Nuova emigrazione nel documentario “Italia addio, non tornerò” di Barbara Pavarotti

Cervelli in fuga, per mancanza di prospettive, troppa precarietà, retribuzioni basse.
E l’Abruzzo non fa eccezione nella nuova diaspora dei giovani. Le testimonianze, giovani e social, raccolte nel documentario “Italia addio, non tornerò” di Barbara Pavarotti.

Recentemente la Fondazione Paolo Cresci per La Storia dell’Emigrazione Italiana ha riproposto un toccante documentario, dal titolo emblematico: “Italia Addio, non Tornerò”, della regista Barbara Pavarotti, sulla fuga dei “giovani cervelli” dal nostro Paese. La Fondazione Migrantes nel Rapporto Italiani del 2022 ha fotografato i dati allarmanti dell’esodo di tanti nostri giovani, che oramai supera la cifra annua di oltre 120mila unità, frenata solo nel terribile biennio 2020/22 che ha visto il mondo fermarsi per la pandemia, ma che ora tende a ripartire, assumendo il carattere di fenomeno strutturale e non solo congiunturale. Il documentario registra la situazione prepandemica, con le interviste a trenta giovani dal talento e dalle provenienze più disparate: ognuna delle quali offre uno spaccato di vita e di aspirazioni, accomunate dai sacrifici, ma altresì dalla tenacia e qualificazione delle nuove generazioni, in particolare di quella nata a cavallo dei due secoli.
La bella testimonianza della Fondazione Cresci di Lucca – con la collaborazione anche di Marinella Mazzanti e la voce di Pietro L.Biagioni, nonché le musiche di Massimo Priviero – ha tratto spunto dall’esame delle “pagine social”di ben 350 mila giovani connazionali censiti in tutto il mondo.

Questa generazione di nuovi emigranti raccontata dal documentario “Italia addio” è molto diversa da quella dei loro nonni, partiti con la valigia di cartone. Ora ha spesso una laurea, master ed è plurilingue, coprendo una fascia d’età che va dai 18 ai 34 anni. Essi provengono da tutte le regioni, specie dal Sud, compreso “l’Abruzzo dei record”: oramai i nostri oriundi all’estero equivalgono agli attuali residenti, puntando la bussola in gran parte verso il vecchio continente (78,6%), in prevalenza nel Regno Unito (pre Brexit), in Germania (“la locomotiva della UE”), ma anche nella “Douce France”.
Il resto di questi novelli pionieri italici si è diretto, per chiamata, nelle Americhe e in altri Paesi di Asia e Africa, spesso come tecnici di elevata professionalità formati nelle nostre Università, a spese dello Stato, per portare poi le proprie technical skills altrove.
Sempre con il talento e la spiccata creatività che tutti ci riconoscono, a partire dal mondo della ricerca e dell’alta formazione universitaria. Tra l’altro, proprio in questi giorni tra i finalisti del Premio Nazionale di “Giovedì Scienza 2023”, c’è anche la giovane ricercatrice Giulia Alessandrini, originaria di Sant’Omero (Te), operante a Trieste, presso l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale.

Tanti “cervelli in prova”, ma poi troppi “cervelli in fuga”: per mancanza di prospettive, precarietà permanente e retribuzioni basse. Tutte motivazioni che puntualmente ritornano nelle interviste del documentario, sempre piene di “pathos” e speranze di una vita migliore, ma anche di rabbia ed infine nostalgia, che rappresentano – forse da sempre – i sentimenti presenti nel cuore e nella mente di tutti gli emigranti, che lasciano la propria terra natia, spesso per sempre, con le loro frasi ricorrenti:

  • “In Italia non vince il migliore “
  • “Siamo cittadini del mondo”
  • “Siamo comunque stranieri”
  • “Integrazione, Certo”
  • “Orgogliosi di essere italiani”
  • “Ora apprezzo di più l’Italia”
  • “Non ho più fiducia nell’Italia, vi tornerò in vacanza”
  • “La nostalgia, ma quella di prima, non di ora”.

Tante emozioni che traspaiono lucidamente da queste testimonianze, ma forse tra le prime della cosiddetta “era social“: così dirette e immediate, ma talvolta compulsive, dai messaggi anche contraddittori, che vanno comunque analizzati e compresi. Tutti segni, forse, del fallimento di un “Sistema-Paese” ripiegato su sé stesso, vinto dalla rassegnazione, che non sa più sognare, perdendo così le sue menti più brillanti e dal “cuore incorrotto”, come le definiva Ignazio Silone, che ora sono sempre più preziose in una società della conoscenza globale, ma quasi figlia di quella antica contadina.
Dopo tutto cosa vuol dire essere brillanti? Semplicemente avere l’accortezza di seminare quando nessuno ti guarda e raccogliere quando ti guardano tutti“. F.Scott Fitzgerald

 

FONTE: https://www.ilcapoluogo.it/2023/05/12/italia-addio-non-tornero-lesodo-dei-giovani-cervelli-sempre-piu-in-fuga/

 

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