n° 51 – 24/12/’22. RASSEGNA DI NEWS NAZIONALI E INTERNAZIONALI. NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO

01 – Dichiarazione di Alfiero Grandi*: Ci sono notizie che non vorremmo mai ricevere, la morte di Alberto Asor Rosa è una di queste. Alberto ha una lunga e rilevante storia di impegno politico e intellettuale.
02 – Sen. Francesca La Marca(PD)*: Cari amici, Il Natale si avvicina e un altro anno volge al termine, un anno impegnativo e difficile per molti di noi.
03 – Farian Sabahi*: Nella notte più buia l’Iran si batte per i suoi prigionieri. LA RIVOLTA. Sit-in al carcere di Evin per l’attrice Alidoosti. Dentro, i detenuti si ribellano alle esecuzioni. Un tassista di 23 anni torturato e ucciso, la famiglia denuncia: «Aveva la faccia fracassata»
04 – Marco Bersani. Anno nuovo, vecchie privatizzazioni
05 – Massimo Villone*: Autonomia differenziata, Calderoli e la ricerca del neurone perduto. RIFORME. Il caterpillar della riforma critica il trasferimento delle norme generali della scuola alle Regioni. E allora per sanità, energia, ambiente, trasporti, sicurezza sul lavoro..?
06 – Alfonso Maurizio Iacono*: Quale è oggi la normalità di essere di sinistra? Le vicende di Soumahoro e Panzeri ci riguardano. Le democrazie diventate oligarchie legittimate dal vuoto politico, allevano diseguaglianze, privilegi e lobby che li promuovono

 

 

01 – Dichiarazione di Alfiero Grandi*: CI SONO NOTIZIE CHE NON VORREMMO MAI RICEVERE, LA MORTE DI ALBERTO ASOR ROSA È UNA DI QUESTE. ALBERTO HA UNA LUNGA E RILEVANTE STORIA DI IMPEGNO POLITICO E INTELLETTUALE. PERSONA APPASSIONATA E DISPONIBILE, CAPACE DI PREPARARE TESTI SULLA LETTERATURA ITALIANA E DI DEDICARSI ALLA RICOSTRUZIONE DELLA SINISTRA.

Ricordo quando due decenni fa alla fiera di Roma si svolse, con la sua introduzione, una grande assemblea di persone che già allora cercava di creare qualcosa di nuovo a sinistra per uscire da una polemica tra i partiti, degna dei polli di Renzo, e provare a riprogettare il futuro. L’iniziativa non riuscì, lo dico con grande dispiacere, perchè gli esiti sono stati quelli che conosciamo.

Alberto partecipò con generosità alla costruzione del Comitato per il No alla deformazione della Costituzione voluta da Renzi, che contribuì alla bocciatura con il voto nel referendum della proposta.

Alberto era rimasto, dopo il referendum, nel direttivo del coordinamento per la democrazia costituzionale, condividendo l’impegno di difendere ed attuare la nostra Costituzione, che oggi è di nuovo sotto attacco.

Alberto Asor Rosa, come Stefano Rodotà, non si è mai sottratto, anche quando ha rallentato gli impegni inviava periodicamente osservazioni o il suo consenso.

Avere lavorato con lui per obiettivi comuni resta un ricordo indelebile e il suo apporto è sempre stato occasione di arricchimento.
Ciao Alberto non ti dimenticheremo
*(Alfiero Grandi, Coordinamento per la Democrazia Costituzionale)

 

02- Sen. Francesca La Marca(PD)*: Cari amici, IL NATALE SI AVVICINA E UN ALTRO ANNO VOLGE AL TERMINE, UN ANNO IMPEGNATIVO E DIFFICILE PER MOLTI DI NOI. DAPPRIMA L’ONDA LUNGA DEL COVID, CHE ANCORA PREOCCUPA IL MONDO INTERO, E POI LO SCOPPIARE DI UNA GUERRA SUL SUOLO EUROPEO, UN FATTO STORICO, DI CUI ANCORA NON SONO TOTALMENTE CHIARE LE CONSEGUENZE PER L’ITALIA, L’EUROPA E IL MONDO.

È stato un anno complesso anche per la politica italiana. Apertosi con la rielezione del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, a cui rivolgo, ancora una volta, il più sincero ringraziamento per essersi reso nuovamente disponibile a ricoprire una carica così importante e delicata per il nostro sistema Costituzionale. L’apertura della crisi di governo, causata dall’irresponsabilità di alcune forze politiche, e la conseguente fine dell’esecutivo guidato da Mario Draghi, hanno portato alle elezioni del 25 settembre e alla nascita di un nuovo governo guidato dalla Presidente, Giorgia Meloni.

Grazie al Vostro appoggio e allo straordinario risultato conseguito dal Partito Democratico all’estero, il 25 settembre sono risultata eletta, al Senato, in rappresentanza degli italiani residenti in Nord e Centro America. Grazie! Grazie nuovamente di cuore per la vostra fiducia e il vostro sostegno, mai venuti a mancare durante tutti questi anni di impegno parlamentare, prima alla Camera dei Deputati ed oggi al Senato della Repubblica.

Non appena iniziata la XIX Legislatura mi sono subito adoperata per presentare, anche al Senato, i Disegni di Legge sul riacquisto della cittadinanza, sull’istituzione della giornata nazionale degli italiani nel mondo e in materia di disposizioni per il sostegno dello sport italiano nel mondo e la promozione della pratica sportiva tra gli italiani all’estero. Ho presentato altresì, come prima firmataria, due interrogazioni a risposta scritta: la prima riguardante la possibilità per gli italiani residenti extra UE di ottenere la Carta d’Identità Elettronica (CIE) e la seconda per favorire l’interoperabilità dei dati degli iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (A.I.R.E) tra il Ministero degli Interni e il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

In queste ore è in discussione la Legge di Bilancio, il cui iter, quest’anno, è iniziato alla Camera dei Deputati. Ho trasmesso ai colleghi parlamentari del PD eletti all’estero, alcuni emendamenti a beneficio degli italiani residenti in Nord e Centro America. In particolare, ho presentato due proposte emendative. La prima, finalizzata ad aumentare, tramite concorso, il numero del personale diplomatico e consolare, data la situazione di difficoltà in cui si trovano diverse sedi consolari. La seconda, prevede l’applicazione di una scontistica dedicata agli iscritti A.I.R.E. per i viaggi da realizzate con la compagnia ITA Airways o il Gruppo Ferrovie dello Stato: una misura finalizzata ad incentivare il “turismo delle origini”. Sono proposte impegnative ma importanti che mi auspico la maggioranza possa recepire, per valorizzare l’enorme patrimonio italiano all’estero.
Non mi resta che rivolgere a ciascuno di Voi, alle Vostre famiglie e ai Vostri cari tutti, i più sinceri e sentiti auguri di Buone Feste, di un sereno Natale e di un felice anno nuovo. Nella speranza che sia un anno ricco di gioie, soddisfazioni e successi a livello personale e collettivo.

 

03 – Farian Sabahi*: NELLA NOTTE PIÙ BUIA L’IRAN SI BATTE PER I SUOI PRIGIONIERI. LA RIVOLTA. SIT-IN AL CARCERE DI EVIN PER L’ATTRICE ALIDOOSTI. DENTRO, I DETENUTI SI RIBELLANO ALLE ESECUZIONI. UN TASSISTA DI 23 ANNI TORTURATO E UCCISO, LA FAMIGLIA DENUNCIA: «AVEVA LA FACCIA FRACASSATA»
Stanotte, in concomitanza con il solstizio d’inverno, ricorre Yalda: la notte più lunga e buia dell’anno. Quest’anno, con il calare del sole gli iraniani non passeranno però il tempo a mangiare, bere e leggere poesie, ma a commemorare i ragazzi uccisi da un regime brutale. Le pagine scritte in questi tre mesi sono infatti le più buie nella storia dell’Iran contemporaneo.
IERI SERA l’emittente Bbc Persian ha riferito di un giovane tassista morto in custodia. Sul suo corpo, riesumato dalla famiglia, sono evidenti i segni della tortura. Si chiamava Hamed Salahshoor, aveva 23 anni ed era stato arrestato il 26 novembre. Quattro giorni dopo le forze di sicurezza hanno detto a suo padre che era morto e gli hanno fatto dichiarare che aveva avuto un infarto.

Ma, ha affermato la famiglia, «la sua faccia era fracassata. Il naso, la mascella e il mento erano rotti. Il busto dal collo all’ombelico e sopra i suoi reni era stato ricucito». Era stato fermato vicino a Izeh, nella provincia del Khuzestan (sud-ovest) abitata da quel due percento di iraniani di etnia araba. Un’area ricca di petrolio, afflitta da siccità e da altre problematiche ambientali.

Mentre il regime uccide la sua gioventù, ieri per il secondo giorno successivo molti registi e cineasti iraniani si sono ritrovati fuori dal famigerato carcere di Evin a Teheran per protestare contro l’arresto della nota attrice Taraneh Alidoosti, nota anche al pubblico occidentale per il ruolo di protagonista nel lungometraggio Il cliente di Asghar Farhadi.

ERA STATA ARRESTATA sabato per avere pubblicato su Instagram dei commenti a sostegno delle proteste, a chiederne la liberazione è stato anche il Festival di Cannes. Di pari passo, Bbc Persian rende noto di proteste nel braccio della morte, dove le confessioni vengono estorte con le torture.

Ad aiutare la magistratura iraniana a comminare la pena capitale è la possibilità di accedere agli account social dei detenuti, come racconta la Cnn che ha raccolto la testimonianza di una ragazza a cui, durante gli interrogatori nel carcere di Evin, sono state presentate come prove le sue chat con amici.

Ieri le autorità di Teheran hanno reso noto che quattro membri delle forze di sicurezza sono state vittime di un attentato nella provincia del Sistan e Balucistan (sud-est), al confine con il Pakistan. Qui le manifestazioni erano scoppiate a fine settembre, quando si era venuto a sapere dello stupro di una quindicenne da parte del comandante della polizia.

Probabilmente la morte dei quattro membri delle forze dell’ordine non è da imputare ai dimostranti, perché questa è una regione povera, segnata dal contrabbando, dove le proteste antigovernative si intrecciano ad altre problematiche. La popolazione locale è minoranza al tempo stesso etnica e religiosa: i baluci sono sunniti.
All’inizio di dicembre un loro leader religioso – Abdulwahed Rigi – era stato rapito nella sua moschea nella località di Khash e la settimana scorsa il capo procuratore ha dichiarato che gli assassini erano stati arrestati mentre cercavano di varcare il confine.
MENTRE SALE la tensione, il Belgio invita i suoi cittadini a lasciare l’Iran, anche perché un operatore umanitario belga è stato recentemente condannato a 28 anni di carcere in seguito al mancato scambio con un diplomatico iraniano condannato per terrorismo da un tribunale di Anversa.
Viene spontaneo domandarsi se gli italiani in Iran possano correre dei rischi. A questo proposito, in occasione di una conferenza stampa alla Farnesina, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato che «qualora possano esserci dei rischi concreti per i nostri connazionali certamente li avviseremo, ma per adesso non abbiamo notizia di tali rischi».
In merito al fatto di convocare l’ambasciatore iraniano a Roma, il ministro ha affermato di volerlo convocare, ma che ci sarebbe stato un ritardo della consegna delle credenziali «dovuto al fatto che il presidente della Repubblica ha avuto il Covid, quindi è solo un ritardo tecnico».
«LO CONVOCHERÒ – ha detto Tajani – Voglio dare un segnale più forte, ma è già chiaro quello che pensiamo, abbiamo dato ampia dimostrazione di condanna per ciò che accade. Siamo contro la pena di morte»
*(Fonte : Il Manifesto. Farian Sabahi Seyed è una giornalista e orientalista italiana. Laureata in Economia Aziendale all’Università Bocconi di Milano e in Storia Orientale a Bologna)

 

04 – Marco Bersani. ANNO NUOVO, VECCHIE PRIVATIZZAZIONI. NUOVA FINANZA PUBBLICA. LA RUBRICA SETTIMANALE DI ECONOMIA POLITICA. A CURA DI AUTORI VARI

È stato licenziato in questi giorni dalle Commissioni competenti di Camera e Senato il decreto delegato di riordino dei servizi pubblici locali, che dovrebbe
applicare quanto approvato dal Disegno di Legge sulla Concorrenza e il Mercato 2021. Il decreto delegato torna in Consiglio dei Ministri e prima della fine dell’anno verrà approvato definitivamente. Per la gioia del premier Meloni (vuol farsi chiamare al maschile) che potrà andare all’Unione Europea con un altro compito a casa fatto.
Non saranno altrettanto contente le comunità territoriali, per le quali si prospetta un rilancio delle privatizzazioni dei servizi pubblici locali, in diretto contrasto con quanto approvato dal Parlamento, quando ai tentativi dell’allora governo Draghi si era opposta una campagna di mobilitazione dal basso che era riuscita a far fare a Supermario una clamorosa ritirata.
Nonostante questo esito, l’ultimo atto del governo Draghi è stato quello di produrre un decreto delegato che ha letteralmente stravolto la norma, rimettendo in campo l’obbligo per i Comuni di motivare la mancata scelta del mercato sulla gestione dei servizi pubblici locali, la supervisione autoritaria di un organo governativo -l’Osservatorio sui Servizi Pubblici- sulle delibere dei Comuni in merito alla gestione dei propri servizi locali, il divieto di far gestire i servizi a rete ad aziende speciali, la durata non superiore a cinque anni per le gestioni in house dei servizi non a rete.
Tutti vincoli bocciati dal Parlamento, tutti vincoli reintrodotti dal governo Draghi e confermati dal governo Meloni. Siamo nel pieno dell’illegittimità -nessun decreto delegato può debordare da quanto scritto nella legge delega- e occorre ora spingere perché si arrivi all’impugnazione e al rinvio alla Corte Costituzionale. Ma sono soprattutto le comunità territoriali che dovranno ribellarsi a questo ennesimo esproprio di beni comuni e diritti fatto in nome di una società basata sul profitto, che, tra crisi finanziaria, pandemia, crisi climatica ed emergenza sociale, ha dimostrato da tempo la propria insostenibilità.
C’è una nuova possibilità: partirà nella seconda metà di gennaio la campagna “Riprendiamoci il Comune”, costruita da un insieme molto ampio di realtà associative, reti di movimento, organizzazioni sociali nazionali e da un altrettanto vasto insieme di comitati territoriali (per saperne di più).
La campagna “Riprendiamoci il Comune ”propone due leggi d’iniziativa popolare: la prima per la riforma della finanza dei Comuni -fuori dall’ossessione della stabilità dei conti e dentro l’orizzonte di un nuovo modello ecologico, sociale e relazionale; la seconda per la socializzazione di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), ovvero per mettere a disposizione dei Comuni le enormi risorse -280 miliardi- dei risparmi affidati a Cdp.
Entrambe le proposte mettono in campo la partecipazione diretta delle comunità territoriali alle scelte fondamentali che le riguardano e mettono fine alla stagione compulsiva delle privatizzazioni. È una campagna che si rivolge alle persone, ma anche alle lavoratrici e ai lavoratori del pubblico, il cui ruolo deve tornare ad essere fondamentale; e che chiede alle amministratrici e agli amministratori di rimettere al centro della loro azione la funziona pubblica e sociale del proprio ruolo.
Di fronte a chi – governi, privati e grandi interessi finanziari- considera le comunità territoriali come luoghi da predare e da cui estrarre valore, occorre decisamente invertire la rotta e riappropriarci di quello che a tutte e tutti da sempre appartiene.
(Marco Bersani. Laureato in Filosofia, è dirigente comunale dei servizi sociali e consulente psicopedagogico per cooperative sociali.)

 

05 – Massimo Villone*: AUTONOMIA DIFFERENZIATA, CALDEROLI E LA RICERCA DEL NEURONE PERDUTO. RIFORME. IL CATERPILLAR DELLA RIFORMA CRITICA IL TRASFERIMENTO DELLE NORME GENERALI DELLA SCUOLA ALLE REGIONI. E ALLORA PER SANITÀ, ENERGIA, AMBIENTE, TRASPORTI, SICUREZZA SUL LAVORO..?

«Vorrei veramente essere un neurone che entra a vedere chi è che ha pensato le norme generali sull’istruzione come possono essere trasferite in maniera esclusiva alle regioni, perché il nome stesso della materia prefigurerebbe che se sono generali non dovrebbero essere oggetto di differenziazione». Centralismo bieco? No. È l’opinione di Calderoli, caterpillar delle autonomie, espressa in replica nell’audizione del 15 dicembre nella commissione affari costituzionali della Camera. Apprezziamo e condividiamo. Ma vogliamo segnalare al ministro almeno due profili che meriterebbero un approfondimento.

Il primo. La considerazione svolta sulle norme generali (art. 117.2, lett. n) è in realtà applicabile a non poche altre materie (117.3), che non richiamano un carattere di generalità, ma si mostrano analogamente incompatibili con la differenziazione. Il secondo. Il ministro afferma che non tocca a lui mettere o togliere materie dal menu dell’autonomia differenziata, fissato in Costituzione. Ma certo gli tocca indicare l’indirizzo del governo nella trattativa con le regioni. E sarebbe utile che tutti ne avessero consapevolezza.

Sapere, ad esempio, che non si tratta: sulla scuola, perché è un tema sensibile per l’identità stessa del paese; sull’energia, perché con la crisi in atto non sono pensabili risposte in chiave localistica; sulla sanità, avendo la pandemia dimostrato la necessità di un recupero almeno parziale verso lo stato; sui rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni e sul commercio con l’estero, per la necessità di rafforzare la capacità del paese di reagire ai mutati scenari geopolitici; sulla tutela e la sicurezza del lavoro, perché si indebolirebbe il contratto nazionale, presidio fondamentale di eguaglianza tra i lavoratori; su infrastrutture strategiche di livello nazionale come ferrovie, autostrade, porti e aeroporti, perché sono strumenti indispensabili di politiche volte a superare i divari territoriali; sull’ambiente, per l’incidenza sui temi della transizione ecologica.

In realtà, abbiamo un indirizzo non di governo, ma di Calderoli, inclusa una tempistica accelerata. Entro il 2022 la legge di attuazione dell’art. 116.3 in consiglio dei ministri, e a partire dal 1° gennaio 2024 i trasferimenti di funzioni. Ma su un tema che in prospettiva cambia il volto del paese è troppo chiedere subito un dibattito nelle aule parlamentari che si concluda con un atto di indirizzo per il governo?
Il nostro Sud affonda nella crisi euromediterranea
Invece, arrivano l’art. 143 della legge di bilancio che tra cabina di regia, dpcm ed eventuale commissario disegna una emarginazione pressoché totale del parlamento. Cui segue per emendamento un art. 143 bis che introduce una segreteria tecnica della cabina di regia e non fa che rafforzare quel disegno originario.
Continuando nella finzione che i livelli essenziali delle prestazioni (Lep) siano questione tecnico-burocratica, e non un primario problema politico di definire quali materie, in quali ambiti di materia, con quali risorse e con quali tempi. I Lep presuppongono una idea del paese, soprattutto per il punto di quanto lo si voglia eguale, e di come si assicuri la massima efficienza di sistema concretamente possibile. Indiscutibilmente, scelte politiche.

Non accade per caso. Zucaro su queste pagine ha sottolineato che l’asse del sistema politico si è spostato dal centro e dalla classe dirigente nazionale verso la periferia e il ceto politico regionale e locale. È vero, e non da ora. Già nel 2005 in un libro scritto a quattro mani con Cesare Salvi (“Il costo della democrazia”) parlavo – con un temine volutamente dispregiativo – di «spaghetti federalism».

I partiti nazionali che erano struttura portante di una Costituzione ancora giovane non sono più. Non è un caso che per la rinascita del Pd il possibile futuro segretario Bonaccini pensi a un partito di amministratori regionali e locali.
In ogni caso, non vogliamo che il ministro-neurone vada in sofferenza per le carenze del Titolo V. Per correggerle, abbiamo presentato e stiamo raccogliendo le firme – con il sostegno dei maggiori sindacati della scuola, di soggetti rappresentativi della storia della Repubblica e della sinistra come l’Anpi, di associazioni e comitati di cittadini – su una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare per la modifica degli art. 116.3 e 117, per l’eguaglianza dei diritti e l’unità del paese.
*( Massimo Villone è un politico e costituzionalista italiano. È professore emerito di Diritto costituzionale nell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”.)

 

06 – Alfonso Maurizio Iacono*: QUALE È OGGI LA NORMALITÀ DI ESSERE DI SINISTRA? COMMENTI. LE VICENDE DI SOUMAHORO E PANZERI CI RIGUARDANO. LE DEMOCRAZIE DIVENTATE OLIGARCHIE LEGITTIMATE DAL VUOTO POLITICO, ALLEVANO DISEGUAGLIANZE, PRIVILEGI E LOBBY CHE LI PROMUOVONO
Le vicende di Soumahoro prima e di Panzeri dopo ci dicono che, se il patologico è soprattutto un ingrandimento del normale, dobbiamo interrogarci su quale sia oggi la normalità dell’essere di sinistra. Quelle vicende ci appartengono? Oppure basta un prenderne le distanze affermando implicitamente o esplicitamente che ciascuno di noi non c’entra e tanto meno poi la sinistra in quanto tale?

Vi è come una sorta di silenzio imbarazzato. Cosa mai avremmo fatto se per caso Soumahoro e Panzeri fossero stati di destra? Ma sono di sinistra. Si sono attaccati alla condizione di essere dei privilegiati e hanno fatto del privilegio una forma di vita nascosta dal paravento dell’antirazzismo, dell’eguaglianza, della giustizia. E se il privilegio fosse stato acquisito e vissuto nelle forme della legalità, ciò sarebbe stato accettato a sinistra? Sarebbe stato accettato a sinistra come al centro, come a destra?

Scrive Primo Levi ne I sommersi e i salvati: «L’ascesa dei privilegiati, non solo in Lager ma in tutte le convivenze umane, è un fenomeno angosciante ma immancabile: essi sono assenti solo nelle utopie. È compito dell’uomo giusto fare guerra ad ogni privilegio non meritato, ma non si deve dimenticare che questa è una lotta senza fine. Dove esiste un potere esercitato da pochi, o da uno solo, contro i molti, il privilegio nasce e prolifera, anche contro il volere del potere stesso; ma è normale che il potere, invece, lo tolleri e lo incoraggi». Forse nelle nostre democrazie questo fenomeno non è più angosciante, ma normale, perché le nostre non sono più democrazie ma oligarchie legittimate democraticamente dove ciò che conta è la scarsa partecipazione, l’ignoranza pubblica, l’apatia politica.

Ciò porta all’allevamento del privilegio e delle diseguaglianze contro cui la sinistra dovrebbe lottare. Lo fa soltanto a parole, perché nei fatti non si preoccupa politicamente, moralmente, organizzativamente di come fronteggiare l’ascesa dei privilegiati e la discesa dei diseguali. In Europa e nel Parlamento Europeo (ma del resto ovunque) le lobby sono legalizzate. Ma tutto ciò che è legale non è detto che sia anche morale. Le lobby sono organizzazioni che promuovono le dinamiche del privilegio. Cosa hanno a che fare con chi dovrebbe lottare contro i privilegi e per l’eguaglianza?

Oggi è più facile e comodo assumere come propria condotta la famosa frase di Miss Thatcher: «Non c’è alternativa!». La sinistra di fatto vi si è arresa con una presa d’atto di una realtà che si propone come realismo e disincanto.

È invece accettazione supina di un mondo che sempre più intreccia privilegio e sfruttamento come dati naturali e pensa che questa sia la normalità. Mark Fischer diceva che è più facile immaginare la fine del mondo che non la fine del capitalismo. Privi ormai di un’immaginazione che sappia affrontare direttamente la realtà, ci auto-inganniamo illudendoci di lottare per tamponare i guasti sociali e ambientali del capitalismo, ma oggi, a differenza di un tempo, finiamo con il favorire l’ascesa dei privilegiati in un gioco teatrale dove ciascuno – destra, sinistra, centro – ha un ruolo da recitare all’interno della sfera del privilegio.
Tutto è normale, tutto è naturale. Se è vero, come pensavano Claude Bernard e Friedrich Nietzsche, che il patologico è un ingrandimento del normale, il problema oggi non è solo ciò che emerge dai contesti in cui hanno operato Soumahoro o Panzeri, ma ciò che si nasconde dentro tali contesti politici, istituzionali, umani che sono vissuti come la normalità di una sinistra imbevuta di neoliberismo, di élitismo, di assuefazione morale al senso del privilegio e al crescere delle diseguaglianze. Ciò che mi spaventa ancora di più del lato patologico è questa normalità
*) Alfonso Maurizio Iacono (Agrigento, 16 settembre 1949) è un filosofo italiano. Ordinario di Storia della Filosofia all’Università di Pisa)

 

 

 

Visits: 714

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.