n°18 – 30/4/2022 – RASSEGNA DI NEWS NAZIONALI E INTERNAZIONALI. NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL’ESTERO.

01 – Manfredi AlbertI*: Anniversari, PIO LA TORRE, l’eredità di una sfida nella Sicilia del potere mafioso.
02 – Marco Bertorello, Danilo Corradi*: Uno spettro si aggira per il mondo NUOVA FINANZA PUBBLICA. La rubrica settimanale di economia politica.
03 – Alfiero Grandi*: Se Guterres ha fallito è perché le potenze mondiali sono impegnate ad armare l’Ucraina.
04 – Angela Schirò (PD)*Presentazione alla Camera dei Deputati della ricerca ‘Italiano2020: lingua nel mondo globale’ (4 maggio, ore 15);
05 – La Marca (Pd): proficuo incontro con il direttore generale Vignali su diverse problematiche relative ai servizi consolari in nord e centro America;
06 – Schirò (Pd): un 25 aprile dalla parte di chi lotta per la pace, la libertà e l’indipendenza nazionale;
07 – Andrea Carugati*: Letta e Speranza fanno pace: «Superata la frattura del 2018»
SINISTRE. Dal congresso di Art.1 via libera alla ricomposizione. Ma su armi e guerra restano distanze
08 – Scienza. Arrivano i primi successi per le zanzare modificate geneticamente Servono nuove armi per combattere le zanzare e le malattie che trasmettono alla nostra specie.
09 – INTERNAZIONALE. Brevi dal mondo: Iraq, Egitto, Nigeria, Stati Uniti. I piani turchi in Iraq: «Confine chiuso ai curdi del PKK». Egitto, critica il governo: arrestata una giornalista. Attacchi in due bar in Nigeria: l’Isis rivendica. Usa, tra i bambini le pistole prima causa di morte
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01 – MANFREDI ALBERTI*: ANNIVERSARI. PIO LA TORRE, L’EREDITÀ DI UNA SFIDA NELLA SICILIA DEL POTERE MAFIOSO. A QUARANT’ANNI DAL SUO ASSASSINIO, LUNEDÌ 2 MAGGIO UN SEMINARIO PRESSO IL DIPARTIMENTO DI SCIENZE POLITICHE E DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI DELL’UNIVERSITÀ DI PALERMO, ORGANIZZATO IN COLLABORAZIONE CON L’ISTITUTO GRAMSCI SICILIANO, IN IDEALE CONTINUITÀ CON I RISULTATI DI UN IMPORTANTE VOLUME DEL 2018 CURATO DA TOMMASO BARIS E GREGORIO SORGONÀ . (Pio La Torre dirigente del Pci, Istituto Poligrafico Europeo)

SONO PASSATI QUARANT’ANNI DA QUANDO, IL 30 APRILE 1982, PIO LA TORRE PERSE LA VITA PER MANO MAFIOSA, nella fase drammatica della strategia terrorista di Cosa Nostra. Da alcuni anni la figura del dirigente comunista è al centro di un rinnovato interesse scientifico, capace di collocare la sua morte dentro il suo percorso di militante e dirigente politico. In questo quadro si inserisce il seminario che si terrà il 2 maggio presso il Dipartimento di Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali dell’Università di Palermo, organizzato in collaborazione con l’Istituto Gramsci Siciliano, in ideale continuità con i risultati di un importante volume del 2018 curato da Tommaso Baris e Gregorio Sorgonà (Pio La Torre dirigente del Pci, Istituto Poligrafico Europeo, pp. 208, euro 16).

LA TORRE SI FORMA nel dopoguerra nella grande stagione della mobilitazione contadina della Sicilia, finendo in carcere proprio per il suo ruolo di organizzatore delle lotte. Da giovane quadro del Pci siciliano è chiamato a riflettere sulla scelta autonomista, ispirata da Togliatti, che mirava ad allargare ai ceti medi e all’intellettualità cittadina il consenso verso il Pci. In tale passaggio l’azione legislativa della Regione appariva fondamentale per aprire una nuova stagione di sviluppo dell’Isola, che partendo dall’agricoltura si allargasse ad altri settori, incontrando l’industria. Era la scelta strategica del Pci meridionale: essere una grande forza popolare capace di offrire risposte e soluzioni concrete alle domande di cambiamento dei ceti che cercava di organizzare.

Quando all’inizio degli anni Sessanta a livello nazionale si cominciò a ragionare in termini di programmazione economica, anche La Torre sostenne l’idea di un’industrializzazione dell’Isola costruita con il sostegno dell’intervento pubblico, in un quadro di programmazione regionale.

LA SUA TESI DI LAUREA in Scienze politiche, discussa nel 1961 mentre era in carica come segretario generale della Cgil siciliana e deputato regionale, fu non a caso intitolata «Intorno ad una programmazione per lo sviluppo della Sicilia». Da qui la sua idea di un intervento dello Stato sano e virtuoso, in collaborazione con l’imprenditoria locale non parassitaria e con i settori professionali e tecnici interessati a uno sviluppo differente da quello guidato dalla Dc, considerato legato ai grandi monopoli privati continentali. Temi ripresi nella sua esperienza di segretario regionale del Pci quando, dopo l’esperienza del governo Milazzo, lavorò alla costruzione di un programma di governo alternativo, in grado di ricostruire l’unità a sinistra con il Psi e di avvicinare le componenti più progressiste del mondo cattolico e della stessa Dc.

Lo scontro con il mondo mafioso è figlio di questo percorso politico: da qui la lotta ai gabellotti mafiosi, alle infiltrazioni al Cantiere navale di Palermo, all’ambiguo intreccio tra politica, affari e macchina amministrativa regionale che gli pareva il nodo centrale del potere Dc nell’Isola. È con tale bagaglio che La Torre, prima alla Commissione agricoltura e poi in quella per il Mezzogiorno, continuò da dirigente nazionale la riflessione sulla mafia, consegnata poi alla relazione di minoranza della Commissione antimafia nel 1976. In quel testo segnalava non solo l’inquinamento mafioso di parti della Dc siciliana ma anche l’inizio di una battaglia di rinnovamento, di cui l’ascesa di Piersanti Mattarella sino alla guida della Regione sarebbe stato un risultato, favorito dal Pci che ne sostenne il governo e i tentativi di riforma.
PROPRIO L’ESCALATION mafiosa che colpì lo stesso Mattarella e prima di lui il giudice Cesare Terranova, tornato a fare il magistrato dopo l’elezione in parlamento con il Pci, lo spinse a tornare a fare il segretario regionale, impegnandosi nella battaglia per la pace e contro l’installazione degli euromissili a Comiso, mentre lavorava al progetto di legge che prevedeva l’introduzione del reato di associazione di tipo mafioso e la confisca dei beni dei condannati, un provvedimento che sarebbe stato approvato solo il 13 settembre 1982, dopo la sua morte e dopo l’uccisione di Carlo Alberto Dalla Chiesa, avvenuta il 3 settembre dello stesso anno.
*( Manfredi ALBERTI, è Ricercatore di Storia del pensiero economico presso il Dipartimento di Scienze Politiche e delle Relazioni internazionali – DEMS dell’Università di Palermo)

 

 

02 – MARCO BERTORELLO, DANILO CORRADI*: UNO SPETTRO SI AGGIRA PER IL MONDO NUOVA FINANZA PUBBLICA. LA RUBRICA SETTIMANALE DI ECONOMIA POLITICA. A CURA DI AUTORI VARI. SU QUESTA RUBRICA ABBIAMO RIPETUTAMENTE SOTTOLINEATO LE RAGIONI DI ORDINE STRUTTURALE CHE HANNO CONTRIBUITO A CREARE L’ATTUALE INSTABILITÀ ECONOMICA. DOPO L’ESPANSIONE DELLA GLOBALIZZAZIONE SI È AFFERMATA UNA SORTA DI CRISI DA SUCCESSO.

L’esponenziale crescita cinese ha prodotto, secondo la classica regola dell’eterogenesi dei fini, una potenza di prim’ordine e non solo la principale fabbrica del mondo dove delocalizzare le produzioni. Lo sviluppo su scala internazionale ha così iniziato a ripiegare, guerre commerciali e valutarie si sono affermate, la geopolitica è ritornata nelle principali cancellerie occidentali (Usa e Gran Bretagna in primis). Se questo è stato il contesto strutturale di partenza, la crisi pandemica prima e la guerra in Ucraina dopo hanno prodotto un’accelerazione.

A esser precisi, la guerra non è affatto estranea alle tendenze preesistenti. Misure della tempesta in corso si possono rintracciare nelle difficoltà delle catene del valore contemporanee e, in particolare, nelle supply chain della logistica. Da circa due mesi la Cina è nuovamente costretta a misurarsi con la pandemia e lo fa con i suoi consueti metodi autoritari fondati su una decisa prevenzione. Risultato: prima il blocco di Hong Kong e dopo quello di Shanghai. Due tra i primi tre porti al mondo per traffico di merci (insieme a Singapore). Il traffico merci a livello globale è concentrato nel settore marittimo e proprio attorno ai porti del sud-est asiatico si concentra la gran parte della mole dei movimenti, specie di container.

Nessun porto del Nord America o dell’Europa è paragonabile per volumi ai tre porti leader mondiali. Il lock down di Shanghai, città di quasi 26 milioni di abitanti e con una grande area industriale retrostante, ha avuto l’effetto di lasciare in rada, in attesa di un accosto, circa 700 navi. In Cina manca personale portuale, mancano gli autisti, di conseguenza mancano mezzi di trasporto interni e persino container vuoti. Non a caso sono in corso produzioni forzate di questi ultimi per fronteggiare la loro penuria. I problemi che erano già emersi nella fase di ripartenza dopo il 2020, di carenza di offerta rispetto alla domanda congelata, riemergono ora in tutta la loro virulenza.

Nelle prossime settimane, infine, se dovesse sbloccarsi il contesto asiatico, i porti e le catene logistiche dei paesi occidentali probabilmente dovranno fronteggiare una marea montante di navi cariche provenienti da quell’area, con tutti i problemi di accoglienza e accessibilità presenti nelle reti logistiche. Tali processi alimenteranno il fenomeno del rincaro dei noli (prezzo di trasporto su nave) che, dopo aver subito in questi due anni aumenti oltre il 500%, si erano appena stabilizzati a inizio 2022.

Una tendenza che indica le difficoltà dei trasporti, emersa nel canale di Suez a marzo del 2021 quando l’incidente della portacontainer Ever Given ha bloccato per diverse settimane il traffico merci da e per l’Europa. La scarsità di offerta, dunque, contribuiva ad alimentare la fiammata inflazionistica in corso ben prima dello scoppio della guerra. La mancanza di materie prime coniugata, con la fragilità dei sistemi logistici globali, fa nuovamente precipitare i meccanismi economici reali in una fase che, nella migliore delle ipotesi, si preannuncia di stagnazione.

Il tanto atteso effetto rimbalzo rischia di esaurirsi nel solo 2021. In questo quadro i paesi industriali più deboli ipotizzano persino un ritorno della recessione, come annunciato dagli studi di Confindustria. La nuova normalità, come la chiamano nei paesi anglosassoni, rischia di riconfermarsi come inedia di crescita. Se poi è coniugata al rincaro dei prezzi diventa stagflazione. Uno spettro che si aggira per il mondo, di fronte al quale non è difficile prevedere quali saranno i soggetti in carne e ossa a pagare il conto.
*( Fonte IL Manifesto. Marco Bertorello lavora nel porto di Genova, è dirigente della Filt-Cgil, collabora con il Manifesto ed è autore di volumi e saggi su economia. Danilo Corradi, dottore di ricerca in storia, insegnante di filosofia e storia e docente a contratto presso l’università di Tor Vergata)

 

 

03 – Alfiero Grandi*: SE GUTERRES HA FALLITO È PERCHÉ LE POTENZE MONDIALI SONO IMPEGNATE AD ARMARE L’UCRAINA.
DOPO IL SOSTANZIALE FALLIMENTO DELL’INCONTRO DEL SEGRETARIO DELL’ONU CON PUTIN, L’ACCENTO È TORNATO RAPIDAMENTE SULLE FORNITURE DI ARMI ALL’UCRAINA, COME HA CHIARITO L’INCONTRO ORGANIZZATO IN CONTEMPORANEA DAGLI USA NELLA BASE AMERICANA DI RAMSTEIN, CON LA PRESENZA DI 43 PAESI, SOLO IN PARTE NATO.
L’Onu ha solo la forza che il consenso della maggioranza dei paesi che non vogliono la guerra possono mettere in campo, nella consapevolezza che se questa guerra non viene fermata c’è il rischio di arrivare alla terza guerra mondiale.
Ma la sede Onu è la migliore per tentare di superare questa crisi, la più grave da decenni. Le potenze dovrebbero rinsavire e appoggiare l’iniziativa dell’Onu.
Prima della decisione del segretario generale dell’Onu, António Guterres, di incontrare Vladimir Putin e Volodomyr Zelensky c’è stato un coro di richieste di iniziative dell’Onu. Non prive di toni perentori come Zelensky e con gesti ostruzionistici, come il blocco delle decisioni nel Consiglio di sicurezza da parte della Russia. Non è mancato l’uso propagandistico, voluto dagli Usa, dell’assemblea, dove non c’è il veto, per escludere la Russia dal consiglio per i diritti umani, dimenticando precedenti iniziative militari che non hanno certo rispettato le persone. Julian Assange è in galera per averlo provato. Quando António Guterres ha deciso di andare a Mosca e a Kiev hanno prevalso silenzio, critiche, derisioni, fingendo di non sapere l’importanza che l’Onu entri in campo come sede mondiale per affrontare la crisi ucraina, per fare cessazione le ostilità, per soccorrere le popolazioni.

DOPO IL VIAGGIO A MOSCA
Dopo il sostanziale fallimento dell’incontro di Guterres con Putin, l’accento è tornato rapidamente sulle forniture di armi all’Ucraina, come ha chiarito l’incontro organizzato in contemporanea dagli Usa nella base americana di Ramstein, con la presenza di 43 paesi, solo in parte Nato.
A conferma che la leadership nelle decisioni è saldamente americana questa riunione ci sarà ogni mese per continuare a inviare armi e il vero obiettivo è indebolire la Russia, non fare cessare prima possibile la guerra in Ucraina. A cosa serve la Nato?
La Russia è responsabile dell’aggressione all’Ucraina e di avere scatenato una corsa mondiale al riarmo sempre più preoccupante. L’Ucraina invasa ha diritto a difendersi ma non di innescare la terza guerra mondiale. È da decenni che le grandi potenze – anche quelle medie – decidono unilateralmente su guerra o pace, relegando l’Onu a spettatore delle loro avventure, perfino strangolandone il finanziamento, come hanno fatto gli Usa.

Il professor Luigi Ferrajoli ha proposto di convocare l’assemblea generale dell’Onu in modo permanente sulla guerra in Ucraina, per cercare in ogni modo di arrivare al cessate il fuoco e ad avviare una trattativa per trovare una soluzione di pace, fermando la guerra.
Potenze più o meno importanti tentano una mediazione per loro troppo impegnativa, o si tengono lontane da un impegno per mettere fine alla guerra in Ucraina. L’Onu è importante perché sarebbe l’internazionalizzazione della soluzione della guerra in Ucraina e quindi tutti i paesi del pianeta potrebbero contribuire ad affrontare e risolvere questa gravissima crisi.

PUTIN COMINCIA A TOGLIERE IL GAS E SPACCA L’UNIONE EUROPEA
LA FORZA DEL CONSENSO
L’Onu non ha forza militare propria. Ha solo la forza che il consenso della maggioranza dei paesi che non vogliono la guerra possono mettere in campo, nella consapevolezza che se questa guerra non viene fermata c’è il rischio di arrivare alla Terza guerra mondiale, con il coinvolgimento diretto delle grandi potenze nucleari. Con conseguenze catastrofiche, ben rappresentate dalla frase del manifesto degli intellettuali del 1954, ricordata da papa Francesco: l’umanità è al bivio tra autodistruzione o distruzione delle soluzioni militari.
L’Onu è l’unica sede internazionale esistente, frutto del sogno dei vincitori della Seconda guerra mondiale contro il nazifascismo. La sua crisi è frutto della deriva delle potenze che hanno voluto decidere in proprio della guerra e della pace, lasciando guerre irrisolte, guasti tremendi per la vita delle persone, enormi distruzioni e odi.
Solo pochi mesi fa il sogno era cooperare a livello mondiale per salvare la vita sul pianeta di fronte alla crisi climatica. Oggi una parte dell’umanità sta agendo in modo da prefigurare il rischio della sua estinzione attraverso una guerra distruttiva, perfino nucleare, se dovesse andare fuori controllo lo scontro in Ucraina.

La sede Onu è la migliore per tentare di superare questa crisi, la più grave da decenni, foriera di sviluppi imprevisti e drammatici. Le potenze dovrebbero rinsavire e appoggiare l’iniziativa dell’Onu. L’idea che i contendenti possano arrivare alla pace direttamente, senza una mediazione è un’illusione.
Per fermare la guerra resta la sede Onu che ha bisogno di avere le potenze mondiali a sostegno della sua iniziativa. Mentre oggi i protagonisti e i loro sostenitori pensano solo a continuare la guerra, aumentando sofferenze e distruzioni.
*( Alfiero Grandi, è un politico e sindacalista italiano.)

 

 

04 – Angela Schirò (PD)*PRESENTAZIONE ALLA CAMERA DEI DEPUTATI DELLA RICERCA ‘ITALIANO2020: LINGUA NEL MONDO GLOBALE’ (4 maggio, ore 15) 28 aprile 2022
“LA PRESENZA E LA PROMOZIONE DELLA LINGUA ITALIANA NELLA SOCIETÀ GLOBALIZZATA E LE STRATEGIE DI RILANCIO DEL SUO SPAZIO LINGUISTICO, CULTURALE E SIMBOLICO NEL MONDO”: QUESTI IN SINTESI I CONTENUTI DEL CONVEGNO CHE SI TERRÀ ALLA CAMERA DEI DEPUTATI MERCOLEDÌ 4 MAGGIO DALLE ORE 15, PROMOSSO DALLE DEPUTATE DEL PARTITO DEMOCRATICO ANGELA SCHIRÒ E LUCIA CIAMPI.
L’evento rappresenterà l’occasione per presentare i risultati dell’indagine pubblicati nel volume “Italiano2020: lingua nel mondo globale. Le rose che non colsi…”. Uno studio sulla condizione reale della lingua italiana nel mondo, condotta per conto dell’Istituto di Studi Politici San Pio V di Roma, da Benedetto Coccia, Massimo Vedovelli, Monica Barni, Francesco De Renzo, Silvana Ferreri, Andrea Villarini, che ne sono stati i curatori.
La ricerca presenta un approccio nuovo rispetto a precedenti indagini. E’ stata data voce, infatti, a centinaia di professionisti dell’italiano, a coloro che ogni giorno devono affrontare e cercare di risolvere i problemi della sua diffusione e del suo insegnamento.
Interverranno, tra gli altri, il Presidente dell’Istituto di Studi Politici S. Pio V, Paolo De Nardis, Monica Barni, Massimo Vedovelli, Luca Serianni, Alessandro Masi, Fabrizio Ferragni oltre ai rappresentanti delle istituzioni parlamentari, parlamentari eletti in Italia e all’estero, dirigenti ministeriali responsabili della promozione culturale e linguistica all’estero, rappresentanti del Cgie), di organizzazioni sindacali e di enti promotori, da diversi paesi del mondo.
Mercoledì 4 maggio, dalle ore 15 (Sala delle Conferenze – Palazzo Theodoli Bianchelli, Piazza del Parlamento, 19)
L’evento verrà trasmesso in Streaming.
Modalità di accesso:
Posti limitati per norme anticovid – Per partecipare è obbligatorio:
Registrarsi entro il 3 maggio 2022, ore 12, scrivendo via email a: schiro_a@camera.it
Per accedere alla Sala è obbligatorio:
Green Pass e mascherina FFp2. Per gli uomini indossare la giacca
*(Angela Schirò – Deputata PD – Rip. Europa -Camera dei Deputati)

 

 

05 – La Marca (Pd): PROFICUO INCONTRO CON IL DIRETTORE GENERALE VIGNALI SU DIVERSE PROBLEMATICHE RELATIVE AI SERVIZI CONSOLARI IN NORD E CENTRO AMERICA. Venerdì 22 aprile, l’on. La Marca ha incontrato il responsabile della Direzione generale per gli italiani all’estero, Luigi Vignali, nel quadro dei periodici colloqui con l’amministrazione degli esteri tesi a monitorare le questioni di maggiore sensibilità per i nostri connazionali. 5 aprile 2022
L’on. La Marca ha richiamato l’attenzione del Direttore Vignali sulle persistenti difficoltà nell’erogazione dei servizi consolari e sull’attività dei consoli onorari che hanno un ruolo insostituibile, soprattutto nelle circoscrizioni consolari più estese come quelle del Nord e Centro America.
Sulla questione dei servizi consolari – sebbene l’emergenza pandemica sia stata superata e la rete stia facendo il possibile per colmare i ritardi accumulati – i connazionali continuano a lamentare numerose difficoltà di accesso ai servizi, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di fissare appuntamenti, ricevere assistenza e informazioni, rinnovare documenti in tempi accettabili.

In questo contesto, La Marca ha sollevato la situazione della Repubblica Dominicana dove i connazionali riferiscono di disservizi riguardanti l’operatività del sistema recentemente esternalizzato. Disservizi che occorre superare velocemente anche attraverso la semplificazione delle procedure per alcune tipologie di pratiche e il ricorso al contributo dei nostri consoli onorari. Sulla situazione in Repubblica Dominicana, il Direttore Vignali ha garantito un impegno diretto e sollecito.

L’incontro ha permesso, inoltre, di avere uno scambio di vedute su una serie di questioni attinenti la rete consolare onoraria emerse nel corso delle consuete interlocuzioni della parlamentare con i consoli onorari in Ontario (Canada), New Jersey (USA) e Messico.

A questo proposito, il Direttore Vignali ha confermato che la Risoluzione approvata lo scorso anno e l’emendamento approvato in Legge di bilancio, entrambi a prima firma La Marca, hanno già prodotto alcuni risultati positivi, come ad esempio l’anticipazione dei tempi di invio dei contributi che da quest’anno dovrebbero essere corrisposti per la fine della primavera, il potenziamento di momenti di aggiornamento dedicati ai consoli onorari e un rapporto più fluido con i consolati e la stessa amministrazione centrale.

Al Direttore Vignali, inoltre, l’on. La Marca ha espresso la necessità di procedere con celerità nelle procedure di nomina dei consoli onorari vacanti da parte delle competenti autorità consolari.

La parlamentare, infine, ha sollecitato l’attenzione dell’Amministrazione su due questioni specifiche: la verifica del cambio in valuta dei contributi avanzata dai consoli onorari del Canada e la necessità di dotare di attrezzature per la rilevazione dei dati biometrici i consoli onorari che ne sono ancora sprovvisti, come ad esempio in Messico. Su queste questioni, il Direttore Vignali ha assicurato verifiche e aggiornamenti veloci.
*(On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D. – Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America)

 

 

06 – SCHIRÒ (PD): UN 25 APRILE DALLA PARTE DI CHI LOTTA PER LA PACE, LA LIBERTÀ E L’INDIPENDENZA NAZIONALE.
Sempre vivo e sempre attuale è il patto per la libertà, la democrazia e l’indipendenza nazionale che con la ricorrenza del 25 aprile vogliamo non solo celebrare, ma rinnovare in modo attivo e militante. Tanto più oggi, con una guerra aperta nel corpo dell’Europa che miete vittime innocenti e un popolo che lotta strenuamente per la sua indipendenza.

Tra aggredito e aggressore, tra invasore e difensore della propria autonomia non ci può essere dubbio da che parte stare. Non c’è stato allora, quando in tutti i paesi d’Europa aggrediti e invasi dai nazisti e dai fascisti scesero in campo i volontari della libertà, molti a prezzo delle loro giovani vite, non ci deve essere ogni volta che un popolo è chiamato a lottare per la sua libertà e la sua indipendenza. In Europa come in qualunque parte del mondo.
Ecco perché la solidarietà verso il popolo ucraino e una generica richiesta di pace oggi rischiano di non bastare. Quel popolo, al di là delle analisi sulle responsabilità vicine e lontane per quanto è accaduto, che sono certamente complesse, qui e ora deve essere concretamente aiutato a resistere, a difendersi da un’aggressione devastante e a preservare la sua indipendenza.
Poi c’è il compito della politica e della diplomazia, che devono favorire le occasioni di dialogo e di pace e, soprattutto, devono impegnarsi molto di più per ricostruire un equilibrio internazionale precario ed esposto all’egoismo di vecchi protagonismi e all’ambizione di nuove potenze.
L’Europa deve essere il nostro orizzonte aperto di pace, di democrazia, di solidarietà e di sviluppo civile. Per questo, essa si deve dimostrare nel quadro globale più autonoma e attiva, più capace di iniziativa, più forte anche in termini di difesa comune e più protagonista nelle relazioni internazionali.
Buon 25 Aprile! La Resistenza è viva e continua.
*(Angela Schirò – Deputata PD – Rip. Eu)

 

 

07- Andrea Carugati*: LETTA E SPERANZA FANNO PACE: «SUPERATA LA FRATTURA DEL 2018»
SINISTRE. DAL CONGRESSO DI ART.1 VIA LIBERA ALLA RICOMPOSIZIONE. MA SU ARMI E GUERRA RESTANO DISTANZE

«Se si fa la sinistra noi ci siamo», dice dal palco del suo congresso Roberto Speranza rivolto a Enrico Letta che lo ascolta in platea. «Io rispondo subito di sì, il paese ha bisogno di più sinistra, la mia intenzione è fare una sinistra vincente», replica il leader Pd pochi minuti dopo. E aggiunge: «Facciamo insieme un percorso che ci porti in autunno a mettere da parte completamente la storia del 2018. Quel passaggio ha distrutto qualsiasi possibilità per la sinistra di giocare un ruolo vincente».
Poi certo, «ognuno di noi si deve assumere la responsabilità di quelle scelte, anche il vostro percorso è stato pieno di criticità e senza grandi successi elettorali», chiude Letta con un pizzico di veleno.
Già, il 2018. Anzi, il 2017, quando Bersani, D’Alema e Speranza uscirono dal Pd di Renzi per fondare Articolo 1. Che l’anno dopo alle elezioni si presentò come Leu (insieme a Si e Possibile) e prese solo il 3%. Da allora il partitino ha chiuso i ponti con Sinistra italiana, ed è rimasto nel limbo aspettando gli eventi. In realtà già nel 2019, dopo l’avvento di Zingaretti, i bersaniani si presentarono alle europee nelle liste dem. Dopo l’addio di Renzi e il ritorno di Letta al Nazareno, il rientro sembrava cosa fatta. E invece non c’è ancora, anche se mesi fa D’Alema aveva definito il Pd «guarito dalla malattia del renzismo».
IL MANDATO CHE IL CONGRESSO affida ora a Speranza (rieletto con solo un contrario) è di «intensificare il confronto con il Pd e altre realtà progressiste interessate a costruire una proposta e una soggettività comune in vista delle prossime elezioni, che funga da architrave del nuovo centrosinistra». Una «proposta nuova sul piano politico e programmatico, cosa ben diversa da una mera confluenza», si legge nella mozione.
Tradotto significa che Articolo 1 si presenterà alle elezioni con qualche candidato nelle liste dem, o nei collegi uninominali sotto il simbolo comune del fronte giallorosso, se resterà il Rosatellum. Il reset evocato da mesi da Bersani non c’è e non ci sarà, i dem resteranno quelli che sono, al limite potrebbe spuntare dentro il loro simbolo il simbolino di Art.1 come alle comunali di Genova.
NEL MERITO PERÒ LE DISTANZE restano. A partire dalla guerra, con Speranza che dice: «Non basta solo il sostegno agli aggrediti, bisogna rimettere le parti a un tavolo, non si vede ancora una azione diplomatica per fermare l’escalation». E ancora, sulle spese militari: «La corsa nazionalista al riarmo è una risposta sbagliata, debole e pericolosa».

TONI DIVERSI ANCHE SULL’ANPI: «Il 25 aprile saremo in piazza a fianco del’Anpi», dice Speranza (oggi sarà al congresso il presidente Pagliarulo). E Letta: «Lunedì saremo in piazza per manifestare la memoria dell’antifascismo». Quale sia l’umore della truppa lo dicono gli applausi a Nicola Fratoianni che grida il suo no «all’escalation militare e all’invio di armi» e definisce l’Anpi «un bene comune».
Più vicine le posizioni tra i dem e i rientranti compagni di Art.1 sulla questione sociale, sulla necessità di provvedimenti più forti per le fasce più deboli. «Quella delle diseguaglianze è una bomba a orologeria, tocca a noi provare a disinnescarla», dice Speranza. «Bisogna chiudere la stagione del precariato, disboscare la giungla dei contratti».
Il tema è «interpretare la domanda di protezione di chi è più fragile, andare oltre i garantiti. La sinistra o è questo o non esiste». Il ministro della Salute si mostra ottimista: «La destra si può battere, il voto di chi si è allontanato per sconforto si può riconquistare». La proposta al Pd è costruire insieme «una forza di ispirazione socialista e democratica in grado di restituire rappresentanza al mondo del lavoro».
OTTIMI I RAPPORTI COL M5S. Il neo segretario difende con forza il reddito di cittadinanza e rivendica di essere stati loro a picconare per primi «il muro tra M5S e centrosinistra». Non a caso ieri Di Maio è stato ospite, oggi arriva Conte. Presenti anche altri potenziali alleati, dai Verdi ai socialisti a Calenda (che bastona l’alleanza con i grillini). Nessuno di Italia Viva, e non è casuale.
Se l’obiettivo dell’avvicinamento è spostare il Pd a sinistra, l’intervento di Andrea Orlando è incoraggiante. Il ministro del Lavoro rispolvera il saluto «compagne e compagni», propone di «impiantare una nuova cultura socialista in Europa», di «mettere in discussione lo stato delle cose» e di «ripensare l’organizzazione economica del sistema» in nome della giustizia sociale
«Oggi è interesse generale aumentare i salari altrimenti si va verso la crisi sociale», suggerisce. «I contributi alle imprese vanno subordinati all’adeguamento dei contratti». «Sono queste le battaglie da fare ora se si vuole essere credibili. Nelle nostre liste dovranno esserci persone che vivono le situazioni difficoltà di cui parliamo, la critica all’establishment è debole se viene da chi ne fa parte». Oggi tocca a Bersani e D’Alema, sotto botta per le armi alla Colombia: «Mi è stato caldamente chiesto di intervenire
*( Fonte Il Manifesto – Andrea Carugati, laureato in Comunicazione politica, dopo alcuni anni all’Unità dal 2014 scrive di politica)

 

 

08 – Enrica Brocardo e Paolo Armelli *: SCIENZA. ARRIVANO I PRIMI SUCCESSI PER LE ZANZARE MODIFICATE GENETICAMENTE SERVONO NUOVE ARMI PER COMBATTERE LE ZANZARE E LE MALATTIE CHE TRASMETTONO ALLA NOSTRA SPECIE.
Per questo, si studiano batteri che immunizzano gli insetti e modifiche genetiche che riducono la quantità di femmine. Una strategia appena testata con successo in un trial clinico americano

Zanzare modificate geneticamente arrivano i primi successi.
Nel mondo di oggi, così profondamente plasmato dalla presenza dell’uomo, c’è un solo animale di cui dovremmo avere realmente paura: le zanzare. Se le punture di scorpione uccidono ogni anno poco più di 3mila persone, i morsi di serpente 138mila, e gli esseri umani (parlando solo di omicidi) qualcosa come 400mila, nessuno si avvicina al triste primato degli insetti più fastidiosi del mondo. Tra malaria, dengue, Zika, febbre gialla e molte altre letali malattie, le punture di zanzara uccidono ogni anno almeno 700mila persone. La lotta alle zanzare non è quindi una semplice questione comfort, ma un’autentica emergenza sanitaria. Una battaglia che – oltretutto – al momento stiamo perdendo, tra cambiamenti climatici che espandono il loro ambiente ideale, e insetticidi che si rivelano sempre meno efficaci. È per questo che negli ultimi anni stanno facendo il loro ingresso sulla scena due nuovi contendenti: genetica e microbiologia, pronte a trasformare radicalmente le zanzare stesse per ridurne il numero e impedire che trasmettano virus e parassiti.

ZANZARE OGM
La notizia più recente in questo senso arriva dalla Oxitec, un’azienda specializzata nell’editing genetico per il controllo degli insetti nocivi. Nelle scorse settimane sono infatti stati rivelati i risultati del primo trial condotto nell’Usa con la sua tecnologia di punta: le zanzare Aedes aegypti “2nd Generation Friendly”, testate nelle isole Keys, in Florida, a partire dall’aprile dello scorso anno. La strategia sviluppata dai ricercatori della Oxitec prevede la creazione di zanzare modificate geneticamente per possedere un gene che risulta fatale negli esemplari di sesso femminile, ma innocuo in quelli di sesso maschile. Un antidoto permette di allevare le zanzare per produrne in quantità, ma basta eliminarlo per selezionare solamente esemplari maschi, che vengono quindi liberati nell’ambiente.
L’idea è che una volta immessi in un’area i maschi di zanzara Ogm si riproducano con le femmine presenti, e poiché presentano nel loro genoma due copie del gene letale l’intera prole ne avrà una copia nel proprio Dna. Trattandosi di un gene dominante, le femmine moriranno prima di potersi sviluppare, mentre i maschi si svilupperanno fino a riprodursi, producendo una terza generazione in cui metà delle femmine erediteranno il gene, e moriranno, e metà dei nuovi maschi sarà nuovamente un portatore sano. Il ciclo è pensato quindi per ridurre la quantità di femmine (gli esemplari che pungono l’uomo per succhiare il sangue) per un certo numero di generazioni, prima che – a meno di nuove reintroduzioni di esemplari modificati – il gene diminuisca in prevalenza fino a sparire.

Il piano è stato messo alla prova liberando gli esemplari maschi in diversi giardini privati delle isole Keys, e monitorando quali, e quante, zanzare fossero presenti nei mesi seguenti. I risultati del test, presentati nel corso di un webinar (e non quindi in una pubblicazione peer reviewed) avrebbero dimostrato che che la strategia funziona: nessuna delle femmine nate dalla prima generazione di maschi modificati geneticamente è sopravvissuta, e il gene letale è persistito nella popolazione per circa tre mesi (fino ad una terza generazione), per poi sparire completamente.

ANCORA MOLTE INCOGNITE
Se i dati si riveleranno corretti, la nuova tecnica di modifica genetica sviluppata dalla Oxitec avrà dimostrato di funzionare come sperato. Almeno sul piano del controllo della popolazione di zanzare A. aegypti presenti in un’area. Se questo si rivelerà sufficiente anche per ridurre la diffusione di malattie trasmesse dalle zanzare, però, è tutto da dimostrare. Per prima cosa, le A. aegypti non sono le uniche zanzare che possono trasmettere virus e parassiti alla nostra specie. Secondo, non è detto che ridurre la popolazione di femmine riduca necessariamente l’incidenza di nuove infezioni: anche una popolazione contenuta di esemplari femminili potrebbe infatti rivelarsi sufficiente per mantenere livelli di infezioni consistenti. Per dimostrare l’impatto sanitario di interventi simili la Oxitec dovrebbe mettere in piedi un vero e proprio studio clinico, e in aree del mondo dove la trasmissione di malattie che hanno come vettore le zanzare è abbastanza sostenuta da permettere di vedere risultati concreti. Un’impresa ritenuta al di là delle attuali possibilità dell’azienda.

LA GUERRA BATTERIOLOGICA
Un approccio diverso, e forse complementare, è quello tentato negli scorsi anni negli Stati Uniti da biotech come MosquitoMate, che invece di modificare geneticamente le zanzare punta a sfruttare l’aiuto di un parassita già presente in natura: il batterio Wolbachia pipientis. Un microorganismo che infetta quasi il 60% delle specie di insetti oggi note, ma che di norma non è in grado di colpire le zanzare della specie aegypti. Introducendolo artificialmente nelle uova di questi insetti, in effetti, avviene qualcosa di estremamente peculiare: se ne nasce un maschio, quando si riprodurrà con una femmina non infetta le uova che questa deporrà non riusciranno mai a schiudersi; se invece due esemplari infetti si riproducono tra loro, le uova saranno immuni all’infezione di virus come quello della dengue. Il perché non è chiaro, ma il risultato è certo, e piuttosto allettante. E infatti il batterio Wolbachia è stato sperimentato negli scorsi anni in diverse occasioni, e con due strategie differenti.
La prima, portata avanti da aziende come Mosquito Mate, prevede l’utilizzo di esemplari maschi infettati con Wolbachia. Una volta liberati in natura, questi si riprodurranno con le femmine selvatiche, non infette, e produrranno uova destinate a non schiudersi mai. Diminuendo così la popolazione di zanzare presente nell’area. La seconda, sperimentata in alcune città del Vietnam, dell’Indonesia, della Malesia, del Brasiule e dell’Australia, consiste nel liberare esemplari infetti di ambo i sessi, così che questi trasmettano il batterio ai propri discendenti, finendo un po’ alla volta per soppiantare le zanzare selvatiche, incapaci di riprodursi con successo con quelle infette, producendo una popolazione di zanzare incapaci infettare l’uomo con virus e parassiti.
Nel primo caso, i problemi al momento riguardano la scalabilità della strategia: selezionare unicamente gli esemplari infetti di sesso maschile è un processo lungo e complesso, che limita la quantità di zanzare che si riescono a produrre e liberare in natura. Nel secondo, nascono invece dai tempi, più lenti, con cui la strategia riesce a dare i propri frutti, e dal fatto che liberando anche esemplari femminili il numero di punture per chi risiede nell’area invece di diminuire, aumenta, almeno per un certo periodo. Sul piano dell’efficacia, però, entrambe le strategie sembrano promettenti. A Singapore, i risultati del Project Wolbachia parlano di una riduzione del 98% della popolazione di zanzare e dell’88% dell’incidenza di dengue nelle aree in cui sono stati liberati esemplari maschi infettati dal batterio. In Brasile, l’introduzione di esemplari infetti di ambo i sessi ha ridotto del 69% l’incidenza della dengue, del 56% quella del virus chikungunya e del 37% di zika.

GENE DRIVE
Nonostante i risultati incoraggianti, anche nel caso del batterio Wolbachia è presto per dire se si tratti di una strategia in grado di cambiare concretamente le sorti della guerra contro le malattie trasmesse dalle zanzare. Al momento, infatti, l’efficacia è dimostrata unicamente nei confronti della dengue. E anche se studi come quello realizzato in Brasile lasciano immaginare che il batterio sia efficace anche nel prevenire altre pericolose infezioni virali, organizzare sperimentazioni per dimostrarlo sarà complicato e costoso, visto che si tratta di malattie con picchi epidemici più sporadici rispetto alla dengue. Non è tutto, perché non tutte le zanzare sono suscettibili al Wolbachia come la A. aegypti. Le zanzare Anopheles, ad esempio, presentano già in natura la loro versione del batterio. E trovare un ceppo di Wolbachia che si riveli sia capace di infettare le Anopheles vincendo la competizione con il ceppo naturale, sia di impedire l’infezione delle zanzare da parte di altri microorganismi o patogeni, è un obiettivo estremamente complesso. Allo stesso tempo, sono proprio Anopheles il principale pericolo dal punto di vista sanitario, perché sono il vettore della malaria, una malattia che oggi rappresenta il principale killer veicolato dalle zanzare, con oltre 400mila decessi ogni anno.

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Una possibilità in fase di studio è quella di utilizzare una nuova strategia resa possibile (o quanto meno molto più efficace) dall’arrivo di Crispr-Cas 9 (il rivoluzionario sistema di editing genetico premiato con il Nobel lo scorso anno). Si chiama gene drive, e permette di velocizzare la diffusione di un carattere genetico all’interno di una popolazione, aumentando le probabilità che il gene in questione venga ereditato da ciascuna generazione. Con una tecnica del genere, sarebbe possibile far crollare il numero di femmine di zanzara presenti in natura in tempi rapidissimi, o renderle inadatte a trasmettere virus e parassiti alla nostra specie. Teoricamente, sarebbe possibile spazzare via dal pianeta intere specie di zanzare, ed eliminare così il problema alla radice. Ma è proprio questa potenza distruttiva a rappresentare il principale problema: in molti, anche all’interno della comunità scientifica, temono le possibili conseguenze inattese del gene drive.
Con una simile tecnologia, qualunque errore o effetto indesiderato verrebbe alla luce quando sarebbe probabilmente troppo tardi per porvi rimedio. Per questo motivo, è stata chiesta a più riprese una moratoria per l’utilizzo in natura del gene drive, sposata anche dal parlamento Europeo con una risoluzione del 16 gennaio 2020. Ed è probabile che ci vorranno anni (se non decenni) prima che queste tecnologia dimostrino incontrovertibilmente la loro sicurezza, e scendano quindi in campo realmente nella lotta contro le zanzare.
*( Enrica Brocardo, giornalista di Vanity fair e Paolo Armelli è è ricercatore universitario in Storia delle dottrine politiche presso la Sapienza Università di Roma.)

 

 

09 – INTERNAZIONALE. Brevi dal mondo: Iraq, Egitto, Nigeria, Stati Uniti. I piani turchi in Iraq: «Confine chiuso ai curdi del PKK». Egitto, critica il governo: arrestata una giornalista. Attacchi in due bar in Nigeria: l’Isis rivendica. Usa, tra i bambini le pistole prima causa di morte.

I PIANI TURCHI IN IRAQ: «CONFINE CHIUSO AI CURDI DEL PKK»
Mentre prosegue l’operazione aerea turca nel nord dell’Iraq (ma con notevoli perdite, secondo il Pkk, che ieri aggiungeva ai 100 già uccisi altri 39 soldati di Ankara caduti nelle regioni di Zap e Avashin), fonti turche all’agenzia Middle East Eye riportavano dei piani del presidente Erdogan per l’area: occupare il corridoio di terre al confine turco-iracheno e chiuderne l’accesso al Pkk, il Partito curdo del Lavoratori, che nel nord Iraq ha la sua base militare e politica. Per impedire così il trasferimento di combattenti, armi e rifornimenti e spingere il Pkk verso sud, attraverso la distruzione delle sue postazioni e la creazione di basi militari turche a Zap e Avashin, nel Kurdistan iracheno, oltre alle 20 già esistenti nel resto del territorio del Krg.

EGITTO, CRITICA IL GOVERNO: ARRESTATA UNA GIORNALISTA
È stata arrestata giovedì la giornalista egiziana Safaa al-Korbigi e di lei non si sa più nulla. La denuncia arriva dall’Egyptian Network for Human Rights e dai tanti che sui social chiedono conto della sua sparizione. Al-Korbigi lavora per Radio and Television Magazine, di proprietà statale, ed è nota per le sue critiche al governo per le pessime condizioni socio-economiche della popolazione. Intanto, pochi giorni fa è stata condannata a tre anni di prigione in appello (erano dieci in primo grado) e una multa di quasi 11mila dollari l’influencer di TikTok Haneen Hossam per «traffico di esseri umani»: aveva postato un video in cui spiegava come guadagnare soldi con video online. Per le autorità un invito al sesso online a pagamento.

ATTACCHI IN DUE BAR IN NIGERIA: L’ISIS RIVENDICA
Ieri un ordigno è esploso in un bar a Nukkai, nord-est della Nigeria, ferendo undici persone, nel secondo attacco in pochi giorni nello stato di Taraba: lo scorso martedì erano morte sei persone, 16 i feriti. In entrambi i casi a rivendicare è stata la «filiale» regionale dell’Isis, l’Islamic State West Africa Province. Secondo quanto riportato dalla polizia, l’ordigno era nascosto in una borsa, lasciata da una persona durante un blackout elettrico. A preoccupare è il crescente legame tra islamisti e banditi locali.

USA, TRA I BAMBINI LE PISTOLE PRIMA CAUSA DI MORTE
Secondo uno studio del Centers for Disease Control riferito all’anno 2020, con oltre 4.300 casi le armi da fuoco sono state la principale causa di morte tra i bambini e gli adolescenti negli Stati uniti. Per la prima volta le pistole superano gli incidenti stradali.

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