20 02 29 NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL ESTERO ED ALTRE COMUNICAZIONI

01 – Questo non è un virus per vecchi . Pare che l’ideogramma cinese che vuol dire «crisi», sia lo stesso che usano anche per dire «opportunità». Antica saggezza cinese applicabile anche al Covid 19?
02 – La Marca (Pd): un mio nuovo intervento per integrare il personale del consolato di Toronto.
03 – Montevideo. Sottosegretario Merlo rappresenterà l’Italia alla Cerimonia d’insediamento del nuovo presidente dell’Uruguay.
04 – Storia delle grandi epidemie.
05 – Schirò (Pd) – coronavirus: attenzione e sostegno per gli italiani che all’estero devono affrontare inedite difficoltà
06 – Ognuno deve fare la sua parte.
07 – Coronavirus, Ebola e le loro cause. Emergenze sanitarie. Il salto di specie dei nuovi virus dagli animali selvatici all’uomo è favorito dall’alterazione del rapporto tra la natura e l’essere umano
08 – Basta col parlamento. Ora Bolsonaro ha voglia di autogolpe. Triste Brasile. Estrema destra in piazza il 15 marzo per chiudere il Congresso, che intralcia i progetti del presidente.
09 – Il carnevale di San Paolo omaggia Paulo Freire, il più odiato dalla destra.
10 – Il Bodegón, svolta in Venezuela. Venezuela. Guaidò, grazie a Trump, torna e chiama al golpe contro il presidente legittimo. Ma Maduro ha cambiato il Paese con la dollarizzazione sotto controllo politico
11 – Brevi dal mondo: Arabia saudita, Kashmir, India, Guinea-Conakry. La Mecca in rap, ragazza saudita rischia la prigione.
12 – Sembra che le elezioni Morales le abbia vinte davvero: che furto. Bolivia. Le conclusioni di un’analisi condotta da due ricercatori del mit smentiscono l’organizzazione degli stati americani, che, denunciando la presunta frode, aveva spianato la strada al golpe.

 

01 – QUESTO NON È UN VIRUS PER VECCHI . PARE CHE L’IDEOGRAMMA CINESE CHE VUOL DIRE «CRISI», SIA LO STESSO CHE USANO ANCHE PER DIRE «OPPORTUNITÀ». ANTICA SAGGEZZA CINESE APPLICABILE ANCHE AL COVID 19? MAGARI SÌ. PRENDIAMO, PER ESEMPIO, TUTTI QUEI POVERI VECCHI CINESI MALATI ORMAI PASSATI A MIGLIOR VITA: È SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI COME ADESSO, NELLA REGIONE DELLO WUHAN, SI SIANO LIBERATE COSÌ TANTE CASE POPOLARI CHE SONO FINALMENTE ANDATE AI MOLTISSIMI GIOVANI, DA TEMPO IMMEMORE IN LISTA D’ATTESA.( di Enrico Caria da Alias)
Ci sono poi tante altre storie, anche piccole ma significative che ci confermano come spesso -come si diceva una volta a Napoli e d’ora in poi anche nello Wuhan- «storta va, dritta vene».
Va in questo senso anche la testimonianza che ci ha reso la signorina Lee, mezzo soprano all’Opera di Pechino che grazie al Covid19 ha rimpiazzato l’inamovibile Hui Ue ed è ora soprano intero: «se non ela pel il colona vilus», ci ha detto a mezza bocca, «quella a settantadue anni ancola faceva Madame Butterfly.»
Così in Cina. Un grande Paese dove su un miliardo e mezzo di abitanti, almeno un miliardo sono super giovani e dove quindi una scrematina ogni tanto non farebbe che aiutare a sgombrar loro il campo.
Ma anche qui da noi, dove il rapporto giovani-vecchi è totalmente ribaltato, potremmo aspettarci lo stesso effetto? Ne è convinto Vittorio Sgarbi. Lui non ha nessun dubbio: «MALEDETTI !…» ha infatti sbraitato in Montecitorio a pieni polmoni rivolto a tutti gli altri deputati mentre all’unanimità votavano il decreto anti-virus, «… per un ottantenne che muore chiudete l’Italia!» Ma perché il nostro stracritico nazionale s’è messo a strillare come un gibbone isterico rischiando il secondo infarto in tre mesi? Erano davvero nel suo mirino funzionari decrepiti, capuffici rincoglioniti, pensionati rattusi, chirurghi con l’alzehimer, autisti mezzi cecati, anziani arbitri cornuti, senatori a vita e tutti quegli altri vecchioni con un piede nella fossa e l’altro pronto a sgambettare i giovani che vorrebbero fare carriera? Oppure lo sgambetto che realmente Sgarbi teme è quello fatto dal decreto antivirus alle mostre da lui curate? a partire da quella alla Galleria Cael di Milano, a Etra Studio di Firenze, a Palazzo Vescovile di Portogruaro, a villa Colloredo a Macerata, al Museo Innocenti a Firenze… e a Treviso, Pordenone, Noto e chi più ne ha più ne metta? Direte voi: dai Vittorio, prima curiamo gli italiani poi tu curerai le tue mostre.
Ma mettetevi pure nei suoi panni: tempus fugit e manco Sgarbi è più ‘sto bocciuolo di rosa.

 

02 – LA MARCA (PD): UN MIO NUOVO INTERVENTO PER INTEGRARE IL PERSONALE DEL CONSOLATO DI TORONTO. “Alla luce delle situazioni che da tempo si trascinano nel Consolato di Toronto a causa della diminuita presenza di personale e che da ultimo hanno visto la chiusura dell’ufficio notarile, ho sollecitato ancora una volta i responsabili dei settori operativi del MAECI a integrare la dotazione di personale di quello che è una delle più importanti strutture del Nord America. ROMA, 27 FEBBRAIO 2020
Nel giro di alcuni mesi dovrebbero iniziare ad essere distribuite tra i terminali all’estero le figure assunte a seguito dei concorsi indetti negli anni precedenti. Il loro numero certo non è tale da corrispondere alle esigenze che si sono diffusamente evidenziate e sedimentate nel corso degli anni, ma sicuramente potranno consentire di alleggerire le situazioni di maggiore difficoltà. Tra queste, c’è certamente quella del Consolato di Toronto.
L’attenzione che è stata prestata a questa mia ulteriore sollecitazione, mi lascia sperare che qualche concreto passo in avanti potrà essere fatto nei tempi necessari a soddisfare i complessi adempimenti legati a tali provvedimenti”.
On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D. – Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America

 

03 – MONTEVIDEO | SOTTOSEGRETARIO MERLO RAPPRESENTERÀ L’ITALIA ALLA CERIMONIA D’INSEDIAMENTO DEL NUOVO PRESIDENTE DELL’URUGUAY
L’esponente del governo italiano al suo arrivo sarà ricevuto dall’Ambasciatore d’Italia Giovanni Battista Iannuzzi. Il Sottosegretario Merlo incontrerà il ministro degli Esteri dell’Uruguay e poi farà visita alla scuola italiana
Il Sen. Ricardo Merlo, Sottosegretario agli Esteri, domenica primo marzo sarà a Montevideo, ancora una volta delegato dal presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, per rappresentare l’Italia alla Cerimonia d’insediamento del nuovo presidente di Uruguay, Luis Lacalle Pou.
L’esponente del governo italiano al suo arrivo sarà ricevuto dall’Ambasciatore d’Italia Giovanni Battista Iannuzzi, con il quale terrà una colazione di lavoro. Seguirà, appunto, la cerimonia d’insediamento del nuovo presidente uruguaiano.

Il giorno successivo, lunedì 2 marzo, il Sottosegretario Merlo incontrerà il ministro degli Esteri dell’Uruguay e poi farà visita alla scuola italiana.
“Le relazioni bilaterali tra Italia e Uruguay – dichiara Merlo – sono molto strette da sempre, anche perché nel Paese sudamericano vivono oltre 130mila connazionali che continuano a mantenere alta la bandiera dell’Italia e attraverso circoli e associazioni diffondono la nostra cultura, mantengono in vita le nostre tradizioni. Anche per questo – conclude Merlo – ho voluto inserire la visita alla scuola italiana di Montevideo nell’ambito della mia missione in Uruguay: per poter dimostrare, anche così, con la presenza, la vicinanza e il sostegno del governo italiano a quei progetti e a quelle realtà che, ovunque nel mondo, promuovono e diffondono la nostra cultura e la nostra lingua, ovvero la nostra più grande ricchezza”.
Fonte: ItaliaChiamaItalia

 

04 – STORIA DELLE GRANDI EPIDEMIE. Nel II secolo d.C. una epidemia di vaiolo uccise in Europa 5 milioni di persone 1348 la peste bubbonica fece in sei anni in Europa 20 milioni di vittime, ovvero un terzo della popolazione totale del continente.
Nell’Ottocento si susseguirono varie pandemie di colera, con diversi milioni di morti.
Nel 1918 l’influenza “spagnola”, molto violenta e letale, si diffuse in tutto il Pianeta, uccidendo almeno 50 milioni di persone in due anni.
Nel 1957 in Cina comparve l'”asiatica”, un’altra forma influenzale che solo negli Stati Uniti causò circa 70mila morti.
Dal 1981 il virus Hiv iniziò a propagarsi in tutto il mondo, uccidendo di Aids tre milioni di persone in pochi anni.
AVIARIA. Dal sud est ASIATICO
Nel 1997 è partita la diffusione di questa malattia infettiva contagiosa dovuta a un virus influenzale di ceppo A, che ha il suo serbatoio naturale in varie specie di uccelli acquatici, come anatre, oche, cigni, cicogne, fenicotteri, aironi, pellicani e gabbiani. Molti di questi sono migratori e hanno trasportato l’aviaria in varie zone del pianeta, infettando polli, faraone e tacchini. Da questi animali domestici il virus è poi passato agli esseri umani, causando febbre e seri problemi respiratori, e risultando spesso fatale.

I NUMERI. L’epidemia sviluppatasi nel Sud est asiatico nel 2004 ha registrato 397 casi e 249 morti nel mondo, soprattutto in Indonesia, Vietnam, Cina e Thailandia, con un tasso di mortalità superiore al 60 per cento.

“Nel 2004 gli esperti hanno verificato che l’ecologia del virus H5N1 è cambiata, in modo da aumentarne le capacità di determinare una possibile pandemia» spiega il professor Bassetti. «Sono stati investiti 150 milioni di dollari per bloccare la sua diffusione nell’uomo e 100 milioni per fermarla nei polli. Dal 2005 non si sono più registrati casi. A oggi non sono disponibili vaccini, per uso umano, contro i ceppi H5N1 e H7N9: l’Organizzazione mondiale della sanità sta lavorando per allestirli, con i laboratori della rete globale di sorveglianza dell’influenza”.

SARS. Dalla CINA
Nel 2002 nella provincia cinese del Guangdong è apparsa per la prima volta la Sars (Sindrome respiratoria acuta severa), una forma atipica di polmonite causata da un Coronavirus probabilmente partito dai pipistrelli e poi diffusosi nell’uomo attraverso altri animali venduti nei mercati cinesi. Il primo a identificarla è stato il medico italiano Carlo Urbani, poi stroncato dalla stessa malattia.

I NUMERI. Dal novembre 2002 al luglio 2003 sono stati registrati 8.439 casi e 812 decessi in una trentina di Paesi del mondo, per lo più in Cina, con un tasso di letalità del 9 per cento. In Europa, grazie ai controlli nei porti e negli aeroporti, il morbo non si è diffuso. Tuttavia si sono scatenati atteggiamenti di panico, tanto che molti Stati hanno acquistato inutilmente molti medicinali, poi rimasti inutilizzati.

«Il virus si è profondamente annidato solo in sei Paesi, dove la modalità di trasmissione è stata la stessa: un caso importato e ospedalizzato di Sars ha infettato gli operatori professionali e altri pazienti, che a loro volta ne hanno contagiati altri» gli esperti dicono, «Dopo cinque mesi dall’inizio della diffusione, si è riusciti a fermarla con misure di contenimento. Da luglio 2003 non sono stati più segnalati casi. Non esiste un vaccino».

Mers Dall’ARABIA SAUDITA
Nel giugno 2012 in Arabia Saudita è stato segnalato il primo caso di Mers (Sindrome respiratoria mediorientale), malattia causata dal Coronavirus denominato Mers-CoV.
Si ipotizza che il serbatoio naturale di questo virus siano i pipistrelli, che avrebbero infettato i cammelli e altri animali domestici, dai quali sarebbe poi passato agli esseri umani.

I NUMERI. I casi di infezione sono stati 2.494 e 858 i decessi, di cui 292 in Arabia Saudita, con un tasso di letalità del 34 per cento.
A CHE PUNTO SIAMO
«Non ne siamo ancora usciti: continuano a essere segnalati casi in Arabia Saudita. Non esiste ancora un vaccino» avverte il professor Bassetti.

EBOLA. In AFRICA
Un altro flagello degli ultimi decenni è il virus Ebola, un patogeno di origine animale che nell’uomo provoca una grave febbre emorragica. Le origini di questo
virus non sono ben chiare, tuttavia si ipotizza che l’essere umano ne sarebbe rimasto infettato entrando in contatto con il sangue di scimmie o pipistrelli della frutta. La malattia è stata identificata per la prima volta nel 1976 e ha provocato diverse epidemie. Una delle più gravi è stata quella scoppiata in Guinea nel febbraio 2014, che ha interessato l’Africa occidentale fino al 2016.

I Numeri. Dal 2014 al 2016 si sono registrati oltre 28mila casi e 11 mila morti, soprattutto in Liberia, Sierra Leone e Nigeria.
«Non ne siamo assolutamente usciti» commenta il professor Bassetti. «Proprio in questi giorni in Repubblica democratica del Congo sono stati segnalati 3.429 casi di infezione da virus Ebola, che hanno provocato 2.251 decessi, con un tasso di letalità del 66 per cento. Non esiste un vaccino e neanche una cura antivirale».

FEBBRE SUINA. Dal MESSICO
Nell’aprile 2009 in Messico sono apparsi i primi focolai della cosiddetta “febbre suina”, causata da una variante di un virus che provoca l’influenza stagionale.

I Numeri. Questa infezione, trasmessa per via aerea, in due anni ha contagiato quasi mezzo milione di persone e provocato oltre 6mila morti, concentrati soprattutto in Messico, Stati Uniti, Canada e Argentina. Il tasso di letalità globale è stato dell’1,2 per cento.

«Da allora tutti i vaccini influenzali contengono anche antigeni di H1N1 e sono quindi in grado di prevenire l’infezione» spiega il professor Bassetti.
In Italia la risposta all’epidemia diede adito ad alcune polemiche, a causa di 24 milioni di dosi di vaccino acquistate per oltre 184 milioni di euro, mai utilizzate.

Gran Bretagna. La MUCA PAZZA.
Nel 1986, partendo da un primo caso riscontrato in un allevamento nel Regno Unito, migliaia di bovini sono stati colpiti dalla Bse (Encefalopatia spongiforme bovina), una malattia neurologica degenerativa e irreversibile, nota come il “morbo della mucca pazza”, che ha finito per contagiare anche l’essere umano. Oltre 200 persone sono decedute, soprattutto nel Regno Unito. * La sua comparsa è stata ricollegata a una metodica nella produzione delle farine di carne, che dopo alcuni anni è stata messa al bando dalla Comunità europea, portando a eradicare la malattia. L’agente infettivo era una proteina modificata, detta prione, che colpiva i centri nervosi e provocava un danno irreversibile nelle cellule del cervello, portando alla morte.

MUTAZIONE. Nel 2019 nelle Filippine si sono registrati oltre 800 morti per un’epidemia di febbre Dengue, una malattia infettiva tropicale causata da un virus trasmesso da zanzare del genere Aedes. L’influenza si presenta con febbre, cefalea e dolori muscolari; in rari casi si sviluppa una pericolosa febbre emorragica, che può evolvere in shock circolatorio e morte (il tasso di letalità è inferiore all’ 1%). Non esistendo un vaccino efficace, la prevenzione si ottiene eliminando le zanzare che trasmettono il virus. La cura di supporto si basa, invece, sulla somministrazione endovenosa di liquidi e sull’emotrasfusione. Oggi la Dengue è presente in oltre 100 Paesi.

In India C’è Zika. Nel 2006 in India e nel Sud est asiatico migliaia di persone sono state contagiate dalla “febbre Zika”, causata da un virus trasmesso agli esseri umani dalle zanzare del genere Aedes. Nel 2015 il virus si è diffuso anche in altri Stati del mondo, tra i quali Colombia, Messico e Brasile. Fra esseri umani è possibile un contagio diretto solo attraverso il sangue o per via sessuale.
A oggi non sono noti casi di malati deceduti a causa dello Zika. I sintomi sono quasi sempre blandi (lieve febbre, eruzione cutanea, congiuntivite, cefalea) e passano entro pochi giorni. Purtroppo, però, lo Zika causa seri danni al feto.

LE PIÙ PERICOLOSE,
Al di là del Co alcune storiche malattie i metti ve continuano a provocare una mortalità con numeri enormi. Secondo i dati del 2018, la malaria causa 400mila decessi ogni anno, la tubercolosi ne provoca perfino 1,4 milioni e le malattie diarroiche (enterite, colite, gastroenterite, dissenteria) ne causano oltre un milione. Sempre nel 2018, l’Aids ha causato 770mila vittime, nonostante oggi esistano farmaci in grado di tenere sotto controllo il virus Hiv. Senza contare che, secondo una stima dell’Oms, ogni anno nel mondo muoiono oltre mezzo milione di persone per problemi legati all’influenza stagionale.

 

05 – SCHIRÒ (PD) – CORONAVIRUS: ATTENZIONE E SOSTEGNO PER GLI ITALIANI CHE ALL’ESTERO DEVONO AFFRONTARE INEDITE DIFFICOLTÀ. In questi giorni e in queste ore si moltiplicano le notizie relative alle difficoltà che molti italiani presenti in paesi europei per ragioni di lavoro, di studio e di viaggio incontrano a seguito dell’allarme suscitato dal timore di contagio da COVID-19. Roma, 28 febbraio 2020

Sono stata contattata, ad esempio, da operatori turistici italiani solitamente impegnati in questa stagione con le gite scolastiche all’estero recentemente cancellate, da genitori di alunni che frequentano scuole italiane all’estero o sezioni italiane in istituti scolastici stranieri sollecitati a non mandare i figli a scuola, da universitari o giovani lavoratori all’estero invitati a lasciare le proprie abitazioni o ai quali vengono rifiutati contratti d’affitto, da persone che avevano programmato viaggi turistici all’estero che hanno ricevuto disdette da parte di strutture ricettive estere e da tanti altri connazionali che hanno registrato insolite difficoltà.

L’esigenza di razionalizzare i comportamenti individuali e collettivi di fronte al rischio di contagio, confidando nelle implicazioni degli scienziati e degli esperti, un’esigenza rimarcata fortemente dall’intero Parlamento italiano e dallo stesso Presidente Mattarella, esiste evidentemente anche all’estero, sia a livello pubblico che privato, ogni volta che si entra in contatto con gli italiani. In queste ore il governo, le regioni, le città e gli organismi che curano gli interessi italiani al di fuori dei confini nazionali sono impegnati strenuamente a trovare soluzioni e forme di sostegno che possano ovviare alle imprevedibili difficoltà di una situazione straordinaria per l’intera collettività. C’è però un mondo di persone e anche di piccoli operatori che potrebbe sfuggire a queste misure e non ricevere l’attenzione che meritano di avere.

Per questo mi rivolgo a chi sta preparando gli opportuni interventi di salvaguardia affinché tengano in considerazione tutte le eventualità che si stanno presentando. In particolare, mi rivolgo al Ministro degli Esteri affinché solleciti la nostra rete diplomatica e consolare a rilevare le situazioni di particolare criticità che possano interessare i nostri connazionali e a svolgere una opera di sostegno e di assistenza, adeguata alla eccezionalità delle situazioni che si devono affrontare.
Angela Schirò Deputata PD – Rip. Europa –

 

06 – OGNUNO DEVE FARE LA SUA PARTE, di Julian Reichelt, Bild, Germania Le Monde, Francia
“La Germania piange per voi!”, era il titolo del quotidiano Bild all’indomani della strage di Hanau compiuta da un terrorista di destra. Da allora non riesco a togliermi dalla testa una domanda: è proprio così? La Germania sta davvero piangendo queste vittime del terrorismo come farebbe se i morti avessero dei nomi tedeschi, i capelli biondi e gli occhi azzurri? Sì, i segnali inviati alla società dai politici, dalle squadre di calcio o dal festival della Berlinale sono quelli giusti. Ci sono state manifestazioni, dimostrazioni di solidarietà, minuti di silenzio. Ma la Germania è in preda alla stessa angoscia provata dopo l’attentato del 2016 a Berlino? Ci si propone di combattere il terrorismo di estrema destra con la stessa incondizionata determinazione con cui si affronta quello di matrice islamica? Proviamo il senso di orrore, vergogna e autocritica che dovremmo attenderci
nel paese responsabile del più grande sterminio
mai perpetrato in nome della razza? È impossibile rispondere a nome di un intero paese. Ma ho la sensazione che ci sia una differenza nel modo in cui i tedeschi sono a lutto per le vittime di Hanau. Se in alcune regioni della Germania una persona su quattro vota per un partito che minimizza l’olocausto, è difficile non pensarlo.
Negli ultimi giorni i tedeschi hanno parlato di Hanau con la stessa indignazione che esprimono nei confronti del terrorismo islamico? L’orrore davanti ai titoli dei giornali è stato ugualmente palpabile? Temo di no. E purtroppo molti tedeschi di origine straniera hanno la mia stessa impressione.
Hanno la brutta sensazione che in Germania si sentano a casa solo i “veri” tedeschi. Dopo un attacco terroristico come quello di Hanau, tutti noi tedeschi siamo obbligati a chiederci: piango per Bilal come piangerei per Benedikt o Britta? Dobbiamo darci una risposta onesta. Perché da questo dipende se in Germania siamo tutti ugualmente intoccabili.
L’epidemia dovuta al coronavirus è entrata in una fase critica. Anche se si registra un calo nei contagi in Cina, la propagazione in altre regioni del mondo sta aumentando. Nuovi casi sono stati confermati in una trentina di paesi, e la comparsa di un focolaio in Italia del nord ha cambiato la percezione della malattia in Europa. Anche se per il momento l’Organizzazione mondiale della sanità si rifiuta di parlare di pandemia, la crisi è arrivata a un punto di svolta che mette ognuno davanti alle proprie responsabilità.
Per prima cosa non bisogna negare l’evidenza.
Le misure di controllo hanno rallentato la diffusione del virus, ma non hanno eliminato l’epidemia.
Il blocco dei voli dalla Cina si è rivelato poco efficace in Italia, che era stata tra i primi ad adottarlo. Questa crisi è una conseguenza della globalizzazione, ma la chiusura e l’isolamento non sono la soluzione, che passa piuttosto per un maggiore coordinamento a livello internazionale.
L’esempio della fornitura di medicinali, spesso prodotti all’altro capo del mondo, lo dimostra.
La situazione impone una maggiore vigilanza, ma è anche un’occasione per ricordare ai politici, ai mezzi d’informazione e a tutti noi quali sono i doveri di ciascuno. La strumentalizzazione, lo sfruttamento della paura e il panico collettivo vanno evitati a tutti i costi. La trasparenza dev’essere al centro dell’azione pubblica per mantenere la fiducia della popolazione, che sarà più preparata se informata correttamente. La Cina ha creduto di poterne fare a meno, e oggi paga le conseguenze con una credibilità intaccata dal disprezzo per i diritti umani e le libertà individuali mostrato nella gestione dell’emergenza.
L’estrema destra italiana, che approfitta della crisi per alimentare l’odio nei confronti degli stranieri, sta giocando a un gioco molto pericoloso. I mezzi d’informazione devono evitare il sensazionalismo.
Bisogna combattere le voci incontrollate che si moltiplicano sui social network: che si tratti di psicosi collettiva per contagi immaginari, di rimedi folcloristici e inefficaci o di precauzioni sproporzionate, le notizie false ostacolano l’applicazione delle misure adeguate. La sfida è tanto più impegnativa se teniamo conto della dilagante sfiducia nei confronti delle dichiarazioni ufficiali.
Infine non bisogna aspettarsi che sia lo stato a fare tutto. Dobbiamo chiederci se i nostri comportamenti individuali rispettano un minimo di buon senso e mettono al riparo i nostri cari e la collettività in generale. Quest’ultima riuscirà a superare la crisi solo se sarà capace di assumersi le proprie responsabilità.

07 – Coronavirus, Ebola e le loro cause. Emergenze sanitarie. Il salto di specie dei nuovi virus dagli animali selvatici all’uomo è favorito dall’alterazione del rapporto tra la natura e l’essere umano, di Francesco Bilotta da “ Il Manifesto”

L’epidemia da coronavirus che sta spaventando il mondo ripropone con forza la questione del rapporto tra organismi e ambiente. Le più importanti epidemie che si sono manifestate negli ultimi decenni e che hanno colpito la specie umana (AIDS, Ebola, Influenza aviaria, Sars, Mers) sono dovute al “salto di specie”. I virus presenti negli animali selvatici, che sono serbatoi naturali di molti patogeni, trovano in alcuni casi le condizioni favorevoli per adattarsi all’uomo. L’invasione delle nicchie ecologiche ha prodotto una alterazione del sistema di relazioni esistente tra le diverse popolazioni animali, modificando le loro abitudini e il rapporto con la specie umana.

LA PRESSIONE ANTROPICA e la distruzione degli habitat naturali delle specie selvatiche hanno prodotto squilibri ambientali, favorendo il contatto e il passaggio di virus patogeni. Lo spillover, il salto di specie, si verifica più facilmente se c’è un rapporto più stretto con gli animali selvatici. L’impatto che le attività umane hanno sugli ecosistemi, le pratiche agricole, i sistemi di allevamento, la distruzione della biodiversità, i cambiamenti climatici, sono tutti elementi che entrano in gioco quando si verifica la comparsa di un nuovo virus. La diffusione di questi virus è poi favorita dalla crescita demografica che la popolazione umana ha avuto nel XX secolo e dalla rapidità con cui si spostano le persone da un continente all’altro. L’epidemia di Covid-19 è arrivata, in poco più di un mese, alle porte di Milano dopo aver fatto la sua comparsa in una remota regione della Cina. Un virus ospitato da una specie animale può trasferirsi all’uomo se avviene un processo di riassortimento, un insieme di modificazioni che portano il patogeno ad acquisire geni provenienti da virus umani e che gli consentiranno di trasferirsi da persona a persona.

ANCHE L’EPIDEMIA CAUSATA dal nuovo coronavirus, che non ha trovato nel corpo umano gli anticorpi specifici e si è diffuso rapidamente, è il risultato della rottura dell’equilibrio tra patogeni di specie diverse. Gli squilibri ambientali e i comportamenti umani hanno favorito questa rottura. I coronavirus, individuati a metà degli anni ’60, sono una vasta categoria di virus a RNA che causano malattie che vanno dal comune raffreddore fino alla Sars e alla Mers. Per la loro struttura sono in grado di adattarsi in misura maggiore rispetto ad altri virus alle cellule umane e la modalità di trasmissione avviene quasi esclusivamente per via aerea. Mentre conviviamo senza troppi problemi con gli Human coronavirus, i comuni virus del raffreddore, il nostro organismo mostra serie difficoltà a difendersi dai nuovi coronavirus arrivati negli ultimi anni da altre specie animali. Il nuovo coronavirus cinese, denominato Sars-Cov-2, è parente stretto di quello che ha provocato nel 2002 l’epidemia di Sars (Sindrome respiratoria acuta grave).

LA SARS SI DIFFUSE IN CINA E DETERMINÒ il contagio di 8 mila persone con una mortalità del 10%. Sono stati i pipistrelli il serbatoio naturale del virus della Sars e il passaggio all’uomo è avvenuto attraverso un ospite intermedio, lo zibetto, un piccolo mammifero simile al gatto che viene catturato e venduto nei mercati alimentari. Il divieto temporaneo del commercio di animali selvatici, varato dopo lo scoppio dell’epidemia, fu abolito negli anni successivi. Anche per la Sars-Cov-2 sono ancora i pipistrelli e i mercati di animali selvatici a essere sotto accusa. Si è arrivati alla convinzione, sulla base degli studi genetici effettuati all’Università di Pechino, che alcune specie di serpenti sono stati gli ospiti intermedi dove il virus avrebbe subito un processo di ricombinazione prima di passare all’uomo. Ci si augura che il nuovo divieto di commercializzazione della fauna selvatica, emanato in Cina il 26 gennaio, possa diventare permanente. Per quanto riguarda la Mers (Sindrome respiratoria del Medio Oriente), la sua comparsa si è registrata per la prima volta in Arabia Saudita nel 2012. Sono stati i cammelli e i dromedari a fare da ospiti intermedi del virus prima di passare all’uomo. Il consumo di carne e latte di questi animali ha determinato il contagio di 2500 persone con un tasso di mortalità del 30%. L’attuale epidemia di Covid-19 mostra un tasso di mortalità inferiore al 2%, anche se la sua diffusione avviene più velocemente di Sars e Mers. Tra le cosiddette malattie emergenti sono state Ebola e AIDS a sconvolgere il mondo scientifico per le loro particolari caratteristiche.

L’EPIDEMIA DI EBOLA, CHE SI È SVILUPPATA a metà degli anni ’70 nella Repubblica Democratica del Congo, ha un elevato livello di contagiosità e causa una febbre emorragica che porta alla morte il 90% dei malati. Un filovirus che alberga nei pipistrelli della frutta è passato a gorilla, scimpanzè e alla specie umana, producendo una febbre emorragica dagli effetti devastanti per l’organismo, con una mortalità del 90%. L’epidemia ha causato la morte di 12 mila persone e il suo elevato livello di contagiosità rende difficile l’approccio ai malati, in una realtà come quella del centro Africa dove le strutture sanitarie sono particolarmente carenti. La deforestazione che ha interessato le foreste pluviali tropicali, distruggendo gli habitat naturali dei pipistrelli, è alla base della diffusione dell’epidemia. Non si è riusciti a trovare un vaccino in grado di fermare il virus Ebola.

ANCHE L’AIDS (SINDROME da immunodeficienza acquisita), esplosa negli anni ’80 proviene dal mondo animale. Il virus HIV dell’immunodeficienza delle scimmie ha fatto il salto di specie passando all’uomo. Non si sa esattamente quando è avvenuto questo passaggio, ma l’impatto delle attività umane sull’ambiente, la deforestazione, la caccia agli scimpanzè nell’Africa equatoriale, nelle aree del Camerun e del Congo, sono stati fattori determinanti perché il virus si adattasse alla specie umana e si diffondesse in tutto il mondo. Dall’inizio dell’epidemia si sono contati nel mondo 35 milioni di morti e negli ultimi anni la media di decessi che viene registrata è di 800 mila persone all’anno.

ATTUALMENTE SONO ALMENO 40 MILIONI le persone che nel mondo vivono con il virus HIV. Nonostante gli innumerevoli tentativi, il vaccino non c’è. Siamo ancora alla fase sperimentale. I farmaci che vengono impiegati non eliminano il retrovirus, ma gli impediscono di replicarsi e di attaccare il sistema immunitario. Gli studi e le ricerche di questi anni hanno dimostrato che la diffusione del virus HIV, passato dai primati all’uomo, è stata la conseguenza della pressione antropica sull’ambiente. Ogni qual volta si diffonde un virus si spera nel vaccino giusto, ma se non si sviluppa una attività di prevenzione e salvaguardia ambientale dovremo fare, sempre di più, i conti con la comparsa di nuovi virus e nuove epidemie.

 

08 – BASTA COL PARLAMENTO. ORA BOLSONARO HA VOGLIA DI AUTOGOLPE. TRISTE BRASILE. ESTREMA DESTRA IN PIAZZA IL 15 MARZO PER CHIUDERE IL CONGRESSO, CHE INTRALCIA I PROGETTI DEL PRESIDENTE. E lui sposa l’iniziativa. il generale Augusto Heleno, volto autoritario della fortissima ala militare del governo: «Non possiamo accettare che questi tizi ci ricattino tutto il tempo. Che si fottano» , di Claudia Fanti

Cresce sempre più, nel governo Bolsonaro, la voglia di autogolpe. A scatenare l’ultima e più grave crisi istituzionale è stato il generale Augusto Heleno, il volto più autoritario della fortissima ala militare del governo, il quale, non sapendo di essere registrato, ha dato libero sfogo a tutta la sua irritazione verso il Congresso, invitando ben poco elegantemente i parlamentari a «fottersi».

«NON POSSIAMO ACCETTARE che questi tizi ci ricattino tutto il tempo», è esploso il capo dell’Ufficio di sicurezza istituzionale a proposito delle trattative in corso con il Congresso riguardo alla gestione del bilancio dell’anno in corso. E, non contento, ha suggerito a Bolsonaro di convocare il popolo in strada, anziché negoziare quella che ha definito una «resa».

Poteva trattarsi solo dell’ennesimo scivolone antidemocratico in un paese che, dal golpe del 2016 contro Dilma Rousseff, di offese alla democrazia ne ha registrate a ripetizione. Una deriva autoritaria e fascista esplicitata in maniera chiara, per citare solo gli ultimi casi, dall’evocazione, da parte di Eduardo Bolsonaro prima e del ministro dell’Economia Paulo Guedes poi, di un nuovo AI-5, l’Atto istituzionale, promulgato nel 1968 dal generale Artur Costa e Silva, che ha dato avvio alla fase più brutale della dittatura. O, ancora, dallo sconcertante plagio di Goebbels di cui si è reso protagonista l’ormai ex segretario della Cultura Roberto Alvim nel suo auspicio di un’arte brasiliana «eroica e nazionale».

IL «FODA-SE» DI HELENO, tuttavia, ha assunto un carattere ancor più inquietante. Non solo perché i “bolsominions” hanno immediatamente raccolto l’invito del ministro lanciando per il 15 marzo una manifestazione per la chiusura del Parlamento, ma, soprattutto, perché a sposare l’iniziativa è stato Bolsonaro in persona. Il quale, del resto, si è mostrato più e più volte insofferente nei confronti del Congresso, colpevole di rallentare il suo progetto di devastazione sociale e ambientale del paese, di cui il progetto di legge per il via libera nei territori indigeni alla costruzione di centrali idroelettriche, alle attività minerarie, all’estrazione di petrolio e gas è uno dei più drammatici esempi.

Non sorprende allora che il presidente abbia dato il suo sostegno alla manifestazione del 15 marzo e l’abbia fatto condividendo su WhatsApp un video di 1 minuto e 40 secondi che ripercorre le immagini più gloriose delle sue gesta a favore della patria, inclusa la controversa coltellata che gli ha regalato la presidenza, con eloquenti scritte in sovrimpressione: «È stato chiamato a lottare per noi. Ha attaccato briga per noi. Ha sfidato i potenti per noi. È quasi morto per noi. Sta affrontando la sinistra corrotta e sanguinaria per noi. Soffre calunnie e menzogne per garantire il meglio a noi».

COSICCHÉ, di fronte a cotanti sacrifici, il minimo che può fare il popolo per esprimergli un po’ di riconoscenza è scendere in strada il 15 marzo in appoggio a un presidente così incredibilmente «lavoratore, instancabile, cristiano, patriota, capace, giusto» e, alla faccia degli scandali che hanno travolto lui e la sua famiglia, pure «incorruttibile».

Come per i precedenti affondi antidemocratici del governo, le reazioni sono state immediate e durissime. «È urgente che il Congresso, le istituzioni e la società prendano posizione in difesa della democrazia», ha dichiarato Lula. «È necessaria una forte risposta delle istituzioni, se non si vuole che il paese sprofondi un’altra volta nell’oscurità della dittatura», gli ha fatto eco Dilma Rousseff. E via di questo passo, a sinistra come al centro e persino a destra.

MA, QUESTA VOLTA, più di ogni altra, la sensazione è che Bolsonaro – il quale ha provato invano a giustificarsi parlando di uno scambio di messaggi personali tra amici – abbia davvero passato il segno. Tant’è che persino il decano del Supremo Tribunale Federale Celso de Mello è intervenuto per denunciare «il volto oscuro di un presidente della Repubblica che disconosce il valore dell’ordine costituzionale, che ignora il principio della separazione dei poteri, che esprime una visione indegna dell’altissima carica che ricopre». Aggiungendo: «Per quanto possa molto, il presidente non può tutto», se non vuole «incorrere nel crimine di responsabilità», quello cioè che giustifica un processo di impeachment.

E puntualmente una richiesta di impeachment – parola magica evocata da più parti nei confronti di Bolsonaro – è già stata annunciata dal deputato socialdemocratico Alexandre Frota.

09 – IL CARNEVALE DI SAN PAOLO OMAGGIA PAULO FREIRE, IL PIÙ ODIATO DALLA DESTRA
In attesa di vedere chi trionferà nel sambodromo di Rio de Janeiro per il Carnevale 2020, a San Paolo è stata già incoronata “campeã” la scuola di samba Águia de Ouro, del quartiere Pompeia, alla sua prima vittoria in 44 anni di sfilate. Ultrapolitico l’”enredo” che ha totalizzato più punti , un omaggio al pedagogo e filosofo Paulo Freire, padre del sistema educativo brasiliano, dal titolo 0 Poder do Saber – Se saber é poder? Quem sabe faz a hora, não espera acontecer (chi sa agisca, non aspetti gli eventi). Figura particolarmente invisa, quella di Freire (1921-1997), al presidente Bolsonaro e al ministro dell’Educazione, Abraham Weintraub, tanto che il suo modello scolastico è oggetto negli ultimi tempi di continui attacchi politici che mirano a smantellarlo, in quanto di ispirazione “marxista”

 

10 – IL BODEGÓN, SVOLTA IN VENEZUELA. VENEZUELA. GUAIDÒ, GRAZIE A TRUMP, TORNA E CHIAMA AL GOLPE CONTRO IL PRESIDENTE LEGITTIMO. MA MADURO HA CAMBIATO IL PAESE CON LA DOLLARIZZAZIONE SOTTO CONTROLLO POLITICO. I COSTI SOCIALI, MENTRE RESTA CENTRALE L’ESTRATTIVISMO di Roberto Livi

«Che si prepari il dittatore! Ci incontrerà nelle strade» ha tuonato venerdi scorso l’autoproclamato presidente ad interim del Venezuela, Juan Guaidó, convocando una marcia per «riconquistare» l’Assemblea nazionale (parlamento). Politicamente “risorto”dopo l’incontro nella Sala ovale con Trump (il 5 febbraio) e dopo aver ricevuto le benedizioni – più o meno tiepide – del premier inglese Boris Johnson, del presidente francese Emmanuel Macron, della cancelliera Angela Merkel e della ministra degli esteri spagnola Arancha González ( il premier Sánchez si è prudentemente tenuto alla larga), Guaidó ha preteso la sottomissione sia delle componenti dell’opposizione, sia delle Forze armate. Alle quali ha chiesto di ribellarsi armi alla mano contro il (legittimo) presidente.

NON HA AVUTO né l’una né l’altra. Al contrario ha trovato una situazione in cui Maduro é all’offensiva. Nella seconda metà del 2019 il presidente è riuscito a frenare la tragica contrazione dell’economia a un pur grave- -6% del Pil ( -24% nel 2018 e all’inizio del 2019) grazie – secondo l’economista Manuel Shuterland- «a una serie di misure economiche di liberalizzazione, apertura e flessibilizzazione dei controlli». Come risposta alla guerra economica scatenata da Trump, Maduro aveva sorpreso tutti con una parziale apertura al dollaro per «stabilizzare» l’economia del paese. In un’intervista a Ignacio Ramonet (Le Monde diplomatique) il presidente aveva infatti dichiarato: «Abbiamo un’economia di resistenza. Stiamo convivendo con tre spazi monetari: un bolivar in combattimento, alcune divise (dollaro e euro) che si muovono e aiutano a far sì che una parte della popolazione respiri e che vengano liberate le forze produttive del paese e un Petro che serve per complementare, petrolizzare un’economia dollarizzata». All’inizio dell’anno – conferma la Bbc – più del 53% delle transazioni in Venezuela si sono realizzano in divisa (soprattutto dollari). In questo modo, grazie a rimesse (4 miliardi di dollari nel 2019), risparmi in dollari e a “verdoni” entrati illegalmente nel paese- «il settore commerciale sembra avere un’inesperata sensazione di bonanza». Il direttore (di destra) della Fedecamaras ipotizza che nel 2020 possa presentarsi «un risorgimento dell’economia influenzata dalle forze del mercato». In sostanza, sempre per Shuterland, «quello che vale si paga in dollari, il bolivar serve per piccole spese».

IL SIMBOLO di questa recente bonanza è il “Bodegón”: dove prima vi erano piccoli negozi in bancarotta ora vi sono grandi botteghe dove si trova di tutto, a caro prezzo, compresi generi di lusso, dal Parmigiano stagionato a champagnes francesi. Naturalmente il Bodegón è riservato a chi paga in dollari non a chi vive di stipendi in bolivar (settore pubblico). Di modo che la forbice sociale ha avuto un ulteriore aumento e di conseguenza è cresciuta anche la percentuale di cittadini che vorrebbero emigrare (38,5%). Nonostante questa conseguenza della dollarizzazione è probabile (Shuterland) sia che «continui il processo di dollarizzazione con il permesso del governo ad aprire conti in dollari», sia «un rafforzamento dell’economia estrattivista». Secondo cifre fornite da Bloomberg la produzione di petrolio è aumentata e si aggirerebbe attorno agli 800.000 barili al giorno. La stessa fonte sostiene che il governo bolivariano sarebbe in trattative con Rosneft (Russia), Repsol (Spagna) e Eni con l’idea di trasferire loro proprietà petrolifere statali e ristrutturare così parte dell’enorme debito di Petróleos de Venezuela SA (la compagnia petrolifera statale PDVSA).

In questa linea di privatizzazione strisciante vi sarebbe spazio anche per lobbies del petrolio vicine al presidente Trump, che di recente, nonostante l’inasprimento delle sanzioni, ha rinnovato le licenze che permettorno alla compagnia Chevron e a imprese di servizio associate come la tristemente famosa Halliburton, di realizzare attività economiche in Venezuela. Sempre fonti ufficiose (Shuterland) parlano di «trattative segrete» -a cui ha partecipato l’avvocato di Trump, Rudolph Giuliani- con impresari e società che controllano 60 miliardi di dollari in bond venezuelani, che potrebbero essere «associati» a contratti petroliferi.

DOLLARIZZAZIONE e «succulenti bocconi» petroliferi offerti anche ad “amici” di Trump concedono però solo un miglioramento dell’economia non strategico e, secondo economisti e politici non dell’opposizione, pagato a caro prezzo politico. Shuterland avverte che il “Bodegón” e la dollarizzazione sono un simbolo della de-industralizzazione del Venezuela. Le merci che prima erano prodotte a prezzi sostenibili dalle industrie locali ora sono importate e vendute -in valuta – a prezzi alti e con profitti stratosferici. I danni di una privatizzazione del settore energetico, come pure in quello minerario dell’Orinoco, sarebbero enormi sia dal punto di vista politico e sociale che ambientale: un disastro ecologico annunciato nella fascia dell’Orinoco.

IL GOVERNO bolivariano risponde a tali accuse annunciando una politica di controllo dell’«economia speculativa» associata alla dollarizzazione: l’imposizione di un’Iva sulle transazioni in valuta e controlli a tappeto attuati da agenti governativi su Bodegón e attività commerciali alle quali – secondo Eneyda Laya del Ministero commercio – verrebbe permesso «un profitto massimo del 30%». Per quanto riguarda le trattative del settore energetico, le reazioni sono ufficiose e negano la tendenza a una privatizzazione ma non al ruolo centrale dell’estrattivismo. Secondo tali fonti, se solo si riuscisse a portare al mercato della Borsa il 10% delle riserve provate di petrolio, il paese potrebbe ottenere 240 miliardi di dollari. Cinque volte il Pil del 2019.

 

11 – BREVI DAL MONDO: ARABIA SAUDITA, KASHMIR, INDIA, GUINEA-CONAKRY. LA MECCA IN RAP, RAGAZZA SAUDITA RISCHIA LA PRIGIONE. Dopo sette mesi di chiusura, il Kashmir ritorna a scuola. New Delhi, aggredita la protesta alla Citizen law: 4 morti. Guinea-Conakry, troppi nomi sospetti nelle liste elettorali.

Dopo sette mesi di chiusura, il Kashmir ritorna a scuola
A sette mesi dalla revoca dello status speciale alla regione del Kashmir e il blocco pressoché totale imposto alla popolazione, le autorità indiane hanno riaperto ieri le scuole a un milione di studenti. La riapertura era stata annunciata già due volte in passato, ma era stata di fatto resa impossibile dalle restrizioni al movimento imposte da New Delhi.

***

La Mecca in rap, ragazza saudita rischia la prigione

Rischia la prigione per una canzone. A chiedere l’arresto della giovane rapper saudita, Ayasel Slay, di origine eritrea, e dei produttori del video della canzone «Girl of Mecca» (in cui esalta le bellezze della città), è stato il governatore della Mecca Khaled al-Faisale. Contro di lei una valanga di insulti razzisti sui social, mentre il video veniva rimosso da YouTube.

***

India, aggredita la protesta alla Citizen law: 4 morti

È di quattro morti, tre civili e un poliziotto, e 50 feriti il bilancio degli scontri scoppiati ieri a New Delhi tra favorevoli e contrari alla nuova legge sulla cittadinanza, discriminatoria verso i musulmani. Le violenze, esplose a un giorno dalla visita di Trump in India, sono state provocate dall’ultradestra del Bjp che ha aggredito i manifestanti contrari alla legge.

***

Guinea-Conakry, troppi nomi sospetti nelle liste elettorali

Per i circa 2 milioni di nomi “problematici” presenti nelle liste elettorali (minorenni, defunti, doppie registrazioni…) l’Organizzazione internazionale della Francofonia (Oif) mette in dubbio la regolarità del voto che si terrà il 1° marzo (referendum costituzionale e legislative) nella Repubblica di Guinea. Lo forze che si oppongono al presidente Alpha Condé sottoscrivono.

 

12 – SEMBRA CHE LE ELEZIONI MORALES LE ABBIA VINTE DAVVERO: CHE FURTO. BOLIVIA. LE CONCLUSIONI DI UN’ANALISI CONDOTTA DA DUE RICERCATORI DEL MIT SMENTISCONO L’ORGANIZZAZIONE DEGLI STATI AMERICANI, CHE, DENUNCIANDO LA PRESUNTA FRODE, AVEVA SPIANATO LA STRADA AL GOLPE, di Claudia Fanti
Chi ancora dubitava che in Bolivia ci sia stato un golpe dovrà necessariamente ricredersi. Perché tutto indica che le elezioni del 20 ottobre scorso – poi annullate per presunti brogli – Evo Morales le abbia vinte davvero. A riconoscerlo, adesso, è addirittura il Washington Post, attraverso la pubblicazione di un’analisi di due ricercatori del Mit Election Data and Science Lab, John Curiel e Jack R. Williams, secondo cui non ci sarebbe «alcuna ragione per sospettare l’esistenza di brogli» nell’ultimo processo elettorale. Considerando infatti sia la tendenza del conteggio rapido che l’assenza di variazioni statistiche significative nelle preferenze registrate dopo la controversa interruzione del Trep (il sistema di trasmissione dei risultati preliminari), «è assai probabile» che Morales abbia ottenuto realmente quel vantaggio superiore ai 10 punti che gli avrebbe assicurato la vittoria già al primo turno. Di più: attraverso ben mille simulazioni realizzate sulla sola base dei voti verificati prima dell’interruzione del Trep, Curiel e Williams hanno «scoperto che Morales poteva aspettarsi un vantaggio di almeno 10,49 punti sul suo diretto concorrente».

Per l’Organizzazione degli stati americani, che, denunciando la presunta frode, aveva spianato la strada al golpe, i risultati del rapporto pubblicati giovedì dal Washington Post non possono che suonare come un duro atto d’accusa: «L’analisi statistica e le conclusioni dell’Oea sembrerebbero profondamente difettose», affermano i due analisti del Mit, precisando di aver contattato l’organismo ma di non aver ricevuto alcuna risposta. Un silenzio che il segretario generale dell’Oea Luis Almagro, sempre così ciarliero sulle reti sociali, non sembra avere alcuna intenzione di rompere. Si è invece naturalmente fatto sentire Morales, che, su Twitter, ha definito l’analisi – che, non dimentichiamo, segue almeno altri tre rapporti giunti alle medesime conclusioni – «una prova ulteriore del monumentale furto orchestrato da Mesa, Áñez, Camacho e Almagro ai danni di tutti i boliviani».

E di certo l’ex presidente si starà ancora mangiando il fegato per essersi fidato dell’Oea demandandole il compito di verificare la correttezza o meno del processo elettorale e accettando come vincolanti le sue conclusioni. Una beffa a cui si è aggiunta ora anche la sua esclusione dalle elezioni – queste sì a rischio brogli – del prossimo 3 maggio.

Visits: 315

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.