4297 Crisi, Marini rimette l'incarico «Manca significativo sostegno». Già ad aprile si tornerà alle urne

20080204 23:00:00 redazione-IT

Dal Quirinale, dove è stato a riferire al presidente Napolitano l’esito delle consultazioni, Franco Marini rimette il suo incarico e annuncia: «Non c’è una significativa maggioranza», nonostante la «diffusa consapevolezza di modificare la legge elettorale». Ha pesato il no di Forza Italia che non ha voluto collaborare nemmeno per «un governo di tre mesi» che riformasse la legge elettorale, come aveva proposto il Pd. «Un’altra occasione mancata» per il segretario Veltroni.
Il centro si disfa. Nel Pd accesi i motori per le elezioni

Walter Veltroni dopo la consultazione di Marini, foto Ansa
«Rammarico». Usa questa parola Franco Marini per annunciare che il suo mandato è finito. Il presidente del Senato incaricato di esplorare la possibilità di trovare una maggioranza per un governo di riforme, non ce l’ha fatta. Nonostante tra le forze politiche sia «diffusa la consapevolezza di modificare la legge elettorale» – ha spiegato al termine del suo incontro con Napolitano – «non c’è una significativa maggioranza» disposta a farlo. Una settimana di consultazioni, insomma, non è bastata a mettere d’accordo le forze politiche, né a farle ragionare in virtù della responsabilità nazionale a cui il presidente si era più volte appellato.

Silvio Berlusconi, nei suoi 25 minuti di colloquio con il presidente del Senato, non aveva aperto nessuno spiraglio. È convinto di vincere, e vuole correre al voto. Come lui Gianfranco Fini, che non ha voluto nemmeno accettare l’ipotesi di un “governo per il referendum” nonostante An fosse uno dei maggiori sponsor dei quesiti.

Intanto, proprio il fallimento del mandato Marini dovrebbe far slittare di un anno il referendum: martedì il consiglio dei ministri si riunirà per indire la data della consultazione, ma nel caso di scioglimento delle Camere, il referendum slitterebbe automaticamente all’anno successivo e spetterà, quindi, al nuovo esecutivo indicare la nuova data della consultazione, nel 2009.

Visto l’esito negativo dei colloqui con Fini e Berlusconi, a Walter Veltroni, l’ultimo, il 27esimo, degli “ospiti” di Marini, il presidente del Senato non aveva potuto fare altro che mettere in tavola le carte della sconfitta. A questo punto, non c’è alternativa, Napolitano dovrà sciogliere le Camere e indire le prossime elezioni, che si terranno presumibilmente nel primo o nel secondo fine settimana di aprile. Il Presidente della Repubblica non ha potuto fare altro che prendere atto dell’esito delle consultazioni, ringraziando Marini «per l’alto senso di responsabilità con cui ha svolto il compito affidatogli».

«È chiaro» – commenta la capogruppo Pd al Senato Anna Finocchiaro – che sarà Prodi a guidare il governo fino al voto. Fino all’ultimo la proposta del Pd per un «governo delle riforme di tre mesi», era rimasta valida. Ma il patto con Forza Italia, aveva ammesso lo stesso segretario del Pd, è ormai «difficile da sostenere». È arrabbiato Veltroni, perché chi ha boicottato la missione di Marini «vuole far precipitare il paese verso elezioni con una legge elettorale sbagliata e con coalizioni eterogenee e confuse».

Finge dispiacere, invece, il “sabotatore” Berlusconi: «Mi auguro – ha detto a giochi fatti – che il dialogo possa proseguire dopo il voto, perché la situazione italiana è drammatica». «Come sapete – ha aggiunto – io sono la persona con la quale è più facile dialogare. Io mi faccio concavo e convesso rispetto al mio interlocutore». E poi gli gira le spalle.

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Il centro si disfa. Nel Pd si accendono i motori per le elezioni

Finito il tentativo Marini, i partiti si preparano ormai alla campagna elettorale.Sul fronte destro è ormai scontato che si andrà alle elezioni con una coalizione ampissima: dall’Udc (ma Mastella e Dini sono vicini a dire sì) fino alla Destra di Storace.

Il centro in questo quadro risulta sempre più marginale, come conferma l’addio di Carlo Giovanardi all’Udc per andare con Forza Italia sotto l’ala di Silvio Berlusconi. Se qualche mese fa l’idea che il centro (autonomo) potesse essere l’ago della bilancia, ora le cose vanno diversamente. Berlusconi ha ripreso il controllo e il "centro" da Mastella a Dini, da Casini a Manzione, non sembra più avere voce in capitolo.

Il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa conferma l’appiattirsi sulla leadership di Berlusconi: «Penso che andremo tutti uniti», e anche sulla partecipazione della Destra di Storace si limita ad un timido «vedremo».

Intanto anche la macchina organizzativa del Partito democratico si è già messa in moto: a Renzo Lusetti l’incarico di studiare e organizzare le tappe che Veltroni toccherà nel suo giro per l’Italia. Si tratterà, a quanto si apprende, di iniziative pubbliche su grandi temi, sulla falsariga delle convention americane, con pochi slogan ma chiari e riconoscibili. Ancora da definire il mezzo di trasporto: in un primo momento si era pensato di utilizzare il treno, ma le ultime quotazioni danno in pole position il pullman. Del resto, spiega una fonte, il metodo del pullman è già rodato e, soprattutto, racchiude in sè un valore simbolico: nel ’96 si rivelò una scelta fortunata.

La campagna elettorale del Pd sarà comunque tutta incentrata sul programma e sulla novità che il Pd rappresenta sulla scena politica. Ed è proprio sull’elemento novità che punta Veltroni, sicuro della capacità del partito di sparigliare i giochi e rappresentare un catalizzatore di nuovi consensi.

I tempi sono stretti: la scelta delle candidature non potrà quindi essere affidata al popolo delle primarie, ma a livello nazionale se ne occuperà un ristretto gruppo di lavoro, guidato dallo stesso Veltroni, mentre a livello locale saranno i segretari regionali, ampiamente legittimati dal voto dei cittadini che li hanno eletti con le primarie, a selezionare i nomi.

L’appuntamento dell’Assemblea costituente, che dovrà ratificare il nuovo statuto, il manifesto dei valori e il codice etico del partito, sarà anticipato: inizialmente previsto per i primi di marzo, ora i vertici del Pd sarebbero intenzionati a convocare l’assise tra circa due settimane, comunque non oltre la fine di febbraio.

Per guidare il Pd nella campagna eelettorale, Walter Veltroni con molta probabilità si dimetterà da sindaco di Roma la prossima settimana e presumibilmente la data sarà mercoledì 13 febbraio. Fonti vicine al sindaco di Roma fanno sapere che «conoscendo Veltroni, userà tutti e sette i giorni a sua disposizione» per dimettersi, a partire dal giorno successivo alla pubblicazione del decreto di scioglimento delle Camere sulla Gazzetta ufficiale, e partecipare così alla tornata elettorale. In Campidoglio ci sono ancora molti provvedimenti importanti da approvare, il piano regolatore su tutti, ed è molto probabile che Veltroni ne assista l’iter nella sua carica e con pieni poteri fino all’ultimo momento disponibile, ovvero mercoledì 13.

La stessa data ultima per tutti i sindaci dei comuni con più di 20 mila abitanti che si candideranno alla elezioni per evitare poi contumelie sull’eleggibilità. Sarebbero circa 150 gli amministratori locali che vorrebbero candidarsi, compresi alcuni presidenti di Provincia e di Regione.

Tra i sindaci che hanno già reso note le loro intenzioni, quello di Vicenza – Enrico Hullweck – che ha più volte dimostrato di gradire una candidatura in Forza Italia. Il più sicuro della scelta da fare è invece il primo cittadino di Venezia Massimo Cacciari. «Ciò che voglio fare lo ho già dimostrato – spiega il sindaco – quando mi sono candidato per le regionali del 2000 e mi sono dimesso da sindaco. È scontato che lo rifarei».
Il Pd, ha detto e ripetuto Veltroni, correrà da solo. Ma la Sinistra Democratica insiste in un ripensamento. Anzi, per Sd tutta la "Cosa rossa" dovrebbe proporre al Pd la nascita di una coalizione di centrosinistra «su basi programmatiche rinnovate». «L’intesa tra Pd e sinistra – sostiene in un comunicato – è la strategia che può consentire, sul piano numerico, di contendere la vittoria al centrodestra e dare all’Italia la speranza di un governo innovativo». Al contrario «sarebbe grave se il Pd confermasse la scelta della solitudine elettorale che contiene l’annuncio della rinuncia a competere per il governo dell’Italia. Non si possono spalancare, senza combattere, le porte a Berlusconi e ai suoi». Sd avanza questa proposta alle altre forze della sinistra ma anche «ai compagni socialisti , le cui importanti battaglie per l’eredità socialista e per la laicità dello stato rischiano di dissolversi nel contenitore neutro del Partito democratico».

Di parere diverso Oliviero Diliberto dei Comunisti Italiani che chiede a Bertinotti di fare il candidato premier della "Cosa rossa". «Noi glielo chiediamo ufficialmente: Bertinotti è l’uomo giusto per unire tutte le sensibilità della sinistra». Domenica, alla trasmissione su Rai3 condotta da Lucia Annunziata, l’attuale presidente della Camera aveva chiarito che accetterebbe di guidare la sinistra arcobaleno come candidato premier di bandiera solo di fronte ad un invito unanime da tutti i partiti che compongono la federazione.

http://www.unita.it/

 

 

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