2478 Venezuela: voglia di voto e trionfo per Chávez

20061205 10:34:00 webmaster

Caracas – La Voce d’Italia, il quotidiano italiano del Venezuela, oggi titola: "Massiccia affluenza di votanti alle urne", riferendo che ci sono stale "lunghe file ai seggi, fin dalle prime ore del mattino", che hanno caratterizzato una giornata elettorale con poche "irregolarità rilevate dagli osservatori internazionali". Unanime il giudizio, secondo il quotidiano, dei parlamentari italiani: "Tanta la voglia di partecipare".

"Su 600 seggi l’84 per cento è aperto regolarmente" ha sottolineato per poi aggiungere come le lunghe file siano asimmetriche sul territorio, e come le operazioni di voto vadano al rilento in alcune zone" ha dichiarato al quotidiano Monica Frassoni , la europarlamentare nata a Veracruz, in Messico, a capo della missione degli Osservatori europei.

Gennaro Carotenuto, storico e giornalista, tra gli Osservatori che seguono il processo elettorale, parla del popolo venezuelano in festa. "Bisogna vederlo il popolo venezuelano festeggiare. Nel metro di Caracas un anziano sulla settantina, in testa un improbabile cappellino con il volto del Che, che copre una pelata color carbone, stringe il braccio di sua moglie. Gli occhi le brillano di felicità. Tiene a bada una nipotina minuscola, 3-4 anni, anche lei in camiciola rossa, rojo-rojita come direbbe il Presidente. Festeggiano Chávez, il loro Presidente. Vanno verso un cerro, un ranchito, una favela. Questi anni bolivariani hanno dato loro salute, educazione, ma soprattutto una cosa che gli esclusi di questo paese non avevano mai avuto prima: partecipazione, il sentirsi parte di un progetto di paese, la speranza di non essere più esclusi. Non è più il calvinista sogno americano dell’individualismo neoliberale, è l’essere parte di un progetto di paese solidale". Carotenuto contestualizza questa elezione in uno sguardo più ampio al sub-continente. "In America Latina, nel giro di sette giorni, per due volte i candidati delle destre, Noboa in Ecuador e Rosales in Venezuela, appoggiati dagli Stati Uniti, dal neocolonialismo spagnolo del Grupo Prisa e dal sistema mediatico mondiale, si sono fermati alla metà dei voti dei loro avversari di sinistra, Chávez e Correa. È un disastro matematico. Tra dittature militari e neoliberismo in mezzo secolo le società latinoamericane hanno raddoppiato il numero di esclusi. Questi sono passati da un terzo a due terzi e oggi non credono più alla retorica del neoliberismo fallito. Nessuno sano di mente crede più alla balla, ancora oggi ripetuta da eminenti cattedratici nel nord del mondo, per la quale chiudere scuole e ospedali e ridurre le tasse ai ricchi sia la miglior maniera di aiutare i poveri. Ancora ieri il Fondo Monetario Internazionale ordinava di chiudere scuole e mense infantili. I governanti eseguivano; più impresa e meno stato, più precarietà e meno servizi pubblici, più privatizzazioni e più poveri. Chi non ricorda autocrati come Alberto Fujimori, Carlos Ménem, Carlos Andrés Pérez? Tutti furono eletti con voti di sinistra –Pérez fu perfino vicepresidente dell’Internazionale Socialista (sic!)- ma tutti, in politica economica e non solo, non si distinguevano da Augusto Pinochet, che l’inferno non gli sia lieve. Il ventennio neoliberale, per il quale il genocidio delle dittature fu necessario e propedeutico, è finito ".

I parlamentari italiani presenti tra gli Osservatori europei parlano di "tanta voglia di partecipare, una lezione democratica". La Voce d’Italia che li ha seguiti, parla di una giornata senza sosta per Gennaro Migliore, di Rifondazione Comunista, Angelo Alessandri, della Lega Nord, e Marisa Bafile, la deputata italo-venezolana eletta sulla Circoscrizione Estero ripartizione America Meridionale. "Accompagnati dal consigliere d’ambasciata Alberto Pieri, hanno percorso in lungo e in largo tutta la città, inerpicandosi sulle colline de "El Valle", per poi passare alla spagnoleggiante Candelaria. Non hanno disdegnato una visita alla scuola "Augustìn Codazzi" e all’est di Caracas, dove hanno ricevuto la richiesta di tornare nel pomeriggio per la chiusura dei seggi, uno dei momenti più delicati. Dovunque un clima elettorale euforico da far invidia a certe democrazie del nord, probabilmente più avanzate, ma anche a volte un po’ più addormentate. Impossibile essere addormentati qui, dove l’adrenalina per la sfida elettorale è stata caricata dalla tensione in queste ultime settimane di campagna elettorale, con entrambi gli schieramenti convinti di poter raggiungere un risultato storico per il paese. Ieri a svegliare i cittadini non è stata la solita sveglia, ma una fanfara che ha percorso la città, affinchè fosse chiaro che la domenica elettorale non è una giornata qualunque. E’ il giorno in cui il popolo o i cittadini (a seconda dei punti di vista) decide e scrive il proprio futuro, e così le prime pagine dei giornali all’unanimità hanno chiamato al voto. Molti addirittura si sono svegliati prima dell’alba, ‘in qualche caso qualcuno ha preferito restare anche al seggio durante la notte’ sottolinea Marisa Bafile. C’è euforia ma anche una discreta calma ostentata da parte di entrambi gli schieramenti, e confermata da tutti gli osservatori. Non si sono registrati forti momenti di tensione, ed anche Ojo Electoral ha sottolineato la mancanza di incidenti rilevanti. A Vargas 23 persone sono state detenute per essere incorse in presunti delitti elettorali, tra i quali falsificazione delle credenziali di osservatori nazionali, introduzione di propaganda elettorale ne seggi, e anche danneggiamento delle macchine dei voto. Episodi sporadici comunque, mentre in generale tutto è filato liscio: una buona notizia considerando che l’accoppiata sole e lunga attesa avrebbe potuto trasformarsi in un mix esplosivo per i nervi degli elettori. Era però ampiamente previsto, e così armati di qualche buon libro, di cappellini e di giornali, il Venezuela del 3 dicembre accetta anche le code pur di votare".

Sempre il quotidiano italiano in Venezuela riferisce che "Il ministro della Pianificazione e presidente dell’Associazione di amicizia italo-venezolana, Jorge Giordani, è stato insultato ieri a Caracas nel seggio dove ha espresso il suo voto. Giordani, nato casualmente a Santo Domingo, è di origini emiliane ed è da molti considerato la guida culturale del presidente Hugo Chavez. Fischiato e accompagnato da cori del tipo ‘Chavez se ne va, Chavez se ne va!’, Giordani ha votato comunque senza problemi di incolumità personale, e si è poi soffermato a parlare con una giornalista della televisione statale con cui ha sottolineato che nonostante la condizione di ministro, abbia fatto una fila di due ore per poter esprimere il voto. Mi trovo di fronte a persone oltranziste, ha proseguito, ‘mentre il nostro è un messaggio di amore’. ‘Quando per qualche mese ho lasciato il governo – ha poi ricordato – fra la fine del 2002 e la primavera del 2003, c’é stata gente che mi ha gridato assassino e ladro. Inutile dire che io non ho ucciso nessuno e che non mi sono messo in tasca neppure una lira dell’erario’. Mostrando infine alla telecamera un gruppo di persone della classe media venezuelana che gli tendevano il braccio con il pollice verso, Giordani ha concluso: ‘E’ proprio vero quello che ha detto lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano: La lotta per la libertà è una lotta che non finisce mai’"

"Ho avuto l’impressione- dice Migliore- di un grande attaccamento al diritto al voto. Le file poi mi sono sembrate lunghe e composte". Gli fa eco Marisa Bafile: "Da un lato c’è una popolazione che ha grande voglia di partecipare, una grande voglia di democrazia, dall’altra un sistema di votazione molto lento con un blocco ulteriore, quello delle captahuellas".
Angelo Alessandri solleva seri dubbi sulla utilità della captahuellas, che qualcuno temeva potessero servire ad individuare l’orientamento dei votanti: "Non mettono in pericolo la segretezza del voto, però sono semplicemente inutili. Non c’è un archivio centrale con cui verificare immediatamente l’impronta digitale di chi ha già votato". Le file non sono state le stesse dappertutto. "Mi è sembrato che nei barrios ci fossero quelle più lunghe" sottolinea Migliore, per Alessandri invece "nelle zone più popolari i votanti si sono affollati la mattina, mentre nei quartieri meno poveri sono andati alle urne in maniera più scaglionata". Qualche problema sembra pare ci sia stato anche con le ricevute di voto "in certi casi c’è stata un pò di confusione su come dovessero essere le ricevute, se dovesse comparire o meno la data o l’ora della votazione".

(da News ITALIA PRESS)

 

 

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