n°19 – 07/5/22 – RASSEGNA DI NEWS NAZIONALI E INTERNAZIONALI. NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO

01 – Schirò (Pd): segnalato al ministero del lavoro il mio ordine del giorno sull’assegno unico
02 -Schirò – Ciampi (Pd) – il convegno sulla presentazione della ricerca “italiano 2020: lingua nel mondo globale” è stato un momento di alto confronto e un esempio di dialogo da non lasciare cadere
03 – La Marca (Pd) – relatrice dell’accordo sulla mobilità giovanile tra Italia e Canada: “soddisfazione per l’approvazione alla camera
04 – Ed Yong*: Con la crisi climatica abbiamo creato l’era del pandemicene. Per tutti i virus in circolazione, la nostra epoca è un’opportunità senza precedenti. Le stime parlano di quarantamila virus ospitati nel corpo dei mammiferi ed è plausibile che almeno un quarto di questi potrebbe infettare gli esseri umani.
05 – Naomi Klein*: da, il mondo in fiamme aprile 2014 – tempo climatico contro l’adesso costante. Contro il capitalismo per salvare il clima.
06 – Come varia il livello di partecipazione ai lavori delle camere tra deputati e senatori
I dati sull’assenteismo. La percentuale di assenza dei parlamentari ai lavori delle rispettive camere è un dato importante da monitorare. In questo articolo approfondiremo le differenze di genere ma anche in base ai territori di appartenenza di deputati e senatori.
07 – Zuhair al Jezairy*: la Turchia ha occupato il Kurdistan iracheno e intende restare
08 – Alfiero Grandi.*: Una nuova legge elettorale è indispensabile, ora, si è perso fin troppo tempo!
08- Nel mondo.

 

 

01 – SCHIRÒ (PD): SEGNALATO AL MINISTERO DEL LAVORO IL MIO ORDINE DEL GIORNO SULL’ASSEGNO UNICO

Con lettera del 20/04/2022 il Servizio per il Controllo parlamentare della Camera dei deputati ha provveduto a segnalare al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali il mio Ordine del giorno sull’Assegno unico e gli italiani all’estero, accolto dal Governo nella seduta dell’Assemblea del 24/03/2022, al fine di acquisire elementi conoscitivi in merito al seguito che sarà dato all’impegno del Governo in esso contenuto. E si tratta di un impegno molto importante che spero il Ministero del Lavoro vorrà rispettare ed attuare.

Nel mio Ordine del giorno ricordavo che la nuova normativa sull’Assegno unico universale, così come per ultimo definita dal decreto legislativo n. 230 del 30/12/2021 attuativo della legge delega n. 46/2021, ha abolito a partire dal 1° marzo 2022 le detrazioni per i figli a carico e l’Assegno al nucleo familiare (ANF) per i figli e ha subordinato il diritto all’Assegno unico alla residenza e al domicilio in Italia.

Evidenziavo, inoltre, che sono attualmente migliaia i cittadini italiani residenti all’estero aventi diritto – in virtù di norme nazionali e anche di accordi internazionali – alle detrazioni per figli a carico e/o all’Anf per figli i quali però a partire dal 1° marzo 2022 hanno perso improvvisamente il diritto a tali agevolazioni fiscali, e i quali inoltre a causa della residenza all’estero non potranno tuttavia – in compensazione – avere diritto all’Assegno unico.

Si tratta di cittadini italiani iscritti all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero), lavoratori e pensionati, i quali producono il loro reddito in Italia e pagano le tasse in Italia: tra questi dipendenti e contrattisti delle amministrazioni statali (consolati, ambasciate, etc.); il personale militare italiano in servizio all’estero; il personale docente o non docente, di ruolo e non di ruolo, in servizio presso le istituzioni culturali e scolastiche italiane all’estero; il personale degli Enti pubblici che presti la propria opera lavorativa presso delegazioni o uffici degli Enti stessi all’estero; i lavoratori residenti all’estero che hanno un rapporto di lavoro disciplinato dalla legge italiana per lo svolgimento dell’attività all’estero; i lavoratori autonomi, ivi compresi i liberi professionisti che svolgono all’estero un’attività lavorativa per periodi di tempo limitato, ma che sono iscritti all’AIRE, realizzando opere o prestando servizi assoggettati al regime fiscale italiano; i cittadini temporaneamente o permanentemente all’estero, titolari di pensione corrisposta dallo Stato o da istituti previdenziali italiani (come l’Inps) e tanti altri.

È evidente che il legislatore nell’abolire detrazioni e Anf per figli a carico e nel compensare tale abolizione con l’introduzione dell’Assegno unico non ha considerato le pesanti conseguenze economiche ed umane che l’inesportabilità dell’Assegno unico all’estero avrebbe avuto sui diritti acquisiti dei nostri connazionali titolari di prestazioni che dal 1° marzo si sono visti revocare le detrazioni per i figli a carico e l’ANF (Assegno al nucleo familiare).

La stessa Commissione Affari Sociali della Camera nella sua valutazione dello schema del decreto legislativo sull’Assegno unico aveva espresso parere favorevole sul decreto ma aveva altresì suggerito al Governo di modificare il decreto al fine di salvaguardare i diritti fiscali e previdenziali dei nostri cittadini residenti all’estero.

Il mio Ordine del giorno impegnava quindi il Governo a valutare l’opportunità, in considerazione del fatto che l’Assegno unico non è erogabile all’estero, di programmare e disporre mirati interventi legislativi atti ad introdurre strumenti di salvaguardia dei diritti fiscali e previdenziali acquisiti nel corso degli anni dai nostri connazionali i quali producono reddito e pagano le tasse in Italia, come le detrazioni per i figli a carico e l’Assegno al nucleo familiare per i figli a carico ora abrogati.

Sarebbe opportuno ed urgente che il Ministero del Lavoro passasse dalle parole ai fatti concreti con la predisposizione di una normativa a salvaguardia dei diritti dei nostri connazionali (ricordo che siamo sempre in attesa dei risultati della verifica promessa dall’Inps e dal Ministero del lavoro con il diritto comunitario sulla legittimità di una norma che subordina l’Assegno unico alla residenza in Italia ed esclude dal suo beneficio gli italiani residenti all’estero e che però pagano le tasse in Italia).
*(Angela Schirò, Deputata PD – Rip. Europa – Camera dei Deputati)

 

02 -SCHIRÒ – CIAMPI (PD) – IL CONVEGNO SULLA PRESENTAZIONE DELLA RICERCA “ITALIANO 2020: LINGUA NEL MONDO GLOBALE” È STATO UN MOMENTO DI ALTO CONFRONTO E UN ESEMPIO DI DIALOGO DA NON LASCIARE CADERE – ROMA, 6 MAGGIO 2022

Il convegno da noi promosso con la Prof. Monica Barni e in collaborazione con l’Istituto San Pio V alla Camera, in occasione della presentazione della ricerca Italiano 2020: lingua nel mondo globale. Le rose che non colsi… è stato di fatto un elevato confronto di idee sullo stato della nostra lingua nel mondo e un positivo esempio di dialogo tra specialisti e responsabili amministrativi e istituzionali.

Durante i lavori, è stata più volte evocata l’esigenza dell’ascolto da parte della politica e delle istituzioni rispetto alle istanze provenienti dai soggetti culturalmente più attivi e dinamici, operanti, in questo caso, nel sistema formativo. Riteniamo di poter dire che il confronto di ieri sia stato un’indicazione certo non esclusiva, ma sicuramente significativa e feconda di un metodo da praticare con continuità e attenzione.

Dalla presentazione e dal dibattito sono venuti inoltre spunti e stimoli interessanti e utili, che sarebbe un peccato lasciare cadere.

Lo diciamo con riferimento al nostro lavoro parlamentare, ma anche all’azione delle strutture della nostra Amministrazione che operano per la promozione della lingua e della cultura italiana all’estero e all’iniziativa dei molteplici centri e soggetti che animano la presenza culturale dell’Italia nello scenario globale. Sarà dunque importante cercare di moltiplicare le occasioni di incontro e di dialogo come quella che si è appena realizzata.

Ringraziamo con sincera gratitudine e apprezzamento il Prof. De Nardis e il Prof. Coccia presenti in rappresentanza dell’Istituto di Studi Politici S. Pio V che ha avuto il merito di farsi carico della ricerca e della sua pubblicazione; il Prof. Massimo Vedovelli e l’intero comitato scientifico per l’eccellente e innovativo lavoro svolto, la Prof. Monica Barni per la proposta di collaborazione e per la costante propulsione, il Prof. Luca Serianni e la Prof. Silvana Ferreri per gli alti e autorevoli contributi al dibattito, il Ministro Plenipotenziario Alessandro De Pedys (MAECI), il Direttore Luca Tucci (Min. Istruzione) e la Dott.ssa Francesca Romana Giancola (Min. Università) per la loro disponibilità e i competenti richiami normativi e organizzativi, il Prof. Alessandro Masi (Dante Alighieri), il Dott. Fabrizio Ferragni (Direttore Offerta Estero RAI) e il Prof. Massimiliano De Conca (FLC CGIL) per la ricchezza e l’interesse delle loro proposte, il Dott. Michele Schiavone (CGIE), l’On. Marco Fedi (CO.AS.IT Australia) e il Dott. Tony Màzzaro (IAL-CISL Germania) per la rappresentazione di importanti esperienze realizzate all’estero e le stimolanti indicazioni di lavoro.

Un ringraziamento ai colleghi parlamentari che hanno seguito i nostri lavori: Eva Avossa, Nicola Carè, Graziella Leyla Ciagà, Rosa Maria Di Giorgi, Fucsia Nissoli Fitzgerald, Laura Garavini, Francesca La Marca, Flavia Piccoli Nardelli, Massimo Ungaro.

Un pensiero altrettanto grato rivolgiamo agli operatori della stampa e delle televisioni e a quanti hanno seguito i nostri lavori sia in presenza che a distanza.
*(Le deputate PD, Angela Schirò e Lucia Ciampi )

 

 

03 – LA MARCA (PD) – RELATRICE DELL’ACCORDO SULLA MOBILITÀ GIOVANILE TRA ITALIA E CANADA: “SODDISFAZIONE PER L’APPROVAZIONE ALLA CAMERA”
“Esprimo sincera soddisfazione per l’approvazione di questo provvedimento. L’accordo in materia di mobilità giovanile tra Italia e Canada era atteso da tempo e, sono certa, contribuirà a rafforzare le già ottime relazioni tra i nostri due Paesi, consentendo ai giovani che si affacciano al mondo del lavoro di acquisire una migliore comprensione della cultura, della società e delle lingue attraverso esperienze di viaggio, di lavoro e di vita all’estero”, ha dichiarato Francesca La Marca, relatrice del provvedimento.
L’on. La Marca, intervenendo in Aula per esprimere il voto favorevole del Gruppo del PD, ha ricordato che l’intesa sostituirà il Memorandum del 2006, estendendo per la parte italiana il permesso di lavoro a 12 mesi e inserendo due nuove categorie di partecipanti: Young Professionals, dedicato a coloro i quali, essendo già in possesso di un titolo di studio post-secondario, intendano acquisire un’esperienza lavorativa professionale nel Paese ospite, e International Co-op, rivolto a studenti che, al fine di completare il proprio corso di studi post-secondario, intendano effettuare un tirocinio curricolare su materie correlate al proprio percorso di studio presso un’azienda operante nel Paese ospite.
“L’inserimento di queste due nuove categorie nell’ambito del Accordo – ha sottolineato la deputata democratica – permetterà al nostro Paese di sfruttare tutte le opportunità offerte dal programma “International Experience Canada”, ampliando l’offerta per i giovani italiani che desiderino trascorrere limitati periodi in Canada per acquisirvi esperienza lavorativa”.
Dopo aver illustrato altri punti significativi dell’Accordo, l’on. La Marca ha sottolineato che “l’approvazione dell’Accordo rappresenta un segnale positivo per i giovani italiani e canadesi in cerca di esperienze di lavoro e di qualificazione professionale, soprattutto dopo due anni di restrizioni alla mobilità internazionale imposte dall’emergenza pandemica”. Concludendo il suo intervento, infine, ha auspicato che “nella successiva definizione del numero dei giovani ammessi ai programmi, si tengano in giusta considerazione i legami che contraddistinguono storicamente i rapporti tra il Canada e l’Italia”.

*(On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D. – Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America – Electoral College of North and Central America)

 

04 – ED YONG*: CON LA CRISI CLIMATICA ABBIAMO CREATO L’ERA DEL PANDEMICENE. PER TUTTI I VIRUS IN CIRCOLAZIONE, LA NOSTRA EPOCA È UN’OPPORTUNITÀ SENZA PRECEDENTI. LE STIME PARLANO DI QUARANTAMILA VIRUS OSPITATI NEL CORPO DEI MAMMIFERI ED È PLAUSIBILE CHE ALMENO UN QUARTO DI QUESTI POTREBBE INFETTARE GLI ESSERI UMANI.
La maggior parte di essi non lo fa, perché ha poche possibilità di adattarsi ai nostri organismi. Ma queste opportunità stanno aumentando. I cambiamenti climatici della Terra stanno costringendo gli animali a trasferirsi in nuovi habitat, alla ricerca di condizioni ambientali ideali. Specie che non sono mai coesistite nella stessa area geografica diventeranno vicine di casa e questo sarà l’occasione per migliaia di scambi infettivi nei quali i virus potranno riversarsi in nuovi ospiti e, più tardi, negli esseri umani.

Molti scienziati sostengono che i cambiamenti climatici renderanno le pandemie più probabili, ma un nuovo e pionieristico studio mostra che questo inquietante futuro è già tra noi e sarà difficile affrontarlo.

La rete planetaria di virus e animali selvatici “si sta rimodellando”, mi ha detto Colin Carlson, biologo del cambiamento globale all’università di Georgetown. E “se pensavamo di aver finalmente capito le regole del gioco, per l’ennesima volta la realtà ci ha costretto a fermarci e ci ha spiegato che non è così che funziona la biologia”.

Iceberg, lo studio pubblicato su Nature
Nel 2019 Carlson e il suo collega Greg Albery hanno cominciato a progettare un’enorme simulazione che mappa le aree di distribuzione passate, presenti e future di 3.100 specie di mammiferi. Il modello serve a prevedere la probabilità che si verifichino nuovi spillover (i salti di specie) mano a mano che i territori delle specie cominceranno a sovrapporsi e i virus entreranno in nuovi ospiti inconsapevoli.

La simulazione ha richiesto moltissima potenza di calcolo: “Ogni volta che la facciamo partire, è una spesa enorme”, dice Carlson. E i risultati, che sono stati pubblicati, sono inquietanti. Anche ipotizzando gli scenari climatici più ottimistici, nei prossimi decenni si verificheranno circa trecentomila primi incontri tra specie che normalmente non interagiscono tra loro, causando circa quindicimila spillover.

Il momento di agire per limitare i salti di specie era 15 anni fa. Dobbiamo abituarci all’idea che le pandemie saranno sempre più frequenti

“È abbastanza spaventoso”, dice Vineet Menachery, un virologo dell’università del Texas-Medical Branch. Lo studio suggerisce che il ritmo allarmante con cui virus nuovi o riemergenti hanno causato epidemie negli ultimi decenni “non è anomalo”, mi ha spiegato Menachery, “anzi indica quel che dobbiamo aspettarci, e magari anche a ritmo accelerato”.

Carlson e Albery hanno ironicamente intitolato il loro studio Iceberg, per indicare una minaccia enorme, e per lo più nascosta, con la quale siamo già in rotta di collisione senza rendercene conto. La loro simulazione ha infatti rivelato che i virus dei mammiferi sono già stati drammaticamente rimescolati, probabilmente in modo non più reversibile: nemmeno se tutte le emissioni di carbonio finissero domani. L’antropocene, un’epoca definita dal potere che l’umanità esercita sulla Terra, è anche segnata dal potere che i virus hanno su di noi: siamo entrati nel pandemicene. “Il momento in cui agire per bloccare il cambiamento climatico ed evitare un aumento della trasmissione virale era 15 anni fa”, mi ha detto Carlson. “Siamo in un mondo che è 1,2 gradi più caldo rispetto ai livelli preindustriali e non possiamo fare marcia indietro. Dobbiamo prepararci all’idea che le pandemie saranno sempre più frequenti”.

Serbatoi di virus
Lo studio Iceberg suggerisce che i nuovi spillover seguiranno regole sorprendenti. L’équipe, per esempio, aveva ipotizzato che questi eventi potrebbero concentrarsi nell’Artico, perché le temperature in aumento spingono gli animali verso latitudini più alte e più fresche. Ma se due specie si spostano verso nord in parallelo non cambia nulla. Il vero dramma, invece, si verifica quando gli animali cercano altitudini più alte e fresche e quelli che vivevano sui versanti opposti di una montagna si ritrovano sulla cima. Questo suggerisce che gli spillover non si concentreranno ai poli, ma nelle parti montuose e ricche di biodiversità dell’Africa tropicale e del sudest asiatico.

Il sudest asiatico sarà l’epicentro di spillover frequenti, anche perché qui vivono moltissime specie di pipistrelli. Volare dà a questi animali flessibilità, permettendo loro di reagire ai cambiamenti climatici più rapidamente di altri mammiferi e di portare i loro virus più lontano. I pipistrelli del sudest asiatico sono inoltre altamente diversificati e tendono ad avere aree di diffusione ridotte, che non si sovrappongono. “Se li scuoti come un globo di neve, si generano un sacco di primi incontri tra animali diversi ”, dice Carlson.

Eventi del genere saranno problematici anche in altre parti del mondo. In Africa, i pipistrelli sono probabilmente i serbatoi naturali dell’ebola. Tredici specie potrebbero potenzialmente portare con sé il virus e mano a mano che il riscaldamento globale li costringerà a disperdersi, entreranno in contatto con quasi 3.700 nuove specie di mammiferi, il che potrebbe provocare quasi cento spillover. Finora i più grandi focolai di ebola si sono verificati in Africa occidentale, ma secondo Carlson, nel giro di pochi decenni, la malattia potrebbe facilmente diventare un problema più serio anche per la parte orientale del continente. “E questo è emblematico dell’intera situazione”: tutte le malattie di origine animale muteranno probabilmente in modi altrettanto preoccupanti.

Nel cortile di casa
Questi rimescolamenti sono una cattiva notizia per pipistrelli e altri animali, che dovranno confrontarsi con infezioni sconosciute, oltre che con gli sconvolgimenti derivanti dal cambiamento climatico. L’introduzione anche solo di una nuova malattia può rimodellare un ecosistema e negli ultimi decenni si sono verificate molte di queste epidemie della fauna selvatica. “Per le specie a rischio estinzione, colonizzare nuovi habitat ed essere bombardate da patogeni sconosciuti non aumenta di certo le probabilità di sopravvivere”, dice Carlson.

E gli spillover che inizialmente si verificano tra altri mammiferi potrebbero un giorno colpire anche noi: il virus originale della sars è passato dai pipistrelli agli umani attraverso gli zibetti e l’hiv è giunto a noi dalle scimmie passando attraverso scimpanzé e gorilla. Affinché un virus animale si trasmetta agli esseri umani, la geografia, la compatibilità biologica e altri fattori devono allinearsi in un determinato modo. Ogni evento, di per sé, è improbabile: immaginate di giocare alla roulette russa usando una pistola con un milione di culatte. Con i cambiamenti climatici in atto, però, è come se riempissimo di proiettili un numero sempre maggiore di quelle culatte e allo stesso tempo premessimo il grilletto sempre più di frequente. Carlson non sa dire se il rimescolamento virale causato dai cambiamenti climatici sia direttamente responsabile dell’attuale pandemia, ma certamente rende tali eventi più probabili.

La simulazione di Iceberg ha anche mostrato che tali eventi saranno sproporzionatamente più comuni nelle aree con maggiore probabilità di essere colonizzate dall’uomo o usate come terreno coltivabile. “Le specie si sposteranno verso spazi di maggiore altitudine e più stabili dal punto di vista ambientale, cioè dove abbiamo costruito le città”, mi ha detto Carlson. Questa infelice coincidenza significa che i luoghi dove i loro virus si trasferiranno all’interno di nuovi ospiti “sono proprio i nostri cortili di casa”.

Il vaso di Pandora
Diversi casi studio suggeriscono che le previsioni di Iceberg sono solo la punta… Inutile ripeterlo. Per esempio, lo scioglimento del ghiaccio marino ha recentemente permesso a un virus che normalmente infetta le foche dell’Atlantico del nord di contagiare le lontre marine del Pacifico occidentale. Ma gli studi di Iceberg, ironia della sorte, non hanno preso in considerazione né lo scioglimento dei ghiacci né i mammiferi marini. Mancano anche gli uccelli, che ospitano un loro gruppo specifico di virus, tra cui diversi e pericolosi ceppi d’influenza. Non sono stati considerati nemmeno potenziali agenti patogeni diversi dai virus, come funghi o batteri. “Non credo che stiano esagerando il problema”, ritiene Raina Plowright, un’esperta di spillover alla Montana state university. Secondo lei gli effetti del cambiamento climatico sono aggravati, in modi imprevedibili, dalla perdita di habitat e da altre forze distruttive che potrebbero costringere le specie a muoversi e mescolarsi ancora di più rispetto a quanto simulato da Iceberg.

Il cambiamento climatico, le pandemie e la sesta estinzione di massa, sono parti intrecciate dello stesso gigantesco problema

È quel che sta già succedendo. All’inizio, Carlson e Albery avevano ipotizzato che i cambiamenti del modello si sarebbero verificati nella seconda metà di questo secolo. La loro simulazione, invece, suggerisce che potremmo stare già attraversando l’era del picco degli spillover. E il problema peggiorerà con il riscaldamento globale. Le temperature sono già abbastanza alte, e così la maggior parte dei rimescolamenti virali previsti è già in atto o è sul punto di accadere. Con sorpresa e sgomento di Carlson, questa constatazione varrà anche se d’ora in poi ridurremo con successo le emissioni di gas serra. Le ragioni per ridurle sono molte e valide, ma il pandemicene non è tra queste. Il vaso è stato aperto e provare a richiuderlo, ormai, è inutile.

Le rivelazioni sono “così grandi e pesanti da sostenere che, anche mentre le stavamo scrivendo avremmo preferito non farlo”, ha detto Carlson. Ma nonostante ogni tentativo che lui e Albery hanno fatto per smentire il loro stesso lavoro, la simulazione ha continuato a ripresentare gli stessi scenari. E confermano che tre delle più grandi minacce alla nostra esistenza – cioè il cambiamento climatico, le pandemie e la sesta estinzione di massa – sono in realtà parti intrecciate dello stesso gigantesco problema. Per affrontarlo “abbiamo bisogno di scienziati atmosferici che parlino con gli ecologisti, che si confrontino con i microbiologi, che a loro volta comunichino con i demografi”, mi ha detto Rachel Baker, la cui ricerca a Princeton si concentra su clima e malattie.

Lo studio “non è confortante”, ma è importante essere informati, mi ha detto Sadie Ryan, una geografa medica dell’università della Florida. Gli sforzi per intercettare virus pericolosi che trovano rifugio nella fauna selvatica potrebbero concentrarsi nelle aree dove questi animali migreranno e non solo nei territori che occupano oggi. L’intelligenza artificiale renderà più facile individuare gli agenti patogeni più minacciosi, e così i vaccini possono essere preparati in anticipo, con tempi più rapidi rispetto a prima.

Ma le pandemie sono imprevedibili per natura, e nessuno sforzo di prevenzione farà scomparire del tutto i rischi. Il mondo deve essere pronto per affrontare anche quei virus che inevitabilmente sfuggiranno alle maglie del sistema di profilassi.

Questo significa rafforzare la sanità pubblica, i sistemi sanitari e le reti di sicurezza sociale. Ma anche affrontare tutti i problemi che avevamo prima del covid, quelli che hanno reso il mondo così vulnerabile all’attuale pandemia e lo renderanno vulnerabile nei confronti della prossima.

Il mondo, nel suo desiderio di andare oltre il covid-19, sta già dimenticando le lezioni del passato più recente, e dà forse per scontato che una crisi del genere, che definisce una generazione, si verifichi appunto soltanto una volta ogni generazione. “Ma no, tutto questo potrebbe accadere di nuovo domani”, mi ha detto Carlson. E “se per molti virus dovesse verificarsi un salto di specie”, potremmo essere colpiti da pandemie multiple allo stesso tempo.
Carlson sembrava agitato quando gli ho parlato e mascherava l’ansia che gli deriva dalle nuove scoperte con un umorismo macabro. Mi ha detto che lo studio Iceberg è stato la cosa più difficile ma anche la più importante che abbia mai fatto. Lui e Albery hanno lavorato al progetto dal piccolo appartamento che condividevano all’inizio della pandemia. Hanno conservato sul frigorifero il tovagliolo da bar su cui avevano abbozzato il titolo del loro futuro articolo. Gli inquietanti risultati dello studio sono stati un peso enorme da sopportare, ma lo hanno condiviso insieme alla loro équipe. Il loro articolo è stato pubblicato su Nature, il mondo saprà e Carlson interverrà davanti al congresso degli Stati Uniti per spiegare la necessità di prepararsi a nuovi spillover. “E poi”, mi ha detto, “ci metteremo al lavoro per risolvere il problema”.
( Ed Young, , Questo articolo è uscito sul sito del mensile statunitense The Atlantic traduzione di Federico Ferrone.).

 

05 – Naomi Klein*: DA, IL MONDO IN FIAMME APRILE 2014 – TEMPO CLIMATICO CONTRO L’ADESSO COSTANTE. CONTRO IL CAPITALISMO PER SALVARE IL CLIMA.

L’ATMOSFERA, “CHIAMATA SILA O LA MENTE-SOFFIO DEL MONDO DAGLI INUIT, NILCH’I, O VENTO SACRO, DAI NAVAJO, RUACH, O SPIRITO IRRUENTE, DAGLI ANTICHI EBREI”, ERA “LA DIMENSIONE PIÙ MISTERIOSA E SACRA DELLA VITA”.

“La crisi climatica ci è scoppiata in grembo in un momento della stona in cui le condizioni politiche e sociali erano ostili come non mai a un problema di questa natura e grandezza, cioè la fine degli spumeggianti anni ottanta, la rampa di lancio della crociata per diffondere nel mondo il capitalismo senza regole. ”

QUESTA È UNA STORIA DI TEMPISMO SBAGLIATO.
Uno degli effetti più fastidiosi dell’estinzione da cambiamento climatico è quello che gli ecologi chiamano “mismatch” o “mistiming”, cioè quando il riscaldamento fa in modo che gli animali siano sfasati temporalmente rispetto a una fondamentale fonte di cibo, in particolare nella stagione delle nascite, quando non riuscire a trovare abbastanza cibo può determinare un rapido calo della popolazione.
Per esempio, i modelli migratori di tante specie canore si sono evoluti nei millenni in modo che le uova si schiuda-no esattamente quando le fonti di cibo come i vermi sono al massimo dell’abbondanza, fornendo ai genitori tutto il nutrimento necessario per la prole affamata. Ma dato che oggi la primavera arriva spesso in anticipo, anche i vermi nascono prima, il che significa che in certe aree sono meno abbondanti quando vengono alla luce i pulcini, con una se-rie di possibili effetti a lungo termine sulla sopravvivenza.
Allo stesso modo, nella Groenlandia occidentale, i cari-bù arrivano nei terreni della figliatura solo per scoprire di essere sfasati con le piante da pascolo su cui si sono basati per millenni e che ora crescono in anticipo a causa delle temperature più alte. Questo sfasamento lascia una femmina di caribù con meno energia per l’allattamento, la riproduzione e il nutrimento dei piccoli, un mismatch che è stato collegato alle brusche diminuzioni delle nascite e del tasso di sopravvivenza.
Gli scienziati stanno studiando i casi di sfasamento da clima in decine di specie, dalle sterne artiche alle balie nere. Però stanno trascurando una specie importante: noi. Gli Homo sapiens. Anche noi soffriamo di un tragico esempio di sfasamento legato al clima, per quanto più in senso storico-culturale che biologico. Il nostro problema è che la crisi climatica ci è esplosa in grembo in un momento della storia in cui le condizioni politiche e sociali erano ostili come non mai a un problema di questa natura e grandezza – cioè la fine degli spumeggianti anni ottanta, la rampa di lancio della crociata per diffondere nel mondo il capitalismo senza regole. Il cambiamento climatico è un problema collettivo che esige un’azione collettiva di una portata che l’umanità non ha mai realmente raggiunto. Eppure è entrato nell’immaginario collettivo nel bel mezzo di una guerra ideologica scatenata proprio sul concetto di sfera pubblica.
Questa mancanza estremamente infelice di sincronia ha creato tutta una serie di ostacoli alla nostra capacità di rispondere con efficacia a questa crisi. Ha significato che il potere delle grandi aziende era in ascesa nel momento stesso in cui avevamo bisogno di imporre controlli senza precedenti sul comportamento delle imprese per proteggere la vita sulla Terra. Ha significato che “regolamenti” era una parola sporca proprio quando avevamo più bisogno di questi controlli. Ha significato che eravamo governati da una classe politica che sapeva solo smantellare e affamare le strutture pubbliche proprio quando avevano più bisogno di essere ripensate e rafforzate. E ha significato che siamo soggetti a un apparato di accordi “di libero scambio” che legano le mani ai legislatori proprio quando hanno bisogno del massimo di flessibilità per ottenere una massiccia transizione energetica.
Affrontare queste plurime barriere strutturali all’avanzata verso la prossima economia sarà il compito cruciale di qualsiasi movimento climatico serio in parallelo all’arti-colazione di un’immagine accattivante dello stile di vita post-carbonio. Ma non è l’unico compito in vista. Dobbiamo affrontare anche il modo in cui lo sbilanciamento tra il cambiamento climatico e il dominio liberista ha creato barriere entro noi stessi, rendendo più arduo dedicare alle più incalzanti crisi umanitarie qualcosa che ecceda un’occhiatina furtiva e terrorizzata. Perché la nostra vita quoti-diana è stata alterata sia dal mercato che dal trionfalismo tecnologico, perciò ci mancano tanti strumenti esplorativi atti a convincerci che il cambiamento climatico è davvero un problema urgente, per non parlare della fiducia a credere che un modo diverso di vivere sia possibile.
Non c’è nulla di strano: proprio quando avevamo bisogno di unirci, la nostra sfera pubblica si stava disintegrando, proprio quando avevamo bisogno di consumare di meno, il consumismo ha conquistato praticamente qualsiasi aspetto della nostra vita, proprio quando avevamo bi-sogno di rallentare per comprendere, abbiamo accelerato, e proprio quando avevamo bisogno di orizzonti temporali più ampi siamo riusciti a vedere solo l’immediato presente, intrappolati nell’eterno adesso dei nostri social media costantemente aggiornati.
È questo il nostro sfasamento da cambiamento climatico, e ha ripercussioni non solo sulla nostra specie ma potenzialmente anche su tutte le altre specie nel pianeta.
La notizia positiva è che, diversamente dalle renne e dagli uccelli canori, noi umani siamo benedetti dalla capacità di ragionamento avanzato e quindi sappiamo adattarci più consciamente, cambiare i nostri schemi comporta-mentali con velocità rimarchevole. Se le idee che regolano la nostra cultura ci impediscono di salvarci, allora è in nostro potere cambiare queste idee. Però, prima che ciò possa succedere, dobbiamo capire la natura del nostro personale sfasamento climatico.

SAPPIAMO SOLO ESSERE CONSUMATORI
Il cambiamento climatico esige che consumiamo di meno, ma sappiamo solo essere consumatori. Il cambia-mento climatico non è un problema che possiamo risolvere semplicemente cambiando ciò che compriamo, una ibrida invece di un suv, qualche carbon offset ogni volta che saliamo su un aereo. Nel suo cuore pulsante, è una crisi nata dal sovra-consumo da parte dei relativamente ricchi, e questo significa che i più maniacali consumatori al mondo dovranno consumare meno affinché gli altri possano avere abbastanza da vivere.
Il problema non è la “natura umana”, come ci dicono spesso. Non siamo nati costretti ad acquistare tanto, e nel recente passato siamo stati felici (in molti casi più felici) consumando parecchio di meno. Il problema è il ruolo esagerato che il consumo è arrivato a recitare nella nostra specifica epoca.
Il tardo capitalismo ci addestra a creare noi stessi tramite le nostre scelte di consumo: lo shopping è il modo in cui formiamo la nostra identità, troviamo una commi ibi e ci esprimiamo. Quindi dire alla gente che non può acqui stare quanto vuole perché i sistemi di supporlo del pianeta sono sovraccarichi potrebbe essere visto come una sorta di aggressione, pari a dir loro che non possono essere real-mente se stessi. Probabilmente è per questo che, delle tre R originali, riduzione, riuso, riciclo, solo la terza è stata un fattore trainante dato che permette di continuare a far compere fin quando sbattiamo i rifiuti nel cassonetto giusto.(7) Le altre due, che impongono che si consumi di meno, erano praticamente già fallite in partenza.

IL CAMBIAMENTO CLIMATICO È LENTO, MA NOI SIAMO VELOCI.
Quando sfrecci attraverso la campagna a bordo di un treno superveloce, sembra che tutto quello davanti a cui passi stia fermo, persone, trattori, le auto nelle stradine. Ovviamente non lo è. Si muove, ma a una velocità talmente bassa rispetto al treno da sembrare immobile.
Succede così anche con il cambiamento climatico. La nostra cultura, alimentata dai combustibili fossili, è quel treno ultraveloce che vola verso il prossimo resoconto trimestrale, la prossima tornata elettorale, la prossima distrazione o conferma della propria personalità tramite il nostro smartphone o tablet. Il clima che cambia è come il panorama fuori dal finestrino: dal nostro punto di vista in celere movimento può sembrare statico, ma si muove, il suo lento progresso è misurabile in base all’arretramento delle calotte polari, al salire dei mari e agli incrementi frazionali della temperatura. Se non lo controlliamo, quasi sicuramente il cambiamento climatico accelererà abbastanza da catturare la nostra attenzione frammentaria, anche perché intere nazioni isolane cancellate dalla carta e le super-tempeste che allagano le città tendono a farlo. Ma a quel punto potrebbe essere troppo tardi perché i nostri interventi possano servire a qualcosa, dato che probabilmente sarà cominciata l’era oltre il punto di non ritorno.

IL CAMBIAMENTO CLIMATICO È LOCALIZZATO, E NOI SIAMO UBIQUI
Il problema non è solo che ci muoviamo troppo alla svelta, è anche che l’ambito nel quale si palesano i cambia-menti è fortemente localizzato: lo sboccio anticipato di quel particolare fiore, il ghiaccio insolitamente sottile sopra un lago, la linfa che non scorre in un acero, l’arrivo ritardato di un uccello migratore. Poter notare questo genere di sottili cambiamenti necessità di un contatto intimo con uno specifico ecosistema. Questo genere di comunione avviene soltanto quando conosciamo a fondo un posto, non solo come scenario ma anche come fonte di sostentamento, e quando il sapere locale è trasmesso come un dovere sacro da una generazione all’altra.
Ma avviene sempre più di rado nel mondo urbanizzato e industrializzato. Pochi di noi vivono dove sono sepolti i loro antenati. Molti di noi abbandonano la propria casa a cuor leggero, per un nuovo lavoro, una nuova scuola, un nuovo amore. E facendo ciò, ci stacchiamo dall’eventuale conoscenza del posto che siamo riusciti ad accumulare nella precedente sosta, e anche dalla conoscenza ammassata dai nostri antenati (che, nel mio caso come in tanti al-tri, sono essi stessi emigrati a più riprese).
Persino per coloro che sono riusciti a rimanere nel nido, l’esistenza quotidiana è sempre più scollegata dai luoghi fisici in cui viviamo. Trascorriamo gran parte della nostra vita passando attraverso i portali degli schermi e navighiamo nel mondo fisico non con i nostri sensi ma usando le app del telefono.
Siamo schermati dagli elementi naturali dalle nostre case, auto e luoghi di lavoro climatizzati, pertanto i cambiamenti che si dipanano nel mondo naturale ci passano accanto senza lasciar traccia. Potremmo anche non immaginare che una siccità storica stia distruggendo i raccolti delle fattorie che circondano le case di città dato che i supermercati ancora espongono piccole montagne di prodotti importati, e altri ne arrivano ogni giorno via camion. Ci vuole qualcosa di enorme, come un uragano che superi tutti i livelli precedenti di acqua alta o un’alluvione che di-strugga migliaia di abitazioni perché la gente noti che c’è qualcosa che non va. E persino allora abbiamo difficoltà a trattenere a lungo questa cognizione dato che siamo spinti rapidi verso la prossima crisi prima che queste verità abbiano la possibilità di essere assimilate.(8)
Intanto il cambiamento climatico è molto indaffarato ad aggiungere ogni giorno nuove persone alle schiere degli sradicati mentre le calamità naturali, i mancati raccolti, il bestiame affamato e i conflitti etnici innescati dal clima costringono altra gente a lasciare la propria casa ancestrale. E a ogni migrazione umana si perdono altri legami cruciali con un posto specifico, lasciando sempre meno perso-ne con gli strumenti necessari per ascoltare attentamente la Terra.

LONTANO DAGLI OCCHI, LONTANO DAL CUORE
I fattori inquinanti del clima sono invisibili, e noi abbiamo smesso di credere a ciò che non possiamo vedere. Quando l’ex amministratore delegato della Bp Tony Hayward ci disse che non dovevamo preoccuparci del petrolio e dei solventi chimici finiti in gran quantità nel Golfo del Messico dopo il disastro della Deepwater Horizon perché “è un oceano immenso”, stava solo dando voce a una delle credenze più care della nostra cultura: che quanto non possiamo vedere non ci farà male, anzi, esiste a stento.
Una gran parte della nostra economia si basa sull’assunto che ci sia sempre un “altrove” nel quale possiamo gettare i nostri rifiuti. C’è sempre l’altrove in cui finisce il nostro pattume quando viene tolto dall’asfalto, e in cui vanno i nostri liquami quando sono gettati nello scarico. C’è l’altrove in cui i minerali e i metalli che formano le nostre merci sono estratti, e l’altrove in cui queste materie prime sono trasformate in prodotti finiti. Ma la lezione dello sversamento Bp, per usare le parole dell’ambientalista Timothy Morton, è che il nostro è “un mondo in cui non c’è un ‘altrove’”.
Quando pubblicai No Logo a cavallo del secolo, i lettori scoprirono scioccati le condizioni ingiuste in cui erano fabbricati i loro vestiti e gadget. Ma quasi tutti abbiamo poi imparato a conviverci, non a giustificarlo, per essere esatti, però a rimanere in uno stato di costante oblio dei costi reali del nostro consumo. Gli “altrove” di quelle fabbriche erano scivolati ampiamente nell’oblio.
È uno dei paradossi del sentirsi dire che viviamo in un’era di connessioni senza precedenti. È vero che possiamo comunicare, e lo facciamo, a distanze inaudite con una facilità e una velocità inimmaginabili solo una generazione or sono. Ma nel bel mezzo di questa rete globale della chiacchiera, in qualche maniera riusciamo a essere meno connessi alle persone con cui siamo collegati a livelli di assoluta vicinanza: le giovani delle fabbriche del Bangladesh, vere e proprie trappole per incendi, che cuciono i vestiti che indossiamo, o i bambini della Repubblica Democratica del Congo con i polmoni pieni della polvere delle miniere di cobalto per i nostri telefoni, ormai un prolungamento delle nostre braccia. La nostra è un’economia di fantasmi, di voluta cecità.
L’aria è l’invisibile per antonomasia, e i gas serra che la riscaldano sono i nostri fantasmi più inafferrabili. Il filosofo David Abram ci ricorda che per gran parte della storia umana è stata precisamente questa caratteristica invidiabile a conferire all’aria il suo potere e a imporre il nostro rispetto. L’atmosfera, “chiamata Sila o la mente-soffio del mondo dagli inuit, Nilch’i, o Vento sacro, dai navajo, Ruach, o spirito irruente, dagli antichi ebrei”, era “la dimensione più misteriosa e sacra della vita”.

Ma oggigiorno “ci accorgiamo di rado dell’atmosfera che transita tra due persone”. Essendoci dimenticati dell’a- ria, scrive Abram, l’abbiamo resa la nostra fogna, “la perfetta discarica degli indesiderati scarti delle nostre industrie… Persino il fumo più opaco e acre che erutta dai camini e dalle marmitte si dissiperà e disperderà, sempre e definitivamente dissolvendosi nell’invisibile. È andato. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”.

LA DIMENSIONE TEMPORALE CHE CI SFUGGE
Un altro fattore che rende il cambiamento climatico tanto arduo da afferrare per molti di noi è che viviamo in una cultura dell’eterno presente, che si stacca volutamente tanto dal passato che ci ha creati quanto dal futuro che influenziamo con le nostre azioni. Il cambiamento climatico riguarda il modo in cui ciò che abbiamo fatto generazioni or sono influenzerà ineluttabilmente non solo il presente ma le generazioni future. Questi rapporti temporali sono un idioma che per quasi tutti noi è divenuto una lingua straniera in questi tempi digitalizzati.
Non è questione di giudizi sui singoli o di fustigarci per la nostra mancanza di profondità e di radici o per la nostra attenzione frammentària. Significa piuttosto riconoscere che quasi tutti noi che viviamo nei centri urbani e nei paesi ricchi siamo i prodotti di un progetto industriale, legato intrinsecamente e storicamente ai combustibili fossili, poi esaltato al cubo dalla tecnologia digitale.
Così come siamo già cambiati, potremmo cambiare di nuovo. Dopo aver ascoltato una conferenza del grande poeta contadino Wendell Berry sul fatto che tutti abbiamo il dovere di amare la nostra “casa” più di qualsiasi altra cosa, gli ho chiesto se aveva un consiglio da dare alle persone sradicate come me e i miei amici, che veniamo risucchiati nei nostri schermi e sembriamo sempre alla ricerca di una comunità in cui mettere radici. “Fermatevi in qual-che punto, e avviate il processo millenario di conoscere quel posto,” ha risposto.
E un ottimo consiglio a più livelli. Perché, per vincere questa battaglia esistenziale, tutti noi abbiamo bisogno di un posto in cui stare.

(7) Inoltre ora sappiamo che buona parte della terza R è ininfluente: nelle città di tutto il Nordamerica enormi quantità di contenitori di plastica per il cibo e delle pubblicità che i consumatori ritenevano finissero nei depositi di riciclaggio per essere trasformati in oggetti più utili vanno invece dritto filato nelle discariche o vengono incenerite, entrambe potenti fonti di gas sen a. Questo perché nel 2018 la Cina ha pesantemente ridotto la quantità di ritinti riciclabili che è disposta ad accettare dato che questo settore ha bassi margini rii guadagno e ha accusato gravi ricadute sanitarie e ambientali.
(8) Ho scritto a un’amica di Los Angeles per sapere come va dopo che un enorme incendio ha circondato la città come una bestia dell’apocalisse. “Ci sono stati alcuni giorni in cui l’aria era così fitta che sembrava il fumo passivo in un night anni ottanta e tutti parlavano solo di piani di evacuazione,” mi ha risposto. “Ma ora sono tornati tutti quanti alle loro faccende e mi viene da chiedermi che cosa ci vorrà perché la gente… non lo faccia.” Già, che cosa ci vorrà?
*(Fonte: Naomi Klein: da, il mondo in fiamme aprile 2014 – TEMPO CLIMATICO CONTRO L’ADESSO COSTANTE. Il Mondo in fiamme. Contro il capitalismo per salvare il clima.)

 

 

06 – (*)COME VARIA IL LIVELLO DI PARTECIPAZIONE AI LAVORI DELLE CAMERE TRA DEPUTATI E SENATORI, I DATI SULL’ASSENTEISMO. LA PERCENTUALE DI ASSENZA DEI PARLAMENTARI AI LAVORI DELLE RISPETTIVE CAMERE È UN DATO IMPORTANTE DA MONITORARE. IN QUESTO ARTICOLO APPROFONDIREMO LE DIFFERENZE DI GENERE MA ANCHE IN BASE AI TERRITORI DI APPARTENENZA DI DEPUTATI E SENATORI.

Il livello di partecipazione di deputati e senatori ai lavori delle rispettive aule è un tema che riscuote sempre grande attenzione. Specie nella delicata situazione attuale in cui il nostro paese si ritrova a fare i conti con le conseguenze della guerra in Ucraina, a gestire la delicata fase di transizione successiva alla fine dello stato di emergenza, oltre che a portare avanti il piano nazionale di ripresa e resilienza rispettando le scadenze previste.
In base ai dati più recenti, relativi al 5 aprile scorso, possiamo osservare come la percentuale media di assenza sia del 15% circa. Il livello di assenteismo però è significativamente più alto alla camera rispetto al senato.
A PALAZZO MADAMA INFATTI LE ASSENZE MEDIE SI ATTESTANO AL 7,8% MENTRE A MONTECITORIO AL 18,2%, UNA DIFFERENZA DI OLTRE 10 PUNTI PERCENTUALI.
LEGGI ANCHE IL GOVERNO FATICA ANCORA NEL RISPETTO DELLE SCADENZE DEL PNRR.
15,3% LA PERCENTUALE MEDIA DI ASSENZA ALLE VOTAZIONI DEI PARLAMENTARI.
In questo articolo approfondiamo una serie di aspetti legati al tasso di assenteismo dei parlamentari. Sia per quanto riguarda le differenze di genere che il territorio di elezione. Sotto il primo punto di vista vedremo come le senatrici siano mediamente più presenti rispetto ai loro colleghi uomini, mentre tra deputate e deputati vi è un sostanziale parità. Per quanto riguarda il secondo aspetto invece alla camera i rappresentanti meno presenti sono quelli di Abruzzo e Lazio. Mentre in senato sono i toscani e i veneti.
COME SI CONTEGGIANO LE ASSENZE DEI PARLAMENTARI
In base ai regolamenti di camera (articolo 48 comma 1) e senato (articolo 1 comma 2), i parlamentari sono tenuti a partecipare ai lavori delle rispettive aule. Tuttavia deputati e senatori spesso, oltre ai lavori in assemblea, svolgono anche altre attività durante il mandato (incontri sul territorio, partecipazione a riunioni di partito, convegni etc.).
Un’alta percentuale di assenze contribuisce a screditare il parlamento agli occhi dell’opinione pubblica.
Per questo è importante fare una distinzione tra assenze tout court e missioni. Rientrano in questa seconda tipologia tutte le mancate partecipazioni attribuibili ad impegni istituzionali (come ad esempio le assenze dovute a incarichi di governo). In questo caso l’assenza è giustificata e al parlamentare non viene nemmeno decurtata la diaria (cioè il rimborso per le spese di soggiorno a Roma). Questa disciplina però presenta diversi aspetti che ancora oggi risultano poco trasparenti, ne abbiamo parlato approfonditamente in questo articolo.
Ma come si monitora la presenza di deputati e senatori? È necessario conteggiare la partecipazione ad ogni singola sessione di voto. Ciò perché all’interno di una seduta si possono svolgere anche più votazioni: la presenza in aula all’inizio dei lavori quindi non significa necessariamente che un parlamentare parteciperà all’intera seduta.
È possibile ricavare i dati sulle presenze dei parlamentari dai risultati delle votazioni elettroniche. Vi sono però problemi di trasparenza e completezza. Vai a “Come si contano assenze, presenze e missioni parlamentari”
Nella stragrande maggioranza dei casi, il voto avviene in forma elettronica. I dati relativi all’andamento di questi scrutini sono quindi uno strumento fondamentale per monitorare l’attività del parlamento e dei suoi membri. Da inizio legislatura ce ne sono state 10.562 alla camera e 7.703 al senato (ultimo aggiornamento: 5 aprile 2022). È su questa base che possiamo valutare il livello di partecipazione ai lavori delle camere.
18.265 votazioni elettroniche effettuate dall’inizio della legislatura.
Per analizzare compiutamente i dati che seguono tuttavia è importante tenere presente anche altri due elementi. Il primo riguarda il fatto che i regolamenti non prevedono la registrazione del motivo dell’assenza al voto. Non è quindi possibile distinguere l’assenza ingiustificata da quella, ad esempio, per ragioni di salute. Inoltre, il senato, a differenza della camera, contempla anche il caso del “presente non votante”. Si tratta dell’eventualità in cui un senatore o una senatrice pur essendo presente in aula decida deliberatamente di non partecipare al voto. In questo caso i rappresentanti sono comunque considerati come presenti.
I DATI DELLA XVIII LEGISLATURA
In base ai dati relativi alle assenze durante le votazioni elettroniche, possiamo osservare come la maggior parte dei parlamentari abbia un tasso di assenteismo compreso tra lo 0% e il 15%: parliamo di 591 membri di camera e senato. Ci sono poi 244 esponenti con una percentuale compresa tra il 15,01% e il 30%. Infine abbiamo 115 parlamentari la cui percentuale di assenza alle votazioni è superiore al 30%.

22 I PARLAMENTARI CON UN TASSO DI ASSENTEISMO SUPERIORE AL 60%.
Disaggregando i dati rispetto alla camera di appartenenza, possiamo notare che i deputati con un tasso di assenteismo compreso tra lo 0% e il 15% sono 320. Sono 210 invece i membri della camera a rientrare nella fascia compresa tra il 15,01% e il 30%. Mentre gli esponenti ad aver fatto registrare una percentuale di assenza alle votazioni superiore al 30% sono 99. A palazzo Madama invece quasi tutti i senatori rientrano nella fascia compresa tra lo 0 e il 15% di assenze. Solo 50 infatti fanno registrare un tasso di assenteismo superiore. Sono 5 poi gli esponenti con un dato superiore al 60%. Tra questi però vi sono anche due senatori a vita, i quali non sono legati a un mandato elettorale: Carlo Rubbia e Renzo Piano.
In parlamento ci sono 44 esponenti con più del 45% di assenze
La percentuale di assenze di deputati e senatori nella XVIII legislatura, per fascia
DA SAPERE
I membri di camera e senato sono stati raggruppati in fasce, in base alla loro percentuale di assenza alle votazioni elettroniche. Dal conteggio delle assenze sono escluse tutte quelle classificate come “missioni”. Dal conteggio sono stati escludi anche i due presidenti Roberto Fico e Maria Elisabetta Alberti Casellati in virtù del ruolo particolare che ricoprono.
Come abbiamo già raccontato, questa disparità nel livello di partecipazione tra camera e senato può essere dovuta, almeno in parte, alla maggioranza ristretta su cui poteva fare affidamento il governo Conte II. A palazzo Madama infatti il voto di ogni singolo esponente era importante per la tenuta dell’esecutivo ed anche i parlamentari membri del governo spesso sono stati costretti a partecipare alle votazioni per non far andare sotto la maggioranza.
Le performance dei gruppi parlamentari
Un altro elemento interessante da analizzare riguarda il livello di assenteismo dei gruppi parlamentari. Per quanto riguarda Montecitorio, possiamo notare come il gruppo meno presente in aula sia quello di Forza Italia con una percentuale media di mancate partecipazioni del 30%. Seguono il gruppo misto (24,1%) e Liberi e uguali (22,8%). I più presenti – al netto dei molti abbandoni – sono invece gli esponenti del Movimento 5 stelle con una media del 12,6% di assenze.
VEDI ANCHE COSA SONO I GRUPPI PARLAMENTARI.
ALLA CAMERA I PIÙ PRESENTI SONO GLI ESPONENTI DEL MOVIMENTO 5 STELLE
La percentuale di assenze dei deputati nella XVIII legislatura, per gruppo parlamentare
DA SAPERE
I dati possono essere ricavati dalla partecipazione alle votazioni elettroniche. Dal conteggio delle assenze sono escluse tutte quelle classificate come “missioni”. Ogni parlamentare è associato al gruppo in cui milita alla data del 5 aprile 2022.
Al senato la percentuale media di assenza alle votazioni elettroniche è più bassa rispetto alla camera.
Pur ribadendo ancora una volta che la percentuale media di assenze in senato è sensibilmente più bassa rispetto a quella di Montecitorio, vediamo quali sono i gruppi con il livello di partecipazione alle votazioni elettroniche più basso in questo ramo del parlamento. Dai dati possiamo osservare che al primo posto c’è il gruppo misto con una percentuale di assenza del 16,1%. Tuttavia, come abbiamo già visto, dobbiamo tenere presente che questo dato è in parte condizionato dalla presenza dei senatori a vita i quali – anche per motivi legati all’età e allo stato di salute – generalmente hanno un basso livello di partecipazione. Detto del misto, i gruppi “politici” che presentano il tasso di assenteismo più elevato sono quelli di Italia viva (12,5%) e Fratelli d’Italia (11,9%). C’è poi un altro gruppo con una percentuale di assenze a due cifre, ovvero Forza Italia che si attesta al 10,3%.
I SENATORI DEL GRUPPO MISTO SOPRA IL 15% DI ASSENZE
LA PERCENTUALE DI ASSENZE DEI SENATORI NELLA XVIII LEGISLATURA, PER GRUPPO PARLAMENTARE
Nell’analisi di questi dati bisogna tenere presente che il tasso di assenteismo dei gruppi varia anche al variare della loro conformazione. Una dinamica condizionata dal fenomeno dei cambi di appartenenza dei parlamentari. Se, per fare un esempio, un esponente con un basso livello di partecipazione cambia gruppo il peso di questo dato andrà ad influire positivamente sulla formazione da cui è in uscita e negativamente su quella in entrata. Il cambio di gruppo inoltre può anche influire sull’atteggiamento di un parlamentare. Alcune forze politiche infatti spingono i proprio appartenenti ad avere un’alta percentuale di partecipazione alle sedute, cosa che invece altri gruppi non fanno. A partire dal misto che, proprio per la sua particolare conformazione, non da indicazioni politiche in questo senso.
VEDI ANCHE IL NOSTRO ULTIMO AGGIORNAMENTO SUI CAMBI DI GRUPPO.
LA DIFFERENZA NELLE ASSENZE TRA DONNE E UOMINI
Spesso ci siamo occupati del tema della disparità di genere, evidenziando come nel nostro paese ancora oggi le differenze di trattamento tra donne e uomini siano piuttosto marcate. Una dinamica che trova conferma anche a livello di rappresentanza parlamentare. Le donne presenti nelle camere infatti sono complessivamente 341, cioè poco più di un terzo rispetto agli uomini.
Vedi anche i nostri approfondimenti in tema di disparità di genere.
Per quanto riguarda l’assenteismo possiamo rilevare che in senato si registra una sensibile differenza nel livello di partecipazione tra donne e uomini. In questo ramo del parlamento infatti i senatori in media sono stati assenti all’8,5% delle votazioni elettroniche, mentre le donne al 6,4%.
IN SENATO LE DONNE SONO MENO ASSENTEISTE DEGLI UOMINI
LA PERCENTUALE DI ASSENZE DEI PARLAMENTARI NELLA XVIII LEGISLATURA, PER GENERE
Alla camera invece la situazione è sostanzialmente in equilibrio con una leggera preponderanza di mancate partecipazioni da parte delle deputate (18,4%) rispetto ai loro colleghi uomini (18,1%).
2,1 la differenza, in punti percentuali, nel tasso di assenteismo tra uomini e donne in senato.
Occorre comunque tenere presente in questo caso che i grandi numeri tendono ad appiattire le differenze, “nascondendo” i dati che si discostano di più dalla media. In questo contesto quindi un parlamentare assenteista andrà ad incidere in maniera minore sul valore medio rispetto a quello che può fare una sua collega. Questo proprio perché gli uomini sono molti di più rispetto alle donne. Di conseguenza serve un numero maggiore di deputati o senatori “assenteisti” per aumentare in maniera sensibile il dato. La disparità di genere gioca quindi un ruolo anche in questo senso.
L’assenteismo rispetto alle regioni di elezione
Un altro elemento interessante da monitorare riguarda il tasso di assenteismo in base alla regione di elezione dei parlamentari. È possibile analizzare questo dato grazie alla circoscrizione in cui ciascun rappresentante è stato scelto. Per quanto riguarda il senato l’attuale sistema elettorale individua 20 circoscrizioni che corrispondono al territorio di ciascuna regione. Per la camera invece le circoscrizioni sono 28. Alcune ricalcano per intero il territorio regionale mentre per altre esso è suddiviso in più circoscrizioni (4 in Lombardia e 2 in Piemonte, Veneto, Lazio, Campania e Sicilia).
Come noto infine, una parte dei seggi di camera e senato è riservata ai connazionali che risiedono all’estero. I rappresentanti di questi cittadini appartengono a specifiche circoscrizioni (America settentrionale e centrale, America meridionale, Europa, Asia-Africa-Oceania-Antartide).
I deputati più “assenteisti sono quelli di Abruzzo e Lazio. Tra i senatori invece i toscani e i veneti.
In base a queste informazioni possiamo ricondurre tutti i parlamentari alla loro regione di elezione. Per quanto riguarda la camera, possiamo osservare come proprio i parlamentari eletti all’estero risultino tra i più “assenteisti”. Il dato più significativo riguarda gli eletti nella circoscrizione America meridionale con circa il 65,1% di assenze alle votazioni elettroniche. Ma se si escludono gli eletti all’estero – che rappresentano comunque una piccola parte – notiamo che i più assenteisti sono i deputati eletti in Abruzzo con un tasso del 21,9%, superiore di oltre 3 punti percentuali rispetto alla media della camera. Seguono poi i deputati laziali (21,6%) e siciliani (20,6%). Tutte le altre regioni registrano un tasso di assenteismo dei loro rappresentanti inferiore al 20%.
I DEPUTATI DI ABRUZZO, LAZIO E SICILIA SOPRA IL 20% DI ASSENZE
La percentuale di assenze dei deputati nella XVIII legislatura, per regione
Al senato invece troviamo una situazione diversa. In questo ramo del parlamento infatti ai primi posti ci sono esponenti eletti nel territorio nazionale. Al primo posto per tasso di assenteismo infatti troviamo i senatori eletti in Toscana (12,7%) e in Veneto (10,1%). Seguono quelli della Liguria (9,3%), di Lazio e Calabria (9%) e della Lombardia (8,5%).
I SENATORI DELLA TOSCANA E DEL VENETO SOPRA IL 10% DI ASSENZE
LA PERCENTUALE DI ASSENZE DEI SENATORI NELLA XVIII LEGISLATURA, PER REGIONE
Sopra il dato medio dell’aula anche i rappresentanti eletti in Basilicata (8,3%) e Sicilia (8,2%).
CHI SONO I RAPPRESENTANTI PIÙ ASSENTEISTI
Finora abbiamo analizzato i dati relativi al tasso di mancate partecipazioni alle votazioni elettroniche in senso generale. Adesso, per concludere, ci concentreremo sui valori relativi ai singoli parlamentari.
A Montecitorio troviamo 3 deputati con una percentuale di assenza superiore all’85%. Si tratta di Michela Vittoria Brambilla (Fi, 99,1%), Antonio Angelucci (Fi, 96,4%) e Guido Della Frera (Ci, 86,9%). Tra i primi 15 deputati con il dato più alto troviamo anche alcuni nomi noti al grande pubblico. Tra questi anche quelli di due importanti leader di partito. Ovvero Enrico Letta (Pd) che da quando è stato eletto, nel 2021, non ha partecipato al 75% delle votazioni elettroniche svolte. E Giorgia Meloni (Fdi) che invece non ha partecipato al 62,4% degli scrutini.
CHI SONO I DEPUTATI MENO PRESENTI IN AULA
I 15 DEPUTATI MENO PRESENTI ALLE VOTAZIONI ELETTRONICHE
A palazzo Madama invece ci sono solamente 4 senatori, escludendo quelli a vita, che presentano un tasso di assenteismo superiore al 50%. Al primo posto troviamo Fausto De Angelis (Lega, 98,4%) che però è entrato in carica solamente da pochi giorni, essendo subentrato alla dimissionaria Tilde Minasi divenuta nel frattempo assessora regionale in Calabria. Oltre a De Angelis rientrano poi in questa categoria anche Tommaso Cerno (Pd, 65,5%), Niccolo’ Ghedini (Fi, 64%) e Ignazio La Russa (58%).
CHI SONO I SENATORI MENO PRESENTI IN AULA
I 15 SENATORI MENO PRESENTI ALLE VOTAZIONI ELETTRONICHE
Anche nel caso del senato quindi non mancano i nomi noti tra quelli degli esponenti meno presenti in aula. Tra questi figura anche il leader di Italia viva Matteo Renzi (42,9%). Nelle prime 15 posizioni infine anche Emma Bonino (le cui precarie condizioni di salute però sono note da tempo) e Paolo Romani (29,4%), attualmente appartenente alla componente del misto Italia al centro ma con una lunga militanza nelle file di Forza Italia con anche incarichi di rilievo ai tempi dei governi Berlusconi.
Questo articolo è stato realizzato grazie al contributo della community openpolis. Attraverso il confronto con le tesserate e i tesserati, individueremo alcuni degli approfondimenti che pubblicheremo sui nostri canali. Vedi tutto quello che abbiamo realizzato qui.
Cosa: Disparità di genere, Governo e Parlamento, presenze e assenze
Quando: XVIII legislatura
Dove: parlamento
*( FONTE: dati ed elaborazione openpolis, ultimo aggiornamento: lunedì 11 Aprile 2022)

 

07 – ZUHAIR AL JEZAIRY*: LA TURCHIA HA OCCUPATO IL KURDISTAN IRACHENO E INTENDE RESTARE
“Questa non è solo un’operazione militare contro il Pkk, il Partito dei lavoratori del Kurdistan, ma anche un’occupazione a lungo termine di territori iracheni”, dice Yuhanna, un contadino cristiano proveniente da un villaggio assiro vicino al confine con la Turchia.
La presenza militare permanente in Iraq è stata preparata dall’esercito turco: Yuhanna ha assistito all’abbattimento di alberi, allo spianamento dei terreni e allo sfollamento di seicento persone dai villaggi della zona. I bombardamenti aerei e da terra non si sono ancora fermati e colpiscono le aree prossime alle comunità abitate, causando incendi diffusi.
La Turchia non solo è penetrata militarmente nella regione: ha anche alterato ecosistemi e ambiente, come hanno affermato i ministeri dell’agricoltura della regione curda e del governo centrale iracheno in una dichiarazione congiunta.
In uno scambio di dichiarazioni tra le due parti il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha detto che il governo iracheno avrebbe cooperato all’operazione. Il governo di Baghdad non solo ha smentito, ma ha anche condannato fermamente l’operazione di Ankara e ha convocato l’ambasciatore turco per manifestare il suo dissenso attraverso i canali istituzionali.
“Erdoğan sta cercando di tornare alle occupazioni tipiche del vecchio impero ottomano”, ha dichiarato l’ex parlamentare iracheno Josef Slaywa in un tweet. “L’esercito turco usa il pretesto di combattere il terrorismo per mascherare la sue vere mire, cioè l’ambizione di riprendere il controllo sulla provincia di Mosul, persa in maniera definitiva da Ankara nel 1926”.
*( Fonte Internazionale, Zuhair al Jezairy, giornalista, Traduzione di Francesco De Lellis)

 

08 – ALFIERO GRANDI.*: UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE È INDISPENSABILE, ORA, SI È PERSO FIN TROPPO TEMPO! PERCHÉ È INDISPENSABILE INSISTERE ORA SULLA LEGGE ELETTORALE? LA DEMOCRAZIA NEL NOSTRO PAESE NON GODE DI BUONA SALUTE, LA PARTECIPAZIONE POLITICA, ANCHE PER IL SOLO ASPETTO ELETTORALE, È IN CALO. LE PERSONE NON VEDONO COME RIUSCIRE A CAMBIARE UNA SITUAZIONE CHE NON LI SODDISFA, ANCHE PER MOTIVI MOLTO DIVERSI. PANDEMIA E GUERRA INOLTRE SONO INCOMBENTI E HANNO SCONVOLTO PRECEDENTI CERTEZZE. LE PERSONE SI ALLONTANANO, ANCHE DAL VOTO.
Un appiattimento delle diverse posizioni politiche fino a scimmiottare gli stessi argomenti, accelerato da una maggioranza monstre a sostegno del governo Draghi, non aiuta certo le elettrici e gli elettori ad avere voglia di partecipare. Per questo milioni di persone preferiscono trovare (per fortuna) altre forme di partecipazione, che comunicano sempre meno con il funzionamento della democrazia politica, ne costruiscono un lembo distaccato, spesso in polemica con chi ha un ruolo di gestione delle istituzioni.

Del resto è sempre meno interessante districarsi tra chi gonfia il petto in difesa del governo ad ogni costo e chi cerca di distinguersi ma sempre chiarendo che alla fine non farà saltare il banco. La guerra in Ucraina, seguita all’aggressione russa, viene troppo spesso affrontata con l’ottica del tifo sportivo anziché con la preoccupazione, che dovrebbe essere di tutti, di far finire prima possibile la guerra, le stragi di civili e di combattenti, la corsa al riarmo, il rischio costante di arrivare alla deflagrazione di una guerra mondiale di proporzioni catastrofiche.

Quando Biden afferma che gli Usa sono l’arsenale della democrazia fa venire i brividi. La democrazia si può distinguere in meglio per tanti aspetti, non per la primazia militare. Se la democrazia si mette l’elmetto è veramente in crisi. Perfino Reagan pensava che il confronto con l’Urss dovesse svenarla per farne crollare il sistema economico, tanto che Gorbaciov e Reagan hanno avviato una fase produttiva di riduzione degli armamenti atomici.

Se non vogliamo che la democrazia italiana contribuisca a questa crisi generale con la propria occorre ridare spazio al confronto tra ipotesi politiche, rinnovare i partiti e le loro politiche, ridare fiato alla partecipazione democratica, costruire una prospettiva che superi i luoghi comuni e ideologismi vecchi quanto privi di fondamento.

Il parlamento è il centro di questa crisi, ai minimi storici dell’apprezzamento, i parlamentari sono in cerca di un ruolo e in crollo di stima. Senza ridare ruolo e forza al parlamento tutto il sistema istituzionale è sbilanciato. Si leggono dichiarazioni salottiere e furbesche che asseriscono essere inutile insistere sull’approvazione di una nuova legge elettorale. Non è così. Al contrario è un tassello importante. Manca un confronto tra proposte, che viene evitato proprio per evitare di entrare nel merito, perché così emergerebbero i rischi di instabilità per la nostra democrazia e diventerebbe difficile sottrarsi. Realizzare stabilità, che non è staticità, è necessario per qualunque politica si voglia perseguire. Per le classi subalterne è indispensabile perché è nell’assenza di controllo e guida dei processi che i poteri forti la fanno ancora di più da padrone. Basta pensare alle crisi economiche che sono il terreno più favorevole per allargare le distanze tra le classi sociali, tra chi sta sopra e chi sta sotto.

Per questo approvare una nuova legge elettorale prima delle prossime elezioni è indispensabile. È una novità che buona parte del Pd, sia pure nella sede di un seminario convocato da Left Wing, abbia convenuto che occorra oggi una legge elettorale nuova, proporzionale. Calderoli per la Lega ha reagito mettendo immediatamente le mani avanti e difendendo lo status quo, posizione conservatrice e difensiva, più comprensibile detta da Meloni che da un esponente della Lega. Si afferma che elettrici ed elettori non sarebbero interessati all’approvazione di una nuova legge elettorale. Se venissero presentati i problemi nella loro importanza e gravità, le diverse soluzioni, l’opinione pubblica comprenderebbe l’importanza di una legge elettorale che consenta ai cittadini di avere un ruolo centrale nelle scelte. Certo la legge elettorale non è da sola in grado di risolvere la crisi di credibilità del parlamento e dei parlamentari ma è fondamentale per invertire la tendenza attuale e ridare al parlamento il ruolo previsto nel nostro sistema istituzionale, definito dalla Costituzione. Cassese ha scritto in un articolo sul Corriere che è in corso una “modificazione dell’assetto politico-costituzionale che si è prodotto negli ultimi anni, sviluppatosi già prima del 2018” e prosegue “il governo è diventato il legislatore principale”, funzione che il parlamento cede al governo. Lo abbiamo detto anche noi ma ci fa piacere condividere Cassese in una critica feroce allo status quo. Stiamo parlando della funzione principe del parlamento, architrave dell’assetto costituzionale, che deve rappresentare le posizioni politiche, culturali, territoriali e interpretarle attraverso l’approvazione delle leggi e portarle così a sintesi.

Le leggi sono state di iniziativa parlamentare negli ultimi 4 anni solo per il 20%. L’unica legge importante è quella sulla parità salariale tra i sessi. I decreti legge sono ormai il 50% delle leggi approvate e per di più sulla metà dei decreti legge è stata posta la fiducia per costringere il parlamento alla loro approvazione. Maxiemendamenti, voti di fiducia a raffica, deleghe a valanga fanno il resto per rendere il parlamento subalterno al governo e in particolare al suo vertice. Con questa impostazione la ripartizione e l’equilibrio tra i poteri entra in crisi.

La questione è centrale per la vita delle persone, perché una legislazione decisa in modo verticistico e tecnocratico, senza la possibilità di correzioni significative da parte del parlamento, decide della vita delle persone che non hanno la possibilità di farsi rappresentare dalle elette e dagli eletti. Non hanno voce. “La fabbrica delle leggi – scrive ancora Cassese – spostata a palazzo Chigi è nelle mani di magistrati e funzionari” che degrada e impoverisce le leggi, con una previsione assurda di regolamenti e attuazioni varie. D’accordo anche su questo.

In altre parole se il parlamento non funziona, o peggio è paralizzato nelle sue funzioni, ne risente la vita reale delle persone ed è questo che dovrebbe spingere a cercare di avere la migliore legge elettorale possibile. Ma i partiti confermano la loro crisi con atteggiamenti di miope convenienza, o almeno ritenuta tale dai loro leader, senza la necessaria attenzione all’interesse generale del paese. La crisi dei partiti è grave ed è una delle cause della crisi del ruolo del parlamento, ma per risalire la china una nuova legge elettorale è indispensabile, anzi ne è la premessa, a condizione di ridare ai parlamentari un ruolo di effettiva rappresentanza delle elettrici e degli elettori, che quindi debbono poterli scegliere. I partiti hanno sequestrato di fatto la possibilità di scegliere i parlamentari, perché la legge in vigore, continuando almeno un ventennio di leggi, in questo simili, non permette ai cittadini di scegliere il loro rappresentante in parlamento e questo è tanto più grave dopo la riduzione del numero dei deputati e dei senatori, in vigore dalla prossima legislatura, che restringe di molto la possibilità di rappresentare le posizioni in campo.

In particolare al Senato sarà molto difficile avere la stessa maggioranza della Camera e questa è ragione di per sé di squilibrio politico-istituzionale. Ci sono ragioni più volte ricordate di incostituzionalità della legge in vigore. Il Senato nelle 9 regioni piccole non avrà un minimo di proporzionalità nella rappresentanza, e quasi certamente – se resterà questa legge elettorale – solo i partiti più votati potranno avere degli eletti. Un risultato insensato e distorsivo. La riduzione dei parlamentari ha portato a delle incongruenze costituzionali. È incredibile che si sia fatta una modifica della Costituzione di questo peso per scoprire successivamente che ne occorrono altre, la più importante delle quali è certamente la modifica delle circoscrizioni del Senato, oggi rigidamente regionali.

Il problema è che la legge elettorale deve essere coerente con la Costituzione e quindi questa modifica costituzionale dovrebbe essere approvata prima dell’approvazione della legge elettorale. Certo, si potrebbe fare un lavoro preparatorio lasciando solo questo punto aperto, senza dimenticare che dopo avere approvato la nuova legge elettorale sarà necessario ridefinire collegi, circoscrizioni, ecc. e anche queste procedure richiedono alcuni mesi. Basta ricordare la recente storia del decreto attuativo firmato da Conte nel gennaio 2021, dopo il referendum.

Con Cassese l’accordo si ferma all’analisi impietosa della grave crisi del parlamento e della preminenza non prevista dalla Costituzione del governo. Il disaccordo arriva quando propone una legge costituzionale nella prossima legislatura, per modificare la seconda parte della Costituzione, per un darle un “riassetto”. Cassese interpreta un arco di forze che punta a modificare la seconda parte della Costituzione, fingendo di ignorare che questo obiettivo in realtà punta a modificare anche la prima parte, quella dei diritti fondamentali. Perché le politiche concrete sono quelle che decidono della qualità costituzionale, basta pensare all’articolo 3, la Repubblica rimuove gli ostacoli. ecc. la cui attuazione è compito delle leggi che il parlamento deve approvare. È evidente che con la proposta di Cassese, scritta con nonchalance, senza dargli l’importanza che ha, si staglia il fantasma del 2016, sotto le mentite spoglie di ridare coerenza al sistema istituzionale. Non nego che il problema esista per alcuni aspetti ma non si tratta solo di riscrivere alcune, mirate, norme, il problema anzitutto è politico.

C’è bisogno infatti di tornare alla Costituzione, troppe volte ignorata, slabbrata, capovolta. È evidente che la distanza tra la Costituzione materiale e quella reale non è mai stata così forte e se non ci sarà una consapevolezza della gravità della situazione il rischio concreto è che dopo un lungo periodo di parlamento subalterno al governo e di bicameralismo ormai posticcio (solo 4 decreti legge su 91 approvati con la doppia lettura) perché – nella realtà – lavora e decide solo una camera per volta, l’altra può solo confermare le decisioni. Le modifiche della Costituzione senza questa discussione in premessa finirebbero con il sancire il superamento del ruolo del parlamento previsto dalla Costituzione e una deriva presidenzialista, o come dice Renzi, verso il sindaco d’Italia.
A sorpresa anche Draghi si è sporto verso scelte che non gli competono, come quando nella recente intervista al Corriere ha sostenuto che il presidente del Consiglio deve essere eletto direttamente. L’obiettivo comune a posizioni diverse è il Presidenzialismo in Italia. Le forme proposte sono variabili. Fratelli d’Italia ci proverà già il prossimo 10 maggio alla Camera, con poche speranze di farcela in questa legislatura, ma nella prossima il Presidenzialismo diventerà un obiettivo concreto per i suoi sostenitori.
La crisi della democrazia è un pericolo reale e dovrebbe interessare tutti, ma questa consapevolezza sembra essere trascurata nella pratica da atteggiamenti che puntano solo a conquistare la posizione di governo, ad ogni costo. La democrazia si può suicidare se smette di essere fondata sul confronto e di essere inclusiva, in grado di rappresentare, di fare partecipare, di portare a sintesi. Se si pensa di mettere ancora mano alla Costituzione è un obbligo garantire che il parlamento sia rappresentativo, proporzionale, con eletti che hanno la fiducia dei cittadini e funzionante.
Quindi la nuova legge elettorale non può che introdurre una robusta dose di rappresentanza proporzionale e la scelta diretta dei parlamentari da parte delle elettrici e degli elettori.

 

09- Nel mondo.*

WASHINGTON, STATI UNITI, 5 maggio 2022. La futura portavoce della Casa Bianca, Karine Jean-Pierre, a sinistra, con Jennifer Psaki, la portavoce uscente. (Kevin Lamarque, Reuters/Contrasto)

UCRAINA-RUSSIA
Il 6 maggio la presidenza ucraina ha annunciato che quasi cinquecento persone sono state tratte in salvo finora dall’acciaieria Azovstal di Mariupol, nel sudest dell’Ucraina. Oggi le Nazioni Unite cercheranno di far uscire i circa duecento civili rimasti. Intanto, il 5 maggio il dipartimento della difesa statunitense ha smentito di aver fornito a Kiev le coordinate per uccidere generali russi al fronte, come sostiene il New York Times.

REGNO UNITO
Il 5 maggio gli elettori sono andati alle urne per le elezioni amministrative nel Regno Unito. Particolare aspettativa per i risultati in Irlanda del Nord, che secondo i sondaggi potrebbero essere vinte per la prima volta dai repubblicani del Sinn Féin. La formazione, ex braccio politico dell’Irish republican army (Ira), è favorevole alla riunificazione dell’Irlanda.

ISRAELE
Almeno tre persone sono morte e quattro sono rimaste ferite il 5 maggio in un attacco condotto a Elad, a est di Tel Aviv, nel settantaquattresimo anniversario della nascita dello stato ebraico. L’attacco, il settimo nel paese dal 22 marzo, è stato attribuito a due palestinesi di 19 e 20 anni originari di Rumana, nel nord della Cisgiordania.

SOMALIA
Il 5 maggio il comitato parlamentare incaricato di organizzare le elezioni ha annunciato che il 15 maggio deputati e senatori eleggeranno il nuovo presidente del paese. Il mandato dell’attuale capo dello stato, Mohamed Abdullahi Mohamed, noto come Farmajo, è terminato nel febbraio 2021, ma le elezioni sono state rinviate più volte a causa di divergenze politiche.

BURKINA FASO
Sette soldati e quattro ausiliari dell’esercito sono stati uccisi il 5 maggio in due imboscate nelle regioni del Nord e del Centronord. Gli attacchi sono stati attribuiti ai miliziani jihadisti attivi da anni nel paese.

CINA
Il 6 maggio l’emittente televisiva statale Cctv ha annunciato che il bilancio definitivo del crollo di un edificio di otto piani a Changsha, avvenuto il 29 aprile, è di 53 vittime, mentre dieci persone sono state estratte vive dalle macerie. Changsha è il capoluogo della provincia dell’Hunan.

Stati Uniti
Secondo un comunicato emesso il 5 maggio, Karine Jean-Pierre, 44 anni, prenderà il posto dell’attuale portavoce della Casa Bianca Jen Psaki a partire dal 13 maggio. È la prima volta che l’incarico è affidato a un’afroamericana omosessuale.

NICARAGUA
Il 4 maggio l’assemblea nazionale ha approvato la chiusura di 50 organizzazioni non governative (ong) accusate di aver violato la legislazione nazionale. Dall’inizio dell’anno quasi 150 ong e alcune università sono state chiuse dal regime del presidente Daniel Ortega. L’anno scorso sono stati arrestati vari politici d’opposizione che puntavano a sfidare Ortega nelle presidenziali del 7 novembre 2021
*(Fonte: INTERNAZIONALE)

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