n°20 – 20/5/23 RASSEGNA DI NEWS NAZIONALI E INTERNAZIONALI. NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO

01 – Francesco Vignarca* intervista Daniel Hogsta (Ican)**: «BASTA RETORICA, IL RISCHIO NUCLEARE È TROPPO ALTO»
02 – Carrè (Pd). Incontro Tajani e parlamentari eletti all’estero.
03 – La Senatrice La Marca (Pd)* incontra il ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Antonio Tajani.
04 – Anche il governo Meloni legifera a colpi di decreto – Governo e parlamento – Si conferma la tendenza a cercare di ridurre al minimo l’iter parlamentare attraverso il massiccio ricorso alla decretazione d’urgenza. Una prassi che con l’attuale governo ha raggiunto livelli record.
05 – Sebastiano Canetta*: L’immigrazione che serve al made in Germany.
06 – Giovanna Branca*: La nuova norma di Biden «è illegale e colpirà i più vulnerabili» STATI UNITI. La causa intentata dall’American Civil Liberties Union contro l’asylum ban.
07 – Alfiero Grandi CAOS DELLA DESTRA OCCASIONE PER LA SINISTRA.
Ho il mandato degli elettori, afferma Giorgia Meloni. Non è così. Anzitutto le elezioni del 25 settembre hanno registrato il 10% in meno di votanti e la destra con il 44% dei voti ha ottenuto un premio di maggioranza del 15 %, gonfiandola al 59 % di deputati e senatori.
08 – On. Nicola Carè*: Israele, Nicola Carè eletto Vicepresidente del Transatlantic Friends of Israel.
09 – Henry Mance*: I maschi di domani – Gli influencer che hanno successo su YouTube e sui social network diventano figure di riferimento per i bambini e gli adolescenti. Anche se spesso propongono un modello di mascolinità misogina e violenta
10 – Eric Jozsef*: CLIMA – Il clima dell’Italia si sta tropicalizzando.
11 – Nel mondo
12 – Al vertice in Asia centrale con Xi Jinping spicca l’assenza di Putin – Li chiamano i cinque “stan”: Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan, Turkmenistan. Questi paesi, che un tempo facevano parte dell’Unione Sovietica, oggi sono al centro di una zona strategica compresa tra Cina e Russia.

 

 

01 – Francesco Vignarca* intervista Daniel Hogsta (Ican)**: «BASTA RETORICA, IL RISCHIO NUCLEARE È TROPPO ALTO» – LA CAMPAGNA. NELLA DICHIARAZIONE FINALE DEI G7 IGNORATI GLI APPELLI DEI SOPRAVVISSUTI HIBAKUSHA. INTERVISTA AL DIRETTORE ESECUTIVO DELLA CAMPAGNA INTERNAZIONALE PER ABOLIRE LE ARMI NUCLEARI, NOBEL PER LA PACE 2017: «PUNTARE SEMPLICEMENTE IL DITO CONTRO RUSSIA E CINA NON È SUFFICIENTE: I PAESI DEL G7 DOVREBBERO COINVOLGERE LE ALTRE POTENZE NUCLEARI IN COLLOQUI SUL DISARMO NUCLEARE»
Daniel Hogsta è il direttore esecutivo ad interim della International Campaign to Abolish Nuclear Weapons che nel 2017 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace per i suoi sforzi per il disarmo nucleare e per l’ottenimento del Trattato delle Nazioni unite sulla proibizione delle armi nucleari. Lo raggiungiamo ad Hiroshima, dove si trova per le iniziative della società civile giapponese ed internazionale a margine del summit dei Capi di Stato e di Governo del G7.

PERCHÉ L’ICAN È IN GIAPPONE, OGGI?
Siamo qui per coinvolgere i media che coprono l’evento e assicurarsi che i leader sentano la pressione globale che chiede ci sia un’azione reale e concreta per porre fine alle armi nucleari. Il Giappone ha deliberatamente scelto come sede del G7 la prima città spazzata via dalle armi nucleari durante una congiuntura politica in cui il rischio di utilizzo delle armi nucleari è sempre più alto. Questi sette Stati possiedono (Usa, Francia, Regno Unito), ospitano (Germania, Italia) o includono le armi nucleari nella propria politica di sicurezza nazionale (Canada, Giappone): non si può quindi permettere che se la cavino con parole vuote di richiamo retorico ad un mondo libero dalle armi nucleari.

COSA AVEVA CHIESTO LA CAMPAGNA ICAN?
Da tempo ripetiamo che se il G7 vuole seriamente porre fine alla minaccia nucleare deve impegnarsi a prendere misure concrete per il disarmo nucleare, che partano da una condanna inequivocabile di qualsiasi minaccia di usare armi nucleari qualunque Stato la faccia. Abbiamo anche chiesto ai leader di incontrare e ascoltare gli hibakusha, i sopravvissuti ai bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki, riconoscendo formalmente le catastrofiche conseguenze umanitarie dell’uso delle armi nucleari. Poi ovviamente servono le decisioni di natura politica, a partire dalla fine dei programmi di stazionamento di armi nucleari in altri Paesi (il cosiddetto “nuclear sharing”, che coinvolge anche l’Italia) visto che le minacce russe di spostare alcune testate in Bielorussia potrebbero portare ad una escalation pericolosissima. Ed infine elaborare un piano dettagliato che porti al disarmo nucleare negoziato fra tutti gli Stati dotati di armi nucleari.

COME POTREBBE FARLO PROPRIO IL VERTICE G7?
Coinvolgendo tutti gli Stati dotati di armi nucleari in colloqui nell’ambito del quadro giuridico internazionale stabilito dal Trattato Onu sulla proibizione delle armi nucleari (Tpnw). Abbiamo presentato queste richieste in incontri bilaterali con i diplomatici del G7 e abbiamo coinvolto partner, media e in particolare con parlamentari per rafforzare questo messaggio…

…MA PURTROPPO IL RISCHIO DI UN PASSAGGIO SOLO RETORICO PARE CONFERMATO?
Sì, purtroppo. Sebbene nelle ultime settimane gli hibakusha abbiano rinnovato il loro appello per l’eliminazione totale delle armi nucleari e condiviso le loro storie per spingere i leader ad agire avevano anche espresso preoccupazione di essere nuovamente delusi. Secondo quanto ci è stato riferito, nella prima giornata del vertice i leader del G7 avrebbero trascorso meno di 30 minuti nel Museo della Pace prima di deporre una corona di fiori al Cenotafio delle vittime della bomba atomica. Hanno anche incontrato brevemente alcuni sopravvissuti all’atomica, ma la dichiarazione congiunta ufficiale poi diffusa (denominata “Visione di Hiroshima dei leader del G7 sul disarmo nucleare”) è ben lontana dal fornire risultati significativi. Dopo mesi di preparazione segnati da grandi aspettative, i leader del G7 hanno perso l’occasione per poter rendere il mondo più sicuro: invece di affrontare le minacce nucleari con un piano concreto hanno continuato ad ignorarne i rischi e le conseguenze umanitarie risultando in un certo senso complici del rischio globale portato dagli arsenali nucleari.

CI SI POTEVA ASPETTARE DI PIÙ?
Certo: il rischio di un nuovo uso di armi nucleari non è mai stato così alto. Come ha sottolineato il Comitato Internazionale della Croce Rossa: «Impedire un secondo uso delle armi nucleari è sempre stato fondamentale, ma in questo momento è imperativo contenere il rischio. Le minacce di usare armi nucleari e una retorica nucleare sempre più stridente stanno esacerbando una situazione già pericolosa». Per cui puntare semplicemente il dito contro Russia e Cina non è sufficiente: i Paesi del G7 dovrebbero farsi avanti e coinvolgere le altre potenze nucleari in colloqui sul disarmo nucleare, se davvero vogliono raggiungere tale obiettivo. Alla luce delle inaccettabili minacce nucleari della Russia invece si sono di fatto rimangiati il linguaggio della dichiarazione del G20 dello scorso novembre facendo un passo indietro rispetto al riconoscimento che tutte le minacce nucleari sono inammissibili, indipendentemente dalla loro provenienza. Questo non è il vero disarmo nucleare che gli hibakusha chiedono, ma una fuga dalle loro responsabilità. Il premier giapponese Kishida ci ha detto che il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari è il passo finale per un mondo libero da armi nucleari. Al contrario, sarebbe il primo passo forte e concreto. E i leader che tengono sinceramente al disarmo nucleare dovrebbero capirlo.
*( Francesco Vignarca è coordinatore nazionale della Rete italiana per il disarmo. È collaboratore di «Altreconomia», per cui cura il blog I signori delle)
**( Daniel Hogsta (Ican): International Campaign to Abolish Nuclear Weapons)

 

 

02 – Carè (Pd). INCONTRO TAJANI E PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO. – HO PARTECIPATO, INSIEME AI COLLEGHI PARLAMENTARI ELETTI NELLE VARIE CIRCOSCRIZIONI ESTERE FRANCO TIRELLI, TONI RICCIARDI, CHRISTIAN DI SANZO, ANDREA CRISANTI, FRANCESCO GIACOBBE, FRANCESCA LA MARCA, SIMONE BILLI E ANDREA DI GIUSEPPE, ALLA RIUNIONE CON IL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, ANTONIO TAJANI ALLA QUALE ERA PRESENTE ANCHE IL SOTTOSEGRETARIO AGLI AFFARI ESTERI CON DELEGA PER GLI ITALIANI ALL’ESTERO, GIORGIO SILLI.
Ognuno di noi ha affrontato dei temi particolari difendendo e supportando il personale e le retribuzioni dei contrattisti, l’internazionalizzazione, la promozione delle aziende italiane con la possibile formazione di Joint venture e il trasferimento del know how senza delocalizzare. Abbiamo affrontato il tema del riconoscimento dei titoli di studio, di incentivare il turismo delle radici, del riacquisto della cittadinanza, di ottenere finanziamenti per gli enti gestori e i Comites. Ci siamo soffermati anche sulla diplomazia parlamentare, sul ruolo delle Ambasciate come punto di incontro diplomatico-commerciale- politico, delle Camere di commercio italiane all’estero come punto snodale per le comunità d’affari locali e il grande lavoro di complementarità che le camere possono svolgere per la promozione degli investimenti. Abbiamo chiesto assistenza sanitaria in Italia per gli iscritti all’AIRE, il coinvolgimento dei giovani nelle politiche dell’emigrazione. Gli italiani residenti all’estero sono una grande risorsa e hanno bisogno di sentirsi italiani di serie A, soprattutto le seconde e terze generazioni che possono influire tantissimo per la promozione del Made in Italy. Dall’incontro è venuto fuori che siamo uniti nella difesa degli italiani all’estero, e sul ruolo che giustamente esse debbano avere“ Così Nicola Carè, deputato del Pd eletto all’estero.

MONGOLIA, CARÈ NOMINATO PRESIDENTE DELLA SEZIONE BILATERALE DELLA UIP
Roma, 18 mag – „Sono stato nominato Presidente della Sezione Bilaterale di Amicizia Italia-Mongolia dell’Unione Interparlamentare, dal Presidente dell’Uip Pierferdinando Casini. I colleghi che hanno già aderito sono: Alberto Losacco (Pd), Ettore Rosato (IV-IC’E’), Mario Borghese MAIE, Gian Giacomo Calovini (FDI), Elena Murelli (Lega), Gisella Naturale (M5S) Luca Pastorino (LEU-ART 1-SI), Mauro Del Barba (IV-IC’E’) e Nicoletta Spelgatti (Lega). I gruppi bilaterali hanno lo scopo di rafforzare i contatti tra i parlamentari di entrambi i Paesi e aumentare così la reciproca collaborazione, è una occasione per confrontarci e per rafforzare le relazioni politiche, economiche e culturali tra i nostri due Paesi. Schiacciata da Russia e Cina, la Mongolia ha un valore simbolico e geopolitico importante. Una democrazia destinata a crescere in maniera notevole nei prossimi anni.” Così Nicola Carè, deputato del Pd eletto all’estero.
*(On./Hon. Nicola Carè – Camera dei Deputati – Chamber of Deputies – IV Commissione Difesa – Defence Committee – Circoscrizione Estero, Ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide
Electoral College – Africa, Asia, Oceania and Antarctica)

 

 

03 – La Senatrice La Marca (Pd) INCONTRA IL MINISTRO DEGLI AFFARI ESTERI E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, ANTONIO TAJANI
Martedi 16 maggio, si è tenuto presso la Farnesina un incontro tra i parlamentari eletti all’estero di Senato e Camera, fra cui la senatrice Francesca La Marca, eletta nella ripartizione Nord e Centro America, e il Ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
Hanno partecipato all’incontro anche il Sottosegretario di Stato al Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale, Giorgio Silli, il Direttore Generale per gli Italiani all’estero, Luigi Maria Vignali e il direttore generale per le risorse e l’innovazione, Renato Varriale.
«È stato un incontro fruttuoso – ha dichiarato la Senatrice La Marca – e per questo ringrazio il Ministro per avermi invitata. Con l’occasione ho voluto portare alla sua attenzione alcune tematiche di notevole importanza per i nostri connazionali residenti all’estero, oltre che far luce su alcune criticità della mia ripartizione elettorale ».
In primis l’attenzione è stata posta sul funzionamento dell’unità di crisi per i connazionali all’estero, poi la Senatrice La Marca ha voluto sottolineare la situazione drammatica, dovuta a una carenza di personale, nelle Sede Consolari.
« Nonostante nell’ultima Legge di Bilancio, grazie al lavoro del Partito Democratico, ci sia stato un aumento di 3.150 unità da destinare alle Sede Consolari, purtroppo il numero è ancora inferiore alla soglia necessaria per un adeguato funzionamento dei servizi. Inoltre ho sottolineato anche alcune criticità che mi sono state sottoposte dai nostri connazionali per quanto riguarda le attese, spesso annuali, nel richiedere un appuntamento per ottenere la cittadinanza. Un tempo elevatissimo che deve assolutamente essere ridotto. Il Ministro mi ha poi anche ascoltato sulla spinosa questione degli Enti Gestori di Lingua Italiana nel mondo. Ho fatto l’esempio del Canada dove, su 7 enti gestori, ben 6 sono rimasti tagliati fuori dai finanziamenti, o perché non hanno fatto richiesta o perché non sono riusciti a ottenere i fondi necessari per i loro progetti. Questo crea un rallentamento per quanto riguarda la promozione della lingua e della cultura italiana nel mondo che non è assolutamente accettabile »

« Un’altra tematica che ho posto all’attenzione del Ministro Tajani- ha continuato la senatrice La Marca – è quella relativa al finanziamento per i Consoli Onorari nel mondo. Nonostante, con un mio emendamento alla Legge di Bilancio, sia riuscita a triplicare la dotazione dei suddetti fondi, essi non sono ancora assolutamente sufficienti. Bisogna intervenire quindi sul capitolo di bilancio per quanto riguarda i Consoli Onorari. Così come bisogna intervenire per semplificare la prenotazione, per le pratiche relative al rilascio dei passaporti, della cittadinanza e dello stato civile, che avviene tramite il sito “prenot@ami” che, dal suo lancio datato giugno 2021, spesso è stato al centro di molte lamentele che mi sono state sottoposte. Tempi di prenotazione troppo lunghi sul sito, e spesso malfunzionamento di quest’ultimo, sono le problematiche su cui bisogna prendere provvedimenti »

La senatrice La Marca ha anche sottolineato che è necessaria una maggiore chiarezza sul progetto del “Turismo delle Radici” e su come e quando i fondi destinati ad esso verrano utilizzati.

« Le richieste che ho sottoposto al Ministro hanno trovato la sua piena attenzione, e per questo lo ringrazio. Sono sicuro che questo sarà solo il primo di una lunga serie di incontri finalizzati a prendere coscienza, e a trovare delle soluzione rapide, alle problematiche che preoccupano gli italiani all’estero » ha concluso la senatrice Francesca La Marca.
(*Sen. Francesca La Marca – Ripartizione Nord e Centro America/Electoral College – North and Central America)

 

 

04 – ANCHE IL GOVERNO MELONI LEGIFERA A COLPI DI DECRETO – GOVERNO E PARLAMENTO – SI CONFERMA LA TENDENZA A CERCARE DI RIDURRE AL MINIMO L’ITER PARLAMENTARE ATTRAVERSO IL MASSICCIO RICORSO ALLA DECRETAZIONE D’URGENZA. UNA PRASSI CHE CON L’ATTUALE GOVERNO HA RAGGIUNTO LIVELLI RECORD.(*)

Il governo Meloni ha pubblicato 25 decreti legge in 6 mesi. Nello stesso periodo sono state approvate solamente 5 leggi ordinarie.
L’attuale esecutivo presenta il dato più alto di decreti legge pubblicati in media al mese (4,17) tra i governi delle ultime 4 legislature.
Con il governo Meloni passano in media 4,5 giorni tra la deliberazione del decreto e la sua effettiva entrata in vigore. In alcuni casi si superano le 2 settimane.
In molti casi il governo ricorre ai decreti legge per ridurre al minimo le discussioni e approvare i provvedimenti così come deliberati in Cdm.
Come abbiamo visto in un recente articolo, negli ultimi anni il numero di leggi ordinarie approvate si è drasticamente ridotto. Il rovescio della medaglia è stato un significativo aumento nel ricorso alla decretazione d’urgenza. Non solo per fronteggiare situazioni di emergenza ma anche per implementare il programma di governo. Una dinamica che ha caratterizzato tutti gli esecutivi che si sono succeduti alla guida del paese ma che si è consolidata in particolar modo con l’esplosione della pandemia.
Successivamente a questo evento catastrofico infatti gli esecutivi hanno ulteriormente concentrato su loro stessi anche l’attività legislativa attraverso una produzione sempre più massiccia di decreti legge (Dl). Il ricorso alla decretazione d’urgenza in quella fase era apparso comunque eccessivo, sebbene giustificato dalla situazione di emergenza. Tale dinamica tuttavia si è consolidata anche successivamente, tanto che la produzione di decreti legge è rimasta ingente anche cessata la fase più critica della pandemia. E ha trovato una conferma anche con l’esecutivo attualmente in carica. Il governo Meloni infatti fa registrare il dato più alto per quanto riguarda il numero medio di decreti legge pubblicati al mese tra i governi delle ultime quattro legislature.
25 I DECRETI LEGGE EMANATI DAL GOVERNO MELONI IN 6 MESI.
Le situazioni emergenziali da gestire non sono mancate in questi primi mesi della nuova legislatura. Tuttavia occorre rilevare anche che in molti casi si è scelto di legiferare con decreto anche per provvedimenti di natura più “politica”. È il caso, solo per fare alcuni esempi, del decreto legge contenente le misure in tema di lavoro o di quello per il riavvio della progettazione per la costruzione del ponte sullo stretto di Messina. Interventi che non hanno una natura emergenziale.

Tale scelta conferma la volontà dell’esecutivo di cercare di far approvare i provvedimenti, così come delineati nell’ambito del consiglio dei ministri (Cdm). Limitando il più possibile i momenti di confronto, sia dentro che fuori dal parlamento.

Il governo Meloni e i suoi predecessori
Come viene esplicitato dall’articolo 77 della costituzione, il governo dovrebbe fare ricorso ai decreti legge solo in casi straordinari di necessità e urgenza. Una definizione che lascia spazio a interpretazioni più o meno estensive e che ha portato gli esecutivi ad abusare dello strumento. Tanto che lo stesso presidente della repubblica e la corte costituzionale si sono visti costretti a intervenire più volte sull’argomento.
I decreti legge nascevano per risolvere situazioni straordinarie e urgenti, ma sempre più spesso vengono utilizzati per implementare l’agenda di governo e aggirare il dibattito parlamentare. Vai a “Che cosa sono i decreti legge”
Ciò però riduce notevolmente le prerogative del parlamento. Che, sempre più spesso, si ritrova nella condizione di semplice ratificatore di decisioni prese a palazzo Chigi. Nel corso dell’attuale legislatura infatti i Dl emanati sono stati ben 25 (di cui 2 decaduti, cioè non convertiti in legge dal parlamento entro i 60 giorni previsti) a fronte di appena 5 leggi ordinarie approvate.
In numeri assoluti, il governo Meloni ha emanato meno decreti di molti degli esecutivi precedenti. In soli 6 mesi però ha già superato il governo Gentiloni fermo a 20 e appaiato quello di Enrico Letta. Inoltre se utilizziamo come indicatore il dato relativo al numero medio di Dl pubblicati per mese, la situazione cambia. In questo caso possiamo osservare infatti che l’esecutivo Meloni si trova al primo posto con 4,17 Dl pubblicati di media ogni mese.

Per il governo Meloni oltre 4 decreti legge al mese
Il dato medio di decreti legge pubblicati al mese dai governi delle ultime legislature (2008-2023)
Questo contenuto è ospitato da una terza parte. Mostrando il contenuto esterno accetti i termini e condizioni di flourish.studio.

Un dato molto alto che supera ampiamente anche quelli fatti registrare dai governi Draghi (3,2) e Conte II (3,18). Esecutivi che però avevano dovuto fronteggiare le fasi più critiche della pandemia.

LA DISTANZA TRA DELIBERAZIONE ED ENTRATA IN VIGORE DEI DECRETI LEGGE
Se possiamo certamente dire che il numero di decreti emanati finora è stato molto alto, risulta più difficile riuscire a distinguere i Dl dedicati alle situazioni di emergenza rispetto a quelli maggiormente finalizzati all’attuazione del programma di governo. Anche perché, molto spesso, l’esecutivo attualmente in carica ha adottato dei provvedimenti “omnibus”. Atti cioè che contengono misure che vanno a intervenire in settori anche molto diversi tra loro. Anche questa peraltro è una pratica che, per quanto adottata di frequente, rimane assolutamente impropria. I decreti legge infatti dovrebbero avere un contenuto omogeneo. Spesso invece si è legata una situazione di emergenza/urgenza (o comunque interpretata come tale) alla necessità di adottare altri tipi di provvedimenti non strettamente correlati tra loro.

LA PUBBLICAZIONE DI DECRETI LEGGE OMNIBUS RAPPRESENTA UNA FORZATURA CHE SAREBBE MEGLIO EVITARE.
È il caso, ad esempio, del decreto legge 162/2022, il cosiddetto “decreto rave”. Tale atto infatti, oltre a introdurre una stretta a contrasto dei raduni illegali, ha previsto nuove norme anche in tema di detenuti, oltre al reintegro del personale sanitario non vaccinato. Rientra in questa classificazione anche il decreto 169/2022 che oltre a prorogare la partecipazione dell’Italia alle iniziative della Nato ha disposto anche la proroga del commissariamento del sistema sanitario calabrese. Un esempio più recente riguarda invece il Dl 34/2023. In questo caso i filoni di intervento sono ben 3: interventi per il contrasto del caro bollette, misure per compensare la carenza di personale del sistema sanitario e misure in tema di adempimenti fiscali. Da citare anche il Dl 51/2023 con cui il governo, tra le altre cose, ha disposto il commissariamento di Inps e Inail.

Un altro elemento da tenere in considerazione riguarda il tempo che intercorre tra l’approvazione in consiglio dei ministri di un decreto e la sua effettiva entrata in vigore. Se per i provvedimenti più urgenti infatti la pubblicazione è avvenuta nell’arco di massimo 24/48 ore, in altri casi la distanza è stata molto più significativa. Possiamo osservare infatti che in 8 casi la pubblicazione in gazzetta ufficiale è avvenuta con più di una settimana di ritardo.

4,5 IL NUMERO MEDIO DI GIORNI CHE INTERCORRE TRA L’APPROVAZIONE DI UN DECRETO LEGGE E LA SUA EFFETTIVA ENTRATA IN VIGORE.
In questo lasso di tempo può accadere che le discussioni sul testo del decreto proseguano e che la versione definitiva sia diversa da quella che ha ricevuto l’approvazione. Sono questi i casi in cui è più probabile incontrare i provvedimenti più politici e meno legati a situazioni di emergenza.

Tutti i decreti legge pubblicati dal governo Meloni
La distanza tra la deliberazione in consiglio dei ministri e la pubblicazione in gazzetta ufficiale dei decreti legge del governo Meloni

Da questo punto di vista i casi particolarmente eclatanti sono 2. Si tratta del decreto legge 44/2023, dedicato al rafforzamento della capacità delle pubbliche amministrazioni, entrato in vigore con ben 16 giorni di ritardo rispetto alla deliberazione del consiglio dei ministri. Il secondo caso invece riguarda il già citato decreto per il ponte sullo stretto, pubblicato in Gu 15 giorni dopo il via libera del Cdm.
Risulta evidente che in questi casi la logica non è quella di andare a sanare situazioni particolarmente urgenti. I tempi lunghi infatti servono proprio a trovare un accordo tra le varie forze della maggioranza. Accordo che però viene siglato a livello di governo invece che in parlamento. In casi simili, anche il comitato per la legislazione ha evidenziato criticità in termini di certezza del diritto.
…si ricorda che in precedenti analoghe circostanze […] il Comitato ha invitato a riflettere sulle conseguenze di un eccessivo intervallo di tempo tra deliberazione e pubblicazione in termini di certezza di diritto e di rispetto del requisito dell’immediata applicazione delle misure contenute nel decreto-legge.
– Comitato per la legislazione della camera su Dl 35/2023, seduta del 12 aprile 2023.
IL DECRETO LAVORO
Un ultimo atto che vale la pena richiamare e che non rientra nelle casistiche viste finora riguarda il decreto legge 48/2023, il cosiddetto decreto lavoro. In questo caso la misura prevede, tra le altre cose, una serie di interventi per tagliare il cosiddetto cuneo fiscale.
Non c’è dubbio che il tema del lavoro sia estremamente rilevante ed è doveroso che sia al centro del dibattito pubblico. A destare qualche dubbio più che altro è stata la modalità con cui il governo ha affrontato la questione. A partire dalla scelta di discutere il provvedimento proprio il primo maggio, giorno della festa dei lavoratori, suscitando le perplessità dei sindacati.

IN MOLTI CASI IL GOVERNO RICORRE AI DECRETI LEGGE PER RIDURRE AL MINIMO LE DISCUSSIONI E APPROVARE I PROVVEDIMENTI COSÌ COME DELIBERATI IN CDM.
Inoltre il provvedimento contiene interventi che rimarranno in vigore solamente fino alla fine dell’anno. Sarà quindi necessario trovare altri fondi (probabilmente all’interno della legge di bilancio) per rendere permanenti gli sgravi introdotti. Da questo punto di vista, sarebbe forse stato più opportuno avviare un percorso per una riforma complessiva del settore attraverso un disegno di legge ordinario e la relativa discussione in parlamento. Un passaggio forse più lungo e complesso ma che avrebbe consentito il coinvolgimento delle camere e delle parti sociali. In modo da tentare di arrivare ad una revisione organica delle normative in vigore.
Non sembra quindi che ci fosse alcuna urgenza, se non quella di rivendicare il risultato subito prima di una tornata elettorale.
*( FONTE: elaborazione e dati openpolis.)

 

 

05 – Sebastiano Canetta*: L’IMMIGRAZIONE CHE SERVE AL MADE IN GERMANY – VERTICE STATO-REGIONI. IL CANCELLIERE SPD OLAF SCHOLZ PROMETTE AI 16 LAND UN MILIARDO DI EURO IN PIÙ PER L’ACCOGLIENZA E LA SISTEMAZIONE DEI RIFUGIATI, MA SOPRATTUTTO RESTRIZIONI NELLA POLITICA DI ASILO
BERLINO
Un miliardo di euro dal governo centrale ai sedici Land per coprire le spese sui migranti da qui alla fine di dicembre. Si chiude con l’offerta “forfettaria” di Olaf Scholz l’atteso vertice Stato-Regioni convocato nella cancelleria federale. Il leader Spd ha barattato così l’iniziale richiesta dei governatori di ricevere 1.000 euro per ogni migrante registrato «in modo da coprire anche i futuri arrivi», mentre ha fatto mettere nero su bianco l’impegno alla digitalizzazione burocratica imprescindibile per snellire le procedure di espulsione.
Sono al centro del piano messo a punto da Scholz per provare a frenare l’aumento degli arrivi che si aggiunge al flusso dei profughi della guerra in Ucraina. Nei primi quattro mesi dell’anno nella Repubblica federale sono state presentate oltre 101.000 domande di asilo, corrispondenti all’aumento del 78% rispetto allo stesso periodo del 2022, come certifica la “Deutsche Welle”.
«Controllare e limitare fortemente l’immigrazione irregolare è la priorità della Germania» sottolinea il cancelliere che – in buona sostanza – vuole limitare la politica di benvenuto solo per gli stranieri funzionali al made in Germany.
Da mesi Scholz lavora per stabilire accordi bilaterali diretti con i Paesi di origine dei migranti. Facilitazioni di ogni genere e tipo per chi vuole venire in Germania a lavorare o frequentare un corso di formazione professionale, in cambio della piena e rapida accettazione di coloro che verranno espulsi da Berlino. Una realpolitik perfettamente allineata con l’annuncio del giro di vite a livello europeo sostenuto in primis dal ministro delle Finanze, Christian Lindner (Fdp), e dalla ministra dell’Interno, Nancy Faeser (Spd).
«Nella pratica la politica di Olaf Scholz si rivela uguale a quella dell’ex ministro dell’interno Horst Seehofer» sintetizza l’associazione “Pro-Asyl” denunciando la spirale delle politiche «sempre più restrittive» della Coalizione Semaforo.
*(Fonte : Il Manifesto. Sebastiano Canetta è un giornalista free-lance che ha svolto inchieste nel Nord-Est e in Medio Oriente.)

 

 

06 – Giovanna Branca*: LA NUOVA NORMA DI BIDEN «È ILLEGALE E COLPIRÀ I PIÙ VULNERABILI» STATI UNITI. LA CAUSA INTENTATA DALL’AMERICAN CIVIL LIBERTIES UNION CONTRO L’ASYLUM BAN.

«QUESTA NUOVA NORMATIVA NON È MENO ILLEGALE O DANNOSA» DEL TITOLO 42. COSÌ SI APRE L’AZIONE LEGALE INTENTATA DALL’AMERICAN CIVIL LIBERTIES UNION (ACLU) INSIEME AD ALTRE ASSOCIAZIONI ALL’AMMINISTRAZIONE BIDEN, AFFINCHÉ VENGA BLOCCATA LA LEGGE SULL’IMMIGRAZIONE ELABORATA PER RIMPIAZZARE LA NORMA “SANITARIA” DI EPOCA TRUMPISTA.
E che «eliminerà a tutti gli effetti il diritto d’asilo per la quasi totalità dei richiedenti non messicani» che entrano negli Usa senza passare per i varchi di frontiera “legali”, e persino per coloro che si presentano a questi punti d’ingresso nel Paese senza aver prima ottenuto un appuntamento.
Appuntamento che secondo il governo statunitense andrebbe da ora in poi preso con un’app creata ad hoc: Cbp One, e solo a patto che i migranti in questione non abbiano attraversato un paese terzo nel loro viaggio verso gli Stati uniti. In quel caso devono aver fatto richiesta d’asilo in questi paesi di transito ed essersela vista rifiutare – si parla in sostanza di tutte le persone non messicane che si presentano al confine nella speranza di essere accolte negli Usa. Si tratta infatti di una norma che, nelle parole della causa, «cerca di resuscitare» due «asylum ban» risalenti al governo Trump, entrambi bloccati da delle corti di giustizia proprio in seguito alle cause legali intentate dall’Aclu, in quanto violavano tanto il diritto americano quanto quello internazionale.
L’effetto della direzione intrapresa da Biden sarà di negare l’asilo alla vasta maggioranza dei richiedenti «su basi che non hanno niente a che fare con i meriti della loro richiesta», è il commento della legale di Aclu, Katrina Eiland. Invece di cercare di ricostruire il sistema d’asilo fatto a pezzi da Trump, l’amministrazione Biden – ha aggiunto – «ha percorso la strada opposta e rinforzato quelle politiche crudeli».
Contro il nuovo regolamento si è scagliata anche Human Rights Watch: continua a «fare affidamento su una deterrenza fallimentare e letale» e condurrà a «interminabili abusi principalmente nei confronti dei migranti di colore», scrive la ricercatrice del confine Usa dell’associazione per i diritti umani Ari Sawyer. Tanto più che il sistema di riconoscimento facciale impiegato dall’app Cbp One ha un «inerente “pregiudizio” contro le persone dalla pelle più scura». È semplice capire come l’app non sia che uno specchietto per le allodole. Gli appuntamenti che si possono prendere sono solo una manciata ogni giorno, con il risultato che le persone si ritrovano ad aspettare per mesi prima di essere ricevute, vivendo intanto in situazioni di estremo pericolo. Dal 2019 della legge nota come Remain in Mexico e dal 2020 in cui è entrato in vigore il Titolo 42 «i richiedenti asilo in Messico – scrive Hrw – sono stati vittime di rapimenti, stupri, estorsioni e altri abusi da parte del crimine organizzato e di ufficiali messicani». Sono inoltre solo una minoranza i migranti in grado di accedere all’app: molti non si possono permettere uno smartphone, e ancor più non hanno accesso a internet – necessario per farla funzionare. La crudele ironia, osserva Eiland, è che verranno danneggiati proprio «i richiedenti asilo più vulnerabili di tutti».
*( Fonte: Internazionale – Avvocato in Diritto Amministrativo, Healthcare, Diritto dell’Ambiente,)

 

 

07 – Alfiero Grandi*: CAOS DELLA DESTRA OCCASIONE PER LA SINISTRA – HO IL MANDATO DEGLI ELETTORI, AFFERMA GIORGIA MELONI. NON È COSÌ. ANZITUTTO LE ELEZIONI DEL 25 SETTEMBRE HANNO REGISTRATO IL 10% IN MENO DI VOTANTI E LA DESTRA CON IL 44% DEI VOTI HA OTTENUTO UN PREMIO DI MAGGIORANZA DEL 15 %, GONFIANDOLA AL 59 % DI DEPUTATI E SENATORI.
Ammesso che tutti gli elettori di destra condividano l’elezione diretta del Presidente o del Premier, il 56 % di loro non ha dato alcun mandato, 16 milioni contro 12. Quindi Meloni rappresenta una minoranza del corpo elettorale.
Le regole elettorali in vigore hanno regalato una maggioranza alla destra, ma questo non la autorizza a fare tutto.
Cambiare la Costituzione richiede prudenza ed equilibrio. Non sempre in passato è stato così. Ci ha provato la destra senza riuscirci. Nel 2001 lo ha fatto il centro sinistra, cambiando il titolo V con una maggioranza risicata e sbagliando alcuni articoli, il 116 e il 117, che oggi Calderoli usa come un piede di porco per contraddire principi costituzionali fondamentali, come il diritto universale all’istruzione e alla salute.
La proposta di legge di iniziativa popolare, che ha raccolto almeno 90.000 firme, verrà presentata al Senato per contribuire a bloccare la proposta Calderoli che, con la secessione dei ricchi, rischia di iniziare il falò del Risorgimento e della Resistenza al nazifascismo, da cui è nata l’Italia di oggi e di cui la Costituzione è l’alfa e l’omega. Per troppo tempo anche a sinistra c’è stato chi con approssimazione ne ha promosso modifiche.
La Costituzione non può diventare l’alibi per le difficoltà a governare, neppure per la destra. Se non ce la fa non è colpa della Costituzione.
E’ ora che l’opposizione riparta dalla Costituzione, non solo per difenderla dagli assalti, ma per attuarla. Già questo sarebbe un programma avanzato, progressista.
La sede in cui discutere modifiche alla Costituzione è il parlamento, il cui compito è centrale nella nostra democrazia, che non si riduce ad un voto ogni 5 anni per designare il capo che decide, ma è una complessa e articolata vita di partecipazione.
Dopo il voto del parlamento dovrà sempre esserci il pronunciamento delle elettrici e degli elettori attraverso il referendum costituzionale, anche se il parlamento arrivasse ai 2/3 dei voti, indispensabili per evitarlo. Questo dovrebbe essere un impegno di tutti per garantire che alla fine decideranno gli elettori.
Sarebbe meglio che le decisioni venissero affidate al futuro parlamento, da eleggere con una nuova legge elettorale, quella attuale è una follia, produce risultati erratici che mandano all’opposizione la maggioranza degli elettori. Un parlamento che decide modifiche della Costituzione dovrebbe essere eletto in modo proporzionale per rappresentare tutte le posizioni.
L’obiettivo di cambiare la legge elettorale va posto ora.
Ci sono aspetti insopportabili. I parlamentari sono di fatto nominati dai capipartito e non rispondono del loro comportamento agli elettori, che nemmeno li conoscono, ne risentono autonomia e qualità perchè sono scelti per fedeltà.
La Costituzione prevede un equilibrio tra i poteri realizzato con regole pensate per leggi proporzionali. Oggi il maggioritario premia con il 15 % il vincitore e altera i quorum previsti per scelte importanti.
Eleggere direttamente il Presidente della Repubblica, nella variante americana o francese, oppure il capo del governo, porterebbe ad uno stravolgimento della Costituzione del 1948 perchè le regole condizionano i principi fondamentali.

Solo una destra che accetta malvolentieri la Costituzione può puntare a queste modifiche.
La stessa proposta Calderoli sull’autonomia regionale differenziata prepara la “secessione dei ricchi” ed è incompatibile con la Costituzione, perfino con il presidenzialismo.
La destra ha posizioni diverse, che stanno insieme per il potere, cerca di risolvere le contraddizioni sommando le posizioni e stravolgendo la Costituzione.
L’alternativa al presidenzialismo è rilanciare il ruolo del parlamento, affidando agli elettori la scelta dei parlamentari che li debbono rappresentare.
Parlamentarismo contro Presidenzialismo. Più partecipazione anziché delega al capo.
L’opposizione consideri seriamente che il referendum abrogativo può essere il veicolo necessario per spingere a cambiare la legge elettorale.
Discutiamo, ma sembra l’unica via per uscire dal vicolo cieco di un maggioritario costruito per scegliere un parlamento di fedeli esecutori, che ha aperto la strada al presidenzialismo.
*( Alfiero Grandi, politico e sindacalista, è vicepresidente del “Comitato per il NO” (nato per contrastare la riforma costituzionale promossa dal Governo)

 

 

08 – On. Nicola Care’*: Israele, Nicola Carè eletto Vicepresidente del Transatlantic Friends of Israel (TFI)
Roma 16 mag.-“Sono stato eletto Vicepresidente del Transatlantic Friends of Israel (TFI) . E’ un gruppo interparlamentare interpartitico dedicato all’ordine postbellico di sicurezza e cooperazione. In occasione del 75° Anniversario dell’Indipendenza dello Stato d’Israele ho incontrato l’Ambasciatore d’Israele Alon Bar e partecipato alle celebrazioni. La missione è quella di promuovere i diritti umani e i valori democratici e promuove stretti legami transatlantici basati su interessi condivisi. Il Transatlantic Institute coinvolge i decisori di tutto lo spettro politico in tutte le istituzioni e i servizi europei pertinenti, nonché la NATO e le missioni diplomatiche presso l’UE, gruppi di riflessione, giornalisti e altri nel settore della società civile.” Così Nicola Carè deputato del Pd eletto all’estero.
*(On./Hon. Nicola Carè – Camera dei Deputati – Chamber of Deputies – IV Commissione Difesa – Defence Committee – Circoscrizione Estero, Ripartizione Africa, Asia, Oceania e Antartide
Electoral College – Africa, Asia, Oceania and Antarctica)

 

 

09 – Henry Mance*: I MASCHI DI DOMANI – GLI INFLUENCER CHE HANNO SUCCESSO SU YOUTUBE E SUI SOCIAL NETWORK DIVENTANO FIGURE DI RIFERIMENTO PER I BAMBINI E GLI ADOLESCENTI. ANCHE SE SPESSO PROPONGONO UN MODELLO DI MASCOLINITÀ MISOGINA E VIOLENTA
Sapete chi è KSI? Quando ho rivolto questa domanda ad alcuni amici, buona parte di loro non aveva idea di chi fosse. Eppure un sabato di gennaio le 12.500 persone riunite all’arena di Wembley, a Londra, non avevano dubbi: sapevano chi era, avevano ascoltato la sua musica, avevano visto i video in cui giocava, avevano assistito alle sue faide con altre personalità della rete e notato il suo disprezzo nei confronti dell’influencer Andrew Tate, ex kickboxer britannico di origine statunitense. Avevano tutti sentito parlare di Prime, la bevanda che KSI aveva contribuito a lanciare nel Regno Unito, così ricercata da farla vendere a venti sterline alla bottiglia nei negozi. E quella sera, soprattutto, volevano vedere KSI boxare. “K-S-I! K-S-I! K-S-I!”, gridavano.

Alle 22.30, dopo che molti altri youtuber-pugili si erano alternati sul ring, KSI è apparso vestito di rosa e ha cantato l’inno nazionale. Non perdeva da cinque incontri. Si è battuto il petto e poi ha steso l’avversario, uno sventurato brasiliano noto come FaZe Temperrr. È stato così facile che KSI ha aggiunto delle flessioni con saltello. “Signore e signori, sono su un altro livello”, ha ruggito. La folla ha risposto con un boato.
KSI sta per Knowledge Strength Integrity (conoscenza, forza, integrità), ma il suo nome all’anagrafe è Olajide Olatunji. Fa tante cose: il musicista, l’influencer, il promotore di bevande, il pugile. Di lui, però, mi interessava la cosa più basilare: è un uomo. O, per essere precisi, un uomo tra ragazzi. Ha 29 anni, e i suoi video su YouTube piacciono a molti bambini di undici anni o meno. Per una parte dei ventiquattro milioni di iscritti al suo canale, KSI è inevitabilmente un modello di riferimento.
L’incontro di boxe è avvenuto poche settimane dopo l’arresto di Tate in Romania, con accuse di associazione a delinquere, traffico di esseri umani e stupro, che lui respinge. Tate è il peggior modello possibile, il testimonial della mascolinità tossica. “La vita di un maschio è una guerra”, ha detto. “Da uomo devi competere con gli altri uomini”. Ha cercato di giustificare la violenza contro le donne; si è definito misogino, sostenendo di essere troppo ricco per subirne le conseguenze. Alcuni ragazzi sono stati molto colpiti dai suoi messaggi estremi, forse soprattutto quelli che sentivano un’ostilità diffusa verso la virilità e, per estensione, nei loro confronti.
A Wembley il pubblico era composto in gran parte da adolescenti e giovani uomini, una generazione cresciuta con KSI. C’erano bambini con i loro genitori, un’altra generazione pronta a essere influenzata. C’era anche un sosia di Tate – maglietta nera, occhiali scuri, barba rifinita – e la gente faceva la fila per farsi un selfie con lui. KSI non è Tate né l’anti-Tate: in rete l’ha deriso, senza sconfessarlo apertamente. Il marchio di mascolinità di KSI è più innocuo. I ragazzi che lo guardano a Wembley, e ogni sera su YouTube e TikTok, stanno assorbendo un’etica fondata sulla forma fisica, la competizione e gli inesauribili scherzi. Ma anche KSI ha dei problemi. Quando era più giovane, ha realizzato una serie di video intitolata Rape face (faccia da stupro), mimando le espressioni facciali che immaginava facessero gli stupratori. Ha detto cose sconvolgenti a degli sconosciuti. In un video realizzato nel 2012 a una convention di videogiochi, ha chiesto a una donna dove fossero i suoi seni, aggiungendo: “Non riesco a vederli”. In seguito si è scusato e ha rimosso i contenuti. Poi ad aprile, in un altro video, cercando di fare dell’umorismo, ha fatto un commento razzista contro i pachistani. Anche in questo caso si è scusato, dicendo che si sarebbe preso una pausa dai social network. Dopo l’arresto di Tate ho cercato di capire quali messaggi gli influencer trasmettessero ai ragazzi, inseguendo la fama, i clic e i like su internet. Quali storie raccontano sull’essere un uomo nel ventunesimo secolo? In che modo questo potrebbe plasmare le vite e le relazioni dei ragazzi?

CARTA STAMPATA
Sono cresciuto prima dell’arrivo di internet. I miei influencer erano sulla carta stampata. La rivista Loaded fu lanciata nel Regno Unito nel 1994, quando avevo undici anni, con lo slogan “Per uomini che dovrebbero saperne di più”. Fhm (For him magazine, rivista per lui) fu rilanciato nello stesso anno annunciando: “È una cosa da maschi”. Per la mia generazione queste riviste si avvicinavano quanto più possibile all’idea di cosa significasse essere un uomo. Loaded “coglieva la realtà di come erano gli uomini quando stavano insieme”, racconta il suo fondatore James Brown. La sua filosofia fu riassunta dal comico Frank Skinner, che nel sesto numero affermò: “Non mi sono mai trovato d’accordo con tutte queste stronzate sulla nuova mascolinità. Penso che si possa parlare apertamente di quanto ti piacciono le tette di una donna senza essere sessisti”.
Loaded aveva una quota di giornalismo gonzo (bizzarro e non convenzionale) e s’interessava di musica e di calcio oltre che di sesso. Fhm era meno ambizioso, si era specializzato nelle classifiche delle donne più sexy del mondo e nella selezione di battute rozze. Ecco un esempio: “Cosa si ottiene incrociando [nome di una celebrità femminile] con un gorilla? Non lo so. Non c’è molto che si possa costringere un gorilla a fare”. Presto gli editori si resero conto che le copertine con le modelle seminude erano le più vendute. Tutte le riviste maschili le pubblicavano. Nel 2000 nel Regno Unito vendevano più di un milione di copie al mese.

L’ARCO DELLA STORIA
Quando i millennial (i nati tra il 1980 e il 1996) sono diventati adulti, lo spirito del tempo era cambiato. Le vendite delle riviste per uomini sono crollate. L’intero settore è finito nella spazzatura. Skinner ha detto di essersi pentito delle battute sessiste e omofobe. Sembrava un progresso. L’arco della storia sembrava piegarsi verso una mascolinità che non trattava le donne come oggetti e che non vedeva uomini e donne così separati.
Poi sono arrivati YouTube e TikTok. È fiorita un’intera industria in cui ciascuno poteva condividere la propria vita e le proprie idee con un pubblico globale, guadagnando milioni. Gli algoritmi spesso promuovevano contenuti forti e scandalosi, perché venivano guardati e commentati più spesso. Il risultato è stato caotico. Accanto all’aumento della pornografia estrema in rete, il successo di influencer misogini ha scardinato l’idea che la società avesse fatto qualche passo in avanti. Tate, i cui video sono stati visti miliardi di volte su TikTok, ha sostenuto che le donne sono proprietà dei mariti, che la depressione non esiste, che gli uomini devono essere ricchi, che le vittime di stupro hanno una parte di responsabilità nell’aggressione. La sorpresa non è che esista un tipo così, ma che abbia raggiunto un vasto pubblico di ragazzi che si è bevuto il suo messaggio senza che i genitori se ne accorgessero.
Forse lo spirito delle riviste maschili non era svanito, si era solo spostato on­line, frammentato e mutato. Un insegnante di scuola secondaria con cui ho parlato ha fatto una distinzione: siamo cresciuti con un sessismo informale; quello che esiste ora è un sessismo pseudo-intellettualizzato. Tate non fa battute oziose sulle donne che guidano o su quelle sovrappeso, predica l’innata superiorità degli uomini e le virtù della forma fisica. E potrebbe non essere un caso isolato. Nelle ricerche sugli atteggiamenti maschili condotte in sedici paesi dal gruppo Equimundo, i giovani hanno espresso opinioni più conservatrici rispetto alle generazioni precedenti.
L’espressione “mascolinità tossica” è stata coniata negli anni ottanta da un professore di psicologia, Shepherd Bliss, che faceva parte del movimento “mitopoietico” maschile, nato intorno al timore che la società fosse sempre più femminilizzata e che un numero maggiore di padri fosse assente in casa a causa dei cambiamenti risalenti all’epoca della rivoluzione industriale. Di conseguenza, molti giovani uomini non avevano la possibilità di osservare ed esprimere le normali emozioni maschili e si lanciavano in violente dimostrazioni di virilità.
Bliss ha scelto un termine medico perché “come ogni malattia, la mascolinità tossica ha un antidoto”. L’antidoto era che gli uomini si riunissero nella natura senza donne, eseguendo rituali, suonando, andando in giro nudi e, ehm, scoreggiando in libertà. Robert Bly, figura di spicco nella mitopoietica e autore del best seller Iron John, del 1990, ritiene che alcuni uomini siano violenti perché reprimono le loro emozioni, in particolare la rabbia e la vergogna, e che il silenzio forzato della moderna cultura aziendale sia in parte responsabile. “Molti uomini si anestetizzano per non esprimersi. In Ibm, se si lascia trasparire troppo, si viene licenziati”, diceva.
L’approccio mitopoietico è stato deriso da alcuni, era percepito come un contrattacco ai diritti delle donne. Ma l’espressione mascolinità tossica ha preso piede dopo il 2015 e l’idea che gli uomini debbano sentirsi più a loro agio con le proprie emozioni è ora ampiamente diffusa. La scrittrice femminista bell hooks sosteneva che il primo atto di violenza degli uomini era l’autolesionismo: “Il patriarcato esige che annientino le loro parti emotive”. Un rapporto del 2019 sulla violenza giovanile a Manchester ha rilevato che i giovani uomini “seguono un copione per diventare adulti che dice: ‘Non esprimere emozioni se non l’aggressività’, ‘rifiuta tutto ciò che è femminile’ e ‘considera la ritorsione una forza’”. I social network hanno intensificato le aspettative e i conflitti. Le generazioni precedenti “potevano andare a casa e rilassarsi, senza dover dimostrare niente. Per come funzionano i social network, devi dimostrare qualcosa 24 ore su 24, sette giorni su sette”, afferma Henry Stratford, autore dello studio. Con l’arrivo degli smartphone, la pressione sui ragazzi affinché si esprimano in una versione machista della propria mascolinità arriva prima, a dieci o undici anni.
Una migliore mascolinità potrebbe partire dalla capacità degli uomini di esprimere onestamente le proprie emozioni. Terra Loire Gillespie, un’esperta di strumenti digitali di Toronto, si è schierata contro la ripartizione troppo semplicistica che i mezzi d’informazione fanno tra “bravi ragazzi” e “macho” e ha proposto una terza opzione: gli uomini sensibili. L’uomo sensibile “esprime le sue emozioni in modo sano” e “non ha paura dell’intimità maschile. Per esempio, è in grado di esprimere affetto per gli amici maschi senza fare una battuta sui gay”. Il filosofo Alain de Botton sostiene che, invece di celebrare gli uomini “freddi” con un’aura d’invulnerabilità alla Humphrey Bogart, dovremmo celebrare gli uomini “caldi” e onesti sulle proprie paure.
“Il dibattito pubblico è stato: ‘Andrew Tate sta riempiendo un vuoto, non ci sono validi modelli maschili’. Ma non credo che sia vero”, afferma Laura Bates, fondatrice dell’Everyday sexism project e autrice di Men who hate women (Uomini che odiano le donne). L’autrice cita gli esempi positivi del calcio inglese, in particolare l’attaccante Marcus Rashford. “Queste persone parlano di questioni di giustizia sociale e della nascita dei loro figli”. Ma la battaglia per la mascolinità si combatte soprattutto online. Nel Regno Unito il 91 per cento degli undicenni possiede un telefono. I maschi tra i sette e i sedici anni dichiarano di trascorrere più di due ore al giorno su YouTube. Arthur, uno studente londinese, ha ricevuto il suo primo smart­phone a dieci anni. Oggi, a tredici, lo guarda di sfuggita appena sveglio, poi sull’autobus e un po’ a scuola. Poi lo usa nel tragitto per tornare a casa e molto di più la sera. Molti bambini con cui ho parlato hanno detto di passare più di cinque ore al giorno sui loro telefoni, soprattutto su YouTube, TikTok, Snapchat e Instagram. I social network accompagnano i compiti, sostituiscono gli incontri con gli amici e ritardano il sonno. Nei sondaggi i bambini dicono di fidarsi più degli influencer che dei giornali, dei social network o delle celebrità del mondo offline.
Lo youtuber più famoso del mondo è Jimmy Donaldson, 24 anni, statunitense, che si fa chiamare MrBeast. Il suo account principale conta 139 milioni di iscritti, quanto le popolazioni di Regno Unito e Francia messe insieme. Il che è curioso, perché MrBeast non ha l’aspetto di una tipica star della tv. In passato gli addetti al casting si sarebbero mostrati tiepidi davanti al suo aspetto, che in fondo è molto normale. YouTube ha permesso a un modello diverso di uomo di splendere.
I video di MrBeast sono spesso sfide insensate, come la gara per vincere un aereo (“L’ultimo che stacca la mano dal jet se lo tiene!”, 108 milioni di visualizzazioni) o il gioco a nascondino con un premio in palio di cinquantamila dollari (132 milioni di visualizzazioni). È anche un grande filantropo: ha pagato l’intervento chirurgico di ripristino della vista a mille persone parzialmente cieche e ha filmato le loro reazioni; a un paziente ha regalato diecimila dollari, a un altro una Tesla.

MrBeast è talmente concentrato sulla produzione di materiale virale – da più di dieci anni “YouTube lo ossessiona ogni giorno” – che sembra non voler dire molto altro sulla sua vita. Afferma però che il denaro non porta la felicità e che reinveste o regala quello che guadagna. Ma i suoi video mostrano il potere che il denaro ti dà sugli altri. Uno dei più famosi (421 milioni di visualizzazioni) ricrea la serie televisiva distopica Squid game, con finti esplosivi che colpiscono concorrenti reali mentre competono per un premio di 456mila dollari. Non è tossico, ma non è neanche del tutto sano. La superficialità dei contenuti denota un modello comportamentale limitato. “Mi sembra che ci siano cose più importanti, o almeno vorresti che ci fossero cose più importanti”, mi ha detto un ragazzo di tredici anni che aveva smesso di seguire il suo canale.
Tuttavia, le sfide e gli scherzi demenziali sono un tema importante per gli youtuber di successo. Beta Squad, un gruppo britannico con 5,5 milioni di iscritti, ha allestito un finto drive-through del McDonald. Uno di loro, Niko Omilana, si è candidato a sindaco di Londra nel 2021 ed è arrivato quinto con quasi cinquantamila voti. Will Tennyson (1,8 milioni di iscritti) è specializzato in acrobazie sul fitness e sul cibo: un suo video s’intitola “Per cinquanta ore ho mangiato i cento cibi meno sani del mondo” (al secondo giorno diceva: “Voglio che questo video finisca”). Oliver Tree, che è in parte musicista e in parte comico, ha costruito e si è schiantato con quello che ha definito lo scooter più grande del mondo. Alcune di queste bravate hanno una qualità di produzione notevole. MrBeast ha dichiarato che il suo video di 25 minuti su Squid game è costato 3,5 milioni di dollari, come le più costose produzioni televisive. Ma mi sembravano familiari. Sono ciò che le riviste maschili tentavano di fare negli anni novanta. Arano lo stesso terreno fertile che ha prodotto Jackass, un programma di Mtv. La mascolinità non sembra né migliore né peggiore, ma immutabile. Come mi ha detto l’ex direttore di Loaded, James Brown: “Se si tornasse indietro di duemila anni, ci sarebbero dei romani che spingono per le strade dei carrelli della spesa con dentro la gente”.
Forse i più noti youtuber tra i ragazzi britannici sono i Sidemen, un collettivo di sette persone nato nel 2013. Si sono cimentati in sfide abbastanza prevedibili: mangiare settantamila calorie in ventiquattr’ore o realizzare parodie di programmi tv come The great british bake off e Chi vuol essere milionario?. Il loro esponente principale, KSI, è andato oltre. Ha cominciato a sfidare altri youtuber, tra cui lo statunitense Logan Paul, in incontri di boxe. Questo mi ha portato al circo che ho visto a Wembley. È stato quasi sempre carismatico e divertente. Riesce a ridere di se stesso come Andrew Tate non può fare: sostiene, per esempio, di aver perso almeno 2,5 milioni di sterline con la criptovaluta Luna. Dopo che Tate ha affermato di essere vittima di un complotto, lui ha risposto: “Penso solo che sia imbarazzante”. Ha anche parlato delle sue emozioni. “La salute mentale è importante quanto quella fisica”, ha twittato nel gennaio 2022. Ha raccontato in un documentario di Amazon e a uno youtuber chiamato Doctor Mike che i suoi genitori, che credevano nelle punizioni corporali, lo picchiavano e lo mettevano sotto pressione perché avesse successo.

UNA CORSA IMPLACABILE
Ma accumulare iscritti sembra ancora richiedere un certo tipo di egocentrismo performativo. In tutti i suoi video KSI ama esaltare se stesso e schiacciare gli altri. Se i sogni del movimento mitopoietico potevano essere estremi, la competitività dei social network – una corsa ai like, alle condivisioni e agli iscritti – è implacabile. All’inizio ero sconcertato dal fatto che KSI avesse usato un termine razzista in un video, che i suoi compagni di Sidemen avessero riso e che nessuno del team di produzione avesse impedito la pubblicazione di quel contenuto. Ma YouTube premia gli individui più sfacciati e con meno filtri. Forse è lì che si arriva. “Nella vita combino casini, e ultimamente ne ho fatti parecchi”, ha dichiarato KSI nelle sue scuse. Un fan deluso mi ha detto: “Tutto sarà dimenticato al prossimo incontro”.

La piattaforma promuove anche un materialismo sfacciato. Un tempo il corporativismo tra ragazzi era quasi nichilista. Le star di Jackass andavano in skateboard sul compensato solo per il gusto di farlo. Il film Fight club, del 1999, un’indagine sulla mascolinità moderna e sul capitalismo, era esplicitamente anticommerciale: “Le cose che possiedi alla fine ti possiedono”, diceva il personaggio interpretato da Brad Pitt, Tyler Durden, denunciando le pubblicità che costringono gli uomini a “comprare roba di cui non hanno bisogno”. Ma gli youtuber dipendono dalle pubblicità e dalla promozione dei prodotti. La bevanda analcolica Prime di KSI ne è l’emblema.

COSA GUARDANO I PIÙ GIOVANI
Adolescenti statunitensi che seguono almeno uno di questi social network o siti, % del totale – Fonte: Pew reaearch centerAdolescenti statunitensi che seguono almeno uno di questi social network o siti, % del totale (Fonte: Pew reaearch center)
Il filo conduttore tra Fight club e molti influencer maschi è il combattimento. Tate è stato un campione di kickboxing. Altri youtuber, come Logan Paul e Doctor Mike, hanno praticato la boxe. La forza fisica non è solo uno sport, ma diventa un modo per risolvere i conflitti. “Se sei così ‘alfa’ come il tuo papino Tate, perché non mettere alla prova questo alfa?”, ha detto KSI a Sneako, uno youtuber e sostenitore di tate, l’anno scorso. “facciamo un piccolo incontro e vediamo quanto sei davvero virile di persona”.

GLI INFLUENCER SANNO CHE LA PROVOCAZIONE FA AUMENTARE I NUMERI
Questo non piace a tutti. “Si propone l’immagine di un uomo estremamente muscoloso che sa combattere e picchiare gli altri uomini”, afferma Callum Hood, ricercatore del Centro di contrasto all’odio digitale di Londra. È “sorprendente” che “il concetto di uomo sia legato a qualcosa di così primitivo”.
Per Gary Barker, di Equimundo, l’enfasi sulla forza fisica è “a doppio taglio”. La forma fisica è un bene, “ma si basa sulla paura: ‘Ho bisogno di questi grandi bicipiti perché qualcosa mi sta minacciando’. Pensi che il mondo stia venendo a portarti via qualcosa”.

Probabilmente la forza fisica è più attraente per i ragazzi, ora che le ragazze hanno recuperato terreno in molti altri campi. In ogni caso l’attenzione per la boxe evidenzia un altro aspetto dei video degli youtuber: la scarsa presenza di donne. Gli youtuber sono principalmente uomini che frequentano uomini. Uno dei motivi è che molti cominciano nel mondo dei videogiochi, che è in prevalenza maschile. Tutti i Sidemen sono uomini, così come la Beta Squad. MrBeast a volte gira video con gli amici, e quelli che ho visto io erano tutti maschi. “Non ho mai visto un gruppo di ragazze fare un programma su YouTube”, mi ha detto Rose, dodici anni. La sua amica Flo ha aggiunto: “È la normalità ora. È così strano”.
Gli youtuber maschi che ho guardato volevano delle fidanzate. Quello che non facevano era parlare della possibilità di un’amicizia con una donna. YouTube aveva in qualche modo accentuato una dinamica sociale. “Come società, fin dalla più tenera età, sessualizziamo le amicizie tra ragazze e ragazzi”, afferma Laura Bates. “Se i ragazzi non sono incoraggiati ad avere profonde amicizie platoniche con le ragazze, è molto più facile considerare la donna altro da sé”.
Le donne appaiono in un filone di video dei Sidemen, chiamato “Tinder in real life”, in cui gli youtuber competono per far colpo su varie ragazze, spesso a loro volta influencer. Quello che mi ha colpito, guardando questi video, è stato quanto fossero sessualmente esplicite le battute dei Sidemen (in alcuni video compare il messaggio: “I commenti sono uno scherzo, non vogliamo parlare alle donne in modo irrispettoso”). Niko Omilana, di Beta Squad, ha girato un video in cui sfidava una donna a fingere di uscire con lui davanti all’ignaro padre di lei. Se la ragazza avesse resistito per un’ora intera, avrebbe vinto mille sterline. Omilana si divertiva a inventare bugie sulle esperienze sessuali della finta fidanzata. Anche i più famosi youtuber maschi sembrano concepire il sesso in modo molto diverso dagli uomini degli anni novanta. Secondo il British board of film classification, la metà dei ragazzi britannici tra gli undici e i tredici anni ha visto un film porno. E nei video di YouTube, in cui facevano solo “battute” ovviamente, le dinamiche del porno a volte sono incoraggiate. “I ragazzi e i giovani uomini non vogliono essere visti come misogini”, afferma Craig Haslop, dell’università di Liverpool, che ha condotto una ricerca sulla mascolinità nelle scuole. “Ma molti ragazzi non si rendono conto che le battute normalizzano le molestie sessuali e di genere”. Per Arthur, tredici anni, Sidemen Tinder è “abbastanza divertente” e non sessista, perché “le ragazze stanno al gioco e spesso ridono”.

Ho scoperto un’altra categoria di youtuber maschi: quelli concentrati sulla crescita personale. È una rottura con la filosofia della rivista maschile. Attinge dall’industria tecnologica e da una spiritualità quasi religiosa. Prendiamo Lex Fridman, un ex ricercatore d’intelligenza artificiale di Google che ora conduce un podcast molto seguito. Fridman è appassionato di combattimento (jiu-jitsu), è intelligente, sicuro di sé e avvia progetti di grande successo economico. Si capisce che può attirare ragazzi in cerca di una guida e di riconoscimento. Fridman flirta con l’introspezione. “Alcuni giorni mi sento un fallito e non so cosa sto facendo. Oggi è uno di questi giorni”, ha scritto su Twitter. “Forse tutti si sentono così a volte. Voglio solo dire che sono con voi”. Parla di amore e umiltà. Cita romanzi e altri prodotti culturali al di fuori di YouTube. Ma Fridman è sembrato un po’ troppo comprensivo nei confronti di Tate dopo il suo arresto. Il suo elenco di “cose provate per allungare la durata della vita”, pubblicato nel 2020, includeva “fare molto sesso (350 orgasmi all’anno è la quota ottimale per gli uomini, mentre quella delle donne è da definire)”. Non ero sicuro che Fridman potesse essere il paladino della mascolinità sana.
YouTube ha ampliato il significato di mascolinità. I Sidemen e la Beta Squad sono più variegati dal punto di vista razziale di quanto non lo siano mai state le riviste per uomini. E non pubblicizzano sigarette né esaltano le droghe. Ho trovato anche segni di una mascolinità più matura. Molte delle prime celebrità di YouTube hanno ormai tra i venti e i trent’anni.
Daniel Middleton, meglio conosciuto come DanTdm, ha cominciato a pubblicare commenti sui videogame una decina d’anni fa. Ha scelto di rivolgersi alle famiglie, evitando parolacce e una grafica cruenta. Ha pianto quando uno dei suoi cani è morto. Dopo la nascita del suo secondo figlio, ha detto ai follower che si sarebbe “preso una pausa”.

DA ALLORA NEI SUOI VIDEO SI PRENDE CURA DEI BAMBINI. È UN PASSO AVANTI RISPETTO A SIDEMEN TINDER.
Mentre molti youtuber trasmettono una visione rosea del divertimento e della popolarità, Middleton cerca di essere sincero. Quest’anno ha denunciato la fatica di produrre video con regolarità e ha annunciato di volersi “ritirare da YouTube” per dedicare più tempo alla famiglia e alle sue altre passioni. “Ho ceduto alla frenesia di creare contenuti che piacciono all’algoritmo, ma così non mi diverto. È molto più divertente fare ciò che si vuole”, mi ha detto. “Spero che le cose che voglio fare al di fuori dei videogiochi, come la musica e il disegno, possano spingere altre persone a provare queste cose e ad allontanarsi per un po’ dagli schermi”.
Un altro youtuber storico, CinnamonToastKen, ha 4,6 milioni di iscritti e pubblica video in cui commenta altri video. L’ho visto prendere in giro un TikToker per aver mangiato un testicolo di toro crudo. L’ho visto, insieme a PewDiePie (uno youtuber svedese piuttosto controverso), prendere in giro gli artisti del rimorchio che cercano di abbordare le ragazze. E l’ho visto criticare il nuovo reality show statunitense Milf Manor, con un video intitolato “Milf Manor mi ha fatto perdere ogni speranza nell’umanità”. Era divertente e sagace, senza essere misogino o crudele. Più di MrBeast, più degli scherzi e della boxe di KSI, questa sembrava una mascolinità a cui avrei voluto che i ragazzi aspirassero. Ma la troveranno? Quando ho digitato “come essere un uomo” nella barra di ricerca di YouTube, ho ottenuto risultati per Tate e Jordan Peterson, lo psicologo scettico sul femminismo. Su TikTok il primo risultato è stato un monologo di un imprenditore statunitense del fitness che esordiva dicendo che gli uomini devono essere quelli che portano il pane a casa e terminava con un riferimento alla loro “violenza giustificabile”. Il secondo risultato è stato Tate.
Sono andato alla British library e ho recuperato alcune copie di riviste maschili degli anni novanta. Erano sia migliori sia peggiori di quanto ricordassi. Le prime edizioni di Loaded avevano degli articoli più che decenti. La nudità era costante, ma non era pornografia. Una lista di venti libri da leggere prima dei trent’anni non conteneva autrici, ma almeno includeva Nick Hornby e Tom Wolfe.
Mi sentivo in imbarazzo a leggere Loaded e Fhm in un luogo pubblico. Ma mi sentivo anche sollevato. Erano solo riviste. Non sarebbe stato possibile prenderle troppo sul serio. Da adolescente le leggevo forse per qualche ora al mese, ma non erano tutta la mia vita. Come dice Laura Bates, “se leggevi una rivista per uomini, non c’era qualcuno che aspettava che girassi l’ultima pagina per proporti qualcosa di più estremo”.

DUE COSE SEPARATE
YouTube e TikTok sono diversi. L’esperienza ti coinvolge totalmente, ora dopo ora, ogni sera. Nel Regno Unito i ragazzi tra i dodici e i quindici anni dichiarano di passare più tempo sui social network che con gli amici. Un ragazzo mi ha detto di Tate: “Sento che alcune delle sue cose sono utili. Altre sono sbagliate. Sono due cose separate, ecco come la vedo io”. Ma l’algoritmo non farà questa distinzione: continuerà a proporre i video di Tate e forse comincerete a trovarvi d’accordo con lui. Gli influencer sanno che la provocazione fa aumentare i numeri. L’algoritmo spinge i ragazzi verso contenuti simili e spesso più estremi. Da piccolo ho imparato a separare Eminem musicista da Eminem persona. Non credo che avrei fatto la stessa cosa se avessi ascoltato Eminem parlare su YouTube ogni sera.
Sono arrivato a vedere il problema non nel singolo youtuber che oltrepassa il limite, ma in YouTube stesso. Qualsiasi gruppo di dodicenni in qualsiasi parte del mondo può incappare in chiacchiere che sconfinano nel sessismo e forse nell’omofobia, sostiene Barker, di Equimundo. “Di per sé non è un male”. In queste conversazioni al limite, i ragazzi osservano, capiscono dove si trovano i confini e rimuovono le opinioni offensive dal loro sistema. “Il problema è quando la vita online diventa una parte considerevole del nostro tempo”, aggiunge Barker. “Esagerare per imparare cosa non bisogna fare diventa il nostro modo permanente di essere”. Invece di vedere messi in discussione i loro pregiudizi, i ragazzi li vedono confermati.

Katharine Birbalsingh, fondatrice della Michaela community school di Londra, ha poche speranze che su YouTube emergano modelli maschili positivi: “Le persone famose nei mezzi di comunicazione, per definizione, non possono essere grandi modelli”. Birbalsingh punta invece sugli insegnanti maschi. Ma nel Regno Unito e negli Stati Uniti solo un quarto dei docenti è uomo. Un quarto delle scuole britanniche non ha un insegnante maschio in classe. Gli esperti invitano gli istituti e i genitori ad adottare un approccio non giudicante. “Il tema richiede di agire un po’ come un antropologo”, dice Barker. “Fate domande sinceramente aperte, non giudicate e non interferite, almeno all’inizio”. La sua organizzazione ha stilato un elenco di consigli su come parlare ai ragazzi degli influencer più estremi. Raccomanda ai genitori di non fare prediche e di non censurare i figli, ma di chiedere cosa piace e cosa non piace di un determinato personaggio. Cominciate con domande aperte, tipo “Come ti fa sentire ascoltarli?”. Dopo aver creato fiducia, si può scavare più a fondo: “Pensi che le donne che conosci sarebbero ferite da certe cose?”. I genitori possono anche parlare con i bambini della natura dei social network, del fatto che le immagini e i video sono messe in scena prodotte appositamente.

A volte il messaggio arriva meglio dai ragazzi un po’ più grandi. Il programma Social switch di Manchester invita gli adolescenti tra i 14 e i 15 anni a incontrare quelli di undici e dodici per trasmettere il messaggio che gli uomini possono essere sensibili e non devono trattare le donne come persone inferiori. Abbracciare modelli di riferimento imperfetti fa parte della crescita. I ragazzi sanno che YouTube non è del tutto reale. Ma mi è sembrato che più tempo trascorrono in un mondo online in cui sono lontani dagli adulti e dai loro coetanei, più diventa difficile mettere in discussione le cose. Nella vita reale “alcune delle voci più potenti sono quelle delle ragazze quando affrontano i maschi”, dice Barker. La mascolinità dominante su YouTube va messa in discussione. Invece, i ragazzi spesso sentono solo l’eco delle proprie voci.
*( Fonte: Internazionale. Henry Mance, FT Weekend Magazine, Regno Unito Connor (Laura Pannack)

 

 

10 – Eric Jozsef*: CLIMA – IL CLIMA DELL’ITALIA SI STA TROPICALIZZANDO.
DOPO UN’INTENSA SICCITÀ INVERNALE, CON IL FIUME PO E I LAGHI PARZIALMENTE PROSCIUGATI, DAL 16 MAGGIO UN DILUVIO SI È ABBATTUTO SULL’ITALIA CENTRO-SETTENTRIONALE, IN PARTICOLARE SULL’EMILIA-ROMAGNA, DOVE IL BILANCIO PROVVISORIO È DI NOVE MORTI E DIVERSI DISPERSI.
È stato necessario mettere in salvo decine di migliaia di persone (14mila solo a Ravenna). A mezzogiorno del 15 maggio i sindaci delle città della regione erano stati avvertiti dell’imminente arrivo del maltempo. Ma le autorità non si aspettavano una tale ondata. “Siamo di fronte a eventi imprevedibili”, ha commentato il presidente della regione Stefano Bonaccini. “In sole ventiquattro ore, in alcune zone sono caduti più di 300 millimetri d’acqua. Il fenomeno riguarda una vasta area da Reggio Emilia alla Romagna”. Secondo la protezione civile, quattordici fiumi hanno rotto gli argini e ventiquattro comuni sono stati allagati. “In 36 ore è caduta la metà delle precipitazioni che di solito si registrano nell’arco di un anno”, ha dichiarato il ministro della Protezione civile Nello Musumeci, che ha parlato di una “tropicalizzazione dell’Italia”.

La prima vittima è stata trovata a Forlì al piano terra della sua casa, che è stata allagata. Un’altra è stata trovata sulla spiaggia di Cesanatico, mentre in provincia di Ravenna un automobilista è rimasto intrappolato nel suo veicolo. A Ronte di Cesena è stato un settantenne a essere sorpreso dall’innalzamento delle acque la sera del 16 maggio. Per diverse ore la moglie è stata data per dispersa. Il suo corpo è stato infine ritrovato il giorno dopo, a venti chilometri da quello del marito, probabilmente travolta dalla corrente del fiume Savio.

CONSEGUENZE PESANTI
In alcune città, come Cesena, gli abitanti sono stati costretti a rifugiarsi sui tetti delle case prima di essere tratti in salvo in elicottero. “È la situazione peggiore che abbia mai dovuto affrontare”, ha dichiarato il sindaco di Forlì. La rete ferroviaria regionale è stata interrotta, molte strade locali sono impraticabili e parti dell’autostrada lungo la costa adriatica sono state chiuse al traffico. Le previsioni meteo prevedono un calo delle precipitazioni per il 18 maggio in Emilia-Romagna, ma la regione rimane in allarme rosso perché i fiumi potrebbero subire ulteriori esondazioni sotto la spinta degli affluenti. In questo contesto, il Gran premio di Formula 1 di Imola previsto per domenica 21 maggio è stato cancellato per “evitare di aumentare la pressione sulle autorità locali e sui servizi di emergenza in un periodo difficile”, hanno dichiarato gli organizzatori dell’evento in un comunicato.

In questa regione, che è uno dei polmoni economici dell’Italia, in particolare nel settore agroalimentare, le conseguenze economiche rischiano di essere molto pesanti. “È ancora impossibile stimare l’entità dei danni perché i terreni sono ancora coperti d’acqua”, spiega Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, il principale sindacato agricolo. “Non solo rischiamo di perdere i raccolti, ma sono danneggiate anche le aziende di trasformazione per mancanza di materie prime”. Le forti piogge che hanno colpito l’Emilia-Romagna all’inizio di maggio – quando pochi giorni prima il fiume Po era quasi scomparso a causa della siccità – avevano causato due morti per allagamenti e frane e provocato perdite per 300 milioni di euro in agricoltura.

“Fenomeni un tempo rari ed eccezionali si stanno moltiplicando, a volte anche a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro”, osserva il Wwf Italia. “Siccità e alluvioni si alternano, aumentando notevolmente i rischi. Non agire immediatamente per affrontare la realtà climatica amplificherà, purtroppo, le conseguenze sulla sicurezza e sul benessere della comunità”.

“Il futuro climatico è già scritto, soprattutto in Italia”, ha dichiarato il geologo Mario Tozzi sulla Stampa, stimando che la penisola sarà particolarmente esposta ai cambiamenti dovuti al riscaldamento globale: “Da noi gli eventi naturali diventano catastrofici per un fattore peggiorativo, ancora dipendente da noi sapiens: il modo in cui abbiamo trattato il territorio. E non si tratta, in questo caso, degli abusi edilizi di Ischia , ma dell’alluvione di cemento e asfalto con cui abbiamo ricoperto l’intero territorio nazionale, senza una minima attenzione a versanti, corsi d’acqua e coste”.

Secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, quasi il 60 per cento della regione Emilia-Romagna è interessato dal rischio di alluvioni.
*(Eric Jozsef, Libération, Francia – È un giornalista francese. È corrispondente in Italia del quotidiano Libération e della Rts, la radiotelevisione svizzera – traduzione di Stefania Mascetti)

 

 

11 – NEL MONDO
Russia- Ucraina
La Russia il 17 maggio ha accettato di estendere di altri due mesi l’accordo sul grano con l’Ucraina, raggiunto grazie alla mediazione della Turchia e che ha consentito a Kiev di esportare il grano attraverso il mar Nero. Alti funzionari di Russia, Ucraina, Turchia e Nazioni Unite si erano incontrati a Istanbul la scorsa settimana per discutere dell’accordo sul grano. Intanto è arrivato a Kiev l’inviato speciale cinese Li Hui, in missione per individuare “una soluzione politica” alla crisi.

Giappone
I capi di stato e di governo stanno arrivando a Hiroshima, in Giappone, per partecipare al G7 che comincia il 19 maggio e discutere di come frenare la crescente egemonia di Cina e Russia. L’ex premier britannica Liz Truss in visita a Taiwan ha lanciato un appello per “una Nato economica” che imponga misure concrete per contrastare il crescente autoritarismo di Pechino.

Canada
Il Canada ha lanciato un appello internazionale il 18 maggio per ricevere aiuto contro gli incendi che stanno devastando l’ovest del paese. Finora è stata soprattutto la provincia dell’Alberta, una delle più grandi produttrici di petrolio del mondo, a essere colpita dagli incendi che hanno già distrutto più di mezzo milione di ettari di foreste e praterie, case e attività commerciali.

Stati Uniti
La banca tedesca Deutsche Bank il 17 maggio ha accettato di pagare un risarcimento di 75 milioni di dollari alle persone abusate sessualmente da Jeffrey Epstein, finanziere statunitense arrestato nel luglio del 2019 con l’accusa di sfruttamento sessuale di decine di donne e ragazze minorenni, e morto pochi giorni dopo in carcere, suicidandosi. Il risarcimento è stato deciso per chiudere una causa collettiva intentata contro la banca a New York lo scorso novembre.

Colombia
C’è confusione sul presunto ritrovamento di quattro bambini nella foresta pluviale amazzonica, più di due settimane dopo un incidente aereo in Colombia. Il presidente Gustavo Petro ha affermato che erano stati trovati vivi dopo una “ardua ricerca”. Ma fonti del ministero della difesa hanno detto ai mezzi d’informazione locali di non avere conferme in tal senso. Più di cento militari sono stati impegnati nella ricerca da quando l’aereo è caduto il 1 maggio.
Francia
In vista di un’estate che si preannuncia secca, il 17 maggio l’assemblea nazionale ha presentato il disegno di legge sugli incendi boschivi, che contiene diverse misure per combattere e prevenire gli incendi, tra cui il divieto di fumare in tutti i boschi e le foreste e fino a duecento metri di distanza da queste aree.

12 – Al vertice in Asia centrale con Xi Jinping spicca l’assenza di Putin – Li chiamano i cinque “stan”: Kazakistan, Kirghizistan, Uzbekistan, Tagikistan, Turkmenistan. Questi paesi, che un tempo facevano parte dell’Unione Sovietica, oggi sono al centro di una zona strategica compresa tra Cina e Russia.
Il 18 e il 19 maggio i leader dei cinque paesi si sono riuniti a Xi’an, nella Cina centrale, per incontrare il numero uno cinese Xi Jinping. Nella foto di rito, però, manca qualcuno: Vladimir Putin. L’assenza del presidente russo è particolarmente significativa. Le repubbliche centroasiatiche, infatti, si stanno riavvicinando a Pechino per poter prendere più agevolmente le distanze da Mosca.
Non si tratta di un voltafaccia né tantomeno di una rottura, ma di un processo di riequilibrio alla luce di una nuova situazione regionale in cui l’ascendente cinese è una realtà innegabile. Eppure a margine della riunione, in privato, un rappresentante ufficiale di Pechino ha ammesso che un vertice tra i paesi dell’Asia centrale e la Cina, senza la Russia, di sicuro non farà piacere a Putin.

PONTE TRA PASSATO E PRESENTE
La scelta di Xi’an come sede dell’evento è un simbolo voluto. L’ex capitale imperiale, oggi capoluogo della provincia del Shaanxi, era il punto di partenza dell’antica via della seta, oltre duemila anni fa. Dunque può rappresentare una sorta di ponte tra la storia più remota e la geopolitica attuale, nuovamente incentrata sulla Cina.

Nella nuova guerra fredda con gli Stati Uniti, Pechino prova una sensazione di accerchiamento da parte degli alleati degli statunitensi, dal Giappone alla Corea del Sud fino alle Filippine. Dialogando con l’Asia centrale, la Cina si assicura che il fianco orientale sia meno problematico.

UNA DELLE MOTIVAZIONI DELLA MANOVRA CINESE È LEGATA AL CONTESTO DELLA GUERRA
È una vecchia preoccupazione. Fin dalla caduta dell’Urss la Russia ha mantenuto una forte influenza politica sugli stati dell’Asia centrale, pur condividendo una sorta di tutela condivisa con la Cina. All’inizio del nuovo millennio cinesi e russi hanno fondato insieme l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, una struttura che all’epoca era destinata a impedire che l’Asia centrale scivolasse nell’islamismo e a bloccare i dissidenti di qualsiasi orientamento, a cominciare dagli uiguri.
Oggi Pechino assume senza esitazioni la leadership regionale, approfittando (senza dirlo) del fatto che la Russia è occupata su un altro fronte. La geografia, l’economia e l’indebolimento russo spingono le cinque repubbliche tra le braccia di Pechino.
Una delle motivazioni della manovra cinese è legata al contesto della guerra. Negli ultimi anni la Cina ha sviluppato considerevolmente il trasporto ferroviario di merci destinate all’Europa, ma con lo scoppio del conflitto in Ucraina e le sanzioni contro Mosca, i treni non possono più seguire la via principale, nel nord. Servono percorsi alternativi.
Ne esistono sostanzialmente due: uno, a sud, passa da un altro stato-paria, l’Iran. Non certo una soluzione raccomandabile. Resta dunque la via di mezzo, che attraversa diversi paesi dell’Asia centrale e la Turchia fino a raggiungere l’Europa. È questo il percorso che Pechino sta sviluppando oggi. Dalla metà dell’anno scorso il volume del traffico su questa rotta è sestuplicato.
La Cina ha bisogno di vie commerciali affidabili e di mercati aperti. È l’opposto della Russia, che esporta soprattutto idrocarburi. Questo spiega come mai, davanti all’ostilità statunitense, oggi Pechino sorrida all’Europa e intrecci metodicamente la sua tela, come ha fatto il 18 maggio a Xi’an.
*( Pierre Haski, – France Inter -È un giornalista francese, tra i fondatori del sito d’informazione Rue89 – Traduzione di Andrea Sparacino)

 

 

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