2453 IN UNA LETTERA AI CONSIGLIERI, MARCO FEDI COMUNICA LE SUE DIMISSIONI DAL CGIE

20061120 13:57:00 webmaster

Il testo della lettera inviata dall’On. Marco Fedi alle consigliere e ai consiglieri del CGIE:

"Non vi nascondo una forte emozione nel rassegnare le mie dimissioni dal Consiglio Generale degli Italiani all’Estero, come d’altronde già ampiamente annunciato in occasione della plenaria di ottobre.
Colgo questa occasione, peraltro, per riflettere con voi tutti sul futuro del CGIE e sulle scelte che insieme saremo chiamati a fare, da responsabilità diverse ma convergenti. Diciassette anni di appartenenza ad un Consiglio sono molti – qualche comico di turno direbbe troppi. E’ stata un’esperienza importante, formativa, sia nella mia via vita personale che professionale.

Grazie ai tanti amici ed amiche, colleghe e colleghi, che ho incontrato, apprezzato e stimato in tanti anni di ininterrotto impegno: prima in qualità di consigliere, poi componente del comitato di presidenza e, infine, vice segretario dell’area anglofona.
E’ stata un’esperienza importante sul piano professionale, consentendomi di accrescere le mie conoscenze e di meglio rappresentare la mia comunità. Sono oggi un parlamentare anche grazie al CGIE, ai suoi componenti, al loro generoso lavoro ed aiuto. Alla capacità del Consiglio di approfondire tematiche del nostro tempo quali l’identità, il multiculturalismo, il rapporto con le nuove generazioni.

Come esponente della mia comunità, come persona che si occupa da molti anni della storia dell’emigrazione, del futuro dei migranti, della loro paritaria importanza nella globalizzazione delle civiltà, sono felice di aver vissuto questa esperienza davvero unica ed irripetibile: per molti versi simile all’esperienza parlamentare ma più fluida, meno regolamentata, più aperta nel confronto e quindi anche alla discussione ed all’approfondimento.

E’ stata un’autentica esperienza politica che mi ha permesso di confrontarmi nel merito dei problemi, con tanti esponenti di forze politiche, di associazioni, movimenti, sindacati, patronati, ed amministrazioni dello Stato e delle autonomie: un confronto sempre rispettoso delle posizioni di ognuno, sempre attento alle esigenze degli italiani all’estero, sempre impegnato a trovare soluzioni.

Il CGIE ha dato un esempio di autentica politica bipartisan, di capacità di analisi e di significativo impegno comune: sarebbe auspicabile che almeno gli eletti all’estero portassero questo contributo, oltre al patrimonio di idee e riflessioni, in seno al Parlamento.

Cosa sarà del CGIE? Il futuro del consiglio è nelle nostre mani. E’ giusto ragionare sulle riforme e credo che – tra le priorità – vi sia anche la necessaria revisione di questo organismo. Non a caso ho detto che l’esperienza del CGIE ha delle peculiarità nell’atteggiamento bipartisan, nell’approfondimento, nella discussione legata al bisogno di conoscenza che ancora oggi abbiamo dei fenomeni migratori. In questo senso rappresenta uno strumento unico nel suo genere.

Questo è l’aspetto che dovremmo rafforzare. Allora scusate ma non si tratta di una sterile polemica sulle influenze “relative” di partiti o coalizioni ed associazioni, sindacati e patronati. Si tratta di riconsegnare il CGIE alla sfera dell’analisi e dell’approfondimento liberandolo dalla discussione “di parte” che invece avverrà in Parlamento. Questo non significa svuotarlo di elementi di confronto politico.
Significa dare al confronto politico maggiori spazi, relativamente a programmi ed idee delle forze politiche e delle coalizioni, che assumono le riflessioni del CGIE come utile contributo alla presentazione di un piano di riforme ed alla predisposizione di proposte di legge.

Nel momento in cui sosteniamo – come io ho sostenuto – che l’investimento nel CGIE va in direzione di un rafforzamento del sistema Italia, dobbiamo essere convinti che vada riformato: per rafforzarne il collegamento con le istituzioni, con le Regioni e con tutte le autonomie locali. La Conferenza permanente Stato-Regioni-PA-CGIE deve trasformarsi nel momento centrale dell’attività del CGIE, anche perché è in questa sede che si decidono le linee programmatiche di tutta l’attività a favore delle comunità all’estero.

Un CGIE più forte è un organismo di rappresentanza che continua anche a svolgere un’azione conoscitiva per capire le grandi trasformazioni in atto, i bisogni di comunità integrate ma desiderose di costruire legami culturali ed economico-commerciali, le necessità di vaste comunità, non solo nelle aree più povere del mondo ma anche in Europa, America del Nord ed Oceania. Comunità che chiedono tutela, servizi e politiche tese a favorire l’integrazione.

Credo che i componenti di questo consiglio abbiano ampiamente dimostrato negli anni, fin dal primo insediamento di questo insostituibile organismo di rappresentanza delle comunità italiane all’estero, di avere una visione alta della politica, di saper costruire proposte e risposte da presentare alle Istituzioni, di porsi l’obiettivo di migliorare la presenza del sistema Italia all’estero, con le nuove realtà dettate dalle mobilità sociali e gli obblighi di tutela dei diritti di cittadinanza che riguardano tutti i nostri connazionali all’estero. Non abbiamo timore, quindi, nel dire che questo costo della politica di rappresentanza è un buon “investimento per la conoscenza” ed anche per la politica quando questa è fatta di prospettive, di riforme, di idee forti.

Non abbiamo timore, in conclusione, a dire che, con responsabilità diverse, continueremo a rafforzare compiti, struttura e piano ideale del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero.

Buon lavoro ed un sentito e sincero ringraziamento a tutti.

Cordiali saluti,
On. Marco FEDI

 

 

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