20060922 19:42:00 webmaster
Tra le tante incongruenze o grotteschi dell’azione istituzionale che affollano il virtuale territorio degli italiani all’estero, con le sue province dell’”emigrazione come risorsa”, del grande “patrimonio di interculturalità”, di “business opportunities”, di “cuneo di penetrazione per il sistema Italia nel mondo” ecc. ecc., si può ora aggiungere quanto segue:
sembrerebbe che il MAE sia intenzionato ad inviare all’estero (in Svizzera e Germania, in circoscrizioni cioè ove si parla tedesco), docenti italiani reperiti dalle attuali graduatorie a suo tempo definite per altre aree linguistico-geografiche; in pratica, sembra che la graduatoria di docenti che avevano a suo tempo vinto il concorso per l’insegnamento in Germania o nella Svizzera tedesca, sia esaurito; in attesa di un prossimo concorso si vorrebbe fare riferimento alle altre graduatorie, le quali, però, riguardano docenti che hanno vinto il concorso per insegnare in paesi anglofoni, o francofoni, o di lingua spagnola, in quanto padroni di tali idiomi: il tedesco, questi docenti non lo conoscono affatto.
Nel frattempo si ignora (si finge di ignorare) che sia in Svizzera che in Germania, sono decine e decine, anzi centinaia, i docenti supplenti (che posseggono requisiti in termini di titoli e competenze tecniche analoghe ai più fortunati colleghi italiani) che potrebbero continuare a “supplire” il vuoto lasciato da coloro che nel frattempo sono rientrati.
Questi docenti, sono persone che vivono permanentemente in tali paesi (si tratta cioè di un pezzetto della nota risorsa emigrazione), che conoscono sia l’italiano che il tedesco, che sono quindi in grado di comunicare con i loro colleghi locali che insegnano, in tedesco, le altre materie curriculari ai nostri ragazzi, di partecipare alle riunioni del collegio docenti, di comunicare con le famiglie dei giovani discenti italiani, le quali, nel frattempo, parlano sempre di più in tedesco; ma soprattutto di interpretare la loro funzione e il loro lavoro in termini molto partecipativi, visto che conoscono da vicino, molto spesso per esperienza vissuta,la condizione dei giovani figli dei nostri emigrati.
Questi docenti, tra l’altro, “costano” molto meno di coloro che vengono inviati dall’Italia. Molto meno della metà, e nell’attuale situazione finanziaria che attraversiamo, non è un dato del tutto trascurabile.
Invece, alla Farnesina, si ritiene di dover inviare a Basilea o a Francoforte, docenti che conoscono certamente l’italiano, ma che a suo tempo hanno scelto come seconda lingua lo spagnolo, o il francese, o l’inglese. Qual è la logica che sostiene questa scelta ? Difficile comprenderla se non ce la spiegano chiaramente: e sarà dura !
In attesa delle motivazioni ufficiali, conviene ricordare per l’ennesima volta, che, a scanso di equivoci, sono ancora in troppi a pensare che l’emigrazione italiana nel mondo non è una risorsa in sé e per sé, ma piuttosto per altri; essi sono insistentemente presenti in private e pubbliche istituzioni, in organizzazioni di varia natura e scopi.
L’idea che i docenti dei corsi di lingua e cultura debbano per forza arrivare dall’Italia (ma chi ce lo ha ordinato ?) è ad esempio parallela a quella per cui anche i funzionari consolari debbono necessariamente arrivare dall’Italia, anche per mansioni medio-basse (e anche questi ultimi, oltre che decisamente più costosi dei cosiddetti “contrattisti”, la prima cosa che devono sostenere è un lungo iter di formazione linguistica del paese ospitante; non è noto se ad esso si aggiungano anche corsi di storia, geografia, educazione civica e istituzionale locale, ecc.).
Pare quindi continuare il solito tran-tran: alla fonte della “risorsa emigrazione”, – le cui competenze e potenzialità si declamano prevalentemente all’atto di redigere voluminosi rapporti che giustificano l’esistenza delle burocrazie indigene ed endogene (quelle consolidate e le molte altre che si fanno avanti con indubbie capacità rampanti) – pare essere vietato, o sconsigliato, attingere.
Anche dopo l’avvenuta elezione di 18 parlamentari; anzi forse ancor più adesso, secondo l’assunto che il debito è stato saldato.
C’è qualcosa che davvero non quadra….
Materia – o riflessione – da mettere al centro della prossima riunione plenaria del CGIE e da inserire dell’agenda dei tanti volenterosi.
Roma, 22 settembre 2006
Rodolfo Ricci
(Segr. Gen. FIEI)
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