4211 Un vescovo sarà presidente? «Il Paraguay ai contadini»

20080112 22:29:00 redazione-IT

Maurizio Chierici (da l’Unità)

Grande più dell’Italia, sei milioni e mezzo di abitanti, quasi tre vivono fuori – emigranti – il Paraguay è un’ isola medioevale nell’America che cambia. Isola verde soia. In pochi anni è diventato il quarto esportatore del mondo. 4 milioni di ettari che hanno soppiantato l’agricoltura di sopravvivenza, cotone e frutta nella prospettiva del biodisel. Il 2% dei grandi proprietari ha in mano il 77% della produzione. Per metà stranieri, soprattutto brasiliani. Con diserbanti avvelenano i terreni di chi non vuol vendere e la gente lascia i campi rifugiandosi nelle bidonville improvvisate attorno alle città. Fernando Lugo ha voluto che la sede del suo movimento – Alleanza Patriottica per il Cambiamento – fosse sistemata in una casa con piccolo giardino a due passi dalla stazione delle corriere di Asuncion: «Chi mi vota non ha l’automobile».

Lui ce l’ha e la guida da un comizio all’altro. Rincorre le amicizie di sempre: oratori, contadini, piccole chiese di campagna.

Le tasche del suo movimento sono vuote mentre nelle tasche dei concorrenti c’è ogni ben di dio. Il generale Ovideo offre impanadas e manioca ad un’intera tribuna che allo stadio batte le mani alla nazionale paraguayana. I notabili colorados festeggiano i compleanni invitando il popolo a brindare nelle belle proprietà: e siamo solo all’inizio della campagna. Fernando Lugo può solo distribuire buone parole e calmare la rabbia delle pance vuote. Parla con la cautela elegante di chi è cresciuto fra tante prudenze eppure alle orecchie europee le sue parole suonano populiste: « Perché la situazione è questa: pane, casa e un lavoro giusto. La gente lo pretende, provo a rispondere. Non so se è populismo».

Credo sia la prima volta che in America Latina un vescovo cattolico abbandoni la Chiesa per proporsi agli elettori come presidente del paese. Può essere il segno che invita all’ottimismo chi vuole un cambiamento profondo nella politica del Paraguay, oppure sintomo di disperazione delle masse contadine ed operaie incapaci di raccogliersi attorno ad un leader progressista ?

Direi tutte e due le cose. Nel 1930 un vescovo brasiliano è diventato governatore dello stato dove viveva mantenendo la dignità pastorale. Le ragioni della mia decisione sono tante. Prima di tutto la politica che ha un funzione molto importante, come diceva Pio XII. Serve a cercare il bene delle grandi maggioranze dimenticate. Il vescovo che passa alla politica sposa una candidatura atipica. Ecco perché non mi sono proposto; ho solo risposto a migliaia e migliaia di firme raccolte in ogni angolo del paese. Gente che ormai non si fida delle solite promesse. Non ho fondato un partito, sono stato aggregato all’esistente nella speranza di una trasformazione reale. I politici del Paraguay non godono buona fama. Si servono della politica per esercitare il potere: raccomandare, influenzare, arricchire gli amici. La gente non ne può più. La Chiesa resta l’istituzione più credibile per trasparenza ed impegno in favore dei deboli in una realtà dove il partito dominante si identifica con lo stato e mantiene le cose come le sue cupole pretendono».

Visto dall’Europa il Paraguay sembra alla fine del mondo. Non esiste un vero catasto delle proprietà; da 60 anni al potere, il partito Colorado mescola la lunga dittatura del generale Stroessner a corporazioni di grandi proprietari, multinazionali e notabili. La gente non esiste. L’espressione «riforma agraria» viene considerata blasfema. Sto osservando la sua campagna elettorale: va in giro al volante dell’auto, poche risorse ma grande entusiasmo. Non è che inseguendo l’utopia ?

«Sto inseguendo la speranza di chi mi ha chiesto di stare con chi non ha ormai niente. Il Paraguay è il cuore dell’America del Sud, tra Argentina e Brasile, ma è un Paese stravolto da corruzione, mafia, illegalità. Deve ritrovare la dignità che coinvolga nelle istituzioni ogni persona. È la sfida del prossimo governo. È vero: dire "riforma agraria" è come bestemmiare. La distribuzione della terra resta uno scandalo. A questo punto la riforma agraria integrale è la sfida che nessun nuovo presidente può ignorare. Il problema resta strutturale: lo scandalo delle enormi proprietà. Mio primo impegno sarà raccogliere in un catasto nazionale tutte le proprietà. So che fa sorridere i paesi civili i quali si chiedono: come fa il Paraguay a tirare avanti senza catasto? Purtroppo noi dobbiamo ricominciare da questo baratro. Nel 1990-1992 abbiamo ricevuto 40 milioni di dollari dalla comunità internazionale proprio per mettere assieme un catasto indispensabile ad uno stato normale. Si è censito solo il 15% e non le proprietà importanti. Chissà dove è finito il denaro».

Ascolto le sue promesse e la gente le ascolta contenta. Davvero pensa di riuscire a difendere l’immenso bacino di acqua dolce Guaranì, frenare la deforestazione, l’avanzata delle colture transgeniche ( soia, soprattutto ) e agrochimiche che stanno avvelenando la gente ?

Ne parliamo ogni giorno. Le risorse naturali sono una ricchezza fondamentale e di tutti. L’avidità ha distrutto buona parte dell’habitat. Le riserve di acqua dolce sono una benedizione di Dio: Argentina, Uruguay, Brasile e Paraguay potrebbero disporne come pochi posti al mondo. Invece sono oggetto di traffici. È urgente difendere queste risorse e battersi contro distruzione e sfruttamento selvaggio. La maggior parte delle persone vengono espulse dalle nuove coltivazioni, soprattutto soia transgenica. E lo sfruttamento selvaggio di allarga. Latifondi sempre più immensi ed in mano a proprietari stranieri, a volte identificati, a volte misteriosi: proprietari assenti drammatizzano la vita delle persone con nome e cognome che non sanno come andare avanti. La nostra lotta è questa: permettere a chi possiede un fazzoletto di terra di coltivarlo e poterci vivere senza arrendersi alle pressioni che diventano minacce».

Si continua a parlare di masse sempre più povere: quale tipo di povertà umilia la gente ? Mancanza di lavoro, case che non sono case? Emigrazione che fa scappare le nuove generazioni nelle bidonville straniere? Come recuperare queste folle disperate?

«Due milioni di paraguyani vivono nelle villas miserias di Buenos Aires, 70 mila negli Usa, 6 mila in Spagna. Difficile portarli a casa tutti, ma la riforma agraria e iniziative industriali possono far tornare chi ha perduto la terra. Servono opportunità per tutti e non solo privilegi per la cerchia dei fedeli all’eterno governo. Oggi in Paraguay non siamo uguali di fronte alla legge e non abbiamo le stesse opportunità di sopravvivenza. Ecco perché i monopoli statali e privati devono essere controllati o sparire per garantire credibilità ad un’economia che bisogna aprire ai giovani, professionisti ed intellettuali, ma anche alla gente semplice, insomma alle forze che domani governeranno il paese».

Il Vaticano non è d’accordo sulla sua decisione di spogliarsi della missione di vescovo per entrare in politica. E Nicastro Duarte, presidente paraguayano, ha incontrato il Papa per rappresentare il disagio nel quale la sua scelta lo sta costringendo. La costituzione paraguayana è di tradizione massonica. Formalmente non esistono né Natale, né Pasqua, ma festa della famiglia e festa dei fiori, anche se il 93% della popolazione é cattolica. I colorados vorrebbero impedire la sua partecipazione alla corsa presidenziale sostenendo che lei non ha rinunciato al suo ruolo nella Chiesa. Sospeso a divinis, vescovo dimissionario, ma non completamente slegato dalle gerarchie. Come risolverà il problema ? E perché Chiesa e Stato sembrano aver paura di un sacerdote che non fa più il sacerdote, e di un vescovo che non è più vescovo ?

«Se la volontà della gente sarà rispettata, dopo 60 anni il Paraguay potrà cambiare la propria storia. Vaticano e Chiesa vedranno realizzata la volontà di Dio nel miglioramento della vita dei "senza niente". Capisco che il potere possa essere spaventato da speranze diverse che si ricompongono in un unico movimento. Ecco perché l’ufficialismo utilizza cavilli inesistenti per impedire la mia candidatura».

E la Chiesa ?

«La Chiesa latino-americana è divisa in settori. Tendenze conservatrici ma ovunque rami – laici, sacerdoti, seminaristi, missionari – che stanno cercando di mettere fine alle sofferenze di un continente saccheggiato da 500 anni: vecchie e nuove forme di colonialismo. Dal congresso di Medellin, trent’ anni fa, una certa Chiesa ha scelto riforme strutturali e culturali per influire su una realtà i cui peccati gridano vendetta al cielo. Non è mai stato un progetto determinato perché la Chiesa intende mantenere la propria neutralità critica. Anch’io voglio conservare la distanza dalla politica, così come è intesa oggi, votata solo alla logica del potere. In Paraguay molti sacerdoti sono impegnati in progetti popolari nelle campagne e nelle periferie delle città. Lavorano per ridare dignità di cittadinanza a tutti. Mi sono avvicinato alla Teologia della Liberazione tra il 1977 e il 1982. In Ecuador ho avuto l’opportunità di approfondire la teologia pastorale con teoria e pratiche che analizzavano l’intera situazione del continente. L’esperienza mi ha aiutato a guardare la gente in modo diverso. Lavorare assieme ai poveri per seguirne la strada della speranza. Testimonianze che mi hanno aiutato ad incarnarmi nella fede perché la fede non è solo osservazione contemplativa, ma il rapporto con la realtà. Lo ha detto Giovanni Paolo II in Brasile: la teologia della liberazione è parte del patrimonio della Chiesa universale. Aiuta una nostra azione più cosciente e liberatrice».

Contro di lei il partito Colorado ha candidato Blanca Overiar, ex ministro dell’istruzione. Non cambia niente: è una controfigura politica del presidente Duarte, ma giovane, soprattutto donna come Cristina Kirchner e Michele Bachelet. Il Paraguay diventa rosa per garantire vecchi interessi…

«È evidente che i colorados vogliono continuare allo stesso modo rallentando ogni proposta di cambiamento: insistono col carnevale amministrativo che immiserisce la società. Il programma della nostra Alleanza pretende di cambiare e subito. Ecco lo scontro. Ogni cavillo e nuove candidature servono solo ad andare avanti indisturbati».

Andare avanti, ma qualche volta tornando indietro. Con una certa fretta, la Corte suprema (controllata dal partito al governo) ha mitigato la sentenza che condannava il generale Lino Ovideo a dieci anni di prigione e all’interdizione ad ogni pubblico incarico: era stato condannato per aver tentato un colpo di stato nel 1996. Lo si era anche accusato dell’assassinio di un candidato alla presidenza. Arrestato in Brasile, aveva chiesto di scontare la pena in Paraguay dove è rientrato nel 1998. La Corte suprema lo ha rimesso in libertà per «buona condotta» e un tribunale militare ha cancellato l’imputazione dichiarandolo non colpevole. Assieme ad altri movimenti, il partito di Ovidedo – Unione Nazionale dei Cittadini Etici – aveva insistito affinché lei scendesse in politica contro i colorado. Tre mesi fa le previsioni la davano in vantaggio su ogni candidato, ma la liberazione del generale ha sconvolto i sondaggi. Con la sua alleanza divisa e Oviedo che si candida in concorrenza, la scelta del governo di rimetterlo in gioco per dividere l’opposizione sta funzionando. Si rassegna a perdere ?

«È un’alleanza di settori popolari e progressisti in contrapposizione ai poteri collaudati di chi vuole conservare questa situazione. Rappresento contadini ed operai riuniti con obiettivi non ancora definiti sul profilo che dovrà assumere il paese. I colorado sono bravi nei giochi, hanno alle spalle i capitali per farli, ma resta la nostra speranza».

Gli Usa hanno riarmato una base al confine di Argentina, Bolivia e Brasile. Dal Brasile arrivano le imprese che stravolgono l’economia e la vita dei paraguayani. Se diventerà presidente ridiscuterà le concessioni di questi governi ?

«È fondamentale il diritto alla sovranità. Il mio annuncio non cambia. Non accetteremo alcuna ingerenza economica e militare che metta in discussione la vita dei cittadini. Il Paraguay deve essere dei paraguayani».

Lei è prete da una vita. Qualche nostalgia mentre ascolta la messa mescolato ai fedeli?

«Certo che ho nostalgia. Tante volte mi vien voglia di tornare al ministero sacerdotale, ma in questo momento specifico della vita è urgente stare assieme alla gente e la gente capisce quanto mi costa la rinuncia. Credo che la fede nel messaggio della Chiesa e l’impegno politico possano convivere serenamente. Il giorno in cui Dio mi chiamerà potrò dire di aver compiuto la sua volontà indipendentemente da chi considera questa mia scelta una scelta di potere». E ride.

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