20 11 14 NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL ESTERO ED ALTRE COMUNICAZIONI

01 – Schirò (Pd): il mio sollecito al Mef per detassare le pensioni Inps erogate in Bulgaria
02 – Schirò (Pd) – pensionati italiani all’estero: rimane la riduzione dei due terzi.
03 – Angela Schirò (Pd): giornata per gli italiani nel mondo: occasione di incontro, non di divisione è un peccato che la proposta di legge sulla “istituzione della giornata nazionale per gli italiani nel mondo”, dopo il passaggio in aula, sia tornata in commissione esteri per la contrarietà di forza italia e della lega alla data del 27 ottobre
04 – Francesca La Marca(Pd) : errata corrige nel recente comunicato pubblicato dalla collega on. Angela Schirò sulla “giornata nazionale per gli italiani nel mondo”, richiamando la mia iniziale proposta, presentata nella xvii legislatura, si dice, probabilmente per un errore materiale, che essa fu sottoscritta da oltre 120 deputati.
05 – Jantelagen è una parola svedese che significa “legge di Jante” ed è usata per descrivere la disapprovazione sociale di ogni forma di successo individuale
06 – L’anatra zoppa e imbizzarrita che vuole scassare il sistema. Il voto conteso . Da 30 anni in declino demografico, il Gop (Partito Repubblicano) punta a delegittimare il voto avversario e a usare il collegio elettorale per governare gli Stati uniti dalla minoranza.,
07 – La seconda ondata sempre più simile alla prima – Decessi ancora in crescita e picco dei ricoveri. Rispetto a prima, oggi l’epidemia è distribuita su tutto il territorio nazionale



01 – SCHIRÒ (PD): IL MIO SOLLECITO AL MEF PER DETASSARE LE PENSIONI INPS EROGATE IN BULGARIA
L’anomalia della Convenzione contro le doppie imposizioni fiscali tra Italia e Bulgaria che prevede la tassazione alla fonte (e cioè in Italia) delle pensioni Inps erogate ai nostri connazionali residenti in Bulgaria potrà essere essenzialmente risolta con la modifica della Convenzione stessa. 12 NOVEMBRE 2020
In seguito al mio interessamento il Dipartimento delle Finanze del MEF ha confermato che sono in corso di avvio le trattative con la controparte bulgara per la ripresa dei negoziati.
Ho ritenuto comunque opportuno scrivere al Direttore delle Relazioni Internazionali del Dipartimento Finanze del MEF, Dott. Marco Iuvinale, per sollecitare un loro intervento.
Nella lettera rilevo di “aver appreso con soddisfazione che la problematica da me sollevata era già stata segnalata dalla Sua Amministrazione alla controparte bulgara nel corso di pregressi contatti relativi a un possibile protocollo di modifica della Convenzione”.
Sottolineo inoltre di ritenere “giusto, corretto e necessario che la Sua Amministrazione stia ora procedendo alla ripresa dei contatti con le competenti autorità bulgare al fine di discutere di taluni elementi tecnici concernenti la Convenzione” e auspico “che negli eventuali prossimi negoziati sia discussa anche e soprattutto la problematica della modifica della disposizione prevista dall’articolo 1, par. 2, lettera b) della Convenzione là dove stabilisce che una persona fisica per essere considerata residente fiscale della Bulgaria ai fini dell’applicazione della Convenzione deve possedere la nazionalità bulgara”.
Definisco “paradossale e penalizzante per i nostri connazionali pensionati residenti in Bulgaria, il fatto che da una parte l’articolo 16 della Convenzione con la Bulgaria preveda la tassazione, come disciplinato da quasi tutte le convenzioni contro le doppie imposizioni fiscali stipulate dall’Italia, delle pensioni Inps nel Paese di residenza dei soggetti interessati, ma dall’altra – contro la logica e la prassi consolidata della normativa convenzionale di riferimento prescritta dall’OCSE e adottata dall’Italia – subordini tale disposizione al possesso della nazionalità bulgara (requisito illogico e disagevole)”.
Infine, rimarco la mia perplessità (vista la consapevolezza dell’Amministrazione fiscale italiana dell’anomalia in vigore e considerato che i probabili tempi per la modifica della Convenzione possano essere – per motivi procedurali e anche contingenti – molto lunghi) sulla riluttanza da parte delle Autorità fiscali competenti (e indirettamente del sostituto di imposta Inps) di accettare – ai fini della detassazione alla fonte delle pensioni Inps pagate ai pensionati italiani residenti in Bulgaria – la certificazione delle autorità fiscali bulgare attestanti la qualità di “residente fiscale” ai sensi ai dell’articolo 4 della legge interna bulgara sui redditi delle persone fisiche, invece della certificazione attestante la qualità di residente ai sensi della Convenzione per evitare le doppie imposizioni (certificazione quest’ultima che richiede la condizione della nazionalità bulgara).
Speriamo che il mio costante impegno possa portare a sviluppi positivi per i diritti fiscali dei nostri pensionati residenti in Bulgaria con la detassazione delle loro pensioni da parte dell’Italia.
Angela Schirò
Deputata PD – Rip. Europa –
Camera dei Deputati


02 – SCHIRÒ (PD) – TARI E PENSIONATI ITALIANI ALL’ESTERO: RIMANE LA RIDUZIONE DEI DUE TERZI.
E’ finalmente ufficiale. Il MEF ha risposto alla mia istanza di chiarimento e ha comunicato che i cittadini italiani iscritti all’AIRE titolari di pensione estera (anche in regime internazionale) e proprietari di immobili in Italia hanno diritto alla riduzione di due terzi della TARI (la tassa sui rifiuti). 12 NOVEMBRE 2020
Avevo chiesto al Dipartimento delle Finanze del MEF di chiarire in maniera inequivocabile i dubbi e le indeterminatezze interpretative su quanto disposto dalla legge di Bilancio per il 2020 in merito al pagamento della TARI; dubbi condivisi dalle nostre collettività all’estero e dagli stessi comuni.
Ora con lettera “Rif. prot. n. 36365/2020” firmata dal Direttore Giovanni Spalletta, la Direzione Legislazione Tributaria e Federalismo fiscale, Uff. XII, ha fornito gli elementi interpretativi da utilizzare per informare correttamente le comunità all’estero:

“Il regime agevolativo inizialmente previsto per l’IMU, la TASI e la TARI dall’art. 9-bis, del D. L. n. 47 del 2014, è stato oggetto di una procedura di infrazione (PI n. 2018/4141), la quale, in data 30 ottobre u.s., si è conclusa con l’archiviazione da parte della Commissione europea. A seguito di tale archiviazione, il quadro agevolativo in questione risulta così definito:
• per l’IMU non è più applicabile l’esenzione stabilita a favore dei cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all’AIRE, già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza. Ciò in quanto, a decorrere dal 2020, l’IMU è stata riformata dall’art. 1, commi da 738 a 783, della legge di bilancio 2020, e, nel contesto della modifica, non è stata riproposta l’agevolazione prevista dal comma 1 dell’art. 9-bis, del D.L. n. 47 del 2014;
• per la TARI, invece, rimane in vigore la riduzione (pari a due terzi) prevista dal comma 2 dello stesso art. 9-bis del D. L. n. 47 del 2014″.
Chiarite a questo punto in maniera positiva e incontrovertibile per i nostri connazionali le regole in vigore sulla TARI, sarà mia premura impegnarmi nella prossima legge di Bilancio per il 2021 chiedere il ripristino dell’esenzione dall’IMU per gli italiani residenti all’estero.
Angela Schirò
Deputata PD – Rip. Europa –
Camera dei Deputati


03 – ANGELA SCHIRO (PD): GIORNATA PER GLI ITALIANI NEL MONDO: OCCASIONE DI INCONTRO, NON DI DIVISIONE È UN PECCATO CHE LA PROPOSTA DI LEGGE SULLA “ISTITUZIONE DELLA GIORNATA NAZIONALE PER GLI ITALIANI NEL MONDO”, DOPO IL PASSAGGIO IN AULA, SIA TORNATA IN COMMISSIONE ESTERI PER LA CONTRARIETÀ DI FORZA ITALIA E DELLA LEGA ALLA DATA DEL 27 OTTOBRE. 9 NOVEMBRE 2020
Per quanto mi riguarda, continuerò a impegnarmi con spirito unitario per fare in modo che la proposta sia approvata al più presto. Si è persa un’occasione, comunque, per rilanciare un lavoro iniziato nella scorsa legislatura, improntato sempre a una fattiva unità di intenti.
Non posso nascondere, tuttavia, la mia sorpresa per l’ostinazione da parte della destra di riproporre il 12 ottobre, data della scoperta dell’America, come unica possibile, non tenendo conto di tutto il lavoro fatto in questi anni. E’ bene, dunque, rinfrescare la memoria di tutti.
La proposta di legge fu presentata dalla deputata La Marca nella XVII Legislatura. Ad essa aderirono oltre 120 deputati di tutti gli schieramenti. La data proposta inizialmente era il 12 ottobre. Nel corso dell’iter in Commissione esteri ci fu un ampio dibattito sul 12 ottobre in considerazione delle numerose osservazioni pervenute da tutto il mondo, che indussero un po’ tutti a rivedere quella data per tenere conto delle diverse sensibilità. Si arrivò così ad approvare il 31 gennaio, per richiamare la prima e buona legge sull’emigrazione di cui l’Italia si sia dotata. Nel maggio del 2017 la commissione deliberò unitariamente il trasferimento della proposta di legge alla sede legislativa. I rappresentanti di tutti i gruppi, senza distinzione di schieramento, e il rappresentante del Governo si espressero positivamente. La proposta di legge fu approvata in sede legislativa all’unanimità e inviata al Senato. Purtroppo, la fine della legislatura ne bloccò l’approvazione definitiva.

La proposta è stata ripresentata dalla deputata La Marca all’inizio di questa legislatura. Analoghe proposte di legge sono state presentate dai colleghi Siragusa (M5S), Ungaro (IV), Nissoli (FI), Formentini (Lega).
Ognuna di queste proposte indicava una data diversa. La mediazione è stata cercata con l’emendamento presentato da me in quanto relatrice che, approvato, indicava il 27 ottobre. Data che richiama la legge 27 ottobre 1988, n. 470, istitutiva dell’Anagrafe per gli italiani residenti all’estero (AIRE). Da quella data, infatti, la presenza degli italiani all’estero ha avuto una rilevanza formale e si sono creati i presupposti per il concreto esercizio di alcuni importanti diritti di cittadinanza, quale il voto nelle elezioni politiche e per il rinnovo degli organismi di rappresentanza, e di forme più evolute e certe nel rapporto tra il cittadino residente all’estero e lo Stato. Nello stesso tempo, si è configurata una specie di “regione” virtuale di circa sei milioni di cittadini, destinata a crescere per l’afflusso della nuova emigrazione, che fa da nucleo di polarizzazione di una più ampia comunità di italodiscendenti calcolata intorno a sessanta milioni di persone.
Anche in questa occasione è stata chiesta la sede legislativa, ma chi l’aveva accettata in passato non l’ha più accettata oggi. Questi i fatti. Ognuno faccia le proprie valutazioni.
Per quanto mi riguarda, mi limito a chiedere: che cosa è cambiato tra la scorsa e l’attuale legislatura perché la data divenisse per alcuni gruppi un elemento dirimente?
Oltre a questi chiarimenti, mi interessa una riflessione di carattere generale.

Ho sempre pensato che l’istituzione della Giornata nazionale per gli italiani del mondo avrebbe dovuto rappresentare per tutti noi eletti all’estero un obiettivo da raggiungere in questa legislatura. Con senso di responsabilità abbiamo deciso di convergere sull’obiettivo primario di approvare la proposta di legge, ognuno rinunciando a qualcosa, per dare un senso, anche culturale, alla nostra presenza in Parlamento. Abbiamo lavorato ad un testo unico e individuato la data del 27 ottobre.
Adesso scopriamo che abbiamo scherzato. L’impressione è che si sia preferito rallentare, posticipare, rendere difficile l’approvazione, utilizzando la questione della data. A chi giova?
Per quanto mi riguarda, ho sempre pensato che la data non dovesse commemorare o celebrare qualcosa o qualcuno, ma semplicemente segnare sul calendario della contemporaneità un’occasione di valorizzazione dei nostri connazionali all’estero e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica italiana su temi di interesse storico e culturale legati all’emigrazione italiana, ad iniziare dalle scuole.
Comunque, non ci perderemo d’animo e ci confronteremo di nuovo costruttivamente. Credo, però, che ci sia bisogno di un salto di qualità nel nostro modo di fare politica.
Come parlamentari eletti all’estero abbiamo di fronte appuntamenti importanti: dalla proposta di legge sulla Commissione parlamentare alla prossima Legge di Bilancio. Non sprechiamo le nostre energie su questioni francamente non essenziali. Davanti a noi, abbiamo comunità di italiani colpite profondamente dalla crisi generata dalla pandemia. A loro dobbiamo un messaggio di apprezzamento e speranza, a tutti dobbiamo serietà e buona politica.
Angela Schirò – Deputata PD – Rip. Europa – Camera dei Deputati


04 – ON. FRANCESCA LA MARCA(PD) : errata corrige Nel recente comunicato pubblicato dalla collega On. Angela Schirò sulla “Giornata nazionale per gli italiani nel mondo”, richiamando la mia iniziale proposta, presentata nella XVII legislatura, si dice, probabilmente per un errore materiale, che essa fu sottoscritta da oltre 120 deputati. 10 NOVEMBRE 2020
Mi preme precisare che le sottoscrizioni furono oltre 320, non 120. Lo sottolineo non per un mero scrupolo formale, ma per valorizzare l’ampiezza del consenso che essa ha ricevuto tra i parlamentari fin dal suo inizio, dal momento che la maggioranza dei componenti della Camera, da me interpellati, decise di aderirvi in modo assolutamente trasversale, al di là delle diverse posizioni politiche e culturali.
Il mio augurio è che quel consenso e quello spirito di unità e di collaborazione sia il viatico per arrivare al più presto a sciogliere unitariamente la questione della data e a dare al Parlamento l’occasione di quell’ampio riconoscimento all’emigrazione italiana che da tempo si attende
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D.
Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America


05 – JANTELAGEN È UNA PAROLA SVEDESE CHE SIGNIFICA “LEGGE DI JANTE” ED È USATA PER DESCRIVERE LA DISAPPROVAZIONE SOCIALE DI OGNI FORMA DI SUCCESSO INDIVIDUALE.
Prende il nome dall’immaginaria città di Jante che compare in un romanzo di Aksel Sandemose del 1933. “Quando qualcuno è famoso la gente si sforza di ignorarlo. Per esempio, oggi ero in un museo e c’era una mostra. In questa mostra comparivo quattro volte. Nel museo c’era una mia grande foto e nella libreria vendevano i miei libri. Però nessuno mi ha fermato o mi ha detto nulla. Mi guardavano e basta”. In un’intervista al New York Times Magazine, Greta Thunberg parla di Jantelagen e non solo: “È vero che se una persona smette di mangiare carne non fa molta differenza.
Ma il punto non è questo. È qualcosa di più grande. In un esperimento hanno preso quattro gruppi di persone. Al primo gruppo è stato detto: ‘Dovreste ridurre il vostro consumo di energia per risparmiare’. Al secondo gruppo hanno detto: ‘Fatelo per l’ambiente’. Al terzo: ‘Pensate al futuro dei vostri figli’. Al quarto gruppo hanno detto qual era il loro consumo di energia rispetto a quello dei vicini di casa. È diventata una gara. E il gruppo che ha ridotto di più il consumo energetico è stato proprio il quarto. Perché siamo animali sociali. Imitiamo i comportamenti degli altri. Io non ho smesso di volare né sono diventata vegana perché volevo ridurre la mia impronta di carbonio. Per sostenere la battaglia per il clima sarebbe stato più utile volare in giro per il mondo. Ma bisogna mandare un segnale per dire che stiamo attraversando una crisi. Se nessuno rompe questa catena di ‘Non lo faccio perché tanto nessuno fa niente’ allora nessuno cambierà.
Non capiremo che questa è una crisi.
Quindi non faremo pressione su chi è al potere. Ma se chi è al potere non sente la pressione, allora può continuare a non fare nulla. Se capisci davvero la scienza, allora sai cosa devi fare in quanto individuo. Sai che hai una responsabilità”. ( DA Internazionale G. De Mauro)


06 – L’ANATRA ZOPPA E IMBIZZARRITA CHE VUOLE SCASSARE IL SISTEMA. IL VOTO CONTESO . DA 30 ANNI IN DECLINO DEMOGRAFICO, IL GOP (PARTITO REPUBBLICANO) PUNTA A DELEGITTIMARE IL VOTO AVVERSARIO E A USARE IL COLLEGIO ELETTORALE PER GOVERNARE GLI STATI UNITI DALLA MINORANZA, (di Luca Celada, da LOS ANGELES Il Manfesto)

È una bizzarra e inquietante sensazione quella che si prova in questi giorni in America, come se dal 3 novembre la realtà si forse biforcata negli universi paralleli e incompatibili di una precaria fantapolitica. Il giorno delle elezioni è stato preparato da quattro anni di fake news ed un assalto senza tregua alla verità Decondivisa. Ora, mentre Biden assembla la sua squadra e riceve le congratulazioni di capi di stato, Trump lancia il definitivo affondo complottista sul “furto elettorale.”

La campagna sulla “gigantesca frode” era stata preventivamente preparata nelle settimane precedenti in previsione di un esito con uno, o un paio, di swing states in bilico: una strategia a base di dubbi seminati nella piazza e tribunali ingolfati di ricorsi. Non è andata così e il risultato difficilmente potrà essere ribaltato per vie legali. Il capo però sembra intenzionato a giocare comunque la carta del caos costituzionale per mettere alla prova gli argini già scricchiolanti di un impianto istituzionale che si è mostrato insufficiente a contenere tutte le sue intemperanze.

È importante ricordare che non vi è nel sistema frazionato e federale americano una somma e definitiva autorità super partes che possa aggiudicare una diatriba elettorale di questa portata. Il sistema dipende in qualche modo dall’accettazione collettiva delle regole fondamentali del gioco.

Col rifiuto del risultato si gioca dunque una partita pericolosa e volatile per la quale non esistono precedenti, Trump è un anatra zoppa e imbizzarrita, che punta ancora una volta sulla sovversione della realtà. E la democrazia americana dovrà in qualche modo vedere il bluff del demagogo insinuatosi al suo vertice.

Per il momento la Casa bianca si comporta come se avesse del tutto rimosso l’ultima settimana, intralciando in ogni modo la “transizione pacifica del potere” che Trump aveva peraltro sempre dichiarato di non voler accettare. Così Emily Murphy, direttrice del General Services Administration rifiuta di versare a Biden i $10 milioni che la legge mette a disposizione del presidente entrante per predisporre l’insediamento.

Chiuso nel suo palazzo (“come un fuggitivo barricato con ostaggi”, lo ha definito Frank Figliuzzi, ex vicedirettore del Fbi) Trump ha epurato in un giorno le massime cariche del Pentagono e ordinato al ministro di giustizia (il fedelissimo William Barr) di autorizzare indagini sui brogli. Ha perfino ordinato di procedere col lavoro sulla finanziaria – da presentare a febbraio(!)

Ogni tassello pensato per destabilizzare, quantomeno, una transizione che per ora viaggia su binari paralleli e opposti. I telegiornali danno bollettini sulle dichiarazioni del presidente in pectore e pronosticano i ministri del suo gabinetto e allo stesso tempo Fox news e maggiorenti repubblicani parlano di “risultati ancora non definiti” delle elezioni di una settimana fa. Sui giornali si alternano in parti uguali pronostici sulla prossima era Biden e corsivi indignati sull’eversione implicita nella paradossale situazione.

La tesi della vittoria di Biden come conferma auto evidente della truffa, ha fatto facile presa su una base radicalizzata da una dieta industriale di mistificazione. Fondamentale sarà verificare se la parte più patologica e complottista (vedi Qanon) potrà o vorrà superare la dissonanza cognitiva della sconfitta “impossibile”. Occorre poi capire il gioco dei quadri di partito.

Dopo un iniziale apparente riluttanza sembra essersi consolidata la linea del “diritto al ricorso legale” per le fantomatiche frodi. Potrebbe, è vero, essere solo una strategia per mollare Trump in modo soft, soprattutto senza alienare la base populista che ha ingrossato le fila del partito (e ancor necessaria ad esempio ai fini dei ballottaggi in Georgia a gennaio). Secondo questa tesi, il capo verrebbe “assecondato” per dargli modo di costruite una narrazione plausibile per un uscita a “testa alta.”

Comunque sia è una strategia che sta piantando semi di dubbio sulla legittimità del nuovo presidente, destinati a germogliare in frutti velenosi fra i trumpisti fanatizzati. E se pure Biden arriverà ad insediarsi il 20 gennaio, le sue prospettive di governo non sono confortanti.

Perché sul sabotaggio “istituzionale” della democrazia i repubblicani sono sostanzialmente compatti. Da trent’anni la strategia del Gop, partito in cronico declino demografico (i democratici hanno vinto il voto popolare in sette delle ultime otto elezioni) consiste nel delegittimare e sopprimere il voto avversario e utilizzare il collegio elettorale per governare dalla minoranza.

Fondamentale per questo disegno è il controllo del senato, in cui la maggioranza di senatori repubblicani rappresenta una minoranza di cittadini. Mitch McConnell ha potuto così paralizzare il secondo mandato Obama, usurpando la sua ultima nomina alla Corte Suprema e blindando la magistratura. Quest’anno i repubblicani sono riusciti in extremis ad approvare la togata reazionaria Amy Coney Barrett a ridosso delle elezioni.

In questo paese la cui fondazione fu progetto rivoluzionario e radicale – ma attuato da facoltosi proprietari terrieri con una Costituzione pensata per preservare il potere a scapito donne, poveri, nativi e schiavi – l’attuale partito dei bianchi, il Gop, ha un altro obbiettivo strategico: limitare ulteriormente la rappresentazione delle minoranze emergenti.

A questo scopo l’amministrazione Trump ha chiuso anzitempo il censimento in corso fino al mese scorso. Dal conteggio della popolazione dipende infatti il numero di rappresentanti alla camera che spettano ad ogni stato. Le stime inferiori così in Stati con grandi popolazioni di immigrati e minoritarie assicurano che roccaforti democratiche come California e New York possano perdere rappresentanti alla camera.

In regime federalista la forza repubblicana risiede in gran parte nel controllo di un numero maggiore di stati (anche se meno popolati). Una situazione che produce un vantaggio anche nel disegnare le circoscrizioni elettorali per favorire i propri candidati – il famigerato gerrymandering – e allungare l’ombra della minoranza sul futuro.
Infine i repubblicani hanno anche il potere di bloccare i ministri che Biden designerà per il proprio gabinetto: dovranno venire avvallati dal senato. Comunque vada, dopo il quadriennio populista, per Biden, e per l’America, si prospetta una democrazia ostruita e diminuita. –


07 – LA SECONDA ONDATA SEMPRE PIÙ SIMILE ALLA PRIMA – DECESSI ANCORA IN CRESCITA E PICCO DEI RICOVERI. RISPETTO A PRIMA, OGGI L’EPIDEMIA È DISTRIBUITA SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE, di Andrea Capocci

Con quasi 38 mila casi e 636 morti, le ragioni di chi chiede un nuovo lockdown appaiono sempre più solide. Il numero di pazienti ricoverati supera il picco della prima ondata: ora sono più di 33 mila. In terapia intensiva i letti occupati in più in 24 ore sono 89 e nel complesso sono 3.170. Il numero dei tamponi eseguiti, quasi 235 mila, mantiene il rapporto tra casi positivi e test al 16%. Escludendo i tamponi ripetuti e quelli fatti per screening, sale però al 28%. Un test su quattro dà dunque esito positivo.

Il nuovo massimo toccato dal numero dei decessi – identico a quello del 6 aprile – fa assomigliare sempre di più la seconda ondata alla prima. La letalità del virus è ben visibile a livello di popolazione. Secondo l’ultimo rapporto del Sistema di Sorveglianza della Mortalità Giornaliera, che campiona circa il 20% degli italiani, sia nelle regioni del centro-nord che del centro-sud già alla fine di ottobre si rilevava un aumento della mortalità di circa il 50% rispetto agli anni precedenti. Dato che nell’ultima settimana i decessi per Covid sono oltre il triplo di quelli registrati a fine ottobre, nei prossimi report l’impatto risulterà presumibilmente peggiore.

Nella prima ondata, il lockdown fu proclamato con meno di duecento morti al giorno e settecento pazienti in terapia intensiva: confrontate con le cifre di oggi, la chiusura sembrerebbe obbligata. Ma ci sono differenze importanti rispetto ad allora. All’epoca, circa i due terzi dei ricoverati e delle vittime erano localizzati nella sola Lombardia. Oggi l’epidemia è distribuita su tutto il territorio nazionale e questo diminuisce la pressione sulle singole regioni. Ma d’altro canto espone al virus anche quelle più fragili. Il report settimanale del Gimbe riassume la situazione attuale: «Un lieve rallentamento dell’incremento percentuale dei casi che potrebbe dipendere sia dall’effetto delle misure di contenimento introdotte a fine ottobre, sia dalla saturazione della capacità di testing». Il punto nevralgico della crisi è negli ospedali: «in 11 Regioni è stata superata la soglia di saturazione del 40% dei posti letto in area medica e in altre 11 Regioni quella del 30% per le terapie intensive».

Il rapporto critica il sistema dei 21 indicatori e delle zone colorate in funzione del rischio: «È tecnicamente complesso – spiega il presidente Gimbe Nino Cartabellotta – soggetto a numerosi “passaggi” istituzionali, risente di varie stratificazioni normative, attribuisce un ruolo preponderante all’indice Rt che presenta numerosi limiti e, soprattutto, fotografa un quadro relativo a 2-3 settimane prima». Il commissario Domenico Arcuri indica una via di fuga nel prossimo arrivo di un vaccino. Per ora c’è solo un comunicato dell’azienda farmaceutica Pfizer. Ma Arcuri, a cui è stata affidata la gestione del dossier, si lancia: «A gennaio prevediamo di vaccinare i primi italiani».

Per distribuire i vaccini non ci si affiderà all’organizzazione sanitaria regionale, in quanto «il governo ha deciso che ci sia una centralizzazione del meccanismo». «Dobbiamo molto in fretta individuare le prime categorie a cui somministrare il vaccino – ha aggiunto Arcuri – e lo faremo in funzione della loro esposizione al virus e in funzione della loro fragilità. Stiamo da ieri organizzando la prima tornata ma anche le successive». Una commissione di 15 esperti sta mettendo a punto un piano di distribuzione, impresa non facile per un vaccino che deve essere mantenuto alla temperatura di 80 gradi sottozero e somministrato in due dosi a decine di milioni di persone

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