Relazione introduttiva di Alfiero Grandi al Consiglio Direttivo del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale 16/11/2024
Un saluto a tutti naturalmente. È un po’ di tempo che il Direttivo non fa una discussione d’insieme e per questo è utile richiamare, sia pure solo per capitoli, alcuni problemi.
Partiamo dalle firme. Siamo arrivati con un po’ d’angoscia perché il tempo per raccogliere le firme era quello di un periodo di solito difficile. Invece abbiamo scoperto che la spinta prima della raccolta online e poi di quella cartacea, che è arrivata un po’ più tardi, ha dato un risultato straordinario.
Quasi un milione e trecentomila firme questo ci dà un ruolo importante. Ancora oggi quelli che non hanno simpatie per il referendum abrogativo però continuano a dire proprio per questo che bisogna cercare di evitarlo, eccetera, eccetera. Quindi è un risultato importante che ha preoccupato i sostenitori della legge 86/24.
Ci siamo arrivati perché c’era un’iniziativa in corso da tempo. Stavamo lavorando con la Via Maestra, abbiamo scelto e aiutato la Via Maestra ad allargare l’orizzonte oltre la via maestra stessa, a non limitare l’orizzonte delle forze in campo a quelli che già avevano scelto la via maestra. La scelta più significativa è l’allargamento alla Uil, ma ci sono anche altre associazioni grandi e piccole che hanno dato una mano, creato le condizioni perché ci fosse questo risultato straordinario sulle firme, tanto che in meno di tre mesi siamo arrivati a raccogliere più del doppio delle firme necessarie.
Noi abbiamo scelto di dare tutto il contributo possibile, il problema per noi non è mai stato il pennacchio, per altri il problema era quello di farsi vedere, per noi il problema era quello di mandare avanti l’iniziativa del referendum e credo che questo contributo sia stato indirizzato nel modo giusto.
Ricordo ad esempio che l’iniziativa per convincere le regioni potenzialmente disponibili a presentare dei ricorsi di costituzionalità alla Corte è venuta da noi e in particolare da Massimo, ed è stato un suggerimento utilissimo che ha contribuito a togliere dalla mera discussione la questione della compatibilità costituzionale della legge 86/24 e oggi sappiamo che anche per la Corte è largamente non costituzionale. E’ un risultato importante e all’inizio non tutte le regioni, come alcuni di voi sanno bene perché hanno toccato con mano le incertezze, erano entusiaste di questa scelta. Qualcuno ha a lungo cincischiato, alla fine ci siamo arrivati.
Venivamo da un lavoro precedente sul disegno di legge costituzionale che abbiamo presentato al senato, iniziato insieme ai sindacati della scuola, purtroppo diminuiti strada facendo, ma comunque proseguito con sigle molto importanti, questo ci ha consentito di portare la discussione sul 116 c. 3 e sul 117 in Senato, ed è stata un’iniziativa molto utile anche perchè quest’iniziativa ha spinto il PD a riflettere sul titolo quinto, a superare remore precedenti, fino a condividere che arrivare a chiarire la posizione senza vincoli del passato era condizione per non lasciare aperti gli spifferi del testo del titolo V alla Lega: Quello che vale per il Pd vale anche per i 5 Stelle anche i 5 Stelle, pechè l’autonomia differenziata è entrata nei collegati alla legge di bilancio a partire dal governo giallo-verde, come veniva chiamato giornalisticamente, infatti nel famoso contratto alla base del 1° governo Conte avevano accettato l’idea della Lega. Quindi tutte e due i gruppi politici più importanti dell’opposizione avevano bisogno di fare una riflessione critica, fino ad una una conversione.
Siamo riusciti ad ottenere un risultato importante politicamente perché alla fine tutti si sono convinti che non ci si poteva limitare a dire che questa legge Calderoli non è accettabile, mettendo un carico da novanta solo sulla legge, facendo finta di dimenticare che il 116 c.3 così com’è non è esattamente il meglio che si poteva scrivere nella Costituzione.
Possiamo essere soddisfatti perché nelle condizioni date siamo arrivati al risultato politico che ci interessava, ovviamente sapevamo che la legge non sarebbe stata approvata.
Non è una vittoria definitiva, perché anche dopo la sentenza della Corte, che ha rimesso in discussione la legge Calderoli, si nota che qua e là emergono posizioni che erano rimaste sotto traccia nel corso di questi mesi.
Inoltre Calderoli e la Lega premono per dare attuazione comunque alla legge 86/24.
Quindi la sentenza della Corte è un risultato ma è un risultato importante ma che va assolutamente mantenuto e portato a compimento, consolidato, non è definitivo.
Con tutto questo lavoro che dura da tempo: le firme, il nostro disegno di legge, la via maestra più le altre forze coinvolte in seguito, il contributo attivo che abbiamo dato di merito e di iniziativa al comitato promotore del quesito referendario interamente abrogativo siamo arrivati ad un comitato promotore che è più ampio della via maestra e comprende anche i partiti di opposizione. Ne fa parte Massimo Villone, in rappresentanza nostra, il Presidente è il professor Flick.
Lo dico perché è notizia poco nota, ma è giusto che si sappia. La scelta va sostenuta e quindi dobbiamo interloquire con Flick dobbiamo per aiutarlo a dare forza e rilevanza alle iniziative del comitato promotore.
Sul ricorso delle regioni va detto che la stroncatura è rilevante, non su tutta la legge, ma la Costituzione torna in campo e la sentenza apre varchi nella legge 86/24.
Il primo schiaffone della Corte alla legge Calderoli riguarda proprio il fatto che se si vogliono cambiare i poteri delle regioni a Statuto Speciale ci sono delle procedure costituzionali che vanno seguite.
Non è che si possa aprire un supermercato in cui si regalano poteri alle regioni a statuto speciale, la scelta così com’è è stata dichiarata incostituzionale.
Per questo chi ha tempo e voglia legga i ricorsi delle regioni, alcuni sono particolarmente importanti e ben scritti quindi ricorsi molto importanti che hanno messo in contraddizione la Calderoli con lo stesso 116 c.3. i ricorsi delle regioni sono stati una scelta felice e molto rilevante ed ha consentito di riaprire in termini nuovi la discussione sulla legge Calderoli e di conseguenza sull’iniziativa referendaria.
Sappiamo che l’iniziativa referendaria a questo punto è costituita dal referendum sulla Calderoli, da un referendum per rendere più rapida la possibilità per gli immigrati di ottenere la cittadinanza (da 10 a 5 anni) degli stranieri.
La proposta è stata presentata in modo un po’, si potrebbe dire, garibaldino, all’ultimo, senza una discussione molto ampia, però evidentemente è un argomento molto sentito, perché nel giro di poco più di tre settimane ha raccolto 620.000 firme.
I fatti hanno dato ragione a chi ha voluto andare avanti comunque e ha portato questa iniziativa a fare più strada in meno tempo di tutte le altre iniziative che sono state presentate.
Arrivare al quorum necessario per il referendum è un altro paio di maniche. A questo punto abbiamo un pacchetto di sei referendum possibili, salvo ovviamente i giudizi di ammissibilità, prima della Cassazione sulla raccolta delle firme e poi della Corte Costituzionale sul merito.
Quattro sono fondamentalmente sui diritti del lavoro, presentati dalla CGIL.
C’è poi il 7° referendum parziale delle regioni che dovrà vedersela con la sentenza della Corte sui lep.
Il referendum interamente abrogativo sull’autonomia regionale differenziata è il punto unificante di tutta la stagione referendaria, poi c’è quello sulla cittadinanza per gli stranieri con metà anni rispetto ad oggi che ha un’importante valenza sociale.
La sentenza della Corte ha riaperto in termini sicuramente molto più forti una discussione che c’era anche prima, ma adesso l’ha in qualche modo esplicitata con maggiore forza. Il punto di partenza è che la Corte ha detto che la legge in sé non è incostituzionale.
Non possiamo che prendere atto di questa opinione. Si può condividere o no, ma dobbiamo partire dalla sua sentenza.
Personalmente penso che non sia sufficiente, tuttavia prendo atto che la Corte poi deve esprimersi sulla base di tanti criteri e non è detto che possa avere la stessa opinione, almeno non la mia.
Dopo avere preso atto con rispetto della sentenza della Corte va sottolineato che individua punti decisivi di incostituzionalità della legge 86/24.
C’è chi li chiama falle, chi li chiama colpi, chi li ritiene un giudizio che colpisce mortalmente il disegno di legge Calderoli. Certo è che sono punti fondamentali, perché ad esempio rinvia decisioni di fondo al Parlamento, lo rilancia, gli ridà il ruolo costituzionale, ad esempio laddove dice che il governo non può non avere dei criteri di delega dal Parlamento e laddove afferma esplicitamente che le intese, tutto ciò che si fa con le regioni, deve passare dal Parlamento che può modificare le intese raggiunte, mentre sappiamo che nella legge Calderoli il parlamento deve solo approvare quello che altri decidono. Aggiungo che la Corte si riserva di giudicare quello che verrà fatto per adeguarla e per attuarla. La legge è bloccata, c’è poco da fare.
Mi sembra che tutti i tentativi di creare dei fatti compiuti di Calderoli, Zaia, Fontana sono velleità che in realtà confermano il mancato rispetto della Corte.
Anche il Presidente Curcio si è distinto in stranezze, infatti il presidente del Piemonte ha tentato di avere i poteri sui passaporti, cosa stranissima, visto che le regioni non c’entrano nulla con i passaporti, un tentativo disperato di arraffare qualcosa, di mostrare che la legge si può attuare anche prima dei LEP.
Avevano tentato prima con il commercio estero, poi c’è stata l’intemerata del presidente della Calabria Occhiuto, poi si è aggiunto Tajani, hanno quindi provato con la protezione civile, ma la partita dopo Valencia in particolare è piuttosto spinosa perché non si può compromettere una delle poche strutture funzionano in Italia, imitata anche in altri paesi.
Ci si è esercitati su ammennicoli, pinzillacchere, chiamateli come volete, pur di ottenere qualche potere in più per dimostrare che la Calderoli funziona. La sentenza è uno stop, non c’è ombra di dubbio, è un colpo pesante.
E’ saltato l’elenco delle 23 materie, dichiarato incostituzionale dalla Corte, ed è saltata con una motivazione molto forte perché motiva con la sussidiarietà, affermando che le funzioni debbono essere motivate appunto dalla sussidiarietà, cioè per la particolarità della regione che chiede le funzioni.
Sussidiarietà vuol dire che chi è più vicino al problema, quindi si tratta di un problema locale, può avere il potere di intervenire su funzioni che sono specifiche del territorio. Questo vuol dire che sono fuori discussione le 23 materie e quindi l’ambito delle 500 funzioni in cui si sono esercitati Cassese ed altri non esistono, non possono essere un supermercato in cui ciascuna regione preleva quello che desidera. Di più il prof Cassese farebbe bene a trarne le conseguenze, alla sua età e con un pedigree non privo di prestigio, rimanere a coprire le ubbie di Calderoli e della Lega non mi sembra una buona scelta. Naturalmente questa decisione dipende da lui.
Altri 4 componenti della commissione per i Lep prima di Cassese l’avevano già capito, noi ovviamente possiamo solo suggerire le dimissioni di Cassese perché noi non l’abbiamo nominato. La Corte ha scritto con nettezza che il governo può emanare decreti legislativi solo sulla base di criteri di delega, tanto meno gestire con Dpcm senza il mandato per farlo per aggiornare i LEP.
Questo punto è particolarmente rilevante perchè non è soltanto questione di rispetto della Costituzione perché dalla maggioranza e in particolare da Fratelli d’Italia è individuato come una procedura di anticipo immediato attraverso l’autonomia differenziata delle modalità di introduzione dei poteri del premier (oggi Presidente del Consiglio), perché nella logica del premierato tutto va ricondotto alla Presidente del Consiglio e al Governo che ne è di fatto lo staff.
Ricordo che al Senato, e se lo ricorda sicuramente anche Massimo che ha seguito la questione come e più di me, il Presidente della commissione affari costituzionali del senato Balboni (Fratelli d’Italia) ha usato questa modalità per sciogliere nodi politici altrimenti irrisolti. Dicendo in sostanza questo potere va al Presidente del Consiglio, ci penserà lui, ovviamente pensava a Giorgia Meloni. Questa è la norma che insieme ai Dpcm e al potere di definire quali materie o funzioni si potranno attribuire alla singola regione. E’ evidente che si tratta di un anticipo di premierato, con la ovvia obiezione che quella modifica costituzionale non è ancora stata approvata, non è in vigore e la Corte lo ha notato.
E’ importante anche la parte della sentenza della Corte che censura la procedura finanziaria. Osservazione che ho trovato francamente irridente nei confronti della legge, perché nessuno di noi ha mai adottato l’argomento che la procedura finanziaria per la devoluzione dei poteri alle regioni prevista dalla Calderoli può premiare le regioni più inefficienti, che si prendono i soldi e lasciano a carico di tutti l’esercizio dei diritti che non sono in grado di garantire. Noi avevamo sempre detto che il prendi i soldi e scappa, è una questione che riguardava anzitutto le regioni che avrebbero ottenuto poteri, la secessione dei ricchi per riprendere la formula di Viesti. Ma è vero quanto ha scritto la Corte, il rischio è che le più inefficienti siano quelle che hanno i maggiori risultati.
La questione dei quattrini è tornata in campo in modo forte. In particolare è sotto scacco l’affermazione che non ci possono essere maggiori oneri per la finanza pubblica e nello stesso tempo qualche regione porta a casa di più. Com’è possibile? In quale modo si può fare un conto del genere? Qual è il tipo di aritmetica che si usa per fare tutto questo? Evidentemente il problema c’è, è un gioco delle tre carte.
La Corte avverte che controllerà gli atti futuri di tutta la legge, di tutta la riforma, se rimarrà in piedi. Allora, Calderoli, Zaie e C. si debbono fermare. C’è solo una iniziativa che il governo potrebbe prendere in modo molto semplice abrogare la legge 86 del 24, bastano due righe e un emendamento in uno dei tanti provvedimenti di legge, il problema sarebbe risolto alla radice e noi saremmo contenti.
Il nostro obiettivo non è il referendum, è affondare la Calderoli. Ma non credo che faranno l’abrogazione della legge. Dalle dichiarazioni di Giorgia Meloni, che copre come sempre tutto e dice: andremo avanti fino in fondo, arrivando alle dichiarazioni della Lega, che dice più selvaggiamente attenzione che il premierato non vedrà mai la luce se non entra in vigore prima l’autonomia regionale differenziata e fa capire che anche il governo rischierebbe.
Questa evidentemente è una partita che è in gran parte di fronte a noi e di conseguenza il referendum è possibile. Se dalla sentenza della Corte fosse derivata la cancellazione della legge, questa non esisterebbe più e di conseguenza l’abrogazione non avrebbe senso perché non c’è più l’oggetto del referendum.
Ma se la legge rimane in vita, anche se con gravi sanzioni della Corte, il referendum resta in piedi, ancora di più, per una sorta di eterogenesi dei fini, se la Lega in modo esaltato afferma che la legge vive. Se vive può essere sottoposta a referendum abrogativo. A nostro avviso il referendum è del tutto legittimato, possibile.
Le motivazioni a favore del referendum sono quelle ricordate il 14 novembre da numerosi costituzionisti, Azzariti, Villone, Silvestri. Silvestri, emerito della Corte, con uno splendido intervento didattico ha spiegato perché non può essere bocciato questo referendum e anzi deve essere considerato ammissibile, tanto più oggi, perché deve giudicare un problema politico e cioè una scelta politica sbagliata. Un referendum non giudica la costituzionalità, questo è materia della Corte. Questo referendum deve giudicare una scelta politica, sia pure a valle degli interventi della Corte.
Un referendum giudica l’orientamento politico, l’accettabilità politica e sociale di un provvedimento e questo è evidentemente il vero problema. L’iniziativa del 14 di Salviamo la Costituzione ha fornito ulteriori argomenti ma mi pare che, come dicevamo già dall’inizio, che il problema resta come prima, e quindi la sentenza della Corte non pregiudica l’iniziativa referendaria.
Anche perché dal Parlamento non usciranno novità, perché questo Parlamento per come è fatto, per come viene condotto, per la pressione che c’è da parte dei gruppi dirigenti sui comportamenti dei singoli, non è destinato a fare una vera discussione, è destinato a subire, ad accodarsi e di conseguenza credo che dobbiamo dire in modo chiaro, netto, mettetevi i cuori in pace, andiamo al referendum.
Per questo ho passato a Mauro il documento della CGIL per farvelo arrivare, che dice questa stessa cosa: andiamo al referendum.
Il referendum ci deve essere perché va tolta di mezzo, alla radice una legge sbagliata e inaccettabile. Quindi cominciamo a pensare come se avessimo il referendum di fronte.
Anzitutto dobbiamo mantenere un rapporto stretto con quanti già hanno condiviso l’iniziativa referendaria, per questo dobbiamo discuterne anzitutto nella sede della Via Maestra e nella sede del Comitato Promotore, per vedere come mantenere e rafforzare il rapporto anzitutto con il Mezzogiorno. Occhiuto ha detto chiaro che il referendum nel Mezzogiorno vedrebbe la vittoria del Si all’abrogazione. Il rappoto di fiducia con chi ha firmato, con chi si è mobilitato non deve essere interrotto.
Il forte orientamento contrario alla legge Calderoli può cambiare, può diventare attendismo, può diventare astensionismo.
Quindi bisogna insistere nel Mezzogiorno e bisogna insistere ancora di più al Nord, perché al Nord l’iniziativa referendaria ha messo radici importanti, ma non ovunque nello stesso modo e credo che dobbiamo riconoscere che in Veneto sono ancora particolarmente deboli. Quindi ci sono aree del nostro paese in cui bisogna rafforzare molto l’impegno per dimostrare che l’autonomia regionale differenziata è sbagliata, non solo perché spacca l’Italia, divide l’Italia, la rende un Paese ridicolo nel quadro europeo e internazionale, ma perché danneggia anche il Nord. Fassina ha scritto un libro nel quale ha dimostrato i guai che avrebbe il Nord a cui è stato raccontato tutto il contrario. Questa è la vera importante questione che dobbiamo discutere nella via Maestra, con le altre associazioni come la Uil, che è impegnata positivamente, nel Comitato promotore del referendum.
Questa mi sembra la questione che dobbiamo porre con grande chiarezza, sapendo che occorre convincere ad andare a votare almeno 25 milioni di elettori, nei quali ricomprendere naturalmente anche i votanti all’estero, è un’impresa ardua, difficile, impegnativa soprattutto di questi tempi.
Non è un risultato scontato ma non possiamo permetterci di fallire. Dobbiamo impostare un’iniziativa larga e costante, unitaria che abbia la capacità di convincere elettori, elettrici, parlando con le persone, mobilitando tutti quelli che ci hanno aiutato con le firme, perché gli elettori dell’opposizione non bastano a fare il quorum, tanto più se la destra come sembra sceglierà di puntare sull’astensione.
Dobbiamo realizzare una gigantesca mobilitazione democratica, che può aiutare a “curare” l’insostenibile crescita dell’astensionismo e insieme liberarci di una legge sbagliata pericolosa per l’unità nazionale, per garantire l’esigibilità di diritti fondamentali dei cittadini.
I voti dell’opposizione sono attorno a 12 milioni, quindi da soli non bastano a fare il quorum, anche se tutti alla fine fossero d’accordo, ne manca una metà. Per di più nel frattempo, l’abbiamo visto in Liguria, l’abbiamo visto con le europee, per stare solo a recenti occasioni, l’astensionismo è ulteriormente cresciuto e quindi c’è un clima sul piano strettamente politico preoccupante.
Credo che noi dobbiamo cercare di affrontare la situazione con consapevolezza, sapendo che c’è un compito della società, delle sue organizzazioni, delle sue associazioni, delle persone, che è immane ed è di fare la parte che i partiti da soli non sono in grado di fare.
La società può riuscire dove non è in grado di sfondare il cotè politico, anche nell’elettorato di destra.
Questo comporta anche delle correzioni di tiro. Fino ad ora non c’era questo problema in termini così forti, impegnativi, in una certa misura impellenti. Se otterremo il risultato della conferma del referendum interamente abrogativo avremo in realtà pochi mesi di campagna elettorale, per un obiettivo molto difficile. Bisogna tenere presente che la linea della destra e di Giorgia Meloni, come ha giustamente ricordato Massimo, sarà probabilmente il boicottaggio del voto, ovvero l’invito ad astenersi.
La destra entrerebbe in contraddizione con la proposta di elezione diretta del Presidente del Consiglio, con la narrazione che la destra ne ha fatto ma in gioco c’è un risultato sull’autonomia regionale differenziata tale che potrebbe rendere definitivamente tramontato il premierato.
In questo momento l’obiettivo della destra mi sembra quello di salvare la pelle, quindi tutto va bene pur di fare in modo che il referendum fallisca. Non lo possiamo permettere.
Il referendum sull’autonomia regionale differenziata è il più forte tra i sei di cui ho parlato. Tutti insieme fanno sicuramente massa critica, sono più impegnativi, ma se dovessero rimanere solo gli altri a causa della non ammissione dell’autonomia regionale differenziata difficilmente raggiungerebbero il quorum.
Noi sappiamo che da un’iniziativa di questo tipo viene anche la possibilità di avere conseguenze politiche di qualche rilievo. Le conseguenze politiche sono abbastanza evidenti, riguardano anzitutto le materie costituzionali che il governo si propone di modificare. In questa fase ha messo in primo piano la questione della magistratura, ma il premierato resta in campo, solo un successo nel referendum abrogativo potrebbe cambiare lo scenario.
Al momento il premierato resta sullo sfondo perché per la maggioranza ci sono diversi problemi da risolvere. Nello stesso tempo c’è anche il problema di fare in modo che questo appuntamento non diventi la tomba di un’iniziativa politica mentre può essere in grado di aprire nella destra una dinamica di contraddizioni, forse di crisi, provocando tensioni, contraddizioni che possono mettere in discussione la tenuta della maggioranza di governo. Questa maggioranza di governo tiene in quanto ci sono e si tengono tra loro l’autonomia regionale differenziata, il premierato, la separazione delle carriere con altri provvedimenti sulla magistratura, tutti con l’obiettivo di manometterne l’indipendenza.
Questo è il patto di potere a fondamento del governo. Se ne casca uno l’equilibrio non regge su due gambe, in questo caso si aprirebbe una dinamica di grande interesse.
Dobbiamo insistere e fare di tutto perché il referendum ci sia e rendere ben chiaro l’obiettivo di vincerlo. Per questo chiederemo di convocare la via maestra prima dell’appuntamento di fine di gennaio già preventivato. Non ci interessa la modalità con cui ricomincia la discussione, ma adesso bisogna prendere atto che la discussione è sulle questioni di fondo.
Bisogna farlo anche nel comitato promotore e bisogna fare tutto il possibile per riattivare lo straordinario movimento che ci ha fatto arrivare a 1.291.000 firme.
Scrivere documenti, farsi sentire in tutte le sedi nelle quali è possibile farsi sentire.
Due battute sulla questione magistrati. Oggi Nordio ha detto in modo chiaro che la separazione delle carriere dovrebbe arrivare approvata in seconda lettura entro luglio, in modo tale da avere in tempi rapidi il referendum costituzionale, convinti di vincerlo.
Questa questione è molto rilevante perché se fosse un referendum abrogativo ex art 75 la partita sarebbe più complicata ma in questo caso sarebbe un referendum costituzionale, quindi vince tra i partecipanti chi è in numero maggiore, punto. Quanti partecipano non ha importanza perché non c’è quorum.
Il problema è evidentemente quello di condurre una campagna politica in grado di far capire qual è il disastro a cui siamo di fronte. Argomenti ne abbiamo a non finire, dall’Albania alle questioni che riguardano gli atteggiamenti tenuti in tutte le occasioni in cui i magistrati prendono decisioni sgradite. Il loro torto è di decidere in autonomia, sulla base della Costituzione e delle norme europee.
E’ significativo che Giorgia Meloni abbia provato due volte di imporre un suo candidato nella Corte Costituzionale, per fortuna non ce l’ha fatta. La Russa ha perfino fatto scouting di deputati ma non ci è riuscito.
E’ una vergogna che il Presidente del Senato si sia comportato così, però l’ha fatto. Questo ci dice chiaro che questa maggioranza di destra non solo è arrogante, per certi versi pasticciona e incapace, ma è anche insofferente verso i poteri di controllo previsti dalla Costituzione. Quindi vuole mettere le mani sulla Corte Costituzionale, vuole mettere le mani sul CSM e in tutte le altre sede nelle quali c’è qualcosa che potrebbe disturbare il manovratore, o meglio la manovratrice.
Ecco perché è molto importante che noi facciamo su questo un’iniziativa politica forte in grado di contrastare le conseguenze che vengono tratte dall’affermazione (evito di attribuirla per rispetto istituzionale) che le critiche che vengono avanzate, noi per primi ovviamente, al Premierato sono figlie di quel timore della tirannia e del tiranno già presenti quando è stata scritta la Carta Costituzionale. Ha ragione, abbiamo timore del tiranno, timore della tirannia. Non ho detto del fascismo, perché l’Orbace probabilmente non torna, non è quella la divisa, però è evidente che una deriva autoritaria ed accentratrice è del tutto possibile attualmente. E’ un pericolo reale.
A Bologna recentemente c’è stata la questione dei 300 di Casa Pound, organizzazione che anziché essere sciolta si è vista autorizzare una manifestazione vicino alla stazione della strage di Bologna. Una vergogna totale. I manifestanti contrari sono stati aggrediti dalla polizia, quelli che hanno detto ma cosa state facendo? E di fronte alle contestazioni il problema sono diventati i contestatori, non la ragione della contestazione. Sicuramente sono stati fatti errori che potevano essere risparmiati, compresi gli estremismi che hanno danneggiato per colpa di pochi l’immagine della protesta, però va ricordato che il pranzo di Gala è molto difficile in casi di questo tipo, per una città che tra l’altro era stata appena alluvionata, bastava che la Prefettura e la Questura vietassero la manifestazione, o almeno la collocassero fuori dal centro, come era stato concordato, sarebbe stata già una cosa diversa, ma evidentemente si è voluta lasciare fare una provocazione politica. Ogni volta che c’è un appuntamento importante, come il voto in Emilia Romagna, capita sempre la stessa cosa. Ogni volta c’è questo atteggiamento, ogni volta c’è lo stesso modo di affrontare il problema.
Dobbiamo capire e far capire che il referendum è anche l’occasione per porre chiaramente un problema politico e cioè che questo governo comincia a essere di troppo, rischia di creare troppi problemi dal punto di vista sociale, come dice lo sciopero del 29 novembre a cui abbiamo aderito. Rischiano di prefigurare una società ancora più ingiusta, ancora più divaricata, ancora più incapace di individuare qual è il suo ruolo futuro in Europa e nel mondo, creando le condizioni per un arretramento complessivo della società e della politica.
Sullo sfondo c’è Trump, quello che sarà a quel periodo. Mi sembra abbastanza evidente che il periodo Trump rende esplicito che i poteri forti, intesi come quelli che hanno tanti soldi, sono in grado di decidere scelte di fondo nel mondo e che hanno un ruolo sovranazionale senza limiti, ormai fanno politica in prima persona. Musk vuol dire questo. Si rischia la competizione elettorale tra ricconi che supererebbe la dialettica politica che abbiamo conosciuto, sarebbe una ricerca di puro potere.
Se ne fregano della Costituzione, delle leggi italiane sui magistrati, ma questo è ancora un aperitivo. Il grosso è che Musk ha il grande problema di come farsi pagare i razzi che devono andare su Marte e tutta l’operazione enorme, costosa, che sta cercando di impostare sullo spazio la vuol fare lui, ma evidentemente ha bisogno di finanziamenti enormi, anzitutto pubblici.
Ha finanziato la campagna di Trump, ma ci ha perfino guadagnato, quindi da questo punto di vista non ha avuto problemi.
Credo che noi dobbiamo mettere in luce questa rischio di degrado della democrazia che abbiamo conosciuto.
Il referendum ci deve essere insieme agli altri, 4 sui diritti dei lavoratori e uno sulla cittadinanza, ma ci deve essere anche perché è un modo per andare a verificare l’effettivo grado di sopportazione del Paese nei confronti di questa maggioranza e di questo governo.
Infine, poche altre cose. Per ciò che riguarda i soggetti con cui dobbiamo cercare di avere un rapporto di collaborazione nella campagna referendaria abbiamo molto insistito nel rapporto con i comuni.
Oggi Gualtieri è presidente della Lai, erede della vecchia Lega delle Autonomie.
È una parte dei comuni, non tutti i comuni potranno essere d’accordo. Quindi sono una parte e non sufficienti, ma sono un buon punto di partenza. Dobbiamo e possiamo arrivare a tutti i comuni contattabili, perché i comuni son un importante punto di riferimento, e un’iniziativa per il referendum con loro è fondamentale.
Penso a tutta la questione dell’ambiente. Giorgia Meloni si sta caratterizzando come trumpiana sulle questioni dell’ambiente. Agostinelli ha scritto un ottimo articolo in cui denuncia il discorso della Meloni.
Ma è ancora cosa per pochi, non è molto nota, però stanno arrivando delle scelte. Il nucleare diffuso, una follia totale, anziché una bomba nucleare, venti bombe nucleari. Veramente incomprensibile questo atteggiamento, a cui corrisponde il fatto che non si fa quasi nulla per le rinnovabili nella convinzione che tanto poi arriverà il nucleare che ci consentirà di fare questo e quello. Per di più nel frattempo piove, ci sono le alluvioni, la gente muore, è disastrata, il clima è fuori controllo.
Dobbiamo creare una condizione, un movimento che ci consenta di costruire un’iniziativa sul merito che contrasti un governo regressivo, arrogante, reazionario. Infine sulla legge elettorale. Sulla legge elettorale è stata tentata un’iniziativa referendaria, qualcuno tra di noi ci ha provato malgrado consigli di prudenza. Del resto nel nostro coordinamento ciascuno è libero di fare come vuole, non ci sono posizioni sovraordinate. Siamo un’associazione a rete senza comitati centrali, si aderisce per convinzione.
Alla fine le firme non sono state raccolte. Questo non chiude il problema della legge elettorale. Un’iniziativa può non realizzare il risultato, può non essere il momento e questo secondo me non lo era, ma in ogni caso è un argomento molto importante su cui bisogna riflettere e ragionare su come mantenere l’iniziativa, quindi non è finita qui.
Vedremo come affrontare i problemi. Ricordo la prudenza con cui abbiamo affrontato i ricorsi alla magistratura per sollevare l’incostituzionalità del rosatellum, purtroppo non hanno dato i risultati sperati. Ma non solo, hanno avuto dei contraccolpi pesanti perché nel caso di Messina la condanna a Palumbo e al gruppo dei sostenitori è molto pesante.
Abbiamo pensato che il fondo di solidarietà che abbiamo costituito per i casi in cui fosse arrivato qualcosa del genere è a disposizione di Palumbo. Non sarebbe male che chi ha fondi analoghi facesse altrettanto e proponiamo al direttivo di rilanciare la raccolta perché la disponibilità è lontana dalle esigenze, anche con contributi modesti sul conto corrente che avevamo costituito, per alleggerire di più il carico che hanno Palumbo e il gruppo dei promotori a Messina e debbono pagare anche se faranno ricorso in Cassa
È giusto percorrere anche strade rischiose quando sono dirette a scopi importanti, ma bisogna sapere che il rischio può materializzarsi e comunque noi un dovere del solidarietà lo abbiamo.
Grazie a tutte e a tutti.
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