4253 LA FILEF RICORDA A FIRENZE LA FIGURA DI GIULIANO PAJETTA

20080120 16:01:00 redazione-IT

Sala gremita ieri, pomeriggio e sera, al Circolo ARCI “Le Due Strade” di Firenze per ricordare Giuliano Pajetta, figura storica del PCI e della FILEF.

L’incontro, promosso dall’Istituto Storico della Resistenza Toscana, dall’ANED, dall’ANPI, dall’Associazione Filo Rosso, dal Museo della Deportazione di Figline di Prato, e fortemente voluto dalla figlia di Giuliano, Elvira, era coordinato dal Prof. Simone Neri Serneri dell’Università di Siena e da Ivan Tognarini, Presidente dell’Istituto Storico della Resistenza in Toscana.

Il prof. Alberto Meschiari, curatore del libro Giuliano Pajetta, un protagonista del ‘900 nel ricordo dei Reggiani, edito dalla FILEF di Reggio Emilia nell’estate del 2007, ha sottolineato come il momento dell’organizzazione sia stato centrale in tutta l’attività politica di Pajetta, dalla Guerra civile spagnola alla lotta clandestina antifascista in Francia e in Italia, dal lager nazista all’emigrazione. Un lavoro incessante, che spiega meglio di tanti discorsi il consenso che egli ebbe sempre fra i nostri emigrati all’estero.

Toccanti sono state le letture di Italo Dall’Orto di passi tratti da Douce France dello stesso Pajetta, e di una lettera sua dal carcere di San Vittore. Come toccanti sono state le testimonianze degli amici Alessandro Curzi e Camillo Martino, e in particolare l’intervento del figlio Giancarlo (Jeannot).

Il Canzoniere “Il Contemporaneo” di Modena ha accompagnato l’iniziativa con canzoni della Resistenza, della Deportazione e dell’Emigrazione.

Come FILEF non possiamo dimenticare quanto si deve all’intuizione di Giuliano Pajetta, che per primo vide nell’emigrazione una risorsa, a patto che si organizzassero gli emigrati in strutture forti e coese, legate al paese d’origine. Anche in questo lavoro egli fu un uomo appassionato, curioso, coraggioso, severamente critico, molto distante dallo stereotipo del grigio funzionario di partito. Un uomo che non si risparmiava, e che pagò amaramente la sua coerenza e le sue amicizie internazionali non allineate con lo stalinismo. Un uomo che, come i fratelli, dedicò l’intera esistenza ai propri ideali, compiendo a soli 15 anni quella scelta di vita di cui ebbe a scrivere Giorgio Amendola.

La prima emigrazione con cui egli si trovò ad operare fu quella politica, e qui va ricordata la Fratellanza Reggiana. La seconda fu quella dei lavoratori disoccupati o espulsi dal processo produttivo nel loro stesso paese. Con questi ultimi il suo legame si rafforzò attraverso la lunga collaborazione che egli ebbe con il Partito Comunista di Reggio Emilia e la sua Scuola di formazione di Albinea.

Reggio Emilia, 19 gennaio 2008

 

 

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