2437 Cidadania política e novas perspectivas da cooperação internacional.

20061114 20:15:00 webmaster

Il ruolo degli Enti locali: il caso di Italia e Brasile
di Bruna Peyrot, Minas Gerais

Con questo intervento intendo approfondire il ruolo degli Enti Locali italiani e brasiliani rispetto alla costruzione di una cittadinanza politica come base di reciproche relazioni.

La riflessione sul ruolo degli Enti Locali (Comuni, Province, Regioni e, nel caso brasiliano, gli Stati) non è da intendersi una semplice moda, come riflesso di un momento storico in cui pare molto difficile afferrare
le dinamiche della "grande " politica, sempre più spesso al di fuori del potere di influenza del cittadino singolo. Il "piccolo", allora, sembrerebbe, in questo contesto, uno spazio privilegiato di azione.

In realtà, in parte è così. Ma non solo. Forme di
governo di democrazia partecipata esistono in
ogni parte del globo e sono esistite in ogni
periodo della storia umana. Manca però una loro
storia "globale" che restituisca il senso e i
valori di questa proposta politica, perché è
stata quasi sempre sconfitta o distorta o non
sufficientemente elaborata dal punto di vista
teorico.

Per questo ritengo importante riflettere sul
ruolo degli Enti Locali oggi, in particolare per
due motivi:

§ Fondare una teoria politica della cosiddetta local governance
§ Creare dei possibili modelli di cooperazione, scambio e
formazione reciproca

Fra i loro compiti gli Enti Locali, sia italiani
che brasiliani, ispirati alle reciproche
Costituzioni, hanno quello di costruire
cittadinanza attiva, cioè non richiedere solo
l’esercizio del diritto di voto al cittadino, ma
anche la sua opinione o gestione in merito alla
gestione della sua città, oltre che all’esercizio
dei diritti e dei doveri individuali, che
regolano la convivenza collettiva.

In particolare, in questo contesto, la CITTA’ è
diventato un luogo privilegiato di interazione
fra immigrati e società di accoglienza, dove è
possibile osservare tutti i processi possibili di
integrazione, conflitto e accettazione. E i
COMUNI sono gli organi di governo più vicino ai
cittadini in grado di influenzare e orientare
tali processi. La CITTA’ dunque è un osservatorio
privilegiato dei processi di integrazione
migratoria nel passato come nel presente, e può
essere un campo di studio, di ricerca sociale, di
azione politica e di costruzione di cittadinanza.

1.La lunga storia degli Enti Locali

Sarebbe interessante comparare tratto a tratto le
reciproche storie degli Enti Locali italiani e
brasiliani. Scopriremmo che hanno molte
congruenze, interfaccia e anche interdipendenze:
stessa ispirazione delle fonti del diritto e
stessa sensibilità politica. E anche le stesse
inadempienze.
Il ruolo degli Enti Locali è sempre stato
importante perché proprio perché un Ente – cioé
un
territorio e una istituzione – è "locale", i suoi
confini sono visibili, potremmo dire, quasi a
occhio nudo. Si da bene dove sono le sue
frontiere e questo ne permette un controllo più
diretto da parte di chi abita e vive su questo
territorio gestito e rappresentato da una
specifica istituzione.

La local governance ha tuttavia una lunga storia
e antenati celebri. La sua tradizione ha radice
nell’antica Grecia, con le città – stato, come
nella montagna italiana (dagli Escartons
piemontesi(1) ai Consigli dei capi famiglia
dell’Atlante marocchino o alle Palabra, assemblee
comunitarie dell’Africa subsahariana ecc.),
dall’India all’America latina.

In altre parole, esistono nel mondo tante
esperienze e storie di democrazia dal basso che
non si conoscono o che si sono dimenticate. A ciò si aggiungono due problemi:

§ non sono mai state raccontate in un solo
racconto, come rami di uno stesso albero. Ma
restando spezzate non ci danno l’idea della loro forza e della loro importanza.

§ spesso queste storie di "buongoverno locale"
non si definiscono con il termine democrazia o
meglio, democrazia diretta, che è il modo con cui
l’Occidente solitamente le definisce e
interpreta.

Un altro dubbio riguarda poi, come si sa,
l’opportunità di promuovere la democrazia in
paesi che non la conoscono con questo nome o,
peggio ancora, esportarla con le armi. Si arriva
"a presumere
che la democrazia sia un’idea le cui radici si
possono ricercare solo ed esclusivamente in un
tipo di pensiero occidentale, fiorito unicamente
in Europa"(2). Amartya Sen, con queste parole, dà
un’indicazione utile: la possibilità di scoprire
in altre tradizioni ciò che è simile alla
democrazia occidentale. La studiosa sviluppa
l’idea di John Rawls in merito all’"esercizio di
ragione pubblica". Capire, in altre parole, le
strategie decisionali in grado di influenzare le
scelte politiche di un paese, potrebbe essere la
lente d’ingrandimento con cui scoprire isole
democratiche nel mondo intero, che forse non
contemplano il voto, ma sollecitano lo stesso la
partecipazione personale.

In ogni luogo del pianeta dovremmo essere dunque
capaci di riconoscere dove si decide in cupole
segrete o, al contrario, negli spazi aperti
dall’inclusione sociale. Soprattutto gli europei
dovrebbero essere capaci di "pressing
democratico", affinché altri paesi riscoprano
tradizioni di"esercizio di ragione pubblica".In
altre parole, mentre in Occidente il diritto ha
presupposto l’individuo, nei popoli non
occidentali è ancora la comunità, ente più
coinvolgente sul piano identitario, a dettare le
regole del vivere civile. Tuttavia, in entrambi i
luoghi, Oriente e Occidente, è – ne sono
convinta -il diritto che deve farsi opinione,
diventare valore profondo della cittadinanza
attiva.

2. La "lunga marcia nelle istituzioni" in Italia e Brasile

Un altro filone che unisce Italia e Brasile è la
"lunga marcia nelle istituzioni". La tradizione
amministrativa italiana, conosciuta più
all’estero che nell’Italia stessa, interessa il
Brasile per la sua lunga storia di gestione
partecipata, dai Consigli operai di Gramsci ai
vari Consigli – di zona, di quartiere, di
fabbrica – degli anni sessanta, che attraggono le
forze politiche brasiliane come il Pt, perché
sono un confronto sulla via democratica dei due
paesi. Soprattutto i Patti Territoriali, sono
stati uno strumento fondamentale di concertazione
degli impegni dei protagonisti locali, come
schema di riferimento del partenariato sociale,
come nuovo e solido modo di fare sviluppo locale,
perché dimostrano il ruolo costruttivo delle
alleanze fra territorio, imprese ed enti locali
in vista
di un obiettivo economico o culturale.

Molte Regioni – prime fra tutte, l’Emilia
Romagna, la Toscana, l’Umbria, ma anche il
Piemonte, la Liguria – hanno sviluppato, specie
sotto i governi della Sinistra, un modello di
buone pratiche governative e una "cultura del
sociale", grazie anche alla competenza di un
corpo tecnico formato alla gestione partecipata.
I vari "sistemi regionali" si sono incontrati
con i quelli brasiliani in una reciprocità di
lunga data.

Nello stesso tempo, l’America Latina ha un valore
straordinario per l’Italia, per far continuare a
crescere insieme città lontane, ma unite da
flussi economici che le ravvicinano. Fondamentale
è seguire l’evoluzione democratica brasiliana,
come il Brasile costruisce politiche democratiche
e come affronta i nodi duri delle democrazie:
sicurezza pubblica, inclusione sociale,
partecipazione attiva. Italia e Brasile possono
essere due anelli importanti di una catena che
afferma la linea
riformista sulla globalizzazione delle decisioni
di un unilateralismo politico che emargina,
soprattutto le realtà "non emergenti".

Per esempio, sarebbe di estrema importanza non
lasciare cadere l’esperienza dell’Orçamento
Participativo brasiliano che ha avuto il suo
simbolo in Porto Alegre, ma che ha coinvolto
oltre 500 città brasiliane piccole e grandi, una
grande esperienza democratica che ha permesso al
Pt (Partido dos Trabalhadores) di radicarsi sul
territorio e di costruire la vittoria di Lula a
Presidente della Repubblica.

3. Compiti possibili per l’Unione

Nel contesto sopra descritto, quali possono
essere le iniziative dell’Unione? Non possiamo
che fare un elenco, perché ogni punto merita un
approfondimento specifico che sarebbe molto
interessante fare. Credo che le iniziative
dell’Unione, tuttavia, colgano un clima
fortemente propizio con l’attuale governo Prodi e
il Ministero degli Affari Esteri guidato da
Massimo D’Alema, nonché con l’attuale Sotto
Segretario di Stato Donato Di Santo che ha
ribadito (e lo sta dimostrando con l’intensa
attività di missione svolta presso ogni stato
dell’America latina), fin dalla sua Audizione
alla Commissione Esteri della Camera,
l’intenzione di riportare all’attenzione
politica del governo italiano e del paese, la via
democratica che si sta praticando nel cono sud
delle Americhe.

1) creare occasioni di lettura politica della
realtà italobrasiliana per aiutarla a uscire
dagli stereotipi culturali nei quali è stata
confinata da troppo tempo;

2) creare occasioni di valorizzazione delle
esperienze di local governance perché siano
conosciute reciprocamente;

3) fare memoria sulle esperienze legate alla
Storia delle Municipalità. In particolare di
quelle legate alla "Carta della Municipalità",
nata nel 2002 all’occasione del terzo Forum
sociale mondiale di Porto Alegre e sottoscritta
da amministratori, studiosi e operatori sociali,
di cui la presidenza fu anche (non so ora) di
Mercedes Bresso, attuale presidente della Regione
Piemonte;

4) produrre un Annuario degli scambi
italobrasiliani che contenga l’elenco di accordi,
scambi, cooperazione ecc. perché non esiste nulla
di simile in relazione al cosiddetto "Piano
Paese" (del Brasile rispetto all’Italia e
viceversa).

5) impegnarsi nei partenariati territoriali
esistenti e da creare. Ne ricordo in particolare
due che possono fungere da esempio. Il primo è
"Progetto Cento Città" dal significativo
sottotitolo: "100 progetti di sviluppo economico
e sociale nel Brasile di Lula", del Comune di
Torino, ideato da Alberto Tridente, già
sindacalista Cisl e amico da tanti anni di Lula.
Rivolto a tutti i paesi dell’Unione Europea,
intende proporre il Brasile come paese
paradigmatico per lo sviluppo del continente
latinoamericano, perché il suo governo sta
affrontando una delle sfide più straordinarie
della sua storia nazionale: superare le
diseguaglianze storiche che da sempre lo
affliggono. Cento città europee diventano
sostenitrici di cento suoi progetti di sviluppo:
lotta alla fame, riforma agraria, avvio di
cooperative, micro-credito, lotta alla
marginalità e alla criminalità nelle favelas,
turismo sostenibile, sfruttamento eco compatibile
delle risorse forestali e del sottosuolo, difesa
dei nativi, azioni sanitarie con utilizzo
dell’antica farmacopea e tanti altri ancora.

Un altro progetto interessante è quello promosso
dal Governo federale del Brasile con le regioni
Marche, Umbria, Toscana ed Emilia Romagna del
dicembre 2003. L’idea di base, scritta nella
premessa di questa Accordo, è che l’esperienza
italiana ed in particolare "il modello sociale,
economico ed istituzionale storicamente
prodottosi nel Centro Italia costituiscano un
riferimento importante per i governi centrali e
periferici brasiliani da cui è provenuta la
richiesta di confronto sulle tematiche dello
sviluppo locale. Si tratta di un’opportunità
particolarmente significativa verso la promozione
di una nuova forma di cooperazione
internazionale, volta a costruire una rete di
scambi, di opportunità, di confronto e di azioni
comuni tra soggetti pubblici e privati brasiliani
ed italiani, valorizzando il modello sociale ed
economico dei territori delle regioni dell’Italia
centrale coinvolte nel partenariato e quindi
verso progetti di sviluppo economico locale
fondati sulla piccola e media impresa diffusa sul
territorio e verso politiche sociali volte a
creare partecipazione e coesione sociale, in un
quadro di concertazione e condivisione del modello".

Molte altre osservazioni e proposte si potrebbero
aggiungere, ma questo documento ha lo scopo
primario di sollecitare analisi e proposte per
valorizzare e sostenere una politica di Rete i
cui nodi fondamentali sono, come abbiamo visto,
gli Enti Locali.

Note

(1) Escarton, dal francese escartoner, significa
dividere in parti uguali le imposte e corrispose
alla divisione dei territori alpini del Piemonte
occidentale del 1343, quando il Delfino
Umberto II firmò insieme a 18 rappresentanti
delle valli alpine, la Carta delle Libertà, con
il diritto al loro autogoverno, rimasto in vigore
fino al 1713 (trattato di Utrecht).
(2)Amartya Sen, Le radici della democrazia in
"Internazionale", 7/13 novembre 2003, n.513.

 

 

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