4343 Effetto Pd

20080209 23:09:00 redazione-IT

di Antonio Padellaro

Oggi si commemora Pier Ferdinando Casini, che poteva sbancare Berlusconi e finì sbancato. Questa è la vera notizia, non l’annessione di Alleanza Nazionale nel Pdl, partito finto nuovo di cui l’annesso e giulivo Gianfranco Fini soltanto ieri diceva peste e corna. Soltanto una settimana fa Casini aveva in mano un poker d’assi: la riforma elettorale che Franco Marini gli offriva in cambio dell’appoggio al suo governo. Un sì e Casini avrebbe avuto quel sistema proporzionale che lo avrebbe emancipato forse per sempre dalla schiavitù del cavaliere. E invece l’astuto leader ha gettato il poker nel cestino. Giurando fedeltà a colui che adesso gli chiede di sparire con tutta l’Udc, in cambio di un posto in ditta. Casini sdegnosamente rifiuta.

Ma adesso pover’uomo? Rallegriamoci comunque perché la destra si spacca sotto l’effetto Pd. Veltroni evoca Davide e Golia. Quella volta vinse il più piccolo perché giocava d’anticipo e aveva una buona mira. L’anticipo c’è stato ma ora comincia il difficile.

Per esempio: soli si vince o soli si perde? Al dilemma che più ci mette in ansia si potrebbe semplicemente rispondere: aspettiamo il 14 aprile e vedremo. Del resto, la decisione di correre con l’unico simbolo del Pd Walter Veltroni l’ha già presa senza ripensamento alcuno, e gli altri leader si sono adeguati non si sa quanto volentieri. L’incontro di ieri tra Pd e Sinistra Arcobaleno ha detto poi che la divergenza consensuale tra i due blocchi del centrosinistra è cosa fatta.

Anche vero però che l’ultima parola spetta ai cittadini e che sapere di che umore sono non è indifferente ai fini del risultato finale. Tra due mesi andranno alle urne speranzosi? O resteranno a casa bloccati dai più infausti presagi? Su questo giornale ottimisti e pessimisti si stanno confrontando con i loro argomenti, alcuni dei quali pur se di segno opposto ugualmente convincenti. Insomma, non tutto è chiaro da noi.

Chi pronostica la quasi sicura sconfitta si appoggia soprattutto alla forza intrinseca dei numeri. Come potrebbe mai il Pd accreditato si e no di un 30-35% dei voti battere il centrodestra segnalato da tutti i sondaggi al di sopra del 50%? Una considerazione per così dire tombale, ma non basta. Richiamandosi a Max Weber e all’etica della responsabilità, Gianfranco Pasquino ha osservato su queste colonne che l’insuccesso da «solitudine» del Pd porterebbe come conseguenza più grave «che numerosi ceti sociali già svantaggiati non otterranno adeguata rappresentanza in parlamento e non godranno più di sufficiente protezione». Sappiamo tutti che altri cinque anni di governo Berlusconi sarebbe una punizione troppo grande e immeritata. Né ci consolerebbe la serena convinzione di avere comunque contribuito alla semplificazione del sistema partitico ponendo nel contempo le basi per la rivincita quando sarà. Giusto sperare in un futuro migliore per i nostri figli ma alcuni di noi cominciano ad avere i capelli bianchi a furia di chiedersi cosa abbiamo fatto di male per meritarci un’altra abbondante porzione di Calderoli e Storace.

Davvero basterebbe includere nel Pd l’Italia dei Valori, radicali e socialisti per sperare di superare la feroce macchina da guerra della destra? È vero che nel 2001 alla coalizione che candidava Rutelli contro Berlusconi mancarono i voti (rifiutati) di Bertinotti e Di Pietro. Con essi il centrosinistra avrebbe avuto la maggioranza al Senato e dunque il pareggio. Ma non c’era il “porcellum” e il devastante premio di maggioranza.

Certo che con diciotto contro uno il Pd rischia di brutto ma che alternativa c’era? Rifare l’Unione sarebbe stato comunque impossibile perché a parte la fuga dei «pugnalatori» Dini e Mastella, con Rifondazione e gli altri pezzi della sinistra radicale non si poteva ricominciare con il tira e molla sulla politica estera o sulle scelte economiche. Per quei continui litigi molti elettori ci avevano già abbandonati e se avessimo ripreso quella vecchia strada in molti altri non ci avrebbero seguito, ha osservato su queste pagine Stefano Ceccanti. Avremmo perso comunque e allora perché non provare con un nuovo marchio e una nuova offerta? Primo, recuperare a sinistra gli incerti e i delusi. Secondo, scommettere su un’area di elettori di centro e provare a convincerli con un programma innovatore a cui sta lavorando il riformista Morando.

Belle parole e ottimi propositi a cui Veltroni dovrà dare credibilità e concretezza nel corso della sua lunga campagna d’Italia. Una predicazione che toccherà tutte e centodieci le province italiane con lo scopo di convincere quasi una per una le persone che vorranno ascoltarlo. Una strategia faticosissima ma che potrebbe dare risultati insperati. I sondaggi cominciano a cambiare in meglio. E anche gli strappi di Berlusconi non guastano. Comunque, non ci annoieremo.

apadellaro@unita.it

 

 

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