n°12 – 23/03/24 – RASSEGNA DI NEWS NAZIONALI E INTERNAZIONALI. NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO.

01 – La Marca (PD) partecipa all’evento “Women in Leadership” organizzato dalla Canadian-Italian Business and Professional Association of Toronto
02 – Alfiero Grandi*: sintesi introduzione di Alfiero Grandi al consiglio direttivo del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale
03 – Roberto Ciccarelli*: ECONOMIA. Effetto Bce: punire i salari, deprimere i consumi, premiare i profitti – LA STORIA. Economia di guerra: un rapporto della banca centrale europea racconta gli effetti delle sue politiche, ma senza spiegare le cause. Lagarde: «A giugno un taglio dei tassi di interesse, ma senza impegno»
04 – Laura Pennacchi*: Meloni e le tasse, tra carità, ostilità e Stato minimo – IL SENSO DI UNA RIFORMA. L’idea dell’epoca di Reagan e Thatcher che «la società non esiste» è parte di una “economia” di benefici fiscali e trasferimenti monetari al mercato e alle privatizzazioni
05 – EUROPA* I fabbisogni di una popolazione che invecchia Europa – La porzione di persone con più di 65 anni sta progressivamente aumentando in Europa. Questo comporta una maggiore dipendenza, che nel medio termine richiederà di aumentare una spesa già ingente e di affiancare gli anziani con una maggiore capacità di assistenza.
06 – Andrea Medda*: “Ci sarà una nuova pandemia”: l’allarme dell’esperta
L’allarme su una nuova pandemia: parla Ilaria Capua. La situazione Dengue e aviaria – Non solo l’allerta Dengue e l’aviaria, in arrivo una nuova pandemia. L’esperta Ilaria Capua, nota virologa, ha fatto la sua previsione.
07 – Antonio Piemontese*: come la guerra ha trasformato l’industria ucraina dell’aerospazio. Per Kyiv i satelliti sono stati fondamentali nella difesa dall’aggressione russa. Nel settore lavorano circa sedicimila addetti ma ora c’è un problema di fondi.

 

 

01 – La Marca*: PARTECIPA ALL’EVENTO “WOMEN IN LEADERSHIP” ORGANIZZATO DALLA CANADIAN-ITALIAN BUSINESS AND PROFESSIONAL ASSOCIATION OF TORONTO

Mercoledì 20 marzo, la Senatrice La Marca ha partecipato all’evento annuale organizzato dalla Canadian-Italian Business and Professional Association of Toronto avente come tema il riconoscimento della leadership femminile nella comunità italiana di Toronto. Presenti oltre 500 persone tra cui molti esponenti di spicco della collettività, il Console Generale a Toronto, Luca Zelioli, il sindaco della città di Vaughan, Steven Del Duca, nonché la neoleader del Partito Liberale dell’Ontario, Bonnie Crombie.
Nel corso della serata è stato consegnato il premio Woman of the Year alla Professoressa Giuseppina D’Agostino, professoressa associata di giurisprudenza presso la Osgoode Hall Law School, fondatrice della IP Osgoode, per il suo contributo nei campi della giurisprudenza, dell’intelligenza artificiale, tecnologia e istruzione
Nel suo saluto alla platea, a inizio serata, la Senatrice ha dichiarato – “Siamo qui per celebrare donne che per il loro percorso accademico o professionale, rappresentano eccellenze all’interno della comunità italiana in Canada e a Toronto. Vorrei porgere le mie più sincere congratulazioni alla Professoressa D’Agostino per l’importante riconoscimento da lei conseguito – la comunità italo-canadese necessita di più donne come lei, professioniste di prim’ordine. Tra noi questa sera abbiamo donne che si sono distinte nei campi della medicina, giurisprudenza, business ed altri ancora. Ringrazio vivamente la CIBPA per il suo costante impegno nel sostenere cause meritevoli e nel promuovere l’istruzione dei giovani italo-canadesi attraverso borse di studio”.
“L’esempio della Professoressa D’Agostino funge da ispirazione alle giovani ragazze nella nostra comunità – ha concluso La Marca – dimostrando che, attraverso impegno e lavoro sodo, si possono superare i peggiori stereotipi ed eccellere in tutti i campi”.
*(Sen. Francesca La Marca – 3ª Commissione – Affari Esteri e Difesa – Electoral College – North and Central America)

 

02 – Alfiero Grandi*: SINTESI INTRODUZIONE DI ALFIERO GRANDI AL CONSIGLIO DIRETTIVO DEL COORDINAMENTO PER LA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE

SINTESI DELL’INTRODUZIONE DI ALFIERO GRANDI AL CONSIGLIO DIRETTIVO DEL COORDINAMENTO PER LA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE, 15/3/2024
Nell’ultimo consiglio direttivo, dicembre 2023, avevamo messo al centro 2 temi di fondo: Autonomia regionale differenziata e elezione diretta del Presidente del Consiglio su cui il Governo ha presentato in prima persona proposte di legge e sta gestendo direttamente anche le modifiche. Consapevoli che argomenti universali come questi debbono essere oggetto di una formidabile campagna di informazione e di orientamento – tanto più se dovessero evolvere come auspichiamo, soprattutto nel caso del cosiddetto “premierato”, verso consultazioni referendarie che sono l’ultima possibilità per bloccarne l’entrata in vigore – abbiamo indicato nella Via Maestra la sede politica necessaria per affrontare queste sfide.
Per questo abbiamo scritto insieme a Libertà e Giustizia e al Presidente di Salviamo la Costituzione una richiesta a La Via Maestra di affrontare questi temi, cosa che è avvenuta il 3 febbraio 2024 e ha trovato una prima sostanziale condivisione della centralità di questi temi, a cui giustamente sono stati intrecciati altri temi di enorme valore come ad esempio la precarietà, gli incidenti sul lavoro, gli appalti senza regole.
Il 2 marzo scorso una nuova assemblea nazionale de La Via Maestra ha non solo confermato l’orientamento di costruire a livello territoriale dei coordinamenti locali, facendo perno sulla diffusione organizzativa della Cgil ma ha approvato una sintesi conclusiva chiara che indica anche l’uso dei referendum sia nella materia costituzionale (elezione diretta del Presidente del Consiglio) che su Autonomia differenziata e temi sociali di fondo, senza trascurare strumenti diversi come leggi di iniziativa popolare, petizioni e altre iniziative per porre la questione dell’emergenza sanitaria, del rinnovo dei contratti di lavoro, tanto più indispensabile a fronte dell’erosione del potere d’acquisto e dei diritti dei lavoratori.
Noi che abbiamo dall’inizio ritenuto la Via Maestra la sede più opportuna per affrontare battaglie di grande impegno politico e sociale abbiamo anche posto il problema di allargare ulteriormente l’area dei soggetti impegnati e per questo abbiamo chiesto un incontro con la Uil nazionale e proveremo a organizzare iniziative verso i giovani, verso i quali c’è un lavoro ancora insufficiente.

Occorre avere la dimensione politica dello scontro che si prepara, perché se si arriverà ai referendum occorrerà cercare di vincerli, De Coubertin non basta. Per reggere un impegno come questo occorre un movimento che si estende e dura nel tempo perché la destra farà di tutto per assestare i suoi colpi nei momenti a lei più convenienti e oggi non è del tutto chiaro cosa intende fare nei prossimi mesi.
Per di più è in corso un’iniziativa cosiddetta bipartisan che anziché avere al centro i pericoli che rappresentano le iniziative del governo sembra più rivolta a cercare di bloccare il referendum costituzionale, cioè il diritto dei cittadini di esprimersi sulle modifiche della Costituzione, considerato evidentemente il vero avversario.
Dovrebbe essere l’iniziativa del governo sotto accusa ma al contrario è il referendum, cioè il diritto delle elettrici e degli elettori di pronunciarsi e decidere. Questa iniziativa cosiddetta bipartisan per ora è esplicitamente rinviata a dopo le elezioni europee.
Deve essere chiaro che qualunque sia l’intenzione vera del governo il referendum costituzionale può essere evitato solo se una parte dell’opposizione accetta di andare in soccorso della destra e questo per chi dichiara di volere chiarezza e trasparenza sarebbe il massimo del trasformismo politico, da cui non può venire nulla di buono.

A nostro avviso questa iniziativa non fa altro che confermare che c’è ancora molto da fare per informare, chiarire, mobilitare. Siamo convinti che la posta in gioco è enorme. Le destre hanno ottenuto il 44 % dei voti nel 2022, conquistando il 59 % dei deputati e dei senatori, con un premio di maggioranza del 15 %, un’enormità. Questa esagerata maggioranza parlamentare viene oggi usata come una clava per portare avanti un patto scellerato nella maggioranza fondato su due leggi di iniziativa del governo: elezione diretta del Presidente del Consiglio e Autonomia differenziata.
Se andassero in porto gli effetti sarebbero uno sconvolgimento della nostra Costituzione antifascista e della nostra democrazia fondata sul ruolo del parlamento e su un equilibrio tra i poteri dello stato e il loro reciproco controllo.
Democrazia non si riduce a votare ogni 5 anni ma è una complessa e continua dialettica politica e sociale e rispetto dei diritti a partire da quello di manifestare, contraddetto a Pisa nei giorni scorsi.
Occorre preparare e organizzare un movimento all’altezza di una sfida di fondo che riguarda la democrazia e la Costituzione e quindi puntando a vincere i referendum, quando ci saranno, in particolare quello costituzionale.
Per questo occorre coordinare le forze in campo, mobilitare le energie più diverse e perfino distanti, sapendo che un movimento ampio e variegato ha bisogno anche di consapevolezza che si lavora per un obiettivo di fondo comune, superando concorrenzialità inutili e distinguo.
Sul premierato. Non si capisce perché mai settori dell’opposizione dovrebbero entrare in una logica di trattativa (subalterna) in presenza di un ddl del Governo, le cui modifiche sono gestite da emendamenti del governo, senza alcuna possibilità di mettere in discussione la linea di fondo di questa proposta. Del resto è – purtroppo – lo stesso metodo usato da Renzi che portò al referendum del 2016.
L’asse della proposta del governo è un Presidente del Consiglio eletto direttamente, che taglia di netto i poteri del Presidente della Repubblica e riduce il parlamento alla subalternità, anche perché se si ribella, e cade il governo, si torna a votare, quindi vivrebbe sotto un ricatto permanente. E’ una proposta presentata fingendo di cambiare poco, ma in realtà scassa l’assetto fondamentale della nostra Repubblica, tagliando in modo sostanziale i poteri del Presidente della Repubblica, oggi indispensabile figura di garanzia ed equilibrio, e stabilendo un rapporto con il parlamento del tipo “simul stabunt simul cadent”, con il corollario di un’elezione maggioritaria di fedeli di chi viene eletto Presidente del Consiglio, una sorta di guardia del pretorio.
Alla proposta di eleggere direttamente il Presidente del Consiglio, avviando la costruzione di una sorta di capocrazia, occorre contrapporre l’elezione diretta di tutti i deputati e senatori da parte delle elettrici e degli elettori, anziché farli scegliere dall’alto, dai capi, sulla base della loro fedeltà. E’ incredibile che sia chi è capo del partito, della formazione politica europea e presidente del Consiglio che dica sfrontatamente che propone agli elettori di scegliere il Presidente del Consiglio, contrapponendo i vertici dei partiti agli elettori come se lei non fosse segretaria del maggior partito.
E’ poi curioso che la maggioranza stia lavorando alacremente per aumentare in ogni occasione i poteri della Presidenza del Consiglio, evidentemente in vista di questa modifica della Costituzione.
Con questa modifica la Costituzione del 1948 verrebbe stravolta, cambierebbe il suo impianto democratico ed antifascista e l’Italia si avvierebbe verso una nuova Costituzione e una nuova Repubblica. Del resto la destra al governo sta cercando una nuova legittimazione che la affranchi da domande scomode sul suo rapporto con il passato. Bisogna avere il coraggio di guardare in faccia la realtà, in futuro con queste modifiche La Russa potrebbe essere il successore di Mattarella e non è uno scherzo.
Costruiamo informazione, orientamento, costruiamo un No di massa e prepariamoci al referendum costituzionale, se in parlamento non si riuscirà a fermare questo provvedimento.
L’altro corno è l’Autonomia regionale differenziata. Rivendico il ruolo importante della nostra proposta di legge di iniziativa popolare per modificare gli articoli 116 e 117 della Costituzione per interrompere in modo netto la possibilità di una interpretazione del titolo V a cui dichiara di agganciarsi la proposta Calderoli. Quando siamo partiti abbiamo avuto resistenze e critiche ma poi grazie al sostegno dei sindacati scuola siamo arrivati a 106.000 firme e la proposta è stata presentata al Senato e grazie ad un regolamento più aperto alle lip abbiamo ottenuto di incardinarlo in commissione e poi di portarlo in aula. Certo la maggioranza lo ha messo in discussione dopo l’approvazione al Senato del ddl Calderoli, ma il suo contributo è stato di fare riflettere tutta l’opposizione, anche quella che non riusciva a fare i conti con formulazioni del titolo V approvato nel 2001 dal centro sinistra. Quando è stata discussa la nostra Lip ormai tutta l’opposizione aveva compreso che solo liberandosi da eredità del passato era possibile opporsi con nettezza al ddl Calderoli, che ad ogni piè sospinto dichiara di volere attuare la Costituzione. Noi abbiamo sempre sostenuto che in realtà non è così ma anche se fosse basta cambiare alcuni punti del titolo V per correggere la situazione.
Ora il testo sull’A. D. è alla Camera e sono in corso molte audizioni che come già al Senato confermano le peggiori preoccupazioni sul ddl Calderoli. Sta crescendo nel Mezzogiorno la consapevolezza delle conseguenze di questa proposta, con il rischio concreto che la secessione dei ricchi non sia solo uno slogan. Occorre insistere, ma bisogna porsi l’obiettivo di spiegare anche al Nord come è stato fatto già in alcune realtà che la frantumazione del nostro paese e dei diritti dei cittadini è un danno per tutti e prelude alla privatizzazione dei servizi che rispondono a diritti fondamentali come sanità, scuola, lavoro,ecc. L’obiettivo è fermare l’approvazione della proposta Calderoli, o almeno ritardarla compreso un rinvio al Senato se si riuscirà ad introdurre modifiche. Se l’A.D. dovesse diventare legge ci sarà ancora tanto da fare, Villone si è esercitato con altre proposte importanti, dai ricorsi delle Regioni alla Corte costituzionale a consultazioni popolari che potrebbero promuovere direttamente i comuni che hanno questa previsione nello statuto per allargare il dissenso sull’A. D.. Naturalmente continuando a fare crescere la mobilitazione e le iniziative.
A nostro avviso se dei parlamentari ripresenteranno alla Camera la lip potranno usarla per arricchire le motivazioni e le occasioni di contrasto al ddl Calderoli
Quando i tempi dei provvedimenti si allungano non è semplice mantenere la mobilitazione in modo continuativo, ma dobbiamo proseguire con impegno e fantasia.
In particolare consideriamo possibile tentare anche la strada del referendum abrogativo del ddl Calderoli che con una furbata è stato connesso alla legge di bilancio ma è in realtà un provvedimento che non c’entra con la spesa, infatti non prevede un intervento a favore delle regioni più deboli e recita più volte che non ci saranno aumenti di spesa, quindi c’è lo spazio per sostenere che un referendum abrogativo è possibile anche prima che intervengano i decreti attuativi.
Premierato e Autonomia regionale differenziata pongono il problema generale che occorre recuperare errori del passato che hanno portato a sottovalutare il ruolo strategico della Costituzione e il valore dell’assetto democratico che essa prevede.
Oggi va rilanciata l’attuazione e la difesa della Costituzione e questo va fatto come ha deciso la Via Maestra, mettendo in collegamento temi sociali e sostanza della democrazia, unificando le iniziative referendarie quando è possibile.
Con questo indirizzo organizzeremo un appuntamento il 23 aprile pomeriggio nella sala Capitolare del Senato, che verrà trasmessa in diretta dalla Tv del Senato, con l’obiettivo di fare sentire forte e chiara la contrarietà a queste proposte e insieme per contribuire a rilanciare un grande movimento sulle questioni di fondo della democrazia in Italia. Non ci rassegniamo al declino della partecipazione, vogliamo contribuire a dimostrare che si può rilanciare il protagonismo dei cittadini.
Infine sulla legge elettorale. Certo, è necessaria una nuova legge elettorale fondata su proporzionale ed elezione diretta dei parlamentari da parte di elettrici ed elettori, ma dobbiamo riconoscere che tuttora ci sono pareri diversi anche dentro l’opposizione, che peraltro ha perso l’occasione che ha avuto prima della vittoria delle destre per cambiare una legge sbagliata ed erratica come il rosatellum. Il maggioritario resiste malgrado le evidenze contrarie anche in una parte dell’opposizione e c’è ancora molto lavoro da fare per superare le difficoltà attuali. Oggi è difficile immaginare di affrontare con un referendum abrogativo il superamento del rosatellum e la discussione sui quesiti mi sembra francamente prematura, tanto più che si rischia di dividere lo schieramento unitario che occorre costruire e rafforzare sulla Costituzione e l’Autonomia differenziata.
Certo occorre evitare di tornare a votare con il rosatellum ma prima occorre fermare l’attacco alla Costituzione e nel frattempo costruire un orientamento che oggi non ha abbastanza forza per affrontare una prova difficile. Non tutto si può affrontare per via referendaria, ci sono altri strumenti da usare, al limite in vista di questo obiettivo, per fare crescere la consapevolezza sull’esigenza di arrivare ad una nuova legge elettorale. Ci sono oggi posizioni interessanti con cui confrontarsi per fare crescere la consapevolezza.
La nostra organizzazione è a rete, non ha sovraordinati, e ovviamente c’è piena libertà di assumere iniziative ma dobbiamo avere la consapevolezza che il coordinamento oggi non avrebbe la forza e le risorse umane e materiali, nemmeno volendo, per andare nella direzione di un referendum abrogativo sulla legge elettorale.
Non manca la convinzione che il problema della legge elettorale è fondamentale per contrastare l’astensionismo ma occorre perseguire l’obiettivo con consapevolezza delle risorse e delle energie disponibili.
*( Alfiero Grandi, è un politico e sindacalista italiano. Già Deputato della Repubblica Italiana.)

 

03 – Roberto Ciccarelli*: ECONOMIA. EFFETTO BCE: PUNIRE I SALARI, DEPRIMERE I CONSUMI, PREMIARE I PROFITTI – LA STORIA. ECONOMIA DI GUERRA: UN RAPPORTO DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA RACCONTA GLI EFFETTI DELLE SUE POLITICHE, MA SENZA SPIEGARE LE CAUSE. LAGARDE: «A GIUGNO UN TAGLIO DEI TASSI DI INTERESSE, MA SENZA IMPEGNO»

Consumi ridotti, risparmi intaccati, straordinari e lavoretti extra, in nero si presume. E più precarietà a tempo pieno. Sul fronte interno di un’Europa che si sta pensando in un’economia di guerra è stato questo il modo in cui le famiglie dell’Eurozona hanno cambiato le loro abitudini per far fronte alla fiammata inflazionistica e alle decisioni della Banca Centrale Europea (Bce) di aumentare i tassi di interesse che hanno comportato tra l’altro l’erosione dei salari e dei risparmi. L’idea economica che sta dietro a questa politica è paradossale: pur sapendo che l’inflazione attuale non è stata generata da una spirale prezzi-salari, ma semmai da un boom dei profitti, tutte le autorità bancarie hanno deciso di punire i lavoratori in maniera preventiva. per evitare che i salari salgano domani, bisogna punire oggi i lavoratori. Il risultato è stato quello di implementare i profitti, cioè la causa dell’inflazione. In attesa di tornare all’ordine, con un’inflazione sotto il 2%. Cosa che dovrebbe avvenire nel 2025. I soldi persi? Hanno arricchito imprese, banche e rendite.

BCE: ABBASSARE I SALARI, ALLE BANCHE EXTRA-PROFITTI
Questa situazione è ben conosciuta a Francoforte, la sede della Bce al punto che, ieri, è stato diffuso un altro studio che conferma gli effetti del caro-vita sulla sua politica sui salari, i consumi e sui risparmi. Con un’avvertenza: lo studio non spiega le cause di questa situazione, ma registra disinvoltamente gli effetti sulla vita delle persone. Tra chi ha risposto alle domande del sondaggio effettuato nell’agosto 2023 il 69%, ha modificato i consumi, il 43% ha usato i risparmi, il 31% ha cercato di far salire le entrate. Tra chi ha agito solo sui propri consumi, il 50% ha cercato di trovare prezzi più vantaggiosi altrove, il 33% ha abbassato la qualità dei propri acquisti, il 28% ha ridotto le quantità. Solo il 15% ha negoziato un aumento di stipendio, mentre il 17% ha fatto gli straordinari o ha preso un lavoretto extra. Lo studio ha anche registrato un calo dei risparmi negli ultimi due anni, determinato non dall’aumento della spesa sui beni di prima necessità ma da quella sui viaggi e le attività di ricreazione in generale. Questo perché, spiega la Bce, è aumentata maggiormente la spesa dei nuclei ad alto reddito. Questi ultimi, dopo la pandemia, hanno recuperato e sono tornati a finanziare l’economia predatoria del turismo. La spesa dei nuclei a basso reddito, concentrata sui beni di prima necessità, resta ferma. È l’immagine di una società classista. La Bce la tiene ferma.

BCE: GUERRA ALL’INFLAZIONE O AI LAVORATORI?
In un convegno tenuto ieri all’università Goethe a Francoforte il suo economista-capo Philip Lane ha chiarito il problema politico che impedisce, al momento, di tagliare i tassi di interesse (dovrebbe avvenire a giugno, ieri la Fed americana li ha lasciati fermi). Sono attesi i dati di aprile che dovrebbero attestare la decelerazione della crescita dei salari, contenuta dall’aumento dei profitti. Solo dopo avere messo al riparo questi ultimi, si procederà al taglio. Che però, ha precisato la presidente Bce Christine Lagarde, «non sarà vincolato a successive riduzioni». Questo significa che la Bce darà in pasto ai mercati il tanto sospirato taglio, per dare l’illusione di fare ripartire il mercato dei mutui. La disciplina resterà però la stessa almeno per il prossimo anno quando l’inflazione è prevista al 2,3% (2024), al 2% (2025) e all’1,9% (2026). Dunque altri due anni di ingrasso dei profitti. Loro non sono mai stanchi.

QUELLA ROVINOSA CADUTA DELLA POLITICA DEI REDDITI
Su questa navigazione a vista, orientata solo da politiche monetariste, pesano anche le incertezze sulla crescita legate alle due guerre in Ucraina e a Gaza. Dal punto di vista dei dati, tanto cari alla Bce, due conferme sono arrivate ieri dall’Istat in Italia: l’indice della produzione industriale – importante per capire l’andamento dell’economia – è rallentato a gennaio, bruciando i miglioramenti dell’ultima parte dello scorso anno e tornando così ai livelli di novembre 2023. E poi sono cresciuti i prezzi delle case: +1,3% nel 2023, mentre le compravendite diminuiscono anche a causa della crisi dei salari.

Matteo Gaddi: «PROFITTI ALLE STELLE, CROLLANO I SALARI, LE IMPRESE PAGHINO»
Segnali che contraddicono la narrazione auto-incensatoria del governo italiano che però farà a meno di notarli. È il prezzo delle politiche dell’identità e della loro speculazione sul mercato della politica.
*(Roberto Ciccarelli. Filosofo e giornalista, scrive per «il manifesto». )

 

04 – Laura Pennacchi*: MELONI E LE TASSE, TRA CARITÀ, OSTILITÀ E STATO MINIMO – IL SENSO DI UNA RIFORMA. L’IDEA DELL’EPOCA DI REAGAN E THATCHER CHE «LA SOCIETÀ NON ESISTE» È PARTE DI UNA “ECONOMIA” DI BENEFICI FISCALI E TRASFERIMENTI MONETARI AL MERCATO E ALLE PRIVATIZZAZIONI.

L’affermazione della premier Meloni – «NON PENSO E NON DIRÒ MAI CHE LE TASSE SONO BELLISSIME, LO SONO LE LIBERE DONAZIONI E NON I PRELIEVI IMPOSTI PER LEGGE» – contiene un intreccio concettuale a cui è bene prestare molta attenzione. Da una parte, infatti, vi ritroviamo un’ostilità a un istituto fondamentale della Repubblica democratica – le tasse, appunto – a cui la premier ci ha tristemente abituati, dalle tasse definite «pizzo di stato» alla crescente tolleranza dell’evasione fiscale. Dall’altra vi è esaltata l’attitudine alla beneficenza e alla carità da parte dei ricchi, magari loro stessi evasori, che dovrebbero sopperire al degrado e alla privatizzazione dei servizi pubblici indotto dalle decrescenti risorse fiscali destinate a finanziarli.

QUESTO INTRECCIO PALESA QUALE ANGUSTA NOZIONE ABBIA LA DESTRA DELLA «RESPONSABILITÀ COLLETTIVA» CHE LE ISTITUZIONI PUBBLICHE DOVREBBERO ESERCITARE NEI CONFRONTI DEI CITTADINI.

Il «NAZIONALISMO MERCATISTA» CHE ANIMA LA DESTRA SI TRADUCE DA UNA PARTE IN CORPORATIVISMO (L’EVASIONE FISCALE VIENE TOLLERATA SPECIALMENTE DA PARTE DEL PROPRIO ELETTORATO, ARTIGIANI, COMMERCIANTI, PARTITE IVA…), DALL’ALTRA IN UN MIX DI PRIVATIZZAZIONE E DI ASSISTENZIALISMO COMPASSIONEVOLE I CUI ELARGITORI, MEGLIO SE GRANDI, VANNO CONSIDERATI, ESSI SÌ, «BELLISSIMI».

Qui si svela che il sovranismo populistico non cessa di contenere molto liberismo e qui c’è uno snodo cruciale, decisivo sotto il profilo culturale e caratterizzante anche dal punto di vista antropologico: si punta a minare profondamente il senso di responsabilità collettiva che sostiene le politiche pubbliche e che si esprime attraverso le istituzioni collettive.

Non si deve dimenticare che l’ostilità alle tasse, insieme con l’idea che «la società non esiste» e pertanto non esiste la responsabilità collettiva, si sono imposte all’epoca di Thatcher e di Reagan, parte di una supply side economics consistente in benefici fiscali e trasferimenti monetari in favore dell’autoregolazione del mercato, delle privatizzazioni e dello «Stato minimo». Infatti, nessuno credeva che i tagli fiscali del 1981 potessero essere finanziariamente sostenibili (e in effetti non lo furono), ma si consideravano i tagli stessi come mezzi per formare disavanzi tali da affamare il bilancio pubblico (starving the beast e la bestia è l’operatore pubblico). Il tutto nella più classica logica ostile all’esercizio della responsabilità collettiva incarnata dalle istituzioni pubbliche: «Meno tasse, meno regole, meno stato, più mercato», associando l’idea che la tassazione sia intrinsecamente dannosa alla volontà di ridurre al minimo il ruolo degli stati e dei governi lasciando spazi solo a un welfare residuale e alla carità individuale.

OGGI, DUNQUE, VA POSTO CON TUTTA LA INCISIVITÀ CHE MERITA IL PROBLEMA CRUCIALE DEL LIMITE SOTTO IL QUALE LA RIDUZIONE DELLA TASSAZIONE PUÒ GENERARE LA DEVASTAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI E LA CRISI DEL WELFARE E, AL TEMPO STESSO, DEPOTENZIARE L’OPERATORE PUBBLICO NELL’ESERCIZIO DELLE SUE FUNZIONI STRATEGICHE.

Il significato e il ruolo della tassazione non sono valutabili in se stessi, ma si commisurano anche e soprattutto agli effetti redistributivi (per i quali è essenziale la progressività) che essa consente di perseguire, al livello e alla qualità dei servizi di cui una società desidera disporre (i quali, a loro volta, esprimono la qualità dei «legami di cittadinanza» propri di quella stessa società), alla natura del modello di sviluppo che si vuole adottare e allo spazio da farvi ai beni pubblici e collettivi, in primo luogo sanità e istruzione.
L’idea neoliberista che le tasse siano un furto, un esproprio, un «mettere le mani nelle tasche dei cittadini» è un’idea tipicamente di destra, sulla base della quale essa ha legittimato moralmente chi si sente autorizzato ad evaderle. Invece, le tasse vanno considerate un «contributo al bene comune» – parole non solo di Tommaso Padoa Schioppa ma del Catechismo sociale della Chiesa e della nostra Costituzione – perché il mezzo con cui reperire le risorse necessarie a finanziare strade, ferrovie, reti, scuole, ospedali, asili nido, riassetto idrogeologico, riqualificazione dei territori e delle città, Ricerca e Sviluppo e innovazione. Tutte cose per le quali servono diretti interventi strutturali e piani straordinari di investimento pubblico per la creazione di lavoro, tanto più oggi di fronte alle grandi transizioni ecologica, digitale, sociodemografica.
Si tratta di riconoscere nell’operatore pubblico l’interprete della responsabilità collettiva, da esercitarsi congiuntamente alla responsabilità individuale ma per il cui esercizio è essenziale la raccolta per via fiscale di risorse adeguate, e di prendere le distanze dalla visione dello «Stato minimo» che sposta tutto sulla responsabilità individuale e lascia il singolo alla benevolenza della carità e della filantropia, in realtà solo, una volta che le tasse gli siano state decurtate, a sbrogliarsela con le incombenze della vita.
*(fonte. Il Manifesto. Laura Pennacchi, è un’economista e politica italiana già Deputato della Repubblica Italiana.)

 

05 – EUROPA* I FABBISOGNI DI UNA POPOLAZIONE CHE INVECCHIA EUROPA – LA PORZIONE DI PERSONE CON PIÙ DI 65 ANNI STA PROGRESSIVAMENTE AUMENTANDO IN EUROPA. QUESTO COMPORTA UNA MAGGIORE DIPENDENZA, CHE NEL MEDIO TERMINE RICHIEDERÀ DI AUMENTARE UNA SPESA GIÀ INGENTE E DI AFFIANCARE GLI ANZIANI CON UNA MAGGIORE CAPACITÀ DI ASSISTENZA.

• OLTRE UNA PERSONA SU 5 IN UE HA PIÙ DI 65 ANNI (2023).
• LA SPESA PER ANZIANI AMMONTA AL 10,4% DEL PIL (2022). L’ITALIA È PRIMA DA QUESTO PUNTO DI VISTA, CON IL 13,7%.
• QUASI LA METÀ DEGLI ANZIANI IN DIFFICOLTÀ NON RICEVE SUFFICIENTE ASSISTENZA PERSONALE O DOMESTICA.

Grazie al miglioramento delle condizioni di vita e al conseguente allungamento dell’aspettativa, in tutta Europa il numero di anziani è in aumento. Visto il parallelo calo delle nascite, si può dire che la popolazione sta mediamente invecchiando.
• All’inizio degli anni 2000 la quota di persone con almeno 65 anni di età sul totale si aggirava intorno al 16%: appena 20 anni dopo, il valore risulta incrementato di 5 punti percentuali.,
• Nonostante qualche differenza tra gli stati europei, non c’è paese che non registri questo fenomeno. In media, il 21,3% dei cittadini Ue è anziano.
Una delle conseguenze più evidenti è l’aumento della dipendenza, dal nucleo familiare ma anche da servizi specifici per la terza età. Sono sempre meno le persone in età lavorativa, ed essendo progressivamente meno numerose le famiglie aumentano anche i bisogni di cura e assistenza degli anziani. La spesa, già ingente, è destinata ad aumentare per soddisfare fabbisogni sempre maggiori.

L’EUROPA È UN CONTINENTE CHE INVECCHIA – Gli anziani in Europa sono più di 90 milioni.

Come emerge dalle rilevazioni demografiche di Eurostat, parliamo di oltre il 20% di tutta la popolazione: più di una persona su cinque.
• 21,3% della popolazione europea ha più di 65 anni, nel 2023.
• Questa quota varia ampiamente da stato a stato, con Italia e Portogallo al primo posto, entrambe con il 24% della popolazione anziana.
• Seguono Bulgaria, Finlandia e Grecia con quote superiori al 23%. Solo in 9 stati membri non si arriva al 20%: si tratta di Lussemburgo (unico sotto il 15%), Irlanda, Cipro, Slovacchia, Malta, Austria, Romania, Belgio e Polonia. L’Italia è anche il paese con l’età mediana più elevata: 48,4 anni, mentre in Irlanda, Lussemburgo e Cipro siamo sotto i 40.
La spesa per anziani è ingente e l’Italia è prima per rapporto con il Pil
Per sostenere buoni standard di vita alla fascia demografica più anziana, sono necessari numerosi interventi di spesa pubblica: in primis, le pensioni per vecchiaia sono un presidio necessario ma anche gli investimenti in infrastrutture di sostegno sociale e medico, come le strutture residenziali per gli anziani non autosufficienti.

Complessivamente tale voce di spesa è pari a oltre il 10% del Pil europeo, ed è in aumento da anni. Nel corso di un decennio è aumentata del 34,8%, anche se il suo rapporto con il prodotto interno lordo è rimasto stabile.

L’ITALIA È IL PRIMO PAESE PER SPESA PER ANZIANI IN RAPPORTO AL PIL
La spesa per anziani in termini assoluti e in rapporto al Pil e la variazione dal 2013 al 2022

I dati si riferiscono alla spesa effettuata dal governo centrale per la funzione “anzianità”, che comprende anche le pensioni. Il valore è restituito in termini assoluti e in rapporto al Pil (cui è riferita la gradazione di colore). Viene inoltre riportata la variazione della spesa nel decennio.
• L’Italia è il primo paese in Europa per spesa per anziani in rapporto al Pil (13,7%).
• Seguono Finlandia, Austria e Francia (sopra il 13%). Ultima invece l’Irlanda (3,1%).
• Tre paesi dell’Europa orientale (Romania, Bulgaria e Lituania) hanno invece visto l’aumento più pronunciato tra 2013 e 2022: in dieci anni, la spesa è più che raddoppiata.
• Solo in Grecia si è verificato un calo, benché lieve: -3,3%. Mentre l’Italia è, dopo la Svezia, lo stato membro che ha visto l’incremento più contenuto: +19,1% in un decennio. Nel nostro paese questa voce di spesa ammonta a più di 266 miliardi di euro, pari al 24,4% della spesa totale. In Finlandia, la quota supera il 25%.

UN FABBISOGNO NON INDIFFERENTE

Nei paesi con più anziani, il rapporto tra chi è ormai inattivo a causa dell’età e le persone in età lavorativa è molto elevato.
• In Portogallo, per ogni 100 persone che potenzialmente lavorano, ce ne sono 38 di oltre 65 anni. Poco distante l’Italia, come anche la Bulgaria e la Finlandia.
La dipendenza assume diverse forme e l’equilibrio tra parte attiva e parte passiva della società si rispecchia anche nella qualità della vita. Gli anziani hanno spesso bisogno di assistenza, ma a causa anche del numero sempre inferiore di figli per famiglia, spesso si trovano a necessitare di supporto proveniente dall’esterno. Questo emerge chiaramente dai risultati dell’Ehis, la European health interview survey, con cui Eurostat ha misurato in più momenti le necessità della popolazione anziana in Europa.

IN UE QUASI METÀ DEGLI ANZIANI IN DIFFICOLTÀ NON HA SUFFICIENTE ASSISTENZA
GLI ANZIANI CON GRAVI DIFFICOLTÀ CHE HANNO DICHIARATO DI AVER BISOGNO DI ASSISTENZA PERSONALE O DOMESTICA (2019)

I dati si riferiscono al numero di persone, nell’ambito dell’Ehis (European health interview survey), di oltre 65 anni che hanno dichiarato di necessitare di assistenza per svolgere compiti di cura personale o domestici. Sono considerate solo le persone che hanno riportato difficoltà gravi.
• In Lussemburgo quasi tre quarti degli anziani ha dichiarato di non ricevere sufficiente assistenza.
• Seguono Croazia e Finlandia con quote superiori al 70%. L’Italia, con il 44,2%, è leggermente al di sotto della media Ue (46,6%).
• Ultime invece Lettonia e Paesi Bassi, dove meno di un quarto degli over 65 dichiara di aver bisogno di assistenza.
Si tratta comunque di dati in miglioramento rispetto alla precedente rilevazione Ehis risalente al 2014, nella quale le quote risultavano essere più elevate.
• Il 51,8% degli intervistati in condizioni di grave difficoltà dichiarava di non ricevere sufficiente aiuto, una cifra che 5 anni dopo era di 5 punti percentuali più bassa.
Tuttavia l’invecchiamento della popolazione causa inevitabilmente un aumento dei fabbisogni: un fenomeno che riguarda la società nella sua interezza.
*(FONTE: elaborazione openpolis su dati Eurostat)

 

06 – Andrea Medda*: “CI SARÀ UNA NUOVA PANDEMIA”: L’ALLARME DELL’ESPERTA
L’ALLARME SU UNA NUOVA PANDEMIA: PARLA ILARIA CAPUA. LA SITUAZIONE DENGUE E AVIARIA – NON SOLO L’ALLERTA DENGUE E L’AVIARIA, IN ARRIVO UNA NUOVA PANDEMIA. L’ESPERTA ILARIA CAPUA, NOTA VIROLOGA, HA FATTO LA SUA PREVISIONE.

In Italia si parla ultimamente degli effetti devastanti subiti dalle persone dopo la diffusione del Covid ma anche delle recenti allerte relative al Dengue. Eppure, secondo la nota virologa Ilaria Capua grande attenzione andrebbe fatta anche su quella che sarà una nuova pandemia. Intervistata da Il Giornale, l’esperta non ha fatto giri di parole per sottolineare il suo pensiero.

L’ALLARME SU UNA NUOVA PANDEMIA: PARLA ILARIA CAPUA
Già in passato la Capua aveva parlato di come, certamente, ci sarà una nuova pandemia. Anche a Il Giornale, la virologa, da poco tornata in Italia dagli States, ha ribadito il proprio pensiero: “Non sappiamo quando, né se si diffonderà per via respiratoria, sessuale o oro-fecale. Ma ci sarà“, ha detto in merito appunto ad una nuova pandemia in arrivo.
“Del resto lo scorso secolo ci sono state tre pandemie influenzali (spagnola, asiatica e Hong Kong) e poi c’è stato l’Hiv. Facendo i conti, le pandemie influenzali arrivano ogni 11-40 anni”, ha proseguito.

LA SITUAZIONE DENGUE E AVIARIA
Decisa l’esperta anche sul fronte Dengue: “Avere paura non serve. Ma, questo sì, serve una lotta con tutti i crismi contro le zanzare, a cominciare dalla zanzara tigre, veicolo del virus”, il pensiero della Capua.
In questa ottica, l’esperta ha voluto sottolineare cosa dovrebbero fare le istituzioni, ovvero “provvedere a bonifiche e disinfestazioni”. Stesso discorso per quanto riguarda i cittadini privati che “devono evitare situazioni che favoriscono la diffusione delle zanzare: dai sottovasi pieni di acqua stagnante a stagni e mini laghetti nei giardini”.
La cosa principale da evitare è che “la zanzara tigre si infetti e dia vita a un ciclo autoctono nazionale. Quello diventerebbe un problema”, ha aggiunto la Capua.
Per quanto concerne l’aviaria, la virologa ha detto, invece: “La situazione è molto seria. Non per il rischio del salto di specie nell’uomo ma per la situazione sanitaria degli animali: nel 2023 sono morti o sono stati abbattuti 450 milioni di volatili”
*(Fonte: News Mondo. Andrea Medda, giornalista)

 

07 – Antonio Piemontese*: COME LA GUERRA HA TRASFORMATO L’INDUSTRIA UCRAINA DELL’AEROSPAZIO. PER KYIV I SATELLITI SONO STATI FONDAMENTALI NELLA DIFESA DALL’AGGRESSIONE RUSSA. NEL SETTORE LAVORANO CIRCA SEDICIMILA ADDETTI MA ORA C’È UN PROBLEMA DI FONDI. (visto dall’altra parte)

Kyiv, Kharkyv, Dnipro: questi i vertici dell’ideale poligono che descrive il settore aerospaziale dell’Ucraina, colpito – ma non affondato – da venticinque mesi di ostilità. Un comparto che, in due anni di guerra iper tecnologica, ha mostrato di essere irrinunciabile: dai satelliti è venuto un aiuto fondamentale per le truppe del presidente Volodymyr Zelensky. Le connessioni internet, certo; i sistemi di guida di missili e droni: ma anche le prove inconfutabili per smentire la propaganda del Cremlino. Come a Bucha, quando le immagini dei satelliti dell’americana Maxar Technologies – e i loro metadati – smentirono le accuse, rivolte a Kyiv, di aver inscenato il massacro dei propri stessi connazionali.
In questo e altri casi i dispositivi in orbita hanno consentito ai giornalisti di documentare atrocità e crimini di guerra russi, confermando che nel ventunesimo secolo i manuali di arte bellica devono necessariamente comprendere un capitolo per il cosmo, e un altro per la guerra della propaganda su internet. Grazie alle immagini dall’alto “siamo stati in grado di respingere la narrazione mendace su Bucha – ha detto il vice maresciallo dell’aria Paul Godfrey, alla testa dello UK Space Command -. Non sottovalutate l’effetto deterrente che questo ha avuto sui russi”.

Triangolo industriale
Ogni città è specializzata in un pezzo della catena del valore. “Kyiv è rinomata per l’esperienza nell’elettronica e nelle tecnologie di rendezvous, Kharkiv è un hub per lo sviluppo di sistemi di controllo per lanciatori come Soyuz; Dnipro, invece, è il cuore industriale, particolarmente versato nell’assemblaggio e produzione di un’ampia gamma di lanciatori e veicoli spaziali”, dice a Wired l’ucraino Volodymyr Usov, ad e co-fondatore di Kurs Orbital, una startup del settore aerospace basata a Torino. Nei giorni scorsi Kurs ha raccolto 3,7 milioni di euro in un round di finanziamento guidato da Otb Ventures, a cui si sono aggiunti Credo Ventures, Galaxia, In-Q-Tel e Inovo. L’azienda realizza moduli standardizzati di rendezvous per consentire il trasporto, l’estensione della vita, l’assistenza in orbita e la rimozione dei detriti spaziali.

“I più grandi nomi del settore aerospace nel mio Paese sono Yuzhnoye and Yuzhmash, specializzati rispettivamente nella progettazione e costruzione di veicoli di lancio”, riprende il manager, già direttore dell’Agenzia spaziale ucraina, e quindi buon conoscitore dell’ecosistema nazionale. Quale l’impatto della guerra sull’industria di settore? “Il conflitto in corso ha innegabilmente influenzato l’attività del comparto – replica l’imprenditore – e il clima di incertezza presente complica la formulazione di strategie di lungo periodo” prosegue. “Nello specifico, è il settore civile a vedersela peggio, dal momento che la maggior parte delle risorse produttive sono state spostate verso le attività militari. Inoltre, in questi due anni l’Ucraina ha perso importanti contratti internazionali, come per esempio quelli per la produzione dei primi stadi dei razzi Antares e di quelli superiori dei razzi Vega. Spero che arrivino nuove opportunità per rimpiazzarli”. Circa sedicimila persone, secondo le stime che circolano, sarebbero impiegate nelle industrie aerospaziali del Paese: buona parte non ha mai smesso di lavorare grazie allo smart working, già sperimentato ai tempi della pandemia.

DIPENDENZA DAI LANCI (COME DAL GAS)
Nell’epoca di deglobalizzazione, reshoring e friendshoring dovuti alle crisi ricorrenti, quello che è certo è che, all’inizio della guerra, l’Europa si è trovata in grave difficoltà per l’improvvisa mancanza dei servizi di lancio dei razzi Soyuz dovuta alle sanzioni nei confronti di Mosca. Lungo l’elenco dei clienti che contavano sui vettori russi per mandare in orbita i propri dispositivi, tra cui due coppie di satelliti della costellazione europea Galileo, ma anche materiale giapponese.
Una dipendenza che non pareva tale fino a quando il bubbone non è scoppiato nel febbraio del 2022, e che, vista con gli occhi di oggi, ricorda quella dal gas. Sono già diverse le voci che chiedono di non sostituire un fornitore straniero con un altro. Nemmeno se si chiama Space X e batte bandiera statunitense. Insomma, nei prossimi anni l’Europa potrebbe essere chiamata a costruirsi una propria capacità di lancio. E l’Italia può giocare un ruolo. A Torino c’è una scena aerospaziale vivace e attiva dagli anni Sessanta. Ed è qui che è basata Kurs, che ha altre due sedi, una a Catania, l’altra a Kyiv. “Torino per noi è stata una scelta ovvia in Europa – dice Usov -. Ha un passato nella costruzione di gran parte degli habitat per l’esplorazione spaziale, produce i cargo per la Stazione spaziale internazionale e ha una scena vibrante composta da grandi aziende ma anche realtà giovani. E non siamo gli unici a pensarla così: altre compagnie straniere stanno insediandoci i propri uffici. Inoltre è ben collegata con le altre città italiane ed europee”. E non ha ancora i prezzi di Milano.
*( International journalist and fixer based in Milan, Italy. My work has been published on Wired Italia, Wired US, La Repubblica, La Stampa)

 

 

 

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