n°14 – 07/04/24 – RASSEGNA DI NEWS NAZIONALI E INTERNAZIONALI. NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO

01 – Chiara Cruciati*: a Gaza sei mesi di «umanità tradita». E dal negoziato poche speranze
ISRAELE/PALESTINA. A sei mesi esatti dal 7 ottobre, oggi riparte il dialogo indiretto tra Hamas e Israele, ma la distanza è enorme. Mentre Gaza tocca quota 33.137 uccisi, a Tel Aviv a migliaia manifestano contro Netanyahu: un’auto di sostenitori del premier investe cinque manifestanti, uno è grave.
02 – Luciana Cimino*: «Diritti, pace, lavoro. Il 25 manifestiamo per guardare avanti» – L’INTERVISTA. Il presidente nazionale dell’Arci Walter Massa: straordinaria la vostra proposta, questo 25 aprile segna un punto di svolta: “Ci troviamo all’opposizione del peggior governo della storia della Repubblica e non per caso, la sinistra ha sbagliato”
03 – Luca Zorloni*: C’è il progetto di aprire spazi di prova sull’intelligenza artificiale in Italia
Lo propone l’Agenzia per l’Italia digitale e dovrà servire a valutare l’impatto su aziende e uffici pubblici. Ma per ora si sa poco.
04 – Francesco Pallante*: Rovesciano la Costituzione, il 25 aprile cominciamo a dire di no – 25 APRILE A MILANO. Premierato; regionalismo differenziato; separazione delle carriere dei magistrati; flat tax. Le minacce che incombono sul futuro sono numerose e ciascuna, di per sé, insidiosissima. A rischio sono gli equilibri della […]
05 – Roberto Ciccarelli*: ECONOMIA. Istat, un altro colpo alla propaganda: il caro-vita morde, intaccati i risparmi – IL CASO. Calo dello 0,5% del potere di acquisto nel 2023, soldi in banca mai così giù dal 1995. E sul Def c’è un problema: Bankitalia vede il Pil al ribasso.
06 – Claudia Fanti*: L’Argentina licenzia in massa, con la polizia – BUENOS AIRES. Agenti antisommossa persino all’Esma, il più noto centro di torture di Videla e soci, oggi museo della memoria e patrimonio Unesco. Forze di sicurezza per stroncare le proteste in ogni ministero su cui cala la motosega, la polizia davanti alla ex Esma, la Escuela de Mecánica de la Armada diventata centro di torture e oggi “Spazio della memoria”.
*07 – Giuliano Santoro*: Vendola in piazza invita all’unità. Ora palla al Pd – BARI. L’ex presidente della Regione, ora dirigente di Sinistra italiana, tiene il punto sulla coalizione.

 

 

01 – Chiara Cruciati*: A GAZA SEI MESI DI «UMANITÀ TRADITA». E DAL NEGOZIATO POCHE SPERANZE, ISRAELE/PALESTINA. A SEI MESI ESATTI DAL 7 OTTOBRE, OGGI RIPARTE IL DIALOGO INDIRETTO TRA HAMAS E ISRAELE, MA LA DISTANZA È ENORME. MENTRE GAZA TOCCA QUOTA 33.137 UCCISI, A TEL AVIV A MIGLIAIA MANIFESTANO CONTRO NETANYAHU: UN’AUTO DI SOSTENITORI DEL PREMIER INVESTE CINQUE MANIFESTANTI, UNO È GRAVE.
Li ha chiamati un «tradimento dell’umanità» i sei mesi in cui Gaza è stata cancellata. Su X Martin Griffiths, il capo di Ocha (l’agenzia Onu per gli affari umanitari) ha parlato di oltraggio globale a cui, però, non pare esserci fine. A sei mesi esatti dal 7 ottobre, dall’attacco di Hamas e l’inizio dell’offensiva su Gaza, sono ridotte al lumicino le speranze che oggi al Cairo i negoziati indiretti tra Hamas e Israele conducano a una via d’uscita.
Il leader politico del movimento palestinese Ismail Haniyeh ha detto che aderirà alla «posizione presentata il 14 marzo»: «Cessate il fuoco completo, ritiro delle forze israeliane, ritorno degli sfollati nelle zone di provenienza, libertà di movimento e un serio scambio di ostaggi».
LA PALLA, dice Hamas, «non è nella nostra metà campo» ma in quella di Tel Aviv che, da parte sua, continua a subire la pressione delle famiglie degli ostaggi (ancora 133 quelli a Gaza). Ieri in conferenza stampa hanno di nuovo accusato il premier Netanyahu di «avere le mani sporche di sangue».
L’ultima goccia è stata l’ammissione dell’uccisione, il 7 ottobre stesso, in un raid israeliano di una donna rapita, Efrat Katz, 68 anni, ma soprattutto il ritorno in Israele del corpo di Elad Katzir, morto a Khan Younis prigioniero della Jihad islami: poteva essere salvato se ci fosse stato uno scambio con Hamas, hanno detto. «Netanyahu – ha aggiunto Einav Zangauke (un figlio ostaggio) – sta deliberatamente deragliando l’accordo».
E chi protesta rischia. Ieri, durante nuove manifestazioni a Cesarea per chiedere elezioni anticipate, la polizia ha distribuito volantini in cui minacciava con due anni di galera i responsabili di «disordini». Ma le scene peggiori si sono viste a Tel Aviv, dove un’auto guidata da degli israeliani filo-Netanyahu ha investito cinque dei migliaia di manifestanti riuniti contro il governo. Uno dei feriti è in grave condizioni.
Intanto, al di là del muro, il bilancio degli uccisi palestinesi raggiungeva quota 33.137. Quelli accertati: altre migliaia, forse 10mila, sono ancora sotto le macerie. Quasi 76mila i feriti, in un pezzo di terra in cui gli ospedali semi-funzionanti sono solo dieci. Lo Shifa, il più importante di Gaza, è «un guscio vuoto con tombe umane», ha detto ieri il capo dell’Organizzazione mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, dopo che un team dell’Oms ha potuto visitare la struttura in macerie.
Lì si sono consumati crimini inimmaginabili, durante le due settimane di assedio israeliano: centinaia di uccisi dalla fame o da esecuzioni, taglio dell’acqua, demolizioni di interi reparti, arresti arbitrari. Che continuano, seppur sotto silenzio, anche in Cisgiordania e a Gerusalemme. Ieri altri 45. In sei mesi, ai 5mila prigionieri politici palestinesi precedenti, se ne sono aggiunti quasi 8mila.
Nelle carceri israeliane spazio non ce n’è più. Per cui, oltre ad affollare celle già piccole, il governo ha preparato un decreto per finanziare con 154 milioni di dollari l’espansione delle prigioni esistenti.
*( Fonte: il manifesto – Chiara Cruciati – è una professionista, una giornalista, ma soprattutto una donna di grande prossimità umana e disponibilie a condividere il proprio sapere ed il proprio ..)

 

02 – Luciana Cimino*: «DIRITTI, PACE, LAVORO. IL 25 MANIFESTIAMO PER GUARDARE AVANTI» – L’INTERVISTA. IL PRESIDENTE NAZIONALE DELL’ARCI WALTER MASSA: STRAORDINARIA LA VOSTRA PROPOSTA, QUESTO 25 APRILE SEGNA UN PUNTO DI SVOLTA: “CI TROVIAMO ALL’OPPOSIZIONE DEL PEGGIOR GOVERNO DELLA STORIA DELLA REPUBBLICA E NON PER CASO, LA SINISTRA HA SBAGLIATO”

«L’APPELLO DEL MANIFESTO SEGNA UN PUNTO DI SVOLTA». WALTER MASSA È IL PRESIDENTE DI ARCI, UN MILIONE DI SOCI SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE.

LO SCORSO 9 MARZO LA STORICA ASSOCIAZIONE È STATA LA PRIMA, DAL 7 OTTOBRE 2023, A CONVOCARE A ROMA una grande piazza nazionale per il cessate il fuoco in Palestina.

«Non l’abbiamo fatto per il primato ma perché eravamo nauseati dai discorsi da bar sull’uso dei termini mentre a Gaza era in corso una strage. Non cambia nulla se lo si chiama genocidio o sterminio ma bisogna alzare la testa: in 5 mesi ci sono state 32mila vittime non solo per i bombardamenti, anche per fame e mancanza di cure. Prendere una posizione è urgente. Ben venga la manifestazione del 25 aprile a Milano per rilanciare un progetto pacifista».

IL MESE SCORSO AVETE ORGANIZZATO LA MISSIONE DI ALCUNI PARLAMENTARI AL VALICO DI RAFAH, TESTIMONIANDO QUEL CHE STA SUCCEDENDO AI GAZAWI

Mentre noi giravamo fra hangar pieni di cibo mandato a marcire da Israele, ci hanno comunicato che erano morti 10 bambini per denutrizione. Fa venire una grande rabbia pensare al dolore che stiamo provocando a quella popolazione nell’indifferenza. Si viene sopraffatti da una sensazione di degrado umano, qui si tratta di vero sadismo.

LA GUERRA È ANCHE NEL CUORE DELL’EUROPA.

Ci indigna che, a due anni dall’inizio del conflitto sul terreno ucraino causato dall’occupazione russa, nessuno dica ancora quanti siano i morti mentre i giornali sono pieni di gossip militare. In Ucraina, come in Palestina e nel Sud Sudan sono in corso tragedie umanitarie causate anche dalle politiche europee.

Dobbiamo denunciare con forza che questi conflitti non arrivano per caso: l’Ue deve smetterla di esternalizzare le frontiere e di far fare si dittatori cose che noi europei non possiamo ammettere di fare. E con altrettanta rraneo.

IL VOTO DI GIUGNO POTREBBE PORTARE A UN’ULTERIORE AVANZATA DELLE DESTRE NEGLI ORGANISMI EUROPEI.

Bisogna trovare un’alternativa a un’Unione Europea che vuole l’economia di guerra e che per la prima volta sospende l’austerity ma solo per produrre armi. I rigurgiti fascisti in Germania, come in altri paesi, sono inquietanti. La proposta del manifesto raccoglie un bisogno anche su questo argomento.

Ci troviamo all’opposizione del peggior governo della storia della Repubblica e non per caso: la sinistra ha sbagliato
Oltre alla questione internazionali ci sono anche valide motivazioni interne per manifestare.
Facevo parte dell’organizzazione del Genova Social Forum a luglio del 2001. Tutta quella violenza istituzionale è stata autorizzata e coperta dall’alto. Non ho fatto fatica a ricordare questo avvenimento quando ho visto le immagini degli studenti manganellati a Pisa.
Questo governo non è nato dalle tv Fininvest, ha una storia centenaria alle spalle avvezza a costruire la sua narrazione attorno al capo che parla direttamente al popolo e chi dissente è un nemico. Siamo in presenza di un fenomeno di involuzione culturale fondato sulla paura, sulla repressione e sull’odio verso i giovani.
Un paese come un passato come il nostro deve stare attento. La società civile democratica scenda in piazza massicciamente e unitariamente il 25 aprile per dimostrare che non ha paura.

IL SINDACO SALA: APPREZZO L’APPELLO DEL MANIFESTO, LA CITTÀ RISPONDERÀ
HA USATO UN AVVERBIO PARTICOLARE: «UNITARIAMENTE».
La Liberazione è la festa di chi ha contribuito storicamente a liberare l’Italia dal nazifascismo e a scrivere la Costituzione ed è la festa di tutti coloro che si riconoscono nei principi della Carta e si impegnano ad attuarli.
Questa è l’unica discriminante. Chi intende fare distinguo deve ricordare che ci troviamo all’opposizione del peggior governo della storia della Repubblica e non per caso ma perché a sinistra qualcosa non abbiamo capito, qualcosa l’abbiamo sbagliata.
Non è un vezzo retorico ammetterlo, dobbiamo imparare dagli errori e trovare punti in comune per costruire un’alternativa al sistema economico e sociale attuale. L’appello del manifesto è straordinario perché non guarda indietro ma avanti: ai diritti, alla pace, al lavoro ed è necessario che tutte le forze democratiche diano un contributo, senza divisioni di bottega.

E IL GIORNO DOPO, IL 26 APRILE CHE SUCCEDERÀ?
La manifestazione deve mettere in piedi un progetto alternativo di società e il manifesto ci sta dando una grande opportunità per costruire un percorso di alternativa al neoliberismo degli ultimi 30 anni che non dobbiamo sprecare.
*(Luciana Cimino, giornalista, vive a Roma. Ha lavorato per lunghi anni all’Unità e scritto per diversi giornali. Oggi si occupa di comunicazione e di qualità dell’informazione nella più importante agenzia italiana: HDRÀ.)

 

03 – Luca Zorloni*: C’È IL PROGETTO DI APRIRE SPAZI DI PROVA SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE IN ITALIA, LO PROPONE L’AGENZIA PER L’ITALIA DIGITALE E DOVRÀ SERVIRE A VALUTARE L’IMPATTO SU AZIENDE E UFFICI PUBBLICI. MA PER ORA SI SA POCO.

Per ora c’è il nome: spazi di prova dell’intelligenza artificiale. E l’obiettivo: creare un collegamento tra chi sviluppa sistemi di AI e chi li usa, o la vuole usare, e valutare l’impatto di questi sistemi. A cominciare dal mondo dell’università e della ricerca da un lato, e quello delle imprese e degli enti pubblici dall’altro. Il resto è in fase di costruzione, dentro l’Agenzia per l’Italia digitale (Agid), l’ente preposto alla digitalizzazione della pubblica amministrazione, e che in tandem con l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn), nei piani del governo, avrà la supervisione delle regole sull’AI.

A menzionare questi spazi di prova è stato proprio il direttore di Agid, Mario Nobile, nel corso dell’AI Forum che l’Associazione italiana per l’intelligenza artificiale (Aixia) e The Innovation group hanno organizzato in Borsa italiana il 4 aprile. “Vogliamo avviare degli spazi di prova. Partendo dal lato della pubblica amministrazione, la nostra proiezione è di montare spazi di prova dove diversi soggetti fanno sperimentazione”, ha detto Nobile.

Che cosa sappiamo
Per il momento c’è il concetto. E poco altro. Per esempio, cosa questi spazi di prova non saranno. A dispetto del nome, non saranno una alternativa ai sandbox previsti dall’AI Act, il regolamento europeo sull’intelligenza artificiale. I sandbox previsti dal pacchetto di norme, almeno uno per ogni Stato dell’Unione, sono gli ambienti di test dove si potranno sperimentare applicazioni di AI in deroga alle regole. Il sandbox, una prassi in tema di regole dell’innovazione, è un perimetro che consente di fare test di nuovi sviluppi tecnologici senza che sia già stato costruito l’impianto di norme per regolarli.

Gli spazi di prova nascono come un tassello aggiuntivo, stando alle prime informazioni sul progetto, e sono una ricaduta della strategia nazionale, in corso di approvazione. L’idea è di coinvolgere università e centri di ricerca per creare uno spazio, che potrebbe avere la forma di una piattaforma online, dove si censiscono i vari progetti di AI in fase di sviluppo in Italia, si segmenta l’offerta in base ai settori a cui si rivolge e si mettono alla prova i modelli, per valutarne l’impatto su aziende e pubblica amministrazione. Per passare dalle parole ai fatti, si stanno valutando varie strade: da hackaton a una piattaforma online. A quanto apprende Wired, l’Agenzia per l’agenda digitale intende consegnare una piano di attuazione con tempi, scadenze e modalità per istituire gli spazi di prova.

LA STRATEGIA NAZIONALE
Gli spazi di prova dovranno servire anche per concretizzare gli obiettivi della strategia nazionale sull’AI. Wired ha potuto visionare il rapporto di sintesi, che elenca dieci proposte nei campi della ricerca scientifica, della pubblica amministrazione, della formazione, delle imprese e delle modalità di attuazione del progetto. Tra queste vi è l’idea di sviluppare almeno tre grandi modelli linguistici (large language model, Llm) per l’addestramento di strumenti di intelligenza artificiale, “focalizzandosi su specifici domini applicativi in cui l’Italia detiene una forte riconoscibilità internazionali [sic!] e un chiaro vantaggio competitivo nella definizione dei dataset di riferimento”, si legge nel documento. Gli spazi di prova potrebbero essere utilizzare per capire quali centrano questi obiettivi. E potrebbero servire anche a sostegno dei “facilitatori per l’AI nelle piccole e medie imprese” e della “rete di laboratori per lo sviluppo di applicazioni in contesti industriali”.

La stessa Agid deve trovare sistemi di AI da promuovere per la pubblica amministrazione. Nel suo piano triennale l’agenzia ha scritto che entro il 2025 vuole raggiungere quota 150 progetti di intelligenza artificiale negli enti pubblici, da portare a 400 nei 12 mesi successivi. Alla voce appalti e acquisti si legge che nel 2025 l’obiettivo è di 100 procedure per acquistare servizi di AI, che nel 2026 devono aumentare fino a 300. Mentre nel campo delle applicazioni, i traguardi da raggiungere nel 2025 e nel 2026 sono rispettivamente di 50 e 100 progetti di sviluppo avviati. Una macchina complessa. A cui ora, con gli spazi di prova, si aggiunge un altro ingranaggio da far funzionare.
*(fonte: Wired. Luca Zorloni, Giornalista di inchiesta, si occupa dell’intreccio tra economia, innovazione digitale e politica, denunciando sprechi di denaro)

 

04 – Francesco Pallante*: ROVESCIANO LA COSTITUZIONE, IL 25 APRILE COMINCIAMO A DIRE DI NO – 25 APRILE A MILANO. PREMIERATO; REGIONALISMO DIFFERENZIATO; SEPARAZIONE DELLE CARRIERE DEI MAGISTRATI; FLAT TAX. LE MINACCE CHE INCOMBONO SUL FUTURO SONO NUMEROSE E CIASCUNA, DI PER SÉ, INSIDIOSISSIMA.

Premierato; regionalismo differenziato; separazione delle carriere dei magistrati; flat tax. Le minacce che incombono sul futuro sono numerose e ciascuna, di per sé, insidiosissima. A rischio sono gli equilibri della forma di governo, la tenuta dell’organizzazione territoriale dello Stato.

Ma anche la configurazione dello stato di diritto e il principio di uguaglianza. Messe tutte assieme, costituiscono il più grave tentativo di rovesciamento dell’assetto costituzionale vigente che sia mai stato progettato. E, tuttavia, dopo decenni di scivolamento verso la sempre più marcata disattuazione della Costituzione – di cui l’esplosione della povertà è la più evidente conseguenza – debolissima è la percezione del pericolo in atto. E anche là dove la consapevolezza esiste, non di rado a dominare sono lo scoramento e la rassegnazione.

È per questo che l’idea del manifesto di «tornare a Milano il 25 aprile» arriva così opportuna. Anzi, necessaria. È davvero quello di cui c’era bisogno. Una grande manifestazione capace d’infondere coraggio a chi ha chiara la percezione del pericolo e di aprire gli occhi a chi ancora il pericolo non ha saputo coglierlo in tutta la sua imminenza. Una grande riunione di popolo, che valga anche da risposta all’irresponsabilità con cui le dirigenze dei partiti, pur ostili alla destra, decidendo di andare divise al voto hanno regalato una scontata vittoria elettorale ai nemici della Costituzione.
Il pericolo incombente è che i disegni governativi riescano a far deragliare il paese dai binari tracciati dal costituzionalismo del dopoguerra. L’obiettivo è ridurre la democrazia alla scelta del capo cui obbedire, al punto che la composizione del parlamento, l’organo che dovrebbe rappresentare la sovranità popolare, dipenderà dall’elezione del presidente del Consiglio.
Nelle mani del governo confluiranno i poteri d’indagine giudiziaria oggi assegnati alla magistratura, grazie alla separazione delle carriere che consentirà di porre i pubblici ministeri sotto il controllo del ministro della giustizia. Facile predire il loro alacre impiego nella repressione di un dissenso sociale destinato ad acuirsi nel momento in cui, con la flat tax, diminuiranno le risorse necessarie ad attuare i diritti costituzionali e, con il regionalismo differenziato, s’intensificheranno le disuguaglianze territoriali. Una doppia secessione dei ricchi – individuale e regionale – volta a definitivamente archiviare il principio di uguaglianza, pietra angolare della Costituzione repubblicana.
Salvare la Costituzione dev’essere l’obiettivo. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia rappresentano una minoranza del corpo elettorale. E una minoranza anche piuttosto circoscritta. Godono dei favori del 44 per cento dei votanti, ma, se si contano gli aventi diritto, il dato crolla al 24,5 per cento: appena un elettore potenziale su quattro. Se la destra appare più grande di quanto non sia, è grazie a una narrazione mediatica interessata a intimidire sul nascere ogni iniziativa d’opposizione. La realtà è che sconfiggere l’attacco alla Costituzione – cosa certamente non facile – è tutt’altro che impossibile. Il revisionismo costituzionale è fallito già due volte; può fallire la terza. A una condizione: riuscire a mobilitare tutte le persone animate da sincere convinzioni democratiche, incluse quelle che, alle elezioni, si rifugiano in un astensionismo politicamente motivato ma che, come accaduto nel 2016, sono pronte a riattivarsi quando in gioco sono i fondamenti costituzionali della Repubblica. Celebrare tutti insieme la prossima festa della Liberazione a Milano potrebbe essere il primo, decisivo, passo in questa direzione.
Scriveva Norberto Bobbio a proposito della guerra atomica, che pure è tornata a occupare la scena: «Non si può, non si deve essere ottimisti», perché «ottimista è colui che ha rinunciato a rendersi conto con sincerità, senza falsi idoli, del mondo in cui vive. Bisogna fare i conti coi pessimisti, perché potrebbero aver ragione». Ma poi aggiungeva: «Potrebbero, ma non devono. La salvezza è uno sforzo cosciente, e, ancora una volta, come sempre accade nella storia quando sono in gioco valori ultimi, un ideale morale». Ecco, dunque, perché ritrovarci in tantissimi il 25 aprile a Milano: per prendere coscienza che siamo giunti al punto in cui, per la Repubblica nata dalla Resistenza, sono in gioco i valori ultimi e avviare uno sforzo cosciente per la loro – la nostra – salvezza.
*(Francesco Pallante, è professore ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Torino. Collabora con «il manifesto.)

 

05 – Roberto Ciccarelli*: ECONOMIA. ISTAT, UN ALTRO COLPO ALLA PROPAGANDA: IL CARO-VITA MORDE, INTACCATI I RISPARMI – IL CASO. CALO DELLO 0,5% DEL POTERE DI ACQUISTO NEL 2023, SOLDI IN BANCA MAI COSÌ GIÙ DAL 1995. E SUL DEF C’È UN PROBLEMA: BANKITALIA VEDE IL PIL AL RIBASSO.

Il mancato rinnovo degli sconti di Draghi su carburanti e bollette della luce e del gas, il fallimento delle politiche anti-inflazione con l’irrisorio «trimestre anti-inflazione», l’inadeguatezza del taglio del «cuneo fiscale», l’endemico ritardo del rinnovo dei contratti nazionali e i bassi salari strutturali sono alla base del calo dello 0,5% del potere di acquisto delle famiglie registrato ieri dall’Istat nel 2023. E questo è accaduto nonostante il recupero del reddito disponibile che è salito del 4,7%, pari ad un incremento di 58,7 miliardi di euro. Ma questi soldi sono stati rimangiati dal rialzo dei prezzi che ha neutralizzato il recupero. Ciò ha portato ad un altro fenomeno registrato ieri dall’Istat: il calo dei risparmi al 6,3%, dal 7,8% del 2022. Così è stato registrato il valore più basso dal 1995, anno di inizio del periodo di riferimento dei conti.

IL GOVERNO MISTIFICA I DATI SULL’INFLAZIONE, I RISPARMI E I CONSUMI
In questo scenario va segnalata anche la previsione economica di Bankitalia di ieri: nel prossimo triennio «l’occupazione, in forte aumento nel 2023, continuerà a crescere ma a ritmi inferiori a quelli del prodotto». Inoltre è stata confermata la stima al ribasso del Pil 2024: +0,6%. E ieri Meloni ha visto Giorgetti per capire come correre al riparo. Martedì è previsto il varo del Documento di Economia e Finanza (Def).

QUELLA ROVINOSA CADUTA DELLA POLITICA DEI REDDITI
L’insieme di questi numeri smonta la propaganda, già poco credibile, del governo Meloni che, come molti altri, ha maturato una tendenza a strumentalizzare i dati e a interpretarli in maniera fantasiosa. Oltre a una stagnazione tendente al negativo delle condizioni economiche delle famiglie, i dati confermano non solo l’inadeguatezza delle politiche governative ma anche l’impotenza di un esecutivo che ha le mani legate. Lo stesso però riesce a stringersi i nodi da solo per evitare di modificare l’austerità in atto già all’indomani della chiusura dell’emergenza pandemica che fu usata per una effimera politica dei sussidi senza criterio né volontà di riforma strutturale del Welfare, del sistema fiscale e degli investimenti in un paese fortemente impoverito e chiaramente in regressione sociale ed economica.

L’INFLAZIONE CRESCE, GOVERNO IMPOTENTE
La storia politico-economica degli ultimi quattro anni va ricordata, e fissata atto per atto, anno per anno, perché è facile rimuovere le responsabilità del governo populista-neoliberale di «centro sinistra» (Conte 2) e quelle del governo di quasi unità nazionale guidato da Draghi. Non avere perlomeno impostato una strategia di riforma strutturale allora, significa adesso lasciare al governo Meloni una maggiore libertà di fare iniziative ornamentali che finiscono nel nulla.

PIÙ POVERI PER L’INFLAZIONE, SLOGAN DAL GOVERNO
Le reazioni che si sono registrate ieri da parte delle opposizioni si sono concentrate solo sulle evidenti incapacità dell’attuale esecutivo e non hanno trascurato, non casualmente, quelle degli esecutivi che hanno visto la partecipazione di quasi tutte. Un classico della memoria breve da criceto che caratterizza la politica fast food all’italiana. «Il governo ha inanellato 12 mesi consecutivi di calo della produzione industriale, è stato raggiunto il record di persone in povertà assoluta» hanno ricordato i Cinque Stelle delle Commissioni bilancio e finanze di Camera e Senato. «Più tasse, meno sanità, famiglie più povere e poi condoni e disastro Pnrr: in sintesi i risultati di quasi due anni di governo Meloni» ha detto Michele Fina, senatore e Tesoriere del Pd. «Giorgia Meloni in Parlamento ha detto una castroneria galattica: gli italiani stanno peggio di prima» ha scritto Matteo Renzi nella sua Enews. «Meloni provi a spostare la tassazione dai redditi di lavoratori dipendenti e pensionati alle grandi ricchezze e ai redditi più alti, faccia pagare chi ha fatto miliardi di extraprofitti» ha aggiunto Nicola Fratoianni (Avs).

 

06 – Claudia Fanti*: L’ARGENTINA LICENZIA IN MASSA, CON LA POLIZIA – BUENOS AIRES. AGENTI ANTISOMMOSSA PERSINO ALL’ESMA, IL PIÙ NOTO CENTRO DI TORTURE DI VIDELA E SOCI, OGGI MUSEO DELLA MEMORIA E PATRIMONIO UNESCO. FORZE DI SICUREZZA PER STRONCARE LE PROTESTE IN OGNI MINISTERO SU CUI CALA LA MOTOSEGA, LA POLIZIA DAVANTI ALLA EX ESMA, LA ESCUELA DE MECÁNICA DE LA ARMADA DIVENTATA CENTRO DI TORTURE E OGGI “SPAZIO DELLA MEMORIA”.

In tanti hanno saputo di aver perso l’impiego solo quando, recandosi in ufficio dopo le vacanze di Pasqua, si sono visti sbarrare l’ingresso. Altri avevano già ricevuto la comunicazione del licenziamento durante le feste, per telegramma o e-mail, ma si sono recati ugualmente al lavoro dietro sollecitazione dell’Ate, il sindacato degli impiegati statali.

«Torneremo nei nostri posti di lavoro, non solo perché sono la fonte del nostro sostentamento ma anche perché siamo dinanzi a una disintegrazione dei diritti mai vista nella storia del nostro paese», aveva scritto l’Ate in una nota.

Per tutti loro, i circa 15mila impiegati pubblici licenziati senza pietà da uno dei decreti anti-deficit del presidente Javier Milei, l’unica risposta del governo è stato un imponente dispiegamento delle forze di sicurezza a guardia della maggior parte degli organismi statali, mirato a impedire, peraltro invano, atti di protesta e assemblee nei luoghi di lavoro.

15mila gli impiegati statali da licenziare, come dispone uno dei decreti anti-deficit del governo Milei. La procedura per cacciarli senza proteste è particolarmente brutale
L’EPISODIO più grave, simbolicamente dirompente, ha avuto luogo proprio lì dove nessuno, fino a un anno fa, avrebbe mai immaginato che potesse accadere: nella ex Esma, la scuola per la formazione degli ufficiali della Marina argentina di Buenos Aires diventata il più famigerato centro clandestino di detenzione, tortura e sterminio durante la dittatura militare e poi, il 24 marzo del 2004, trasformata dall’allora presidente Néstor Kirchner nel luogo della memoria per eccellenza oltre che nella sede di svariate istituzioni pubbliche, organizzazioni per i diritti umani e associazioni della società civile, dalle Madri e dalle Nonne di Piazza di Maggio all’associazione Hijos, dall’Archivio nazionale della Memoria fino alla Segreteria dei diritti umani della nazione.

È DAVANTI a quell’edificio-museo proclamato patrimonio Unesco nel settembre del 2023 – e il cui nome ufficiale è oggi quello di “Spazio per la Memoria e per la promozione e difesa dei diritti umani” – che si sono minacciosamente schierati, per la prima volta, uomini della polizia federale armati e con gli scudi antisommossa, decisi a intimidire i lavoratori licenziati che, a seconda dei casi, protestavano o piangevano. «Cosa siete venuti a fare, a spaventarci?», ha protestato il capo della Segreteria dei diritti umani Alberto Baños: «Non siamo criminali, i criminali sono stati quelli che hanno commesso reati in questo stesso luogo, anche loro vestendo un’uniforme».

70mila il totale dei dipendenti statali che Milei vorrebbe licenziare. A quelli che sono rimasti è stato rinnovato il contratto per soli tre mesi
TUTTO «PERSONALE non necessario», secondo il portavoce presidenziale Manuel Adorni. Eppure, hanno protestato i lavoratori, «quello che facciamo non può essere interrotto»: si tratta, spiegano, di tutta una serie di attività irrinunciabili, relative ai processi per crimini di lesa umanità, all’accompagnamento delle vittime di violazioni dei diritti umani, alla salvaguardia degli spazi della memoria in tutto il paese, all’assistenza alle vittime di violenza familiare e sessuale.

OVUNQUE, del resto, si sono presentati gli stessi atti di intimidazione, dal Ministero del Capitale umano – dove a perdere il lavoro sono stati 1.200 – agli ex ministeri dell’Educazione e della Giustizia (dove sono stati licenziati in 500), fino alla Segreteria dell’Agricoltura e al Servizio meteorologico nazionale, che di impiegati ne ha persi 54, come ha reso noto il portavoce dell’organismo Lucas Berengua, il meteorologo più giovane del paese, anche lui vittima dei tagli. Nella sede dell’Inadi, l’Istituto nazionale contro la discriminazione, la polizia, per esempio, ha fatto violentemente irruzione per impedire che i lavoratori tenessero un’assemblea. E, per varie ore, nei corridoi e negli uffici ministeriali c’erano più membri delle forze di sicurezza che lavoratori. «Non ci sono soldi per comprare il cibo, non ci sono per acquistare medicine, ma si trovano eccome per reprimere», ha denunciato il segretario generale dell’Ate Rodolfo Aguiar.

Rodolfo Aguiar, sindacato statali Ate:
Non ci sono soldi per comprare il cibo, non ci sono per acquistare medicine, ma si trovano eccome per reprimere
IN QUESTA NUOVA ondata di licenziamenti, giustificati da Adorni con la necessità di «ridurre i costi», la motosega si è abbattuta in particolare sui lavoratori precari, ma non sono stati risparmiati neppure quanti avevano un contratto a tempo indeterminato e neanche gli impiegati di fascia protetta, come malati oncologici o persone con disabilità. Anche loro, per il governo, sono «la casta».

E se è questa l’Argentina dell’era Milei, tutto indica che si tratti solo di un antipasto. Perché anche quegli impiegati pubblici che hanno conservato il posto si sono visti prolungare il contratto di appena tre mesi. Cosicché, di fronte all’auspicio di 70mila licenziamenti espresso da Milei, non ci sono molte speranze che a giugno l’incubo non si riproponga per altri 50mila lavoratori statali, i quali vivranno i prossimi 90 giorni con questa spada di Damocle sul collo.
A MENO CHE, è ovvio, qualcuno non fermi il presidente, contro cui la Upcn (Unión del Personal Civil de la Nación) ha già annunciato una class action: «Mediante questi atti arbitrari e discriminatori – ha dichiarato il segretario generale Andrés Rodríguez -, vengono violati i diritti sanciti dall’articolo 14 bis della Costituzione, secondo cui l’impiegato pubblico è soggetto a una tutela preferenziale, con la garanzia della stabilità dell’impiego».
Al momento, la risposta dei lavoratori statali è stata quella di convocare per oggi uno sciopero unitario con una mobilitazione dinanzi al Ministero dell’Economia. Ma è evidente che di ben altre forme di lotta sembra aver bisogno il paese, se non vuole essere fatto a pezzi dalla motosega di Milei.
*(Claudia Fanti. Giornalista, scrive da più di 20 anni sul settimanale Adista e collabora con il Manifesto e con altre testate.)

 

07 – Giuliano Santoro*: VENDOLA IN PIAZZA INVITA ALL’UNITÀ. ORA PALLA AL PD – BARI. L’EX PRESIDENTE DELLA REGIONE, ORA DIRIGENTE DI SINISTRA ITALIANA, TIENE IL PUNTO SULLA COALIZIONE.

«Il centrosinistra a Bari non deve pensare a vincere a tutti i costi: deve guardare i volti più che i voti, deve convincere prima di vincere, non deve perdere l’anima». Le parole di Nichi Vendola in piazza Prefettura a Bari, a sostegno della candidatura di Michele Laforgia, sono un classico dell’oratoria dell’ex presidente della Regione Puglia. Eppure, ben si adattano bene al momento. Dicono del sentimento che circola nel capoluogo pugliese a pochi giorni dalle primarie, quando gli arresti hanno sconquassato il centrosinistra regionale e rischiano di far saltare il banco delle alleanze per le elezioni comunali.

Il ragionamento di Vendola, che all’ultimo congresso di Sinistra italiana è stato acclamato presidente del partito, ha un significato particolare anche perché a pronunciarle è chi ha creduto in Michele Laforgia ancora prima che il Movimento 5 Stelle decidesse di sostenerlo. Da quello che trapela dalle prime file del lato sinistro della coalizione, peraltro, il fatto che i pentastellati decidessero di tirarsi fuori dalle consultazioni primarie di domenica prossima era del tutto inatteso: è avvenuto a freddo e senza alcun preavviso. Ciò genera grande confusione nella coalizione che all’interno del centrosinistra stava sostenendo

Laforgia: ieri sera in piazza a sostegno dell’avvocato barese c’erano anche bandiere del Partito democratico.

Vendola ha chiuso il suo comizio, proprio prima di lasciare la parola a Conte, invitando all’unità la coalizione. E lanciando un avvertimento a chi agita la questione della legalità come una clava: «Non c’è nessuno che possa fare la lezione a noi. I clan li abbiamo sfidati, quartiere per quartiere, città per città, mentre altri facevano finta di niente». Ma sia a Bari che nelle segreterie romane circola la consapevolezza che anche che le inchieste pugliesi sono destinate comunque a produrre qualche effetto negli equilibri politici. Ecco perché, a questo punto, dopo la rottura di Conte, tutti gli occhi sono puntati proprio sul Pd. Perché è il maggiore azionista dell’alleanza, che si tratti del centrosinistra o del campo largo coi 5 Stelle, che adesso deve decidere come reagire agli eventi delle ultime 24 ore.

*(Giuliano Santoro-Comunista tendenza Joe Strummer, è arrivato al manifesto occupandosi di politica al tempo della crisi della rappresentanza. Ha scritto qualche libro. Senza barbecue non è la sua rivoluzione)

 

 

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