, in convalescenza a causa di un tumore diagnosticatogli in primavera, ha chiesto ai partecipanti di “frenare una nuova guerra imperialista” riferendosi alla Libia. L’attuale Onu, secondo Chávez, è in “crisi di credibilità” e “se il suo segretario generale, insieme al procuratore capo della Corte penale internazionale, partecipano a un atto di guerra, come è il caso della Libia – ha detto – non c’è nulla da sperare dall’attuale composizione di questa organizzazione”.

Chávez ha criticato anche “l’appoggio dell’Onu a politiche internazionali contro la Libia o la Siria” e per il suo “fallimento storico” nella lotta alla fame nel Corno d’Africa. Ha quindi chiesto alla plenaria di “frenare Washington e i suoi interventi militari” rinnovando l’appello per la fine dell’embargo americano contro Cuba. La Casa Bianca, ha aggiunto, continua inoltre a frenare l’ascesa dei paesi emergenti. “Lo fa negoziando grandi interessi con i suoi soci e seguaci per dare al multipolarismo la direzione che vuole l’impero”.

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Si è concluso ieri sera il dibattito all’Assembla generale delle Nazioni Unite. Nell’ultima giornata si sono espressi diversi rappresentanti del Sud del mondo. Riportiamo di seguito, come nei giorni scorsi, alcuni stralci dei loro interventi.

FILIPPINE – Eliminazione degli armamenti nucleari e lotta al traffico e alla circolazione di armi: sono essenziali per la garanzia di una stabilità mondiale secondo Libran N. Cabactulan, ambasciatore e rappresentante permanente presso le Nazioni Unite. Di vitale importanza è anche il sostegno allo sviluppo dei paesi del Sud del mondo, “assicurandoci che le regole del commercio mondiale abbiano tale fine” ha aggiunto. Sottolineando la centralità della dignità della persona umana, il rappresentante di Manila ha ricordato i 10 milioni di migranti filippini che lavorano all’estero e insistito sull’importanza di contrastare il traffico delle persone.

TAILANDIA – “Per rispondere ai cambiamenti dei nostri tempi, dopo gli avvenimenti epocali nati dalla ‘primavera araba’, risulta più che mai essenziale una riforma dell’ordine mondiale. Deve essere più inclusivo e dare ascolto a tutti gli Stati e alle società civili” ha detto Surapong Tovichakchaikul, ministro degli Esteri del neo governo di Bangkok. A proposito del tema di questa sessione, la risoluzione dei conflitti attraverso la mediazione, il rappresentante tailandese ha insistito sull’importanza della “volontà politica”.

COREA DEL NORD – Molto schiette sono state le accuse di Pak Kil Yon, ministro degli Esteri: “Le relazioni internazionali sono segnate da logiche di potere e stanno diventando sempre più evidenti politiche tiranniche che ostacolano il principio di equità tra i paesi membri delle Nazioni Unite” ha detto. “Un piccolo gruppo di paesi – ha aggiunto – sta interferendo negli affari interni di alcune nazioni usando la forza per tentare di dominare alcune regioni di interesse strategico, con la giustificazione di dover proteggere i civili e di difendere la pace. Purtroppo. In questo processo, si fa un cattivo uso delle Nazioni Unite”. Pak Kil Yon ha espresso sostegno al riconoscimento dello Stato di Palestina. Ha anche sostenuto che il governo del “grande generale Kim Yong Il sta compiendo progressi senza precedenti in ambito economico, per migliorare le condizioni di vita della popolazione”. Buona parte dell’intervento è stata dedicata alla questione delle relazioni intercoreane.

MYANMAR – Ha sottolineato le riforme politiche intraprese dal suo paese, dotato per la prima volta di un governo civile nato da elezioni tenute lo scorso novembre il ministro degli Esteri U Wunna Maung Lwin. Dopo l’elenco di una serie di riforme economico-sociali che – ha sostenuto – dovrebbero aiutare la popolazione a contrastare l’aumento generale dei prezzi, il ministro ha ricordato gli sforzi del suo governo per un’apertura verso la comunità internazionale, la collaborazione con il consiglio dell’Onu per i diritti umani e i tentativi in atto per porre fine ai recenti scontri tra gruppi armati delle minoranze etniche e le forze armate nazionali. Alla comunità internazionale, ha chiesto un’azione concertata per contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici, dalle conseguenze significative per un paese agricolo come il Myanmar.

PAKISTAN – Dell’importanza del multilateralismo, nel rispetto delle differenze, ha parlato il ministro degli Esteri Hina Rabbani Khar, prima di affrontare i temi della guerra nel vicino Afghanistan e del terrorismo. “Pochissimi paesi sono stati colpiti dal terrorismo così intensamente come il Pakistan” ha detto la signora Rabbani Khar, elencando 30.000 vittime, tra civili e militari, negli ultimi dieci anni, e ribadendo l’impegno di Islamabad a lottare contro i gruppi terroristici.

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