8367 BUCCHINO: ECCO PERCHE’ LA SANATORIA DEGLI INDEBITI E’ GIUSTA E NECESSARIA

20101123 18:30:00 redazione-IT

[b]di Gino Bucchino[/b]

Alcuni punti fermi sulla questione degli indebiti pensionistici dei nostri pensionati residenti all’estero che attengono a questioni di principio e a precetti normativi:

la Corte Costituzionale con Sentenza 1/2006 ha sancito che “…l’affidamento dei pensionati nell’irripetibilità di trattamenti pensionistici indebitamente percepiti in buona fede…è tanto più meritevole di tutela ove si tratti di pensionati a reddito non elevato che destinano le prestazioni pensionistiche, pur indebite, al soddisfacimento di bisogni alimentari propri e della famiglia. In tale affidamento questa Corte (sentenza n. 431 del 1993) ha individuato – alla luce dell’art. 38 Cost. – un principio di settore, che esclude la ripetizione se l’erogazione non dovuta, destinata a soddisfare essenziali esigenze di vita del pensionato, non sia a lui addebitabile.”

, ma anche la Corte dei Conti a più riprese (vedere ad esempio la pronuncia n. 7/2007 delle Sezioni Unite) ha affermato che la giurisprudenza è orientata nel senso di riconoscere, in ipotesi di indebito maturato in relazione a un trattamento di pensione provvisorio, l’irripetibilità delle somme percepite in buona fede, laddove l’erronea erogazione si sia protratta nel tempo al punto da ingenerare nel pensionato un ragionevole affidamento sulla legittimità delle somme attribuite e l’importo da recuperare sia comunque tale da incidere sulla situazione economica dell’interessato.
Nella materia degli indebiti pensionistici si sono succedute numerose disposizioni. Per i pagamenti indebiti di pensione effettuati dal 1° gennaio 2001 trova applicazione la disciplina di cui all’articolo 13 della legge n. 412 del 1991. Tale norma consente il recupero dell’indebito nel caso in cui esso sia stato determinato dall’omessa o incompleta segnalazione da parte dell’interessato di fatti che incidono sul diritto o sulla misura della pensione “goduta”, che non siano già conosciuti dall’Inps e dispone inoltre che (proprio per conoscere la situazione reddituale del pensionato) l’Inps debba procedere annualmente alla verifica della situazione reddituale dei pensionati e provvede, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza. Per quanto riguarda le pensioni pagate all’estero, l’Inps solo da questo anno ha cominciato ad applicare con cadenza annuale, si spera con sistematicità anche in futuro, le rilevazioni dei redditi (a tale fine ho presentato recentemente una proposta di legge che obblighi l’Istituto alle rilevazioni annuali all’estero visto che la legge n. 412 non prevede esplicitamente che tali rilevazioni debbano essere effettuate annualmente anche all’estero). Nel passato, e fino a quest’anno, l’Inps ha effettuato le rilevazioni reddituali all’estero in maniera sporadica, con intervalli a volta di molti anni, o cumulativa come nel caso della campagna per il 2003, 2004 e 2005 e quella per il 2006, 2007 e 2008 da poco conclusasi.
Questa lentezza delle rilevazioni e delle ricostituzioni delle pensioni è la prima causa delle situazioni debitorie – perché ha evidenziato con ritardo la titolarità di redditi o di prestazioni previdenziali da parte dei pensionati residenti all’estero – che comporta una revisione o una revoca del trattamento minimo, delle maggiorazioni sociali o del trattamento di famiglia.
Attribuirne la diretta responsabilità agli interessati può essere dal punto di vista giuridico formalmente corretto (il recupero dell’indebito è consentito quando esso sia stato determinato dall’omessa o incompleta segnalazione da parte dell’interessato – o di chi lo rappresenta aggiungo io – di fatti che incidono sul diritto o sulla misura della pensione) ma è chiaramente ingiusto, irragionevole e arbitrario nel caso dei pensionati residenti all’estero molti dei quali sono oggettivamente disinformati e soprattutto in buona fede. Nel loro caso vanno inoltre fatte considerazioni di natura umanitaria visto che spesso si tratta di pensionati che vivono in situazioni di disagio economico e che non hanno la possibilità, se non compromettendo la loro stessa sussistenza, di restituire cifre alle volte anche considerevoli.
Proprio per questi evidenti e ci sembra logici motivi abbiamo sempre ritenuto necessaria l’introduzione di una sanatoria (sulla quale è d’accordo persino l’Inps) che chiuda definitivamente il pregresso, venga così incontro alle preoccupazioni di migliaia di nostri connazionali i quali si ritengono ingiustamente vessati, e, contribuisca a creare come auspica il CE.PA “l’avvio di processi comunicativi tempestivi e trasparenti, che in attuazione delle scadenze temporali stabilite dalle norme vigenti, siano in grado di favorire il rispetto della legge senza che ciò appaia come un’operazione punitiva”.
Concludo queste mie riflessioni permettendomi di illustrare quali devono essere le modalità di recupero alle quali l’Inps deve attenersi, in assenza appunto di una sanatoria. La materia del recupero degli indebiti è disciplinata dall’articolo 13 della legge n. 412 del 1991 e dall’articolo 69 della legge n. 153 del 1969.
Se in base alla legge n. 412 gli indebiti possono essere recuperati con le seguenti modalità:
a) compensazione con crediti, relativi a quote di prestazioni pensionistiche o assistenziali, vantati nei confronti dell’Istituto;
b) recupero mediante trattenute sulle prestazioni pensionistiche:
c) pagamento mediante rimesse in denaro,
in base alla legge n. 153 è previsto quanto segue:
a) l’ammontare delle trattenute sulle prestazioni pensionistiche deve essere limitato ad un quinto dell’importo della prestazione medesima;
b) il recupero delle prestazioni pensionistiche deve far salvo in ogni caso l’importo corrispondente al trattamento minimo;
c) le somme da recuperare non possono essere gravate da interessi salvo che l’indebita percezione sia dovuta al dolo dell’interessato;
d) nel caso in cui il debitore sia titolare di più trattamenti pensionistici la trattenuta di un quinto deve essere operata su ciascun trattamento, fermo restando il limite del trattamento minimo, che deve essere salvaguardato sul totale delle prestazioni.
Quindi sulle pensioni in convenzione dei nostri emigrati l’Inps non può trattenere più di un quinto della pensione e deve in ogni caso salvaguardare il trattamento minimo (art. 38 della Costituzione) considerata anche la prestazione estera.
Dobbiamo ora solo sperare che la Commissione Lavoro della Camera dei deputati calendarizzi al più presto la mia proposta di legge di sanatoria e che essa ottenga il sostegno incondizionato di tutti coloro i quali sono sensibili agli interessi dei nostri connazionali.

 

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