4216 BRASILE: Ma le sinistre promettono battaglia

20080112 23:25:00 redazione-IT

[b]di David Lifodi (da Musibrasil)

Preso atto della incolmabile distanza in materia sociale e tutela ambientale, i movimenti antagonisti incalzano il governo Lula «condizionato da multinazionali e politici loro alleati».[/b]

Il recente sciopero della fame del vescovo dom Luiz Flavio Cappio contro la deviazione del Rio São Francisco (terminato lo scorso 20 dicembre) racchiude, e al tempo stesso delinea, le sfide che dovrà affrontare la sinistra sociale durante tutto il 2008. La contrapposizione tra il vescovo del sertão brasiliano e Lula infatti non è limitata soltanto ad un contrasto personale, e nemmeno può essere ridotta ad un semplice conflitto di carattere prevalentemente locale, ma riguarda due modi completamente diversi di concepire un’idea di sviluppo del paese, di tutela dei beni comuni, dell’ambiente, della questione agraria e indigena.

Il recente sciopero della fame del vescovo dom Luiz Flavio Cappio contro la deviazione del Rio São Francisco (terminato lo scorso 20 dicembre) racchiude, e al tempo stesso delinea, le sfide che dovrà affrontare la sinistra sociale durante tutto il 2008. La contrapposizione tra il vescovo del sertão brasiliano e Lula infatti non è limitata soltanto ad un contrasto personale, e nemmeno può essere ridotta ad un semplice conflitto di carattere prevalentemente locale, ma riguarda due modi completamente diversi di concepire un’idea di sviluppo del paese, di tutela dei beni comuni, dell’ambiente, della questione agraria e indigena.

La cosiddetta transposição del Rio São Francisco (stato di Bahia) mette contemporaneamente in stretta relazione il legame tra governo e agrobusiness, l’obbligo per contadini e indigeni di abbandonare le loro terre che saranno inondate dalla deviazione del fiume, infine il ruolo determinante delle grandi transnazionali che hanno sempre l’ultima parola in merito alle grandi opere decise dal Planalto. Al contrario, la sinistra movimentista brasiliana inizierà proprio nel 2008 il suo cammino verso un modello di società «ecosocialista», come è stata definita dall’ex deputato petista del Cearà João Alfredo, attualmente collaboratore di Greenpeace.

«I movimenti sociali ambientalisti», spiega João Alfredo, «hanno un ruolo fondamentale nella lotta per lo sviluppo sostenibile del paese e l’alleanza tra di loro sarà decisiva per la costruzione di una nuova società socialmente giusta e ambientalmente equilibrata, in una parola ecosocialista». Aderente alla campagna "Per un Brasile libero dagli Ogm", João Alfredo ha ribadito l’imprescindibile presenza dei movimenti indigeni, contadini e dei piccoli agricoltori nella battaglia per un Brasile in cui gli aspetti sociali, culturali, ambientali, etici ed etnici siano messi realmente al centro della politica da parte del governo Lula. Le sue dichiarazioni, rilasciate appena prima che la mobilitazione per il Rio São Francisco entrasse nella sua fase più aspra, fotografano esattamente la distanza tra la sinistra antagonista brasiliana e i palazzi.

Questa lontananza abissale è emersa in occasione della Conferenza sull’Ambiente promossa lo scorso 8 Dicembre a Fortaleza dalla società civile e dalle organizzazioni non governative. Sono sorte proposte per un nuovo modello di educazione ambientale, indicazioni alternative alla transposição per irrigare il sempre più arido Nord-Est, infine è finito sotto accusa il famigerato Programa de Aceleraçao do Crescimento (Pac), all’interno del quale Lula ha inserito l’opera di deviazione del Rio São Francisco: si tratta di tutta una serie di nodi che verranno al pettine in occasione del seminario previsto in Brasile per il Maggio 2008 dal titolo "Cambiamenti climatici" e di cui la riunione di Fortaleza rappresentava soltanto uno degli incontri preparatori.

L’improbo tentativo cui sono chiamati i movimenti sociali brasiliani sarà quindi quello di rimettere sulla retta via un governo che, per il momento, è manovrato dalle transnazionali e dai politici a loro vicini. In una lettera rivolta al ministro per l’Integrazione sociale Ciro Gomes (tra i principali sostenitori dalla transposição oltre a provenire dal Cearà, uno degli stati che ne riceveranno i maggiori benefici) e pubblicata dal quotidiano "O Globo", l’attrice Letícia Sabatella ha chiesto esplicitamente al governo Lula di invertire la rotta e non seguire più il «modello di sviluppo neocoloniale» condotto finora.

Poco differente la posizione del Premio Nobel argentino Adolfo Pérez Esquivel, che appoggia la posizione assunta (e pubblicata in Italia dal quotidiano il manifesto) dello stesso vescovo Cappio, secondo cui «il governo mente quando dice che porterà l’acqua a 12 milioni di assetati, poiché è un progetto che vuole usare denaro pubblico per favorire le imprese, privatizzare e concentrare nelle mani dei pochi di sempre l’acqua del Nord-Est». Inoltre, scrive ancora Cappio, «il progetto di trasposizione è illegale ed è portato avanti in forma autoritaria: gli studi sull’impatto sono incompleti, l’iter sugli effetti ambientali è truccato, le aree indigene sono colpite e il Congresso nazionale non è stato consultato come previsto dalla Costituzione».

Tuttavia non è questo l’unico fronte caldo (oltre ad essere ben lontano da un lieto fine) su cui sinistra e movimenti saranno impegnati in questo 2008 da poco iniziato. Una situazione molto simile a quella della transposição si registra in merito alla costruzione di quattro centrali idroelettriche sul Rio Madeira: anche in questo caso, a costruzioni ultimate, campesinos e indigeni saranno costretti a lasciare le loro terre, e ancora una volta la concessione per l’inizio dei lavori si è svolta secondo un’asta pubblica non immune da irregolarità e vinta dai soliti noti, quell’impresa Furnas-Odebrecht ormai privilegiata dal governo brasiliano in contesti del genere. Il 2008 per il Movimento do atingidos por barragens (Mab), da sempre in lotta contro le dighe, sarà all’insegna della mobilitazione.

Secondo José Josivaldo Alves de Oliveira, tra i coordinatori del Mab, il nuovo anno si aprirà con il lancio della campagna "Il Rio Madeira è nostro", volta a formare un’alleanza con il Foro boliviano do meio ambiente (anche il versante boliviano bagnato dal fiume costringerà coloro che abitano sulle sue rive alla fuga) per impedire la costruzione delle dighe e soprattutto sottolineare che «la Furnas-Odebrecht mente quando afferma che le terre non saranno inondate: qualsiasi fiume su cui il governo pretende di costruire delle centrali idroelettriche inonderà migliaia di ettari di terra». Di nuovo la storia si ripete: sembra che l’operazione Rio Madeira servirà ad implementare il Programa de aceleração do crescimento e l’Iirsa (Iniziativa de integração de infra-estrutura regional sul-americana), che il governo vuol portare a termine a qualunque costo.

Se le Organizações indígenas de bacia amazônica hanno più volte avvertito sui rischi per le popolazioni indigene (le cui terre sarebbero inondate dall’acqua), al pari dei 1600 indios accampati nel comune di Cabrobò e poi sgomberati a giugno in via preventiva per l’inizio della deforestazione che avrebbe dovuto consentire l’inizio dei lavori di deviazione del São Francisco, è evidente che un altro nodo irrisolto per il 2008 resta quello della demarcazione delle terre indigene, che in teoria dovrebbe essere di competenza della governativa Funai (Fundação nacional do indio). Ancora una volta si tratta di una sfida di lungo periodo, per la quale probabilmente non sarà certo durante il corso di questo nuovo anno che saranno raggiunti dei risultati significativi in merito alla demarcazione delle terre.

Resta però il fatto che gli indios attendono perlomeno un cambio di rotta e un impegno reale della Funai, dopo anni di politiche indigeniste quantomeno equivoche. Anche le comunità native che non abitano sulle rive del Rio Madeira o del São Francisco hanno conosciuto gli effetti di una sorta di Programa de aceleração do crescimento in salsa urbana camuffato sotto il nome di "Setor de expansão urbana". Approvato per riqualificare la zona nord-est del distretto federale di Brasilia, il "Setor de Expansão Urbana" prevede la costruzione di un complesso abitativo di circa quarantamila persone sul terreno del Santuário Sagrado dos Pajés, santuario indigeno sacro non solo per le due comunità direttamente danneggiate dal progetto, Fulni-ô-Tapuya e Cariri-Xocó e Tuxá, ma per tutte le comunità indigene sudamericane.

Dopo l’appalto vinto dalla compagnia immobiliare di Brasilia Terracap, la Funai, pur avendo individuato fin dal 2002 l’area spettante alle comunità Fulni-ô-Tapuya e Cariri-Xocó e Tuxá, non ha mai condotto a termine la demarcazione ufficiale delle terre stesse, fornendo così un ottimo assist alle compagnie immobiliari (e alla lobby dei loro sostenitori all’interno del Planalto e del distretto di Brasilia) per strappare letteralmente sotto il naso degli indios i terreni in cui abitano da decenni. La sinistra sociale ha coniato per le politiche del governo Lula il termine di «imperialismo neofinanziario», ma difficilmente riuscirà a contrastare questo nuovo progetto di edificazione selvaggia (di cui beneficerà principalmente la classe medio-alta), che durante il 2008 sarà probabilmente portato a termine, nonostante il suo costante lavoro di controinformazione.

Infine, come per la delimitazione delle terre indigene, resta irrisolta (e lo sarà ancora per molto tempo) la questione della riforma agraria. Le aggressioni contro il Movimento sem terra verificatesi in autunno ad opera della multinazionale Syngenta e sfociate nella morte di alcuni contadini che stavano denunciando la coltivazione illegale di semi transgenici ritenuti particolarmente pericolosi (e non a caso denominati "Terminator"), dimostrano quanto sia giudicata rischiosa l’apertura all’agrobusiness scelta dal Planalto. Al pari del recente viaggio di Lula in Paraguay, secondo le sinistre organizzato più che altro per promuovere la produzione di etanolo e biodiesel allo scopo di compiacere gli imprenditori brasiliani e le transnazionali straniere. Come in una sorta di guerra a bassa intensità ufficialmente non dichiarata, proseguirà la contrapposizione tra Mst e Via Campesina da un lato e i sostenitori di soia ogm e più in generale di qualsiasi tipo di monocoltura dall’altro.

Sembra tuttavia chiaro che il 2008 non porterà a un’inversione di tendenza della politica brasiliana, ed è altrettanto evidente che, sebbene le critiche alla politica di Lula siano motivate da controproposte di spessore in tutti i campi da parte dei movimenti, la sinistra sociale brasiliana è conscia che il successore del «presidente operaio» al Planalto, nel migliore dei casi, perseguirà politiche molto probabilmente analoghe. Nonostante i pur ragguardevoli risultati fin qui raggiunti ed elencati da Lula in una sorta di messaggio di fine anno al paese, quali la crescita economica di oltre il 5 per cento nel 2007, il calo della disoccupazione con la creazione di due nuovi milioni di posti di lavoro e l’inclusione per la prima volta del Brasile da parte dell’Onu tra i paesi con un alto indice di sviluppo umano, i movimenti ritengono che la strada da imboccare debba ancora essere trovata. A livello istituzionale la sinistra radicale del Psol (Partido socialismo e liberdade) non sembra avere i numeri sufficienti per poter condizionare in modo efficace e sistematico la «deriva di centro-destra» dell’attuale esecutivo. Tuttavia è certo che anche per il 2008 movimenti e sinistre non si limiteranno ad azioni di pura testimonianza, ma riusciranno comunque a lasciare un segno tangibile nella società e tra i palazzi della politica brasiliana.

10.01.2008

www.musibrasil.net

 

 

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