n°30 – 23/7/2022 – RASSEGNA DI NEWS NAZIONALI E INTERNAZIONALI. NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO

01 – Irene Calesini*: DONNE E IMMIGRATI, IL NOSTRO FUTURO È SULLE LORO SPALLE. Dare la cittadinanza ai ragazzi, figli di genitori stranieri, che qui vivono e studiano, è un obiettivo minimo di civiltà.
02 – Schirò e Porta* (Pd) – italiani all’estero: decadono le agevolazioni “prima casa” con il riacquisto di nuda proprietà
03 – Schirò (pd)*: i partiti del disastro (lega-forza italia-5stelle) causano la crisi contro gli interessi del paese e degli italiani all’estero
04 – Schirò (pd): cordoglio per la scomparsa del prof. Luca Serianni
05 – Giuseppe Civati*: Che cosa si intende fare per evitare lo schianto? Si prega di rispondere entro il 2023.
06 – Piero Bevilacqua*: Sul pessimo governo Draghi. Il peggiore del governi possibili. Qualunque sia l’esito della crisi dell’esecutivo, non ancora definita mentro scrivo, credo che non ci sia migliore occasione di questa per una riflessione non superficiale sul presidente Mario Draghi e il suo governo.
07 – Antonio Floridia*: Se la destra fa cappotto a rischiare è la Costituzione. VERSO IL VOTO. Non un “campo largo”, oramai affossato, ma un accordo “tecnico”, quanto più ampio possibile. La questione riguarda tutti, comprese tutte le liste a sinistra del Pd

 

01 – IRENE CALESINI*: DONNE E IMMIGRATI, IL NOSTRO FUTURO È SULLE LORO SPALLE. DARE LA CITTADINANZA AI RAGAZZI, FIGLI DI GENITORI STRANIERI, CHE QUI VIVONO E STUDIANO, È UN OBIETTIVO MINIMO DI CIVILTÀ.
Nel 2050 l’Italia avrà 5 milioni di abitanti in meno, con solo poco più di una persona su due in età da lavoro, con un 52% di persone tra i 20-66 anni che dovrebbero provvedere sia alla cura e alla formazione delle persone sotto i venti anni (16%), sia alla produzione di adeguate risorse per il mantenimento e l’assistenza degli anziani (32%).
Questo quadro emergeva a maggio dagli Stati generali della natalità a Roma illustrato dal presidente Istat, Gian Carlo Blangiardo. Organizzato dalla Fondazione per la natalità e dal Forum delle famiglie, l’evento poneva l’accento sul costante calo delle nascite in Italia dal 2008. Nei giorni scorsi lo stesso Blangiardo ha presentato il rapporto annuale Istat da cui emerge che la popolazione italiana è calata a poco meno di 59 milioni di abitanti ed è invecchiata: ogni 100 giovani al di sotto dei 15 anni ci sono 187,9 anziani sopra i 65 anni (Indice di vecchiaia) e nel 2042, se il trend non cambia, l’indice salirà al 293% con tutto ciò che ne consegue.
Nel primo trimestre del 2022 ci sono già 100rnila nati in meno rispetto allo stesso periodo degli anni 2019 e 2020. Non occorre essere demografi per capire che più la popolazione invecchia e meno numerose sono le nuove generazioni, più il fenomeno avanza e si autoalimenta. Per altro le donne in Italia si permettono di fare il primo (e spesso unico figlio) ad una età che pochi decenni fa si sarebbe detta “attempata” (38 anni in media). Di fronte a queste notizie che meritano certamente analisi approfondite di ogni tipo (sociologiche, economiche, culturali) e politiche adeguate, non si può fare a meno di connettere un altro tema che fa discutere come se si trattasse di una emergenza che può mettere in pericolo l’identità della nazione. Parlo del minimo civile obiettivo di dare la cittadinanza italiana a quei ragazzi che nati o arrivati minorenni in Italia, qui vivono e studiano e i cui genitori sono già parte attiva della nostra società: lo ius scholae. Si parla di 280mila persone che diventerebbero italiane quest’anno (peraltro dovendo dimostrare capacità e competenze che normalmente non si richiedono ai nativi). Poiché i numeri non sono mai solo numeri ma vengono letti ed utilizzati secondo lenti diverse, mi sembra che l’emergenza sociale del debito demografico (cioè il prevalere degli anziani sui giovani) che giustamente allarma per il peso economico che le giovani generazioni dovranno sopportare nella loro vita, si presti a discorsi già sentiti circa la necessità che le donne italiane facciano più figli, che le coppie facciano più figli (per inciso i single in Italia sono il 33% dei nuclei familiari e le coppie con figli il 31%). Che superino una specie di non detto ma sempre ventilato egoismo. Analisi che individuino solo nella difficoltà per le donne di conciliare il lavoro con la cura domestica, la causa della ridotta natalità sembrano molto parziali; non si coglie ad esempio l’eventuale segnale che le donne italiane nel loro insieme stanno dando, più o meno consapevolmente, strette come sono fra le necessità materiali e la aspirazione ad una maternità che non venga usata per penalizzarle nella realizzazione personale e professionale, né che venga penalizzata da una organizzazione del lavoro pensata solo, finora, da e per gli uomini. Segnale che non trova finora un adeguato ascolto nella società né da parte dello Stato.
Nei discorsi anche più progressisti ed illuminati quando si affronta il discorso sul lavoro femminile (peraltro molto al di sotto la media europea, 49,4% contro 63,4%) si sottolinea la necessità di trovare una mediazione, un compromesso tra tempo di vita e tempo di lavoro, dando per scontato ed assodato che in una coppia con figli normalmente la maggiore cura domestica sia della donna. Ma chi lo dice che deve essere così? Peggio ancora per una donna che si trovi sola con uno o più figli.
Una bella sfida per gli economisti di sinistra, ed i politici idem, potrebbe essere pensare ad organizzazioni lavorative che prevedano un uguale impegno sia maschile che femminile sul lavoro ed a casa. Penso ne guadagnerebbero tutti, single e sposati, con figli e senza. Quindi che per salvare il Paese le donne siano chiamate a fare figli appare banalmente limpido. Ma le donne non italiane? Loro no. Tornando ai ragazzi in attesa di cittadinanza, perché loro no? Forse perché si aprirebbe la strada ad una civile legge che prevede il diritto di cittadinanza a chi nasce sul nostro suolo? Ed avrebbe riconosciuti uguali diritti e doveri?
Ma proviene da culture, religioni, usanze altre. E questo da alcuni non può essere accettato (biecamente da chi vuole sempre più mano d’opera a basso costo e ricattabile), più largamente per ideologia. Allora torna in mente quel discorso sui valori da vero umani che il nostro mondo occidentale avrebbe e che gli altri quindi non avrebbero. E sento che è un discorso molto pericoloso, che classifica gli esseri umani, che elimina a priori la base per un confronto fra persone, anche se lo dichiara. Che a ben guardare giustifica le diseguaglianze sociali ed economiche, eventualmente blandite con interventi assistenziali, ma senza garantire equità e pari opportunità. Ecco, come cittadina adulta e responsabile, convinta della bellezza e della attualità della nostra Costituzione, ma anche come psichiatra che ogni giorno si trova a combattere discorsi che confondono ed umiliano, penso che questi temi vadano considerati seriamente e in una ottica più ampia.
*( Fonte LEFT. L’autrice Irene Calesini è psichiatra e psicoterapeuta)

 

02 – SCHIRÒ E PORTA (PD) – ITALIANI ALL’ESTERO: DECADONO LE AGEVOLAZIONI “PRIMA CASA” CON IL RIACQUISTO DI NUDA PROPRIETÀ

Interessante chiarimento dell’Agenzia delle Entrate relativo alle agevolazioni per l’acquisto di una “prima casa” in Italia da parte di una cittadina italiana residente all’estero e regolarmente iscritta all’Aire la quale aveva venduto un appartamento ad uso abitativo – acquistato con agevolazione – prima che fossero trascorsi i 5 anni previsti dalla legge con l’intenzione di acquistarne un altro con il meccanismo della sola nuda proprietà. L’Agenzia delle Entrate ha infatti chiarito che l’acquisto della sola nuda proprietà comporta la decadenza dai benefici prima casa.

A presentare istanza di interpello era stata una cittadina italiana resiente all’estero e regolarmente iscritta all’Aire la quale aveva acquistato nel 2019 in Italia un appartamento ad uso abitativo ottenendo le agevolazioni “prima casa” sul territorio italiano, senza dover prendere la residenza in Italia, secondo quanto previsto dalla normativa in merito a tale agevolazioni (come è noto infatti la normativa in vigore prevede per i cittadini italiani residenti all’estero i quali acquistano la “prima casa” in Italia l’applicazione dell’imposta di registro nella misura ridotta del 2 per cento).

La normativa vigente prevede inoltre che nelle ipotesi in cui gli immobili acquistati con l’agevolazione vengono venduti prima del decorso dei cinque anni dalla data di acquisto, sono dovute le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura ordinaria (cioè senza agevolazione), nonché una sanzione pari al 30 per cento delle stesse imposte e gli interessi; tuttavia le predette disposizioni non si applicano nel caso in cui il contribuente, entro un anno dall’alienazione dell’immobile acquistato con i benefici fiscali, proceda all’acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

Nel 2021, e quindi prima che fossero trascorsi cinque anni dal primo acquisto, la cittadina italiana ha venduto l’appartamento, impegnandosi a riacquistare un nuovo appartamento entro l’anno per non perdere le agevolazioni “prima casa”. L’intenzione della contribuente era quella di acquistare la sola nuda proprietà del nuovo appartamento, intestando ad una propria parente il diritto di usufrutto sull’immobile medesimo.

Ora l’Agenzia delle Entrate, nella Risposta n. 349 del 28 giugno 2022, ha ricordato che se è vero che per gli emigrati l’agevolazione compete sull’immobile acquistato e ubicato in qualsiasi punto del territorio nazionale, senza, peraltro, che sia necessario per l’acquirente stabilire entro diciotto mesi la residenza nel Comune in cui è situato l’immobile acquistato e che anche in sede di riacquisto di altra abitazione sul territorio nazionale, non sia necessario ottemperare all’obbligo di adibire il nuovo immobile ad abitazione principale (ciò in quanto tale obbligo, analogamente a quello di residenza, non può essere imposto ai cittadini che vivono stabilmente all’estero e che, pertanto, si trovano nella impossibilità di adibire la casa acquistata a propria abitazione principale), è anche vero che per evitare intenti speculativi, la giurisprudenza in materia ha stabilito che il riacquisto, entro un anno, della sola nuda proprietà di altro immobile non sia idoneo ad evitare la decadenza conseguente alla rivendita infraquinquennale dell’immobile acquistato con l’agevolazione “prima casa”.
Non rileva, a tal fine, la circostanza relativa all’impossibilità di adibire la casa riacquistata a propria abitazione principale dal contribuente cittadino italiano emigrato all’estero. In sintesi il principio che è stato affermato dalle pronunce in materia della Corte di Cassazione, e confermato ora dall’Agenzia delle Entrate, è, in conclusione, che la decadenza dai benefici “prima casa” non è evitata qualora, entro un anno dalla vendita infraquinquennale dell’immobile acquistato con i medesimi benefici, il contribuente proceda all’acquisto della sola nuda proprietà di un altro immobile.
*(Angela Schirò (deputata PD – Rip. Europa) Fabio Porta (senatore PD – Rip. America Meridionale)

 

03 – SCHIRÒ (PD): I PARTITI DEL DISASTRO (LEGA-FORZA ITALIA-5STELLE) CAUSANO LA CRISI CONTRO GLI INTERESSI DEL PAESE E DEGLI ITALIANI ALL’ESTERO

L’irresponsabilità di Movimento 5Stelle, Lega e Forza Italia che, pur facendo parte della maggioranza, hanno negato la fiducia al Governo Draghi e hanno vanificato l’ennesimo sforzo di stabilità del Presidente Mattarella, hanno tolto la possibilità di concludere la legislatura in modo operoso e di affrontare le drammatiche emergenze che coinvolgono la vita degli italiani.
Non sappiamo se tra chi ha voluto questo disastro politico abbia pesato di più l’opportunismo, la strumentalità delle posizioni, la mancanza di senso dello stato o l’indifferenza per la condizione reale dei cittadini. Ora le valutazioni le dovranno fare le elettrici e gli elettori e l’augurio è che non si lascino prendere da un impulso ancora più ampio di sfiducia, ma sappiano distinguere le responsabilità e, soprattutto, sappiano evitare con la loro scelta le condizioni di costante fibrillazione di questa legislatura.
CERTO È CHE SI TRATTA DI UN PASSAGGIO TUTTO A DANNO DEL PAESE E DEGLI ITALIANI, DENTRO E FUORI I CONFINI NAZIONALI.
I fondi europei del Piano nazionale di rilancio e resilienza vanno a forte rischio, l’ultima legge finanziaria non avrà la sua necessaria base di confronto, l’inflazione non troverà una risposta di politica finanziaria adeguata, l’emergenza energetica non si sa in quali mani possa passare, la situazione internazionale e l’impegno per la fine della guerra perderanno un interlocutore autorevole come Draghi, e così via.

IL CREDITO INTERNAZIONALE CHE L’ITALIA AVEVA RIGUADAGNATO IN QUESTI ULTIMI TEMPI SE NE VA A FARSI BENEDIRE.
NON C’È CHE DIRE: COMPLIMENTI VIVISSIMI A QUESTI GRANDI STRATEGHI DELLA POLITICA DA CORTILE.
Per restare ai casi nostri di italiani all’estero, cade la possibilità di approvare la legge di riforma dei COMITES e quella per l’istituzione di una bicamerale, che erano ormai a buon punto; è vanificata la possibilità di uno sforzo organico nella finanziaria per assumere nuovo personale da adibire ai servizi consolari, in stato comatoso; si evita il controllo parlamentare sull’apertura del nuovo anno scolastico all’estero; si interrompe l’impegno di raggiungere, prima che sia troppo tardi, una reale parità assistenziale, previdenziale e fiscale dei lavoratori all’estero rispetto alle condizioni vigenti in Italia. E per necessità mi fermo qui.
Ora i rappresentanti dei partiti del disastro vengano pure tra i connazionali all’estero a dire che vogliono impegnarsi per migliori servizi consolari, per ripristinare le esenzioni per carichi di famiglia, per dare regolarità ai corsi di lingua e così via.
Le cittadine e i cittadini italiani all’estero sapranno come accoglierli e cosa rispondere.
*( Angela SchiròDeputata PD – Rip. Europa – Camera dei Deputati – Piazza Campo Marzio, 42 – 00186 ROMA – Tel. 06 6760 3193 – Cellulare segreteria 3394455531 Email: schiro_a@camera.it)

 

04 – SCHIRÒ (PD): CORDOGLIO PER LA SCOMPARSA DEL PROF. LUCA SERIANNI
La scomparsa di Luca Serianni apre un vuoto profondo nella cultura italiana e, in particolare, negli studi di alta filologia.
Egli, in Italia e all’estero, era riconosciuto come un’autorità indiscutibile nel suo campo, eppure esercitava il suo magistero con un tratto umano misurato e cortese che accresceva stima e ammirazione per la sua figura.
Per noi italiani all’estero, interessati alla buona salute e al prestigio della lingua italiana, era un riferimento che trasmetteva sicurezza e orgoglio.
Di recente, abbiamo avuto l’onore e l’emozione di averlo come interlocutore autorevole nel convegno da me organizzato alla Camera, assieme alla collega Ciampi e alla Prof.ssa Barni, sulla ricerca “Italiano 2020: lingua nel mondo globale” nel quale è intervenuto con la consueta chiarezza di idee e concretezza.
Partecipo al dolore dei familiari per l’inaspettata e drammatica scomparsa e rivolgo un pensiero reverente e affettuoso al Prof. Luca Serianni.
*(Angela Schirò – Deputata PD – Rip. Europa – Camera dei Deputati

05 – GIUSEPPE CIVATI*: CHE COSA SI INTENDE FARE PER EVITARE LO SCHIANTO? SI PREGA DI RISPONDERE ENTRO IL 2023.
BERLUSCONI LASCIA A MONTI, POI BERLUSCONI SOSTIENE MONTI, POI PERÒ SEMPRE BERLUSCONI TOGLIE LA FIDUCIA A MONTI, SI VOTA, BERSANI NON VINCE, 101, NAPOLITANO QUINDI LETTA, POI BERLUSCONI DECADE E ALLORA ALFANO, POI SUBITO DOPO RENZI AL POSTO DI LETTA CON ALFANO E L’AIUTO DI VERDINI DA CASA, POI PERDE IL REFERENDUM E ALLORA GENTILONI, POI SI VOTA E SI PERDE MALE E QUINDI CONTE CON SALVINI, POI SALVINI SI SPIAGGIA E ALLORA CONTE CON ZINGARETTI CON RENZI CHE FA IL GOVERNO MA VA VIA, POI RENZI PROTESTA E ALLORA DRAGHI CON ZINGARETTI CONTE BERLUSCONI SALVINI, POI CONTE PROTESTA E ALLORA DRAGHI CON LETTA BERLUSCONI SALVINI.

SE TOGLIETE LE VIRGOLE È LO STESSO GOVERNO.
Perché, certo, lo sappiamo: siamo in una Repubblica parlamentare, benché il sistema elettorale sia stato stiracchiato in modo indecente per negarlo e per confonderci.

DAL 2011 SI VA AVANTI COSÌ.
Il partito che è stato quasi sempre al governo è il Pd. Il conto dice: dieci anni, con una sola pausa, quella del primo Conte.

SECONDO PARTITO PER TENUTA? IL M5S, QUATTRO ANNI ABBONDANTI.
Berlusconi, il cacciato e poi ancora decaduto, si difende. Un anno con Monti, qualche mese con Letta, poi il ritorno con Draghi.

LA LEGA? ALL’OPPOSIZIONE FINO AL PRIMO CONTE, POI IL PAPEETE, POI IL RITORNO CON DRAGHI, INSIEME A BERLUSCONI.
Le combinazioni sono state provate tutte, quasi fosse un gioco alla Bartezzaghi. Unica eccezione? Giorgia Meloni, che aveva governato con Berlusconi (anche se pare essersene dimenticata), prima dell’inizio di questa lunga stagione.
Sono ore decisive per capire se si possa proseguire senza il M5s, o meglio con un suo pezzo già “staccato” (Di Maio) e con un pezzo in via di staccamento (i “governisti”, una specie rarissima di antisistema che ha perso l’anti). Successe già nel 2013 con Angelino Alfano e un pezzo di Pdl, che si staccò, appunto, per attaccarsi al Pd.

NON CAMBIA NULLA, DIRETE VOI. E INVECE QUALCOSA CAMBIA, PERCHÉ IL PD, IL PARTITO DEL GOVERNO CON TUTTI O QUASI, RIMARRÀ AL GOVERNO, MA IN UN’ALLEANZA IN CUI NON SOLO È MINORITARIO MA SOLTANTO CON LA DESTRA.
Nel frattempo gli si è ristretto il campo largo – minato dal ministro degli Esteri e non solo – e si ritrova senza alleanza, senza strategia e con una politica che tende a coincidere con quella dell’attuale governo e poco altro. Le previsioni dicono che le prossime elezioni politiche saranno una tragedia, ancora peggiore di quella già consumata nel 2018, quando il Pd si assicurò una sconfitta clamorosa, rompendo a sinistra e escogitando il sistema elettorale perfetto per non fare capire niente a nessuno e arrivare terzi (su tre).

È lecito chiedersi quale sia la mossa che Letta abbia in mente. Certo, qualcuno dice che il pugile può sempre abbracciare l’avversario che lo sta “suonando”, anche grazie alla riduzione del numero dei parlamentari, una riforma che, in assenza di riforma elettorale, rende praticamente impossibile formare un governo politico – è un tecnicismo di cui non parla nessuno perché forse questo è l’orizzonte sperato: non vince davvero nessuno e quindi si ricomincia dal 2011, come se niente fosse.
Però in queste ore di incertezza, al Pd è lecito rivolgere una domanda: che cosa si intende fare per evitare lo schianto? Si prega di rispondere entro il 2023.
*(Giuseppe Civati per Ossigeno)

 

06 – PIERO BEVILACQUA*: SUL PESSIMO GOVERNO DRAGHI. IL PEGGIORE DEL GOVERNI POSSIBILI
QUALUNQUE SIA L’ESITO DELLA CRISI DELL’ESECUTIVO, NON ANCORA DEFINITA MENTRO SCRIVO, CREDO CHE NON CI SIA MIGLIORE OCCASIONE DI QUESTA PER UNA RIFLESSIONE NON SUPERFICIALE SUL PRESIDENTE MARIO DRAGHI E IL SUO GOVERNO. Ma prima di entrare nel merito delle scelte dell’esecutivo non si può sfuggire a una considerazione di carattere generale. L’ex presidente della BCE alla guida del Paese mostra una tendenza allarmante di subordinazione diretta della democrazia ai poteri della grande finanza. L’Italia, il più fragile degli stati europei sul piano degli assetti politici, è da sempre un laboratorio sperimentale delle degenerazioni istituzionali delle società capitalistiche. Con Berlusconi abbiamo assistito, primo caso al mondo, al governo diretto dell’esecutivo da parte di un imprenditore mediatico. Con Mario Monti il potere finanziario è venuto a imporci le condizioni della politica di austerità di Bruxelles e ora, con esemplare tempismo, appena ottenuto dal governo Conte l’ingente finanziamento del PNRR, lo stesso e più autorevole potere – con l’aiuto interno di Matteo Renzi e del presidente della Repubblica – lo strappa a un quello legittimo per assicurarlo nelle mani che devono amministrarlo secondo gli interessi dominanti. La rappresentanza politica, il governo, il parlamento, il volere dei cittadini italiani vengono umiliati da una manovra di palazzo e tutti plaudono, sordidamente attenti alla loro borsa e senza un’ombra di perplessità per ciò che accade alla democrazia, alle istituzioni della Repubblica.
Credo che non ci sia viatico migliore per un bilancio dei 516 giorni del governo di Mario Draghi del saggio di Tomaso Montanari, Eclissi di Costituzione. Il governo Draghi e la democrazia, Chiarelettere Milano, 2022, pp145, € 14 Un libretto di analisi circostanziata, tersa, implacabile, una vera lezione di pensiero critico, che mostra errori e miserie dove la grande massa dei commentatori vede mirabilia e ragioni di fervoroso giubilo. Montanari prende in considerazione gran parte delle scelte effettuate dal presidente del Consiglio e sottopone ad esame le varie riforme varate dal governo in questi mesi. Per brevità non mi soffermo sulle scelte di fedeltà atlantica espresse da Draghi fino al fanatismo, in merito all’invasione dell’Ucraina. Posture belliciste che mostrano un finanziere così pronto alla guerra da svelare con quale sollecitudine il potere dei soldi è disposto a trasformarsi in potere bellico per difendere gli interessi che incarna e che rappresenta. Sono invece rilevanti e da rammentare le critiche che l’autore mostra alle varie riforme. Esaminiamo i prodigi realizzati dal governo dei Migliori nel campo della sanità, il settore più debole e travagliato, sconvolto da due anni da una pandemia nel cui vortice stiamo di nuovo rientrando. Ebbene, tutti ci saremmo aspettati , considerata le imponenti risorse messe a disposizione dal PNRR, un piano di investimenti per rafforzare e ammodernare la sanità pubblica, la cui drammatica inadeguatezza è apparsa in tutta la sua solare evidenza. E invece niente. <> C’è solo un piano di riduzione di spese,<> per il 2022 e il 2023. Davvero mirabile, dopo la più devastante pandemia della nostra storia, seconda solo alla Spagnola, si stanziano per la salute dei cittadini 18,5 miliardi di euro, mentre per le grandi opere ne sono previsti ben 31,4 .Un piano che ha in coda la R della resilienza prevede tra l’altro solo 2,49 miliardi per <> mentre si accinge a coprire di cemento altri lembi dei nostri già devastati territori.
Ma una delle riforme più rivelatrici dell’anima classista di Mario Draghi e del suo governo è quella del sistema fiscale.Forte del suo prestigio personale egli poteva quanto meno avviare una politica di reditribuzione della ricchezza in un Paese lacerato dalle disuguaglianze, dove cresce la povertà e aumentano le ricchezze.Ricordo che la relazione della Banca d’Italia, relativa al 2020, mostra un forte incremento deli redditi finanziari delle famiglie , che passano da 4.445 miliardi di fine 2019 a 4.777 del 2020. Con un incremento della quota destinata al risparmi di oltre il 15%, il doppio del 2019.Un ritratto drammatico dell’Italia: mentre milioni di famiglie erano alle prese con le sofferenze della pandemia, con la chiusura dei loro esercizi commerciali e piccole imprese, quelle gia ricche accrescevano il loro reddito. Montanari ricorda che tra il 2020 e il 2021 i miliardari italiani segnalati nella lista Forbes son passati da 36 a 49.Un ingiustizia intollerabile, ma anche un meccanismo che sotto il profilo economico condanna l’Italia ad arretrare: chi non ha non spende perché non può e chi possiede accumula danaro in banca. Ebbene il governo Draghi, non solo non ha toccato questo perverso meccanismo, ma è andato in direzione contraria, premiando i redditi medio alti<>.
Non meno sconcertante appare la riforma della giustizia proposta dalla ministra Cartabia, che per ridurre la durata dei processi, anziché infoltire i ranghi della magistratura e del personale ausiliario accorcia i tempi della prescrizione , imponendo marcie forzate di lavoro ai giudici, con l’elevata probabilità che tutta una classe di reati gravi, come quelli contro l’ambiente, non vengano perseguiti. E sul tema non insistiamo per brevità. Ma sia sufficiente ricordare qui che persino la Commissione europea ha di recente mosso pesanti rilievi a questa cosiddetta riforma.
Per quanto riguarda la scuola, nulla da dichiarare, come si dice alla dogana. E’ sconcertante il nulla che ha caratterizzato la gestione del ministro Bianchi. Dopo due anni di pandemia nessun intervento tecnico-organizzativo all’interno degli edifici scolastici ( ventilazione, diluzione delle classi- pollaio, trasporti, ecc ). Nulla contro la dispersione scolastica, passata dal 7,5% del 2019 al 9,7% del 2022, affrontata come un problema didattico e non sociale. E tacciamo sulla sempre più spinta trasformazione della scuola in un’azienda come le altre.<> lo ha bollatto Chiara Saraceno, scegliendo l’aggettivo più appropriato.
Nel ricchissimo repertorio delle vere e proprie malefatte del governo, in danno della Costituzione, della democrazia, del Paese, contenute nel libro di Montanari, ci riesce difficile trascegliere. Rammentiamo qui almeno la decisione della Camera del 15 luglio 2021, di rifinanziare con una somma di 33 milioni di euro, la guardia libica. Soldi, rammenta l’autore, dati <>. Ma non possiamo chiudere queste note senza ricordare il disegno di legge approvato dal governo a novembre 2021 sulla concorrenza, che si presenta come un vasto programma di privatizzazione dei beni pubblici, delle aziende dei servizi e dei patrimoni dei comuni. E’ forse il piano più devastante che si predispone non solo per affidare al mercato, cioè alla legge del più forte, ogni brandello di economia, ma anche per ridurre al minimo ogni dimensione pubblica.
Sia consentito qui osservare che questo torvo cascame dell’ideologia neoliberistica, mostra come il pensiero di economisti defunti da gran tempo, condizionano la vita dei vivi. E più precisamente in che modo la teoria economica ispirata alla più sfrenata libertà del capitale distrugge l’intima tessitura della società, trasforma le relazioni umane in rapporti economici, corrode, con irresponsabile inconsapevolezza, le basi della nostra civiltà.
*( Piero Bevilacqua, su Left)

 

07 – ANTONIO FLORIDIA*: SE LA DESTRA FA CAPPOTTO A RISCHIARE È LA COSTITUZIONE VERSO IL VOTO. NON UN “CAMPO LARGO”, ORAMAI AFFOSSATO, MA UN ACCORDO “TECNICO”, QUANTO PIÙ AMPIO POSSIBILE. LA QUESTIONE RIGUARDA TUTTI, COMPRESE TUTTE LE LISTE A SINISTRA DEL PD.

Dunque, la situazione è precipitata: e si va al voto con l’attuale, nefasta legge elettorale. E a breve, tutti saranno impegnati a preparare le liste e a costruire le coalizioni. Per questo è opportuno ricordare alcuni “dettagli” di questo sistema elettorale, la legge del Rosatellum, che tanto “tecnici” non sono; anzi, hanno delle forti implicazioni politiche, ed è giusto quindi ricordarli. Quanti si apprestano a compiere le loro scelte strategiche devono attentamente considerarli.
Il Rosatellum, com’è noto, è un sistema “misto”, o meglio sarebbe dire “ibrido”: dopo la riduzione del numero dei parlamentari, ci saranno alla Camera 147 eletti in altrettanti collegi uninominali maggioritari, 8 eletti all’estero, e 245 eletti con il sistema proporzionale (tralasciamo qui il Senato, ma con numeri diversi, il rapporto è questo).

Un aspetto cruciale è legato alle forme di espressione del voto, un voto unico, e strettamente “vincolato” (ricordiamolo bene, il voto “disgiunto” annulla la scheda): se si vota una lista, si vota necessariamente anche il candidato uninominale collegato (che una lista deve sempre indicare); se si vota solo il candidato uninominale, questi voti “esclusivi” vengono comunque redistribuiti proporzionalmente tra le liste di sostegno.

Non occorrono raffinate simulazioni per comprendere un semplice dato di fatto: se una coalizione ottiene il 40-45% dei voti, e lo fa in maniera abbastanza omogenea in tutto il territorio nazionale, e se, dall’altra parte, i suoi contendenti sono divisi tra due o tre coalizioni e alcune liste “isolate”, è del tutto evidente che la coalizione vincente conquisterebbe gran parte dei 147 seggi uninominali e poi una percentuale dei seggi proporzionali analoga alla percentuale dei voti ottenuti. In tal modo, ecco il punto, potrebbe pericolosamente avvicinarsi a quei due/terzi di parlamentari che possono approvare delle modifiche costituzionali, senza possibile ricorso al referendum.

Traduciamo tutto ciò nell’attualità politica: non servono i sondaggi, è evidente che la destra fascio-leghista con l’appendice berlusconiana, per quanto molti stracci siano volati in questi mesi, è compattata dal succulento bottino di seggi che già assapora. E non credo che possa andare sotto al 40% dei voti. Dall’altra parte, al “centro” e a sinistra, si sta profilando un totale sfrangiamento: centristi di varia natura, Pd, M5S, sinistra con il Pd sinistra fuori dal Pd… Insomma la via più certa non solo per una sconfitta, ma per una totale disfatta, che può mettere a rischio la Costituzione.

Si illudono tutti quelli che pensano che aver fatto cadere Draghi penalizzi la destra: la base di consenso della destra italiana, avremmo dovuto oramai capirlo, è radicata profondamente nella cultura e nella storia del nostro paese, ed è un qualcosa che sfugge alla vicende elettorali contingenti (una campagna di pochi giorni, tra agosto e settembre, potrebbe davvero portare a tali sconvolgimenti ? E poi, è sicuro il Pd che l’”agenda Draghi” sia un qualcosa che entusiasmi gli italiani?).
Sembra quindi che ci si avvii, un po’ incoscientemente, verso il baratro. Il gioco del momento è quello di proclamare “mai con questo, mai con quello”, “meglio soli che male accompagnati”, e così via: ma ci si rende conto di dove si va a parare? È evidente che l’unica possibilità, per sperare quanto meno contenere i danni, è quello di costruire, non una “coalizione politica”, ma un “cartello elettorale”, che possa evitare il “cappotto” della destra nei collegi uninominali: potremmo definirla una sorta di “alleanza costituzionale”. È una proposta ingenua o irrealistica? Forse, ma se c’è qualcuno che ha idee migliori si faccia avanti.
Proprio per i caratteri che ho descritto sopra, le “coalizioni” previste dal Rosatellum sono più che altro degli “apparentamenti”, con legami molto deboli, come mostra l’esperienza. E allora, diamo un senso puramente “tecnico” e non politico alla formazione di una coalizione: ogni lista che supera il 3% ha diritto ai propri seggi, e faccia campagna per sé, ma questi voti, sommandosi ad altri, possono concorrere ad evitare che i 147 seggi uninominali siano tutti o quasi vinti dalla destra.
Non un “campo largo” che abbia una base politica, oramai affossato, ma un accordo “tecnico” (che però si fondi su un elemento politico unificante e cruciale: mettere al sicuro la Costituzione), quanto più ampio possibile. La questione riguarda tutti, comprese tutte le liste a sinistra del Pd: i gruppi dirigenti di questi gruppi devono attentamente considerare, tra l’altro, che in questo modo possono sfuggire alla presa del “voto utile”, che non è un ricatto di qualcuno, ma una logica elementare che guida le scelte degli elettori e che li spinge a non sprecare il proprio voto.
Non è tempo di fare gli schizzinosi: servono i voti di tutti, e se qualcuno (a sinistra o al ”centro”) mette “veti” su questo o quello, sarà allora chiaro che farà un gioco “a perdere”, che avvantaggia solo la destra.
*(Fonte Il Manifesto, Antonio Floridia, è dirigente della Regione Toscana, responsabile dei settori «Osservatorio elettorale» e «Politiche per la partecipazione».)

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