4520 CGIE: Mauro Montanari (Germania) su detrazioni fiscali per residenti all’estero

20080308 15:55:00 redazione-IT

ROMA – Detrazioni fiscali per carichi di famiglia per residenti all’estero. Su questa tematica il consigliere Mauro Montanari (Germania), vice presidente della Commissione Informazione e Comunicazione del CGIE ha incentrato il suo intervento oggi in Assemblea.
Di seguito il testo dell’intervento.

Gentili signore e signore, colleghi consiglieri,
cerco di intervenire brevemente per richiamare la vostra attenzione su una questione che può diventare spiacevole, soprattutto per connazionali che risiedono in Paesi ad di fuori dell’Unione Europea e che sono soggetti a detrazioni di imposta per carichi di famiglie per redditi che ricevono in Italia.

Si tratta in primo luogo di pensionati, ma anche di altri che ricevono a diverso titolo provvigioni.

Come sapete, la legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) al comma 1324 dell’art. 1 riconosce ai soggetti non residenti, nel triennio 2007-2009, il diritto di detrazioni fiscali per carichi di famiglia. Col decreto del ministero dell’Economia n.ro 149, del 2 agosto 2007, art. 1 e 2, si elencano le documentazioni che gli interessati devono presentare a tal fine.

L’art. 1 prevede che soggetti residenti in uno Stato membro della Unione Europea -o in uno Stato aderente al cosiddetto Spazio Economico Europeo- possono rilasciare una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà attestante:

a) il grado di parentela del familiare per il quale intendono fruire della detrazione,

b) che il familiare in questione possiede un reddito complessivo, riferito all’intero periodo di imposta, non superiore a 2840 euro. Si intende al lordo degli oneri deducibili e complessivo anche degli eventuali redditi prodotti al di fuori dello Stato di residenza. Quindi

c) il non godimento in qualche altro Paese di benefici fiscali relativi ai carichi di famiglia.

Come forse sapete, gentili colleghi, il comma 1324 dell’art. 1 della legge finanziaria citata è stato unificato con il comma 1325, stesso articolo, che riguarda i cittadini extracomunitari residenti nella Unione Europea.

Perché questo sia avvenuto è ignoto ai più, me compreso. Tuttavia, per le conseguenze che questo fatto può avere, è stata posta una interrogazione interpretativa anche all’Agenzia delle Entrate. L’oggetto dell’interrogazione era proprio questo, lo citiamo per intero:

Interpretazione dell’articolo 2 del regolamento approvato con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n.ro 149, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.ro 210 del 10 settembre 2007- italiani residenti in Paesi extracomunitari. Documentazione per fruire della detrazione per carichi di famiglia.

In data 8 gennaio 2008 l’Agenzia delle Entrate così rispondeva.

“Si sottolinea che i soggetti residenti in tali Paesi non possono valersi dell’autocertificazione ai fini della detrazione per carichi di famiglia. In particolare, per quanto concerne le certificazioni dei redditi, al fine di provare che le persone a carico non possiedono redditi eccedenti il limite previsto, e di provare che il richiedente stesso non gode nel Paese di residenza di alcun beneficio connesso ai carichi di famiglia, è necessaria la certificazione proveniente dall’autorità fiscale del Paese di residenza debitamente tradotta e legalizzata.

Vuol dire, se capisco bene, gentili colleghi, che un connazionale residente negli Stati Uniti d’America o in altro Paese in cui l’autorità fiscale è particolarmente esigente, per ottenere le detrazioni fiscali a cui ha diritto in Italia, deve chiedere una certificazione alla stessa autorità fiscale. L’effetto è non solo che a questo concittadino viene sottratto il beneficio dell’autocertificazione e quindi del diritto alla parità di trattamento con il connazionale residente nella Unione Europea. Gli effetti potrebbero essere però anche molto più spiacevoli, in pratica una sorta di obbligo alla autodenuncia. Mi spiego.

Tra tutti i Paesi esistono accordi bilaterali che regolano le questioni fiscali. Quando l’Amministrazione italiana applica in maniera errata questi accordi, prelevando le imposte e accantonandole in Italia invece di versarle, come sostituto di imposta, allo Stato –mettiamo canadese o statunitense- come previsto dagli accordi in questione, crea un errore fiscale e costringe il connazionale, per avere le detrazioni fiscali in Italia, ad autodenunciarsi. Alcuni direbbero: viene costretto a “svegliare il can che dorme”.Vi ringrazio per l’attenzione (Mauro Montanari)

 

 

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