2255 No al Pd, sì ad una sinistra unita

20061006 12:53:00 webmaster

Gianni Zagato*, da Aprile on line

Il Punto

Caro Piero, sono uno dei firmatari del "noi non ci saremo" , nel senso che non parteciperò, come gli altri sottoscrittori, al seminario previsto nei prossimi giorni ad Orvieto. Un seminario che abbiamo preso molto sul serio, perché tanto nella lettera di chi l’ha più che autorevolmente convocato – il presidente del Consiglio Romano Prodi – quanto nell’impianto delle tre relazioni a partire dalle quali si avvierà la discussione, si prefigura un "salto di qualità" nel dibattito tanto controverso sulla nascita in Italia di un nuovo soggetto politico destinato a chiamarsi Partito Democratico.

E’ a tutti evidente che dal seminario scaturiranno decisioni, scadenze, impegni che costituiranno – forse già ora costituiscono – ben più che un’intenzione. Costituiranno un dato di fatto, uno di quei dati di fatto che, seppure sorti al di fuori di ciò che chiamiamo ancora "partito politico" (un organismo che è pur sempre fatto di regole, statuti, organismi dirigenti, vita democratica), finisce per condizionare l’autonomia politica, organizzativa e culturale dei Democratici di Sinistra. A tal punto che quando i Democratici di Sinistra – i suoi iscritti, i suoi dirigenti – saranno chiamati a decidere, nel solo luogo dove una simile decisione può essere legittimamente assunta e cioè il congresso – congresso del quale tuttavia ancora non sappiamo né quando né come si svolgerà -, quella decisione risulterà in effetti una ratifica, una "presa d’atto", dalla quale tornare indietro non sarà più possibile.

Io non ho la presunzione di rispondere alla lettera nella quale tu dici "ripensateci". E’ una lettera che contiene intera il tuo stile, di uomo attento all’unità, leale e sincero negli argomenti che porta. Di questo è giusto darti atto, con semplicità e trasparenza, senza imbastire di retorica non – appunto – una "risposta", ma qualche sparsa considerazione. Ma è anche una lettera che contiene, a mio parere, un errore e una omissione. E’ un errore dire che del progetto politico di cui stiamo parlando e che è posto al centro del seminario di Orvieto, "ne ha discusso il Congresso di Roma". Il Congresso di Roma aveva una proposta politica molto netta e chiara: dare vita a una Federazione tra Ds e Margherita e per la verità anche con lo Sdi e con i Repubblicani Europei. Questo accadeva solo un anno fa, poco più. Né nella tua apertura, né nella tua conclusione, né nell’intervento del Presidente del partito viene mai usata l’espressione "partito democratico", come aveva fatto invece in prossimità di un altro congresso, quello di Torino del 2000, con molta franchezza Arturo Parisi. A Roma, ancora un anno fa, tu parli dell’identità dei Ds, cioè di una "forza di sinistra", che si colloca "nei valori del socialismo europeo". Il Presidente del partito, d’altra parte, rassicura, nello stesso congresso dell’anno scorso, sul fatto che "non è all’ordine del giorno il partito unico", perché i "partiti non nascono a tavolino". Oggi, un anno dopo, è ancora così? Noi che pure abbiamo contrastato al congresso la proposta politica della Federazione (ed infatti non ha funzionato) pensiamo che il punto a cui oggi siamo giunti sia di qualità completamente diversa rispetto a quanto hai sostenuto al congresso di un anno fa. Non c’è sviluppo, c’è piuttosto rottura, se non è chiaro – come non è affatto chiaro – il se e il come stiamo dentro i valori del socialismo europeo. O pensiamo possa nascere in Italia un nuovo soggetto, che si propone di essere il più grande partito del paese, che dirà di avere nel suo dna i valori dell’europeismo e poi, al dunque, chi va di qua chi di là, in qualcosa di veramente mai visto e non solo in Europa?

Per questo ci vuole un nuovo congresso e forse, con la proposta di stamattina in segreteria, di convocare uno entro l’estate del prossimo anno. Forse ci siamo. Forse, perché ancora vediamo condizioni o condizionamenti che potrebbero diluire in là nel tempo una decisione che nascerà comunque tardiva. E’ mai possibile che mentre i socialisti francesi si riuniranno tra alcune settimane per scegliere, con voto segreto degli iscritti, nella sostanza un vero e proprio referendum interno, candidato e programma per l’Eliseo, noi ci veniamo a trovare nella condizione di cambiare nome, simbolo, forse appartenenza europea e ancora non sapere quando e come i "soci fondatori" del partito potranno discutere e decidere?

E’ vero infine, come affermi nella tua lettera, che attorno alla questione dell’Ulivo c’è un’omissione. Ma è tua più che nostra. Perché ostinarsi a dire che questo progetto ha "11 anni di vita"? E’ sempre difficile, con i tempi incalzanti della politica odierna, stabilire confronti tra il presente e il passato, anche recente. Indubbiamente esistono continuità, sviluppi, processualità, dato che niente nasce ogni volta per caso dal nulla o dal vuoto. Ma dire che l’Ulivo del ’95 non poteva altro che portare al partito democratico del 2008, anno in cui verosimilmente si terrà il congresso di scioglimento dei Ds, significa rifugiarsi in un continuismo per cui, a ritroso, l’Ulivo deriva dal compromesso storico e questo dalla svolta di Salerno.

Dovremmo spiegarlo così agli amici della Margherita? La storia recente ci dice, viceversa, che l’Ulivo nasce – e ognuno di noi lì sin dall’inizio ci ha lavorato e creduto – come impulso vitale e reciproco di partiti, associazioni, sindacati, singoli uomini e donne, come fucina quasi di culture, identità, storie, percorsi molteplici e differenti. Non era scritto allora, nessuno aveva detto, non era stabilito che l’approdo finisse per essere il partito unico democratico, fusione di due forze politiche che ancora non riescono a redigere l’inventario delle cose su cui sono d’accordo. L’Ulivo del 2001 è già diverso, ma dentro ci stanno tutti, tranne Rifondazione e Italia dei valori. Ci sono certo continuità, ma ci sono anche salti, scarti nel percorso. Non possiamo, appunto, omettere, perché possono essere salti che allargano oppure restringono l’orizzonte. E l’orizzonte di oggi, dell’Ulivo, ognuno vede come sia più ristretto, esile, sopito rispetto a quello di pochi anni fa. Orvieto rischia da una parte di accelerare il processo e dall’altra di rinchiuderlo ancora di più dentro una somma tra Ds e margherita, mentre ci sono dentro questi due partiti domande, dubbi, incertezze e contrarietà con cui, nel merito, non si è ancora fatto veramente i conti.

E’ stato ricordato già altre volte, ma è un paradigma della politica europea contemporanea a cui non ci si può sottrarre. Agli inizi degli anni Settanta un uomo politico di nome Francoise Mitterand pose la questione di come riformare la politica francese. La sua operazione partì da Epinay, si imperniò su due parole simbolo, "Socialismo" ed "Europa", si pose come obiettivo la riunificazione di una sinistra che allora appariva frantumata, anchilosata, datata. Ci vollero dieci anni, ma la sua scommessa – tanto cara ad Enrico Berlinguer – fu vinta. Possiamo tornare a rifletterci?

*Coordinatore organizzativo Sinistra Ds

 

 

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