4605 Cesidio Celidonio (Sinistra Arcobaleno – Svizzera): Alcune proposte su scuola, lingua e cultura

20080319 11:11:00 redazione-IT

Di fronte all’avanzata dell’inglese come “lingua franca” e prima lingua di studio, mancano in tutti i paesi europei politiche attive e di ampio respiro a tutela e promozione del pluralismo linguistico come elemento caratterizzante dell’identità dell’Europa. In questo quadro anche l’italiano appare in difficoltà. Non tanto come lingua di rango culturale, ma in quanto presente in misura sempre più ridotta nei curricula scolastici e negli studi universitari. La nostra lingua subisce forse più di altre le conseguenze di processi politico-culturali connessi all’attuale indirizzo della globalizzazione. Ma credo che scontiamo anche l’assenza di una politica strategicamente orientata nei vari settori che concorrono alla promozione e alla diffusione della nostra lingua.

Si tratta di un dato per alcuni versi storico, ma che negli ultimi anni è diventato più evidente. È un fatto che le politiche dei vari governi, soprattutto quelli di centrodestra, al di là dei richiami retorici al patrimonio storico e culturale dell’Italia, non abbiano prodotto alcun intervento significativo per potenziare e qualificare la promozione della lingua italiana in Europa, anche laddove disponiamo di un potente elemento moltiplicatore costituito dalle nostre comunità da decenni radicate in importanti Paesi europei. Provo ad esprimere a questo proposito alcune mie idee e alcune proposte, partendo dalla mia esperienza di insegnamento in Svizzera.
La promozione della lingua e della cultura italiana in Europa necessita di politiche complesse e di lungo respiro, in grado di “fare sistema”. Politiche che sappiano quindi creare sinergie tra tutti i comparti fondamentali del sistema: informazione e comunicazione, in particolare quella televisiva, interventi delle scuole e delle diverse iniziative scolastiche integrate o inserite nelle istituzioni scolastiche locali, la promozione culturale e tutti i suoi attori istituzionali e associativi, gli scambi universitari, la stessa ricerca. Nello stesso tempo politiche che – ferma restando la centralità dell’intervento pubblico – regolamentino e coordinino secondo obiettivi comuni i diversi soggetti gestionali (enti, fondazioni e associazioni) impegnati nella promozione della lingua e della cultura.
In questa intelaiatura la scuola e i diversi interventi di sostegno e di integrazione quali i corsi o i progetti bilingue costituiscono una componente fondamentale, in quanto la cura della lingua a livello scolastico è fattore di qualità e di radicamento nelle conoscenze, crea l’humus per un interesse adulto e maturo allo studio dell’italiano. Vi è bisogno quindi di una riforma dell’intero settore: una riforma che può anche passare attraverso provvedimenti graduali e una pluralità di interventi normativi, ivi comprese le norme contrattuali che regolamentano funzioni e profili del personale. Un punto fermo della riforma, evidenziato bene nel Programma della Sinistra-l’Arcobaleno è l’attribuzione di ampie competenze, anche operative, al Ministero della Pubblica Istruzione. Le coordinate su cui si può articolare una riforma organica si possono sintetizzare nei seguenti punti:
l La valorizzazione delle comunità italiane all’estero come fattore determinante per la promozione dell’immagine, della lingua e della cultura del nostro Paese. L’interesse delle seconde e terze generazioni per la riscoperta delle proprie radici, nello sviluppo di identità sempre più complesse e ricche, è una leva importante per favorire l’apprendimento dell’italiano. Per questo l’Italia ha molto da guadagnare se mette in campo interventi volti a salvaguardare, potenziare e qualificare nella loro dimensione scolastica le varie iniziative destinate alle collettività residenti in Europa. Da qui la centralità dei corsi di lingua e cultura, dei progetti e delle sperimentazioni bilingue, delle attività di sostegno: vale a dire quel complesso di interventi integrati o comunque inseriti nei sistemi scolastici locali, spesso visti come la cenerentola della politica scolastica all’estero, ma considerati, nei sistemi dei paesi ospitanti, fattore di equilibrio e di ricchezza sul piano culturale e supporto ai processi di integrazione. Molto vi è da fare nel settore dei corsi e dei progetti bilingue: da un più mirato e funzionale impiego del personale comandato dal MAE, alla regolamentazione delle assunzioni e del trattamento contrattuale del personale locale, alla definizione di un rapporto chiaro, nell’ottica del sistema integrato, con i soggetti che, nella veste di enti o associazioni operano nel settore del riconoscimento dei titoli e delle valutazioni, alla disciplina delle certificazioni.
l La modernizzazione della rete delle scuole che integri l’attuale localizzazione, rimasta ferma per lo più all’epoca fascista e alla logica delle alleanze di quell’ epoca. Occorre, attraverso una negoziazione fondata sulle politiche di interscambio, cominciare a costruire una presenza che tenga conto delle diverse aree strategiche dell’Europa e dei nuovi scenari aperti dall’allargamento ad Est dell’UE. Occorre inoltre una politica che incentivi la riqualificazione dei nostri modelli didattici ed organizzativi, portandoli sul terreno di un bilinguismo avanzato e quindi di una sempre più marcata apertura ad una utenza multiculturale.
Sia per il settore delle scuole che per i corsi si pongono due problematiche cruciali:
1. Il rapporto con i molteplici soggetti privati che gestiscono gran parte delle iniziative attualmente funzionanti all’estero La leva dei contributi e dei finanziamenti, l’impiego di personale docente di ruolo, la concessione della parità non può essere utilizzata in modo discrezionale e al di fuori di ogni valutazione sulla qualità, bensì va utilizzata sulla base di criteri oggettivamente definibili e soprattutto come strumento di incentivazione all’innovazione organizzativa e didattica.
2. L’estensione a tutte le istituzioni scolastiche, quindi anche ai corsi, dell’Autonomia gestionale, didattica, organizzativa, in grado di esaltare la peculiare progettualità delle singole istituzioni scolastioche, in un rapporto diretto con il Ministero della Pubblica Istruzione.
La rinegoziazione con i Paesi della UE di spazi riconosciuti per la promozione della lingua italiana nell’ambito dei curricula della scuola locale. Spazi da ricavare in un’ottica di scambi e da coordinare con gli interventi svolti dallo stesso Ministero della Pubblica Istruzione nel campo delle relazioni interculturali. Occorre esercitare ben altro peso politico per avviare su questo terreno trattative in grado di strappare qualche risultato, rivendicando la effettiva applicazione delle direttive europee e degli indirizzi dell’UE sull’apprendimento di almeno due lingue europee. Occorre al tempo stesso una politica di incentivi forti allo studio dell’italiano anche al di fuori dell’ambito delle nostre collettività. A tale proposito è interessante considerare la prospettiva dei sempre più consistenti flussi migratori dall’Est europeo verso il nostro Paese e quindi la necessità di accompagnarli con adeguati interventi di sostegno linguistico.
La necessità di riqualificare la politica del personale perseguendo tre obiettivi: in primo luogo l’impiego di procedure di mobilità che favoriscano, attraverso un più rigoroso accertamento linguistico, l’invio in Europa di docenti, dirigenti, personale amministrativo altamente qualificati e in grado di affrontare con adeguata professionalità il rapporto con istituzioni scolastiche di altri Paesi. È forse il caso a questo proposito anche di rivedere, pur nell’ambito di un principio di rotazione, i tempi di permanenza all’estero per favorire un’effettiva progettualità sul territorio. In secondo luogo occorre fornire un quadro di regole per l’assunzione di personale in loco, superando l’attuale situazione di discrezionalità e l’assenza di riferimenti contrattuali per tale personale. In terzo luogo vanno individuati, anche sul terreno contrattuale, raccordi e specificazione dei profili per favorire una compresenza feconda tra personale MAE e quello assunto in loco.
Una riorganizzazione del sistema che metta al centro le istituzioni scolastiche autonome, che concretamente determini la possibilità di raccordare nell’ambito dell’Ufficio scolastico la pluralità degli interventi che si svolgono sul territorio. Un modello di riferimento interessante potrebbe essere quello dei Centri Territoriali Permanenti che in Italia svolgono gli interventi formativi verso gli immigrati
Di fronte a queste linee, che partono dall’ambizione di riqualificare ed estendere gli interventi in campo scolastico in Europa, appare limitata e improntata ad una logica di totale “esternalizzazione”, l’ipotesi di riforma dell’on. Narducci (pd), che per altro stride con altre proposte presentate dai suoi stessi colleghi di partito. Il disegno di legge dell’on. Narducci prefigura la cessione dei corsi di lingua e cultura completamente a soggetti locali, determinando di fatto lo scorporo di queste iniziative scolastiche dal sistema scolastico nazionale. Io credo che in Europa, proprio nell’ottica di un plurilinguismo che salvaguardi la lingua italiana, i corsi debbano mantenere l’impronta scolastica di attività curriculare. Per questo la presenza di docenti che facciano da collegamento con la scuola italiana costituisce un importante punto fermo. Per altro la proposta dell’on Narducci viene presentata come contributo al superamento della sperequazione tra personale di ruolo e quello degli enti. In realtà nel testo si prevedono per i docenti assunti in loco contratti “di tipo privato”. Quindi il problema della precarietà resterebbe per questo personale del tutto inalterato. Io sono ancora oggi del parere che la via per una dignitosa collocazione giuridica e contrattuale passi attraverso l’assunzione da parte degli Uffici scolastici.

Cesidio Celidonio

 

 

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