8371 Irlanda, l’Europa vara il piano d’aiuti

20101123 12:12:00 redazione-IT

L’Unione europea stanzia 80-90 miliardi in tre anni per salvare la stabilità dell’euro. In cambio, l’esecutivo irlandese vara un programma di austerità da 15 miliardi che punta a ridurre il deficit dal 32 al 3% entro quattro anni. Proteste a Dublino

I ministri della Ue e della zona dell’euro hanno dato il via libera al piano di salvataggio per l’Irlanda. Lo conferma una nota congiunta di Eurogruppo ed Ecofin diffusa nella tarda serata del 21 novembre. "Fornire assistenza all’Irlanda significa salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro e di tutta l’Ue", si legge nel comunicato. L’entità precisa non si conosce ancora, ma l’intervento si aggirerà tra gli 80 e i 90 miliardi in tre anni e utilizzerà per la prima volta il fondo salva-Stati.

Già pronto anche l’intervento della Fmi. Il piano prevede anche prestiti bilaterali da Gran Bretagna e Svezia, due paesi al di fuori dell’Eurozona, e sarà vincolato da precise condizioni.

In cambio, il gooverno di Dublino, che aveva chiesto l’aiuto internazionale, ha messo a punto un piano quadriennale per la riduzione del deficit dal 32% al 3%. Resta però l’incognita delle banche irlandesi, da molti accusate da molti di avere contribuito in modo decisivo al crac. Dovrebbe occuparsene il governo, mentre la Bce si augura che l’intervento europeo serva "a stabilizzare il sistema bancario irlandese". Intanto nella capitale irlandese numerosi manifestanti si sono radunati davanti ad alcuni edifici governativi per protestare contro la decisione assunta ieri in consiglio dei ministri da loro definita "una vergogna nazionale".

Gli aiuti finanziari all’Irlanda ambiscono anche ad evitare il contagio di altri paesi dell’Ue con finanze pubbliche fragili, come il Portogallo o la Spagna. Il segno della dimensione internazionale assunta dalla crisi irlandese è dato anche dalle consultazioni ha anche avuto luogo ieri sera tra i grandi banchieri dei paesi del G7 (Stati Uniti, Giappone, Canada, Regno Unito, Francia, Germania e Italia).

foto di Fredonino (da flickr)

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Il cerino della crisi passa agli irlandesi

Quasi 100 miliardi di aiuti dalla Ue, in cambio del solito menu: tagli alla spesa sociale, al salario minimo e all’indennità di disoccupazione. Le tasse societarie non saranno alzate. I Verdi annunciano l’uscita dal governo e chiedono le elezioni

di Scalo internazionale

Anche l’Irlanda cede alla dura legge dei mercati. Il governo irlandese ha chiesto, com’era ampiamente previsto, un pacchetto di aiuti alla Ue. Sarà inferiore ai 100 miliardi, come ha spiegato il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, all’emittente radio lussemburghese RTL. E non sarà inferiore (aggiungiamo noi) ai 90 miliardi. La cifra esatta sarà comunicata a fine novembre. Ma gli irlandesi non hanno bisogno di aspettare quella data per sapere cosa riserva loro il futuro. Ossia sacrifici, sacrifici e ancora sacrifici. Un futuro greco. E c’è da aspettarsi che le piazze di Dublino si riempiranno presto di migliaia di persone, com’è accaduto ad Atene pochi mesi fa.

Perché, se è vero che il centro della crisi economica irlandese sono le banche, il prezzo degli aiuti internazionali sarà pagato tutto col conio di una manovra correttiva che si aggira intorno ai 15 miliardi di euro in 4 anni, che varrà il 10% del Pil irlandese e che per due terzi consisterà in tagli alla spesa pubblica (welfare e pubblico impiego) e per un terzo in nuove tasse. Il classico menu di interventi, che dovrebbe riportare entro il 2014 il deficit sotto il 3% del Pil dal 32% cui è arrivato oggi. La sforbiciata, stando alle prime dichiarazioni del premier irlandese Brian Cowen, potrebbe concentrarsi sulla riduzione del salario minimo e dell’indennità di disoccupazione.

Sembra invece che l’aliquota di imposta sulle società (12,5%) non verrà toccata. Il regime fiscale "paradisiaco" che ha invogliato molte multinazionali a trasferirsi nella patria di James Joyce potrebbe uscire indenne da un ridimensionamento che, invece, non risparmierà la maggioranza degli irlandesi. Oggi il portavoce della Commissione europea, Amadeu Altafaj, ha detto che Bruxelles non considera inevitabile l’aumento delle tasse societarie in Irlanda come condizione per ottenere i finanziamenti dell’Ue, del Fmi e del Fondo di stabilità dell’Eurozona. Il capitolo però resta aperto, visto che due grandi azionisti del club Europa che finanzia gli aiuti, Germania e Francia, considerano quell’aliquota una forma di dumping e concorrenza sleale nei confronti degli altri paesi.

Il quadro politico e sociale irlandese esce destabilizzato dalla svolta di Dublino. I sindacati hanno già annunciato una prima manifestazione di protesta per sabato 27 novembre. Mentre i Verdi, in coalizione al governo con il Fianna Fail di Cowen, hanno chiesto la convocazione di elezioni anticipate per il prossimo gennaio. Il Green Party assicurerà l’appoggio al varo del pacchetto finanziario, ma subito dopo abbandonerà la coalizione di governo. ‘Lasciare il Paese senza un governo prima che questi problemi vengano risolti sarebbe dannoso e rappresenterebbe una violazione degli impegni che ci siamo presi’, si legge in un comunicato del partito. Ma per i Verdi le elezioni a metà gennaio sono inevitabili: "La gente si sente ingannata e tradita’, ha detto il segretario del Green Party John Gormley.

La stampa irlandese, interpretando gli umori dei cittadini, parla di "resa" all’Unione Europea e al Fondo Monetario Internazionale e incolpa il governo. L’Irish Times invita il governo a dimettersi: "Le elezioni anticipate sono necessarie per porre fine a questa ignominia". Mentre l’Irish Sun scrive che "dopo due settimane di bugie, il governo va a mendicare a Bruxelles, per un fallimento provocato dai suoi governanti", E aggiunge: "Dei burocrati non eletti gestiranno i nostri affari. Ma almeno ci resta una strada: quella di punire coloro che portano la responsabilità di aver distrutto la nostra nazione". L’Irish Daily denuncia un "capitolazione senza precedenti" e parla di una "resa vergognosa" firmata dal governo che "mette fine a 90 anni di indipendenza".

Il varo degli aiuti europei all’Irlanda attiverà per la prima volta il Fondo salva-Stati varato a maggio: una cassaforte da 440 miliardi di euro, a carattere temporaneo (scade nel 2013, ma sono allo studio correttivi per renderla permanente) e finanziata con l’emissione di bond garantiti dai paesi della zona euro. Nel caso irlandese, vi si potranno aggiungere prestiti accordati dalla Commissione Ue (massimo 60 miliardi di euro) e dal Fmi (non oltre i 250 miliardi di euro). Anche la vicina Gran Bretagna (il cui sistema finanziario è strettamente collegato a quello irlandese) aggiungerà, di suo, un prestito bilaterale di circa 8 miliardi di euro.

Salvare la moneta unica sta diventando sempre più oneroso per i cittadini europei. Anche se non è all’euro che si devono addebitare le colpe di una cattiva gestione politica dalle parti di Dublino. Il ministro delle Finanze irlandese, Brian Lenihan, ha provato a difendere l’operato del suo governo dichiarando che l’Irlanda "non è in fallimento" ma che "in questi ultimi anni il nostro margine di manovra (per ottenere prestiti sul mercato internazionale) si era notevolmente ridotto".

Difesa della moneta e mercato internazionale: già si rincorrono le voci sulla prossima vittima di questa incudine e di questo martello. E’ un paese il cui nome inizia con la "P" e che confina con la Spagna.

www.rassegna.it

 

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