20060922 17:22:00 webmaster
di Piero Fassino
Chi, come noi dell’Ulivo, crede nell’Unione europea come il luogo, lo spazio, la dimensione del futuro dell’Italia, non può pensare un Partito democratico e riformista italiano isolato e solitario in Europa.
La lettera di Fassino al quotidiano "Europa"
Caro direttore,
ricorro alla disponibilità di Europa per approfondire un punto non marginale della costruzione del Partito democratico e cioè la sua collocazione europea e internazionale.
Mi auguro, naturalmente, che si abbandoni il metodo per cui se un’opinione mia o dei Ds non è gradita, la si liquida accusandoci strumentalmente di non volere la nascita del Partito democratico.
Chiunque conosca il cammino dell’Ulivo sa bene quanto io e i Ds ci siamo spesi perché le scelte unitarie prevalessero sempre sulle pur legittime ragioni di partito. Ricordo che se nel 2005 la lista dell’Ulivo fu presentata in nove regioni su 14 è per la determinazione dei Ds, visto che la Margherita proponeva che quella scelta fosse limitata soltanto a qualche isolata regione.
E ricordo che nel luglio del 2005 – nonostante che nelle elezioni regionali l’Ulivo avesse raccolto il 34,5 per cento! – la Margherita decise all’assemblea federale che si sarebbe presentata alle elezioni politiche del 2006 con il proprio simbolo. Noi non ci rassegnammo a quella scelta e ci battemmo perché, sull’onda del successo delle primarie, si riprendesse il cammino unitario, come poi è avvenuto.
Sottolineo tutto questo non per polemica, ma solo per testimoniare la nostra determinazione, che non è lecito mettere continuamente in dubbio.
E vengo alla questione di merito. Chi, come noi dell’Ulivo, crede nell’Unione europea come il luogo, lo spazio, la dimensione del futuro dell’Italia, non può pensare un Partito democratico e riformista italiano isolato e solitario in Europa.
Se è così, di fronte a noi stanno due opzioni. La prima è di pensare che si debba costituire una nuova famiglia “democratica” europea che si affianchi alle attuali famiglie politiche socialista, popolare, liberale, verde.
È una strada che la Margherita ha già imboccato costituendo il Partito democratico europeo e riscontrando, tuttavia, non poche difficoltà, stante il numero esiguo dei partiti raccolti (sei), la loro eterogeneità – alcuni di centrodestra, altri di centrosinistra – e il loro relativo peso elettorale e politico.
Tant’è che alla nascita Pde non è corrisposta la formazione di un analogo gruppo al parlamento europeo, dove gli eurodeputati della Margherita stanno nel Gruppo liberale con formazione politiche assai poco omogenee .
Un’altra strada pare a me più credibile. Ed è agire insieme alle forze riformiste esistenti in Europa per costruire un più ampio campo progressista, un centrosinistra europeo.
Per farlo è ineludibile un rapporto con la famiglia socialista: e non per una adesione ideologica alla socialdemocrazia – che nessuno chiede a Castagnetti o a Lanzillotta – ma perché è quella oggi la famiglia riformista presente in tutti i paesi dell’Unione, con partiti di vasta rappresentatività elettorale e politica e di consolidata esperienza di governo.
Non sto dicendo che in Europa non vi siano partiti riformisti di altra ispirazione culturale. Dico che in ogni caso la possibilità di costruire un campo di centrosinistra europeo non può avvenire a prescindere dalla famiglia socialista. Anzi, ne richiede il suo pieno e attivo coinvolgimento.
Anche perché i partiti socialisti e socialdemocratici di oggi non sono più quelli della II Internazionale, ma sono grandi forze di centrosinistra. È noto come Tony Blair abbia “aperto” il Labour a valori liberaldemocratici.
Gonzales prima e Zapatero poi rappresentano un socialismo spagnolo innovato dai valori della modernità. L’Spd tedesca, la socialdemocrazia scandinava, austriaca o olandese, hanno rinnovato coraggiosamente il modello di welfare misurandosi con le nuove sfide della flessibilità del lavoro, della mobilità sociale, dell’ambiente, della vita.
Mitterand rifondò il Partito socialista in Francia unificando repubblicani, socialisti, cristiano-sociali e radicali. E si può facilmente constatare che oggi dentro i partiti socialisti si ritrova lo stesso pluralismo culturale che caratterizza l’Ulivo.
Dopodiché è evidente che il Partito democratico ha una sua specifica e peculiare identità di partito riformista plurale. Anzi, è proprio in virtù di questa originalità che il Pd italiano può offrire un contributo determinante alla costruzione – insieme ai socialisti – di un campo europeo di forze progressiste più ampio.
E a chi ci sollecita a guardare di più ai Democratici Usa, ricordo che gli stessi socialisti europei si pongono da tempo l’obiettivo di un rapporto strutturato con il Partito democratico americano, così come da tempo la famiglia socialista si è aperta a partiti di ogni continente che non vengono dalla esperienza storica della socialdemocrazia.
Come si vede ho usato argomenti politici e razionali. Se ne può discutere pacatamente senza incorrere ogni volta in scomuniche e roghi ideologici? E per favorire la discussione avanzo due proposte che spero accolte:
1) che ci sia un luogo in cui l’Ulivo ne discute apertamente, superando un confronto che per ora avviene solo sui giornali;
2) che Rutelli e io, insieme, avviamo un programma di incontri con i principali leader del riformismo europeo.
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