4300 Jorge Orrico, presidente uruguayano della Commissione Bilaterale Italia-Uruguay in Italia a febbraio

20080205 09:14:00 redazione-IT

In Italia è crisi di governo, ma il viaggio del presidente uruguayano della Commissione Bilaterale Italia-Uruguay Jorge Orrico si farà ugualmente – scrive Federica Manzitti dalla redazione uruguayana di Gente d’Italia quotidiano delle americhe diretto da Mimmo Porpiglia – "Sarà un incontro differente dagli altri, eppure anche noi siamo abituati a vivere crisi simili in Uruguay". Orrico è stato designato come "ambasciatore parlamentare" per rispondere all’invito del Presidente della Camera Fausto Bertinotti ad uno dei membri uruguayani dell’associazione che nel paese sudamericano conta nove membri, tutti di origine italiana. "Come il cinquanta percento degli eletti", sottolinea l’onorevole che milita tra le fila del partito maggioritario, il Frente Amplio.

L’invito, dicevamo è ufficiale, la partenza è prevista per il 10 febbraio e l’agenda ancora in via di definizione. Di certo invece il contraccolpo della caduta del governo Prodi nelle relazioni tra Italia ed Uruguay si è fatto sentire per la conferma della missione dei parlamentari italiani (quindi Roma-Montevideo) che dopo essere stata rinviata da dicembre a marzo causa legge Finanziaria, e’ stata sospesa a data da destinarsi in seguito agli ultimi avvenimenti romani. Sarebbe (a luglio se ci saranno elezioni ad aprile come previsto da alcuni? ad ottobre con il nuovo governo?), il primo di una serie di incontri tra parlamentari membri della Commissione che vuole la parte italiana spostarsi in Uruguay , "per approfondire lo scambio che già intercorre attraverso le nostre segreterie", spiega il deputato frentamplista, "ma anche per conoscere il nostro paese che cosi’ poco si conosce da voi". Orrico è, diciamo, un veterano delle realzioni Italia – Uruguay oltre che un convinto cultore della nostra cultura e della nostra lingua. "Il miglior alunno" del corso d’italiano proposto dai docenti MAE alla Camera di Montevideo. "Sarà la sesta volta che vado in Italia e sono contento di tornaci. Le relazioni tra i nostri due paesi stanno crescendo. Non credo che questa crisi li comprometterà seriamente". Orrico è stato già una volta anche al Senato italiano e ha preso parte ad una conferenza internazionale sulla legislazione tra Italia ed America Latina organizzata a Roma dalla Lila nel 2002. "Non so come funzioni in Italia", dice, "ma in Uruguay la proporzionalità e la rappresentanza delle parti tra maggioranza ed opposizione sono sacre. La nostra Commissione è formata da esponenti di forze politiche diverse secondo un attento calcolo della proporzionalità. I partiti di opposizione vi sono sempre rappresentati e mi sembra che anche nella parte italiana ci siano altrettanti colleghi degli schieramenti opposti". In Uruguay prosegue, "la legislatura scadrà il 14 febbraio del 2010 e i presidenti delle Camere sono già stati designati". Sono uno all’anno equamente distribuiti tra i due schieramenti. Stesso criterio applicato anche alla presidenza delle 15 commissioni tematiche. Il dettaglio non e’ trascurabile e Orrico insiste mentre lo intervistiamo nella sua bella e semplice residenza estiva a Punta Colorada. Il suo orgoglio uruguyano è profondo. Il legame con l’Italia è politico, ma anche personale. Orrico non lo nasconde come non nasconde la soddisfazione di essere parte del governo di un paese che ha una lunga tradizione democratica e liberale è evidente che questo è volto del suo paese che vuole mostrare in Italia. L’Uruguay delle prime leggi sul divorzio, del riconoscimento dei figli naturali nelle prime decadi del Novecento, dei piani regolatori anti abusi edilizi firmati negli anni ’40, della tolleranza interrazziale. "Come potrei non essere tollerante io che sono nato e cresciuto in quartiere dove eravamo tutti figli o nipoti di immigrati. Questo paese si è fondato sull’intergrazione tra stranieri". La sua di famiglia viene dalla Regione Campania. Il nonno e la nonna presero la nave per Montevideo lasciandosi alle spalle la provincia di Salerno. Era una fuga d’amore. Lei era la figlia di un giurista napoletano, lui un bersagliere di umili origini. "Mio bisononno, Miraldi Fusco, che evidentemente non era un campione di tolleranza gli disse: se volete sposarvi dovete andarvene", e loro partendo dal piccolo paese di Ceraso arroccato nella provincia di Salerno si imbarcarono per il Rio della Plata. Arrivarono nel 1913. Qui c’era il padre del bersagliere che la stessa strada, partendo dal paesello di Comune Diperito l’aveva fatta nell’ultimo scorcio dell’Ottocento. "Hanno trovato un paese ottimista, dinamico avanzato" , l’Uruguay della prima metà del Novecento. "Sono tornato a Ceraso con mio fratello qualche anno fa. Lì c’e’ ancora la casa della mia bisnonna in fondo ad una strada chiamata via dei Fuschi. E’ del 1834 e ci abbiamo dormito con grande emozione. Durante il viaggio che abbiamo fatto nel 2000 abbiamo assistito ad una funzione in chiesa", racconta Orrico, " il parroco aveva una sorella che vive in Uruguay, mio fratello alla fine della funzione si è messo all’organo ed ha suonato… la cumparsita". Orrico – Miraldi – Panunzio – Fusco; i quattro quarti di italianità del deputato ne fanno uno dei migliori tramiti tra Roma e Montevideo. Il paese di Ceraso ha dato tanti cittadini all’Uruguay che ad un certo punto la loro associazione contava quasi duemila iscritti, a fronte di una popolazione di mille anime nel borgo salernitano. "Da bambino nella casa del nonno ricordo un via vai di immigrati appena arrivati dall’Italia che bussavano alla nostra porta per avere consigli, trovare un lavoro un tetto, un po’ di conforto". La nonna Miraldi parlava in cocoliche, quella lingua bastarda tra l’italiano il dialetto e lo spagnolo che ancora oggi si ascolta tra gli italodiscendenti. "L’italiano si perdeva perchè l’istruzione pubblica era libera, laica e gratuita e tutti volevano che i propri figli potessero approfittarne. Se non fosse stato così ogninuno avrebbe continuato a parlare la propria lingua e l’integrazione sarebbe stata più lenta". Il paradigma della trasformazione culturale degli immigrati italiani in questo paese si racconta con la storia privata della famiglia del deputato. "L’Uruguay era l’America. Non lasciava spazio alla nostalgia di casa. Qui si costruivano stadi, palazzi, c’era una visione del futuro molto più nitida che altrove". Per le seconde generazioni l’Italia era una canzone, un’immagine suscitata da un racconto, un film. Il cinema, e quello italiano almeno quanto gli altri, ha avuto nella costruzione della cultura nazionale un ruolo determinante. "Negli anni Cinquanta ci fu uno sciopero degli spettatori del cinema", racconta il deputato," La città contava un milione di abitanti e 20 milioni di biglietti del cinema venduti. Scioperavano perche’ volevano vedere i film in lingua originale". Oggi nei cinema del paese, che continuano ad essere tanti, dominano le pelicole americane, a volte francesi, mai o quasi mai italiane. Non sarà anche per questo che la lingua italiana suona più incomprensibile? Anche in casa Orrico si cerca di tramandare l’amore per il Bel Paese alle ultime generazioni. Nella camera dei ragazzi, che oggi sono più che adolescenti, campeggia un gagliardetto delle regioni italiane. Sulla scrivania un libro sui monumenti di Firenze. Il seme ha attecchito. "Mia figlia studia italiano alla Dante Alighieri di Montevideo. Il prossimo è il suo secondo anno". Dall’Italia arrivano alcune novità che li riguardano o forse gli interessano. Ad esempio le notizie sul processo italiano sul Plan Condor. " Mi chiedono spesso di parlare loro dei tempi della dittatura. E devo dire non è facile", ammette Jorge Orrico che è anche vice presidente della Commissione per i diritti umani del Parlamento latinoamericano, il Parlatino. "Io in quegli anni facevo teatro. Prima di andare in scena dovevamo fornire le generalità di tutti i membri della compagnia: dal primo attore all’ultimo tecnico. Dovevamo fornire il testo ed aspettare che ce l’approvassero. La censura era così forte, così invasiva che per anni non hosaputo cosa pensassero di poltica i miei vicini di casa. Ovunque poteva esservi un delatore. Quando mi ritrovo a parlarne con i ragazzi ancora non mi sembra vero". Gli chiediamo se pensa che l’inchiesta italiana del procuratore Capaldo che vede indagati decine di uruguayani che hanno collaborato con la dittatura possa aiutare nella ricerca della verità anche in Uruguay. Se potranno nascere collaborazioni nuove tra i due paesi anche sul paino giudiziale. "Non lo so. Penso che molto sul Plan Condor sia venuto alla luce. Altro rimane da scoprire , ma abbiamo fatto un lavoro duro sulla diffusione delle informazioni con la Commissione latinoamericana dedicata al tema e penso che si continuerà". Una delle ultime volte che Jorge Orrico è stato a Roma era con il suo amico e collega Felipe Michelini, figlio del Flaco, il politico della sinistra uruguayana ucciso nel 1976. "Stavamo passeggiando e ci siamo trovati davanti alla Fondazione Basso. Era lì che il padre di Felipe aveva tenuto il suo ultimo discorso. Una signora che si trovava dentro l’istituto ci ha accolto calorosamente. Ci ha raccontato dettagli che non conoscevamo". Alla conferenza di Roma , era il 1975 avevano partecipato tanti intelletuali latinoamericani. "Saramago e Garcia Marquez erano in prima fila. Zelmar Michelini parlò molto duramente della dittatura in Uruguay. Lo ammazzarono poco tempo dopo". Roma ha regalato ai due deputati italo-uruguayani anche questa esperienza. Politica e personale. Forse il viaggio di febbraio non sarà altrettanto rivelatorio. Ma almeno il rapporto che lentamente si sta intessendo tra i due paesi non entrerà in crisi.

 

 

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