19 12 07 NEWS DAI PARLAMENTARI ELETTI ALL ESTERO ED ALTRE COMUNICAZIONI.

01 – Fondo salva stati, unione bancaria, fiscal compact: non farsi impressionare dal fracasso leghista e chiedere le modifiche necessarie

02 – La Marca (Pd): il potenziamento delle sedi consolari del nord e centro America al centro del colloquio con il direttore generale del MAECI Renato Varriale

03 – La Marca (Pd) – riconoscimento patenti di guida tra Italia e Québec: chiesto un incontro AL Ministro Dei Trasporti, Paola De Micheli

04 – Conclusa la missione a Montevideo, Uruguay, del Sottosegretario agli Esteri.

05 – Sardine più Costituzione: la parola d’ordine per un futuro migliore. La destra è rimasta interdetta di fronte alle manifestazioni (riuscite) delle “sardine” che il 14 dicembre avranno l’importante appuntamento della manifestazione nazionale a Roma.

 

 

01 – FONDO SALVA STATI, UNIONE BANCARIA, FISCAL COMPACT: NON FARSI IMPRESSIONARE DAL FRACASSO LEGHISTA E CHIEDERE LE MODIFICHE NECESSARIE

di Alfiero Grandi

Fiscal Compact con le connesse direttive, sistema bancario europeo e fondo salvastati – Mes – sono aspetti tra loro legati. Valutarli divisi può portare solo guai. Le sceneggiate e i toni aggressivi della Lega e del resto della destra in parlamento, da scontro frontale, sono strumentali e servono a coprire i loro stessi errori. La rissa della destra non deve impressionare e tanto meno spingere ad una posizione arroccata, impedendo un’esame equilibrato di queste misure. Ci sono già state esperienze negative per avere affrontato con leggerezza e approssimazione le trattative per accordi a livello europeo su materie finanziarie ed economiche. Stracciarsi le vesti solo dopo è un atteggiamento che non ci possiamo permettere. Il Fiscal Compact prevede il rientro nei ranghi dei paesi che non rispettano i parametri del 3% di deficit e hanno un debito pubblico superiore al 60% del Pil. Il debito dell’Italia è al 135% del Pil. Non risulta invece che qualcuno abbia chiesto di aggiungere un altro punto per obbligare i paesi con forte surplus ad investire quanto potrebbero, come prevedono le regole in vigore. I tagli sono un obbligo mentre gli investimenti no? Per ora è difficile capire se il vagheggiato strumento di bilancio per convergenza e competitività sarebbe qualcosa di più di un auspicio, con quali risorse, per quali obiettivi? Con Two packs e Six packs, collegati al Fiscal compact, sono stati aggiunti vincoli più severi. Questi provvedimenti (non inseriti finora nel sistema giuridico europeo) hanno ispirato la cura da cavallo riservata alla Grecia. In sostanza dal trattato di Maastricht, 1992, sono state via via irrigidite le regole.

La modifica nel 2012 dell’articolo 81 della Costituzione è stata conseguenza di queste regole e come sappiamo è stata introdotta durante il governo Monti, approvata con oltre i 2/3 e quindi non sottoponibile a referendum popolare. Solo una nuova modifica della Costituzione approvata da Camera e Senato potrebbe cancellare la nuova versione dell’articolo 81 della Costituzione, la cui applicazione – per di più – è stata finora rimandata di volta in volta per gentile concessione dei controllori europei. Tornare al precedente art 81 potrebbe essere fatica inutile se il Fiscal Compact e i suoi collegati divenissero parte dei trattati europei, quindi sovraordinati alla Costituzione stessa, come ora si vorrebbe fare. Va ricordato che l’obiettivo originario del trattato di Maastricht era “stabilità e crescita”. La stabilità con annesse politiche di bilancio restrittive c’è stata, la crescita è rimasta solo un titolo. Perché una interpretazione restrittiva del trattato di Maastricht dovrebbe ora entrare nei trattati europei?

Queste regole dovrebbero essere riviste e finalmente dovrebbe vivere la parte che non c’è (la crescita) degli obiettivi di Maastricht, visto che ora anche la Germania soffre una fase difficile dell’economia. I nuovi strumenti di bilancio a livello europeo rispondono a questa esigenza? È tutto da dimostrare. La proposta è di inserire queste regole nel sistema giuridico europeo, modificabile solo o uscendo dall’Unione (da evitare come dimostra la Brexit) o modificando i trattati stessi (obiettivo che richiede l’unanimità) quindi prima di arrivare alla firma è necessario capire bene cosa si sta facendo. Gli atti di fede sono controproducenti e paradossalmente lasciano ad una destra becera uno spazio che non dovrebbe avere. Tante volte si sono sentite autocritiche sulla pesante cura imposta alla Grecia, qualcuno ha ammesso che era sbagliata, ma troppo tardi. In realtà continua a prevalere la stessa linea. Evitare che scatti questo irrigidimento senza averne valutato le conseguenze è il minimo necessario.

Il secondo capitolo è il rafforzamento dell’Unione bancaria. Potrebbe essere un risultato utile, a condizione che non diventi a sua volta una trappola per imporre alle banche di considerare tossico il debito pubblico mentre ci sono grandi banche europee che hanno quantità enormi di veri titoli finanziari tossici in pancia. È evidente che un sistema europeo proteggerebbe meglio le banche dai fallimenti (le banche, non gli azionisti) e i depositi dei correntisti, almeno fino a 100.000 come è previsto oggi in Italia. Troppe “distrazioni” quando si discuteva dei fallimenti bancari hanno lasciato passare il bail in, senza neppure un tempo congruo di entrata in vigore. Bail in che obbliga a caricare il fallimento sulle spalle non solo degli azionisti ma anche di chi ha acquistato titoli delle banche e perfino sui correntisti oltre i 100.000 euro, come è accaduto recentemente nelle crisi delle banche venete e popolari.

Questo è costato caro a quanti hanno investito risparmi, talora indotti con l’inganno, ma anche allo Stato che è stato spinto a restituire parte dei soldi perduti, vedremo alla fine con quali costi e risultati. Il bail in è stato introdotto all’insegna della parola d’ordine mai più soldi pubblici nei fallimenti delle banche. Parola d’ordine velleitaria perché lo stato non può disinteressarsi degli aspetti sistemici e delle conseguenze sociali ed economiche, come infatti si è visto con i recenti provvedimenti. Semmai il sistema dovrebbe fare i controlli ex ante per evitare i costi successivi. Anche Bush jr decise di lasciare fallire Lehman Brother ma innescò la crisi finanziaria mondiale, da cui l’Italia dopo oltre 10 anni non è del tutto uscita. Come ha giustamente osservato Penati su Repubblica il sistema bancario non è avulso dal contesto economico del paese.

Le banche italiane hanno acquistato centinaia di miliardi di titoli di stato, se dovessero liberarsene in poco tempo, per evitare di partecipare ad un eventuale consolidamento del debito pubblico, si aprirebbe un serio problema per il finanziamento del debito pubblico. In alternativa se dovessero vedersi tagliato il credito vantato verso lo Stato per la ristrutturazione del debito (una parte non verrebbe più pagato) si potrebbe creare una situazione ai limiti dell’ingovernabilità. Lo stato non avrebbe soldi per intervenire, le banche avrebbero parte dei titoli trasformati in carta straccia, con relative perdite e rischio nei conti. Perché l’Italia dovrebbe accettare ora queste regole? Che tra l’altro sono controcorrente rispetto agli acquisti dei debiti pubblici fatti dalla Bce, in gran parte attraverso le banche centrali? Va ricordato inoltre che le garanzie europee sia per i depositi che per le banche in difficoltà entrerebbero in campo solo dopo avere esaurito le risorse nazionali. Infine il terzo caposaldo delle decisioni europee è il fondo salvastati, MES. Non basta sottolineare che nei documenti è scritto può anziché deve chiedere la ristrutturazione del debito pubblico prima di intervenire per concedere prestiti.

Il MES ha un finanziamento mutualistico, ogni stato partecipa pro quota, l’Italia fino a un massimo di 125 miliardi di euro, terzo contribuente dopo Germania e Francia. La parte più preoccupante è nel meccanismo di decisione del MES. Viene costruita in sostanza una istituzione separata, finanziata dagli stati ma resa del tutto autonoma. Tanto che nemmeno la Commissione europea avrebbe un ruolo di indirizzo e controllo, tanto meno il parlamento europeo. Quando lo Stato in difficoltà si rivolgesse alla tecnostruttura del MES sarebbe di fronte a una scelta: o subisce le condizioni poste o niente intervento salvastati. Infatti non è previsto un organo politico di appello, perché tutto è concepito come una tecnostruttura indipendente, al punto che il suo comportamento viene sottratto alle leggi ed è esente da responsabilità. Sarebbe una tecnostruttura indipendente, potentissima perché avrebbe a disposizione le munizioni conferite dagli stati che però sarebbero esclusi da qualunque indirizzo e controllo.

Attaccarsi alla differenza tra deve e può è molto meno delle garanzie necessarie. Ha ragione chi afferma che già al momento della richiesta di intervento ci sarebbero rischi per gli Stati. Perché potrebbe partire la speculazione nel momento stesso della notizia della richiesta, creando con ciò stesso un’emergenza. Le banche verrebbero coinvolte con il rischio di perdere parte importante dei crediti verso lo stato, di fatto diventerebbe impossibile trovare gli spazi per interventi pubblici a favore delle aree sociali più colpite perché il fondo Mes porrebbe le sue condizioni (Grecia docet). Chi ha concepito questi strumenti aveva ben presente la loro coerenza: criteri derivanti dal Fiscal compact e annessi, sistema di intervento europeo nelle crisi bancarie, fondo salvastati i cui orientamenti probabilmente sarebbero ispirati al Fiscal compact. Penati conclude ricordando che il treno è ormai partito, buttarla in rissa come vuole la Lega è pericoloso, bisognerebbe invece negoziare duramente le contropartite e si dovrebbero aggiungere le garanzie che tutto il percorso resti guidato dalle istituzioni democratiche, senza scivolamenti tecnocratici.

Tuttavia, se non fosse possibile ottenere risposte adeguate meglio rinviare la firma e pensarci ancora, troppo rilevanti le conseguenze per il nostro paese. Se un giorno dovesse finire la “comprensione europea” per il bilancio pubblico italiano, se dovesse esserci un impazzimento dello spread, l’Italia potrebbe, in linea ipotetica, essere costretta a chiedere aiuto al fondo MES e a quel punto va ricordata la spiegazione che diede Monti sulla durezza dei provvedimenti che adottò il suo governo. Voleva rispettare i parametri ma non voleva cedere sovranità al fondo salvastati. Quindi scelse di decidere autonomamente i tagli della spesa pubblica, ad esempio con la normativa Fornero sulle pensioni, ma evitò di chiedere aiuto al fondo salva stati per non cedere sovranità. Se non l’ha fatto Monti…

 

 

02 – La Marca (Pd): il potenziamento delle sedi consolari del nord e centro America al centro del colloquio con il direttore generale del MAECI Renato Varriale. ROMA, 5 DICEMBRE 2019.

L’On. Francesca La Marca ha incontrato mercoledì 4 dicembre presso la Farnesina il Direttore generale per le risorse e l’innovazione del MAECI, Ambasciatore Renato Varriale, con il quale ha avuto un lungo e proficuo colloquio sulle questioni relative alla dotazione di personale nelle strutture decentrate della nostra amministrazione all’estero, con particolare riguardo alla situazione del Nord e Centro America. Le ragioni che hanno indotto l’On. La Marca a chiedere il colloquio con il Direttore Varriale sono legate alla strutturale sottodotazione delle sedi, aggravata di recente dall’applicazione delle misure di Quota 100, che hanno praticamente raddoppiato il numero dei pensionamenti, e alle insistenti e ricorrenti sollecitazioni che provengono dai connazionali in merito alla celerità e all’efficienza dei servizi, nonostante i grandi sforzi che il personale in servizio sta facendo. Nel corso del colloquio, che ha spaziato anche su temi di ordine generale, la parlamentare ha richiamato ancora una volta l’attenzione sul Consolato di Toronto, per il quale ha richiesto che sia integrato di qualche unità di ruolo e che al più presto siano coperti entrambi i posti previsti per i contrattisti. Un’altra situazione affrontata, in ragione del grande afflusso di connazionali e della vertiginosa crescita degli iscritti AIR, è quella del Consolato di Miami, di cui il Direttore generale si è dimostrato ben consapevole e per la quale si sta preparando qualche positiva soluzione. Il Direttore generale, infine, ha dimostrato attenzione e disponibilità ad approfondire le questioni legate al Consolato di Filadelfia, anch’esso dotato di un’importante base di connazionali e di un consistente retroterra di italodiscendenti che sviluppano ad ogni modo una considerevole domanda di servizi. On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D. Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America

 

 

03 – LA MARCA (PD) – RICONOSCIMENTO PATENTI DI GUIDA TRA ITALIA E QUÉBEC: CHIESTO UN INCONTRO AL MINISTRO DEI TRASPORTI, PAOLA DE MICHELI – ROMA, 2 DICEMBRE 2019

“La definizione del protocollo di intesa sul reciproco riconoscimento delle patenti di guida tra guida tra l’Italia e il Québec, oggetto di un lungo scambio di documenti tra le parti, sta conoscendo tempi più lunghi del previsto. Se si trattasse di mere questioni burocratiche si potrebbe capire. Ma dietro i rapporti protocollari vi sono le attese e i bisogni delle persone e da essi è necessario partire, mettendoli al centro del lavoro diplomatico. Questa almeno è la mia opinione. Un orientamento che mi ha indotto ormai da anni ad avere una lunga serie di contatti e iniziative, parlamentari e dirette, sia con le autorità italiane competenti in materia che con le autorità canadesi. Il tempo non mi distoglie da questo proposito. Per questo, ho deciso di avviare un nuovo giro di contatti e sollecitazioni, iniziando dal nostro Ministro per i trasporti, On. Paola De Micheli, a cui ho chiesto un appuntamento per investirla della questione e chiederle di fare quanto è nelle sue possibilità per accelerarne la conclusione”. On./Hon. Francesca La Marca, Ph.D. Circoscrizione Estero, Ripartizione Nord e Centro America . 05 – Conclusa la missione a Montevideo, Uruguay, del Sottosegretario agli Esteri. Nella capitale del Paese dell’America Latina, il Sen. Merlo, ha visitato la nuova sede consolare, denominata Inform Italia, potendo constatare quanto i nuovi uffici – da lui fortemente voluti – siano di grande aiuto per smaltire e velocizzare il lavoro che grava sulla sede principale. “Si tratta di una soluzione temporanea – spiega il Sottosegretario – in vista della costruzione del nuovo Consolato”. “Ci costa, al mese, quanto lo stipendio mensile di un contrattista, ma in questo modo abbiamo una struttura in grado di offrire giusti spazi a chi ci lavora ma soprattutto agli utenti, i nostri connazionali, che meritano di essere ricevuti in maniera dignitosa, e non in una stanza buia di quindici metri quadrati come purtroppo accade ora”. Proprio in vista della costruzione del nuovo Consolato, l’esponente del governo italiano si è riunito con gli architetti che hanno lavorato al progetto: “Sarà ultramoderno, sicuro, dotato di tecnologia d’avanguardia, in grado di offrire ai connazionali servizi consolari rapidi ed efficienti”, ha assicurato il Sottosegretario Merlo, il quale sta già lavorando a un piano di riaperture di sedi consolari in America Latina, Nord America,

04 – Conclusa la missione a Montevideo, Uruguay, del Sottosegretario agli Esteri. Nella capitale del Paese dell’America Latina, il Sen. Merlo, ha visitato la nuova sede consolare, denominata Inform Italia, potendo constatare quanto i nuovi uffici – da lui fortemente voluti – siano di grande aiuto per smaltire e velocizzare il lavoro che grava sulla sede principale.
“Si tratta di una soluzione temporanea – spiega il Sottosegretario – in vista della costruzione del nuovo Consolato”.
“Ci costa, al mese, quanto lo stipendio mensile di un contrattista, ma in questo modo abbiamo una struttura in grado di offrire giusti spazi a chi ci lavora ma soprattutto agli utenti, i nostri connazionali, che meritano di essere ricevuti in maniera dignitosa, e non in una stanza buia di quindici metri quadrati come purtroppo accade ora”.
Proprio in vista della costruzione del nuovo Consolato, l’esponente del governo italiano si è riunito con gli architetti che hanno lavorato al progetto: “Sarà ultramoderno, sicuro, dotato di tecnologia d’avanguardia, in grado di offrire ai connazionali servizi consolari rapidi ed efficienti”, ha assicurato il Sottosegretario Merlo, il quale sta già lavorando a un piano di riaperture di sedi consolari in America Latina, Nord America,

 

 

05 – SARDINE PIÙ COSTITUZIONE: LA PAROLA D’ORDINE PER UN FUTURO MIGLIORE -LA DESTRA È RIMASTA INTERDETTA DI FRONTE ALLE MANIFESTAZIONI (RIUSCITE) DELLE “SARDINE” CHE IL 14 DICEMBRE AVRANNO L’IMPORTANTE APPUNTAMENTO DELLA MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA.

Per tante ragioni: i toni non aggressivi, la critica all’istigazione all’odio verso i diversi di qualunque natura, la determinata opposizione ai toni beceri e arroganti della destra. Ora la destra si sta riprendendo dallo stupore, si preoccupa che i risultati elettorali potrebbero essere diversi da quanto raccontano i sondaggi e cerca di sminuire il valore delle sardine concentrando l’attacco su una presunta assenza di risposte sugli argomenti attualmente oggetto di polemica politica. La destra non riesce a concepire che possa esserci una reazione di cittadini, un loro protagonismo disinteressato, in particolare di giovani, che si propone un obiettivo preciso come fermare l’avanzata della destra, che troppo in fretta è stata data per pressoché inarrestabile. Le piazze piene sono la prova che le sardine hanno ragione. Hanno dimostrato che una mobilitazione contro la destra è possibile e vorrà pur dire qualcosa se dopo molte settimane ancora non si è vista un’iniziativa dei partiti non di destra in grado di misurarsi con l’obiettivo di riempire le piazze. Le forze che per comodità definisco democratiche e di sinistra non erano evidentemente in grado di mobilitare con altrettanta forza. Anzi proprio la loro scarsa energia ha spinto le sardine, giovani ma non solo, a muoversi per bloccare la destra, per contribuire ad invertire un clima di scontro, di aggressività e di paura alimentato ad arte da Salvini, Meloni e alleati subalterni. Un ruolo politico di prima grandezza.

Le sardine hanno occupato uno spazio vuoto e che probabilmente i partiti che avrebbero dovuto non avevano la forza di riempire, neppure volendo. Mentre l’accoglienza dell’opinione pubblica di centro sinistra, per quanto delusa, c’è stata perché le sardine hanno saputo presentarsi in modo semplice, senza pretese, contribuendo ad unire le energie anziché a dividerle. Del resto lo spettacolo dei contrasti, delle polemiche – fino ad evocare la possibilità della crisi di governo – in queste ore conferma che da qui non potrebbe venire un messaggio unitario, di tranquilla e determinata alternatività alla destra. Per questo le sardine hanno trovato ascolto e credito in tanti che si erano astenuti,che hanno votato per partiti della attuale maggioranza salvo restarne delusi, che hanno provato a votare per altre componenti minori, che però non hanno raccolto granché. Lo spazio occupato dalla sardine è quello di offrire un’occasione ai delusi, ai critici per farsi sentire, dimostrando di essere tanti e soprattutto disponibili ad entrare in campo se chiamati a farlo da soggetti credibili. Le sardine hanno chiarito che non intendono farsi partito, partecipare in proprio alle elezioni. Anzi hanno esplicitato che vogliono rivolgersi alla rappresentanza politica che c’è provando a smuoverla dai suoi difetti, dai suoi errori. Potrebbe perfino uscirne un rafforzamento elettorale dei soggetti politici attuali. Molto diversa questa posizione da quella che portò alla nascita del Movimento 5 Stelle che era di critica radicale alla rappresentanza politica esistente, fino a tentare di formarne una nuova. Prova che si sta rivelando in crisi, se non fallimentare. La stessa ideologia né di destra né di sinistra per motivare una nuova posizione politica si è rivelata errata, al punto che oggi la destra è in campo come tale, rafforzata proprio dalla collaborazione di governo con i 5 Stelle che nel frattempo hanno dimezzato i voti.

I democratici e la sinistra hanno maggiormente sofferto in questa fase riducendo i consensi elettorali perché incapaci di recuperare una alternatività forte e visibile alla destra. Il superamento della destra e della sinistra si è risolto in un favore alla destra che si è rafforzata, mentre la sinistra balbetta. Le sardine la spingono a recuperare.

Le sardine rivelano che c’è uno spazio potenziale per recuperare e se questa area di elettori si convincesse che non si tratta solo di fare diga contro la destra ma occorre schierarsi per una politica alternativa, il futuro dell’Italia potrebbe essere diverso e migliore da quello che sembrerebbe inevitabile. Le sardine quindi riempiono un vuoto, danno corpo ad una richiesta di novità, offrono l’occasione per recuperare e correggere un andazzo che, se continuasse, lascerebbe alla destra la possibilità di una vittoria elettorale. Un’occasione non una certezza. Nella vicenda del Fondo salva stati è emerso chiaramente che oggi la polemica arrogante e becera di Salvini è strumentale per coprire il nulla politico suo, e della Lega, sull’argomento durante il primo governo Conte, di cui era vicepresidente. Il problema però non è tanto il fracasso della Lega ma che posizione dovrebbero avere le forze democratiche e di sinistra sull’argomento, invece ancora una volta emerge una subalternità, un’incapacità ad affrontare in modo alternativo la soluzione di un nodo fondamentale per il futuro dell’Italia. Le sardine occupano uno spazio vuoto e per ciò stesso mettono in luce che è del tutto aperto il problema politico dell’autonomia e dell’alternatività alla destra che dovrebbero caratterizzare i democratici e la sinistra. Se queste forze non riusciranno a superare i limiti attuali si porranno seri problemi e forse in futuro le sardine o i loro eredi dovranno rassegnarsi a inventarsi altro. In questo momento tuttavia il bisogno di mobilitarsi e contrastare in campo aperto, con le manifestazioni, la destra è un problema reale e alle sardine potrebbe essere utile definire una piattaforma di riferimento più solida. Del resto questa piattaforma esiste già, basta richiamarla per recuperare l’orizzonte di un programma forte e convincente, che così si potrebbe materializzare. Si tratta della Costituzione.

Non solo, la Costituzione definisce il quadro istituzionale della nostra democrazia e non è poco. Non solo il richiamo alla Costituzione ha bloccato 3 anni fa, con la vittoria del No al referendum costituzionale, gli apprendisti stregoni che la stavano massacrando con la proposta voluta da Renzi. La Costituzione è anche un insieme di valori, di diritti garantiti ai cittadini e non a caso nello splendido art. 3 si afferma non solo che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali, ma aggiunge che la Repubblica rimuove gli ostacoli che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini. Principi come questo possono ispirare un programma politico che potrebbe fare il nostro paese migliore, amico dei giovani, attento a chi è in difficoltà, unirlo in un impegno solidale per uscire, insieme, dalle difficoltà. Richiamare la Costituzione, invocarne l’attuazione, difenderne con determinazione l’impianto contro chiunque è un programma politico forte. Semmai sono i singoli partiti che hanno fatto pasticci e se ne sono allontanati, attratti dalla sirene di quello che Fitoussi chiama la neolingua, o se si vuole il pensiero unico. Sardine più Costituzione, potrebbe essere questa la parola d’ordine per un futuro migliore del nostro paese. Alfiero Grandi

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