4356 Marco Fedi risponde a Rodolfo Ricci: “Continuare a costruire”

20080212 21:50:00 redazione-IT

ROMA – Replico volentieri all’articolo a firma Rodolfo Ricci del 6 febbraio, poiché ritengo utile discutere liberamente, senza vincoli di mandato e con un certo anticipo rispetto alle prossime scadenze elettorali, fornendo un modesto contributo alle riflessioni che l’autore ci propone. Partendo da una premessa: non esistono soluzioni elettorali che possano prescindere dalla forze politiche in campo. Continuare a dare l’impressione che sia possibile formare un gruppo parlamentare degli eletti all’estero, che superi le divisioni partitiche per trasformarsi in una sorta di organismo di rappresentanza degli interessi delle associazioni, significa proporre un clone di ciò che già esiste: il CGIE.

Significa negare che la crisi dell’associazionismo ha radici molto profonde ed è comunque legata ai ritardi – di tutti i Governi – nel rilanciare, anche all’estero, quella “progettualità” che è l’unica, autentica, linfa vitale dell’associazionismo.

Significa ritenere che la politica per gli italiani all’estero, per quanto riguarda i candidati, i programmi e le stesse campagne elettorali, si fonda su presupposti diversi dal confronto ed anche dallo scontro di valori ed idee. Non è così. Le campagne elettorali hanno dimostrato che esiste la tendenza diffusa a replicare idee, proposte e cattiveria delle campagne in Italia. La storia ci ha inoltre dimostrato che le liste autonome, indipendenti, legate all’estero alle associazioni o ad altro, servono unicamente uno scopo elettorale, nobile o meno a seconda delle persone candidate, ma che a livello parlamentare e di governo non hanno rappresentato alcuna originale diversità.

La diversità deve essere valorizzata dalle istituzioni, dalla politica, dall’informazione e dalla società civile. L’Italia è in ritardo su questi temi, non solo in rapporto alla rappresentanza eletta dall’estero ma anche sui grandi temi dell’integrazione degli immigrati e del rapporto con altre culture, tradizioni, lingue e religioni. Forte ritardo!

Pensare che in 630 giorni gli eletti all’estero potessero far superare questo ritardo storico è sintomo da un lato di grande passione ed amore per chi ha vissuto l’esperienza delle migrazioni e dall’altro di eccessivo ottimismo. Anche perché le stesse associazioni – si deve concludere – non sono state in grado di ottenere un miglior risultato in decenni di attività.

Ho fatto questa lunga premessa sapendo che Ricci, nelle sue riflessioni, pensa alla futuro della sinistra, nel centro sinistra. Ma ho voluto partire dalla premessa, credo e spero acquisita, per ricordare che la sinistra, non solo per responsabilità ideali o programmatiche ma anche per gli egoismi di parte che nascono dalla frammentazione partitica, ha dimostrato, prima nel 1996 e poi nel 2006, di non voler e saper stare insieme se non in coalizioni dalle quali tutti sono liberi di svincolarsi non appena si percepiscono cambiamenti “climatici”.

La risposta politico-elettorale deve essere, a mio avviso, oggi più che ieri, quella dei partiti. Ma abbiamo bisogno di partiti aperti. Di partiti che – dopo aver votato una legge di modifica costituzionale, ad esempio, che ha istituito, anche grazie al lavoro dell’On. Piero Fassino, la circoscrizione estero – siano convinti, profondamente convinti, della scelta fatta e che non la rinneghino in ogni occasione, pubblica o privata. Che si impegnino a capire, prima di approvare proposte di legge. Che comprendano gli effetti di norme approvate anche per gli italiani all’estero: abbiamo ora nel Parlamento le conoscenze e le capacità – lo abbiamo dimostrato – per svolgere bene questo lavoro. Partiti aperti in un sistema politico che funzioni. Partiti in grado di non perdere la connotazione che li identifica e di mantenere un forte rapporto con i cittadini, sia quando sono maggioranza che quando sono opposizione. La sfida targata PD rappresenta una opportunità per rafforzare il centro sinistra, sia internamente al PD che nelle altre formazioni, conseguendo anche l’obiettivo di semplificare il quadro politico e sbloccare il sistema istituzionale.

Questi elementi – contribuire a costruire partiti aperti, migliore la capacità di fare governo e opposizione nel sistema politico italiano – devono essere sentiti anche dell’associazionismo. Con la costruzione del Partito Democratico stiamo cercando di compiere questo passo. Non basta ma è il primo significativo passo.

Per quanto riguarda il rapporto di collaborazione con le associazioni, questo non è mai venuto meno. Le occasioni di incontro-confronto sono state poche, è vero. Ma forse le associazioni avrebbero potuto essere più incisive nel coinvolgere i parlamentari eletti all’estero superando le loro stesse divisioni, le sigle di riferimento, gli egoismi di parte. In altre parole, associazioni altrettanto aperte.

Una cosa è assolutamente vera: dobbiamo tutti fare molto di più. Ma 21 mesi di legislatura, con i primi 3 mesi presi dagli impegni istituzionali tra cui l’elezione del Capo dello Stato, non ci hanno consentito materialmente di fare di più. Il quadro è mediocre perché il sistema politico italiano è largamente insufficiente: perché sorprendersi se l’insufficienza produce risultati mediocri? E la mediocrità come la misuriamo? Dal punto di vista qualitativo abbiamo cercato di far riferimento – sempre – alla parità di trattamento. E ci siamo riusciti, ad esempio, con le detrazioni per carichi di famiglia, con l’aumento delle pensioni, la cosiddetta 14esima. Dal punto di vista quantitativo puoi fare di più se le condizioni oggettive te lo consentono. Non solo la durata della legislatura ma anche le risorse che hai a disposizione. Siamo riusciti ad aumentare i capitoli di bilancio del Ministero degli affari esteri in due leggi di bilancio. Ed abbiamo contribuito a porre al centro dell’attenzione politica, ed anche della società civile, il tema del lavoro e gli interventi a sostegno delle fasce sociali più deboli. Nonostante i problemi e le avversità, nonostante le questioni ancora aperte rispetto alle quali dobbiamo tutti impegnarci, giudico questa esperienza positiva. I candidati nella circoscrizione estero, sono certo, si impegneranno affinché continui ad esserlo. Un primo impegno, subito dopo le elezioni, qualsiasi sia il risultato e chiunque risulti eletto, dovrebbe essere proprio quello di riprendere il filo della discussione sul rinnovamento delle politiche per le comunità italiane all’estero. Con l’insostituibile contributo delle associazioni.

Marco Fedi
(Deputato del Pd eletto nella ripartizione Africa-Asia-Oceana-Antartide)

 

 

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