4421 ASSOCIAZIONISMO E VOTO: Intervista a Rino Giuliani vicepresidente dell’Istituto Fernando Santi

20080221 10:53:00 redazione-IT

D. Il recente scambio di opinioni dell’on. Marco Fedi con Rodolfo Ricci Segretario Generale della FIEI oltre ad argomenti che riguardano l’attuale quadro politico ha evidenziato valutazioni sull’associazionismo. Come valuta quelle affermazioni?.

R Afferma Fedi:“Questi elementi – contribuire a costruire partiti aperti, migliore la capacità di fare governo e opposizione nel sistema politico italiano – devono essere sentiti anche dell’associazionismo. Davvero fra i compiti delle associazioni vi deve essere quello di immedesimarsi nei modelli di partito in fieri, aperti o chiusi che siano? Sull’ovvia affermazione che la politica la fanno i partiti e non le associazioni , è facile convenire, semmai , ci sarebbe da aggiungere che quello che manca è un soddisfacente tasso di rinnovamento dei contenuti della politica.

Una volta la politica era egemone sulla società; oggi la vediamo trasformata in tramite per una occupazione dei poteri sempre più mal tollerata ,sommatoria di privilegi individuali e di gruppo, di aree franche e di scarsa considerazione dell’interesse generale. Lo andiamo dicendo da tempo: partiti e associazioni d’emigrazione hanno motivazioni e dinamiche diverse, essi sono componenti di un pluralismo delle rappresentanze che va rispettato.

D: Con l’elezione dei 18 parlamentari si è realizzata la rappresentanza perfetta, Non ritiene che per le associazioni oggettivamente ci sia meno spazio?

R Una invenzione indimostrata è la cosiddetta “rappresentanza perfetta”: I 18 parlamentari eletti, secondo alcuni, aggiungendosi ai preesistenti Comites e CGIE chiudevano il cerchio del rapporto dei singoli e delle nostre comunità con l’Italia . L’associazionismo veniva descritto anche in qualche documento del CGIE da resuscitare e comunque ininfluente per esaurimento della sua funzione storica. Un paradosso a fronte del livello di salute del CGIE messo in luce sin dalla Assemblea per l’ elezione dell’attuale Segretario Generale. Si tratta dello stesso associazionismo che è la base democratica dell’elezione dei Comites, che ha convinto tanti italiani a partecipare al voto all’estero, che è stato oggetto delle più pressanti attenzione di partiti e candidati. L’associazionismo non può essere collateralismo, non può essere funzione consultiva né Ufficio elettorale di partiti o di singoli candidati. E’ un bene che le forze politiche italiane, correndo anche il rischio di far allentare i processi d’inclusione sociale e di partecipazione politica democratica nei paesi d’accoglienza si siano date da fare per organizzarsi all’estero con sezioni o strumenti similari.

D Ma allora come si dovrebbe configurare la relazione , il rapporto dei partiti politici con le associazioni dell’emigrazione?

R L’associazionismo esprime e rappresenta interessi dei cittadini italiani all’estero che sono diventati una vera e propria piattaforma rappresentativa da far valere nei confronti delle controparti istituzionali. E’ da come i partiti si collocano rispetto a tali rivendicazioni autonomamente assunte e portate avanti che l’associazionismo esprime le sue valutazioni sugli stessi e non attraverso la manifestazione di un comune sentire con chi è intento a porre in essere processi di costruzione di soggetti politici. I gruppi dirigenti di prima fila nell’ipotesi più riduttiva stanno da 20 anni sulla scena politica e si cimentano da circa un decennio con la scomposizione e la ricomposizione di quelli che furono i corpi intermedi prefigurati dalla Costituzione. Le decisioni vertono su come rendere più sicuro l’esercizio del potere attraverso soluzioni che lascino mano libera agli esecutivi di partito e di governo, che diano più potere di quello acquisito con il voto ai partiti con il maggior numero di voti , che riducano le aggregazioni di partito come sede di discussione e decisione a vantaggio di periodiche “chiamate” populistiche, primarie all’italiana, sul cui esito ognuno può dare i numeri che vuole. Presidenzialismo e populismo vanno a braccetto. La partecipazione continua dei cittadini nei partiti cede il posto alla comunicazione dei leaders ai cittadini da conventi, talk show, piazze, castelli , paesi medioevali che “funzionino” per un efficace messaggio televisivo Il problema delle associazioni oggi non è quello di apprezzare la bontà o meno dei contenitori che si stanno realizzando e che vengono offerti sul mercato della politica ma di trovare interlocutori che dicano la loro sulle rivendicazioni dell’associazionismo prima e non dopo le elezioni .

D Ma allora non è più utile una rappresentanza diretta , una vera e propria lista delle associazioni che faccia eleggere propri rappresentanti in Parlamento?

R E’ questa una apparente scorciatoia. Qualcuno l’ha annunciata con la conseguenza di trasformare in soggetto politico una realtà, l’associazionismo il cui fine è la promozione sociale degli italiani all’estero piuttosto che quello di serbatoio elettorale. Sono le forze politiche, con tutti i loro limiti, il tramite fra lo società e le istituzioni elettive. E’ capitato di leggere : “la politica per gli italiani all’estero, non si fonda su presupposti diversi dal confronto ed anche dallo scontro di valori ed idee”. Magari fosse così! Come si fa a pensare che le associazioni possano essere di opposto avviso? L’invito che facciamo è di mettersi all’ascolto delle molte autorevoli voci che dal di dentro dei partiti lamentano proprio il fatto che il confronto latita e che lo scontro di valori e di idee viene rinviato a dopo le elezioni. Eccezion fatta, a mio giudizio, per lo scontro su materie fino ad oggi affidate al giudizio della legge suprema della coscienza, per usare una espressione conciliare e che con dolore ed imbarazzo per molti di noi, vengono utilizzate come clave da politici paradossalmente più papisti dello stesso Papa. Immaginare che l’associazionismo aspiri ad essere un soggetto politico, pensare che lo stesso reputi sia auspicabile la costituzione di un “gruppo parlamentare degli eletti al’estero”, “organo di rappresentanza degli interessi delle associazioni” è fare torto alle stesse associazioni . Affermare inoltre che è il CGIE l’organo di rappresentanza delle associazioni è veramente sorprendente se solo si vada a rileggere la legge istitutiva del CGIE rammentando in primo luogo i criteri di composizione dello stesso ed il ruolo consultivo affidatogli dal legislatore. Che queste cose possano essere convintamente affermate è motivo di stupore.. Quanto poi all’idea di un associazionismo che si sarebbe potuto fare rappresentanza diretta dei connazionali all’estero, come chiunque ricorderà, essa è maturata nell’area della politica, sostenuta, argomentata e non praticata , a suo tempo, dall’on Tremaglia in occasione della precedente prima campagna elettorale dell’estero.

D Quale giudizio da rispetto all’azione del governo Prodi verso gli italiani all’estero?

R Il governo Prodi ha il merito di avere combattuto l’evasione fiscale con molto impegno e con buoni risultati. Per gli italiani all’estero non ha ridotto le disponibilità finanziarie del 2007 . Certo si poteva fare di più di quel che si è fatto. Il parlamento non ha approvato i provvedimenti sulla cittadinanza, sul cosiddetto assegno sociale, sul riconoscimento della natura di promozione sociale delle associazioni nazionali d’emigrazione. A ridosso delle prossime elezioni dal versante del centrodestra e da quello del centrosinistra non si vedono programmi, in specie per l’estero, poco si era visto prima delle precedenti elezioni , nulla si era sentito nella dichiarazione programmatica dell’on Prodi all’atto del suo insediamento. Quello che accade o potrà accadere il Italia sembra essere più importante. Gli italiani all’estero corrono il rischio di essere un tema “di nicchia” da lasciare ai soliti addetti ai lavori. Certo nessuno può pensare che gli eletti all’estero, nel loro insieme, siano i responsabili degli scarsi risultati. Essi non sono, ed è bene che non siano, un’area autoreferenziata dentro il Parlamento. Certo nessuno nell’associazionismo pensa che la storica disattenzione, il ritardo storico sulla grande realtà della nostra emigrazione potessero essere rimossi con la bacchetta magica dei 18 parlamentari eletti. Attribuire tuttavia tale indimostrata opinione all’associazionismo serve solo a fare la polemica successiva con quell’associazionismo che all’indomani del voto veniva dato per obsoleto o peggio morto sulla base di un interessato teorema i cui autori e diffusori sono registrati agli atti delle agenzie giornalistiche d’emigrazione.

D Non crede che esista una difficoltà delle associazioni ad essere puntualmente presenti in società in profonda trasformazione anche generazionale?

R Lo sappiamo e da tempo e da tempo abbiamo il nostro percorso di rinnovamento non facile, seguitando la nostra azione , ponendoci all’ascolto dei giovani, mirando ad un passaggio del testimone alle nuove generazioni . Ben vengano critiche e suggerimenti ma non ci sentiamo di doverci caricare di responsabilità che sono di altri. Marco Fedi, mettendole al confronto con il parlamento scrive:“le stesse associazioni – si deve concludere – non sono state in grado di ottenere un miglior risultato in decenni di attività”. Da persona che sicuramente conosce le associazioni paragonare responsabilità, impegni e risultati istituzionali con quelli di associazioni private è come attribuire pari peso ad un metro quadro di compensato e ad un metro quadro di mercurio. La conseguenza di decenni d’indifferenza verso i nostri connazionali ( a partire dall’accordo eloquente “braccia contro carbone”) , la solitaria integrazione individuale nei paesi d’accoglienza, la difesa dell’identità e della memoria , il mutuo soccorso fra emigranti hanno avuto una sponda quasi esclusiva nell’associazionismo. Va dato anche atto ad un ente privato di rilevanza pubblica quale è il patronato di aver svolto e di svolgere positivamente il suo ruolo di tutela soprattutto quando si occupa di sicurezza sociale. Poi, ma molto dopo sono venute, tra luci ed ombre le Conferenze Mondiali , a tentare di portare a sintesi quanto avveniva in aree fra loro lontanissime e non comunicanti. Di fronte alla critica per lo scarso rapporto degli eletti con l’associazionismo Fedi ci rifila una bacchettata sulle nocche delle mani : “Le occasioni di incontro-confronto sono state poche, è vero. ma forse le associazioni avrebbero potuto essere più incisive nel coinvolgere i parlamentari eletti all’estero superando le loro stesse divisioni, le sigle di riferimento, gli egoismi di parte. In altre parole, associazioni altrettanto aperte”.

Più incisive?

La CNE è stata la prima realtà italiana a promuovere ed incontrare i 18 parlamentari dopo pochissimi giorni dal loro ingresso in Parlamento , poi gli stessi sono stati invitati tutti ai seminari interregionali di Roma, Bologna e Napoli: Alcuni cortesi e disponibili di maggioranza e di opposizione, son venuti e si sono confrontati , altri no. Fedi sembra dire: più di così non abbiamo potuto atteso che le associazioni non sono state in grado di superare le loro divisioni e le sigle di riferimento. L’argomento serio non può essere ridotto ad invettiva in specie quando sarebbe fin troppo facile rispondere ad un esponente politico : da quale pulpito viene la predica!. In realtà c’è nell’aria una più generale frenesia di reductio ad unitatem di semplificazione dello scenario, di colpevolizzazione delle divisioni che pure esistono e che in genere corrispondono a diversità storicamente date. La CNE, per citare la realtà rappresentativa delle associazioni nazionali “storiche” dell’emigrazione, rappresenta un esempio importante di diversità coesistenti , reciprocamente rispettose è fortemente unita nella salvaguardia e nel rinnovamento dell’associazionismo e si ritrova su contenuti che sono la conseguenza di discussioni aperte ed includenti alle quali hanno partecipato consulte regionali e istituzioni regionali dell’emigrazione. Una unità non contraddetta da diversità ha consentito una piattaforma di proposte che vale oggi e varrà domani quale che sia l’interlocutore governativo o regionale. Leggiamo:le associazioni sono attraversate da “egoismi di parte”?. A noi sembra che le associazioni da quelle regionali e locali a quelle nazionali, all’estero ed in Italia esprimano piuttosto grande altruismo , ansia di solidarietà sociale , di dare e non di ricevere. Le associazioni sono molto più aperte dei ristretti gruppi dirigenti di partiti che non ci consentono da anni di scegliere i candidati , che confondono il decisionismo con la governabilità, che sono equidistanti fra capitale e lavoro, che hanno come problema primario quello di durare e non quello di cambiare la società. Senza supponenza, sommessamente l’invito rivolto a tutti è di riflettere ulteriormente sulle associazioni e di essere più generosi di quanto non lo sia stato l’amico Marco Fedi nella sua risposta a Rodolfo Ricci.

 

 

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