4590 IL MANIFESTO – Secondo giro di elezioni per gli italiani all'estero: Caselli, dai golpisti al Pdl

20080315 15:22:00 redazione-IT

Tra i candidati spicca il nome di un uomo d’affari legato alla dittatura argentina. Dopo il fascista Ciarrapico, un altro personaggio ingombrante per Berlusconi e Fini
Ex ambasciatore presso la Santa Sede, e funzionario durante il regime. La sua testimonianza inguaiò Menem su un traffico d’armi. Contro di lui l’ex ministro Domingo Cavallo

– Mirella Giai: La «compagna» d’Argentina
– Giovanni Sgrò: L’italiano d’Australia
– Emanuele Filiberto: Il principe corre da solo
– Luigi Pallaro: Il senador indipendente

di Eleonora Martini (da il Manifesto del 13 marzo 2008)

Personaggi neri in Italia ed eminenze grigie all’estero. L’elenco dei candidati "discussi" presentati dal Popolo delle libertà si allunga se si vanno a sbirciare le liste presentate dall’altra parte dell’Atlantico, agli italiani residenti in terra argentina per il voto nella circoscrizione estero. Dopo Ciarrapico, il fascista, spunta ora il nome di Esteban Juan Caselli, detto «Cacho», ma anche «il vescovo» per le sue frequentazioni. Ex ambasciatore argentino in Vaticano durante il governo di Menem dal ’97 al ’99 e funzionario durante la dittatura dei generali Viola e Bignone, nel giugno del 1997 Caselli fu accusato dall’ex ministro dell’economia, padre liberista della moderna finanza argentina Domingo Cavallo di aver costituito «una rete di protezione giuridica che dava appoggio locale agli autori dell’attentato contro la sede dell’Associazione di mutua assistenza israelo-argentina (Amia) di Buenos Aires» avvenuto il 18 luglio 1994 e che causò la morte di un’ottantina di persone e il ferimento di un centinaio. A ricordarlo è stato ieri Luciano Neri, uno dei responsabili del Coordinamento nazionale del Pd per gli italiani nel mondo, che ha chiesto a Berlusconi di ritirare dalle liste il nome di «Cacho» per «favorire candidature etiche». L’ex ambasciatore Caselli due giorni fa avrebbe anche rivelato al quotidiano argentino Critica di avere avuto l’offerta del seggio al Senato «da Berlusconi in persona».
«Sulla cospicua eredità che gli avrebbe lasciato un ufficiale dell’aviazione militare, Miguel Cardalda, di cui era autista – racconta Luciano Neri – sono state riempite pagine e pagine da giornalisti e scrittori fra i quali l’attuale deputato Miguel Bonasso, autore di "Don Alfredo", e Olga Wornat, autrice di Nuestra Santa Madre». In patria parlano di un patrimonio accumulato che si aggirerebbe attorno agli 800 milioni di dollari. «L’ex ministro Cavallo – continua Neri – ha esplicitamente incluso l’aspirante senatore italiano Caselli in una "mafia" legata ad Alfredo Yabran, personaggio collegato tra l’altro all’uccisione di Josè Luis Cabezas, fotografo del settimanale politico argentino Noticias. Yabran, attualmente scomparso, è stato considerato anche "prestanome eccellente" dell’ex presidente Menem». I rapporti personali tra Menem e «il vescovo», come lo chiamavano i giornali di opposizione, si sono deteriorati quando è esploso l’affaire del traffico d’armi vendute illegalmente alla Croazia durante la guerra con la Serbia e all’Ecuador durante il conflitto con il Perù. Le indagini coinvolsero anche al Casa Rosada e, grazie alla testimonianza di Caselli, coinvolto nell’inchiesta, il presidente Menem finì agli arresti. «Cacho», vicino al cardinale Angelo Sodano, ha buoni rapporti con la parte più conservatrice della chiesa argentina e pessimi con i più progressisti perché nel suo tessere legami tra la Casa Rosada e il Vaticano ha spesso accuratamente tenuto fuori molti vescovi locali. Come nel ’98, quando durante la visita di Giovanni Paolo II a Buenos Aires organizzò solitariamente l’ennesimo incontro tra il Papa e il presidente. Il suo circolo di potere non è estraneo al siluramento di molti vescovi progressisti: l’ultimo, Maccarone, sarebbe stato "fatto fuori" consegnando direttamente al Vaticano il video di un rapporto sessuale tra il vescovo e un giovane ragazzo. Senza dubbio, insomma, un’altra candidatura che «serve» al Cavaliere «per vincere». Anche se, a ben guardare, il personaggio è visto come fumo negli occhi dall’attuale governo di Cristina Kirchner che probabilmente farà di tutto per contrastare la candidatura.
Ma le sorprese nelle liste dei candidati del Pdl riservati ai 3.649.000 italiani iscritti alle liste dell’Aire, non finiscono qui. Nella ripartizione Europa ad esempio – una delle quattro in cui viene ripartita la circoscrizione estero secondo la legge Tremaglia – il deputato uscente Massimo Romagnoli, proveniente da Glyfada, una delle zone residenziali di Atene, il cui nome fino a un mese fa era addirittura indicato come papabile ministro degli italiani all’estero in caso di vittoria del Pdl, è stato relegato invece al decimo posto della lista per la Camera. Al suo posto come capolista c’è invece il leghista Giuseppe Learco Plebani, già candidato alle scorse elezioni senza alcun successo. Nel centrodestra parlano di «errore», ma forse confidano nel fatto che all’estero gli elettori possono indicare la preferenza, vigendo per la Camera il sistema strettamente proporzionale. Di certo dovranno fare i conti anche con l’Udc che nella ripartizione America settentrionale presenta alla camera lo statunitense Massimo Seracini, che potrebbe sedurre l’elettorato cattolico fedele al deputato uscente Salvatore Ferrigno, inspiegabilmente non riconfermato nel Pdl.
D’altra parte la sorpresa che riservarono gli italiani residenti all’estero alle elezioni politiche del 2006 nessuno l’ha dimenticata. Perciò nessuno vuole perdere l’occasione di un voto che potrebbe ancora una volta risultare decisivo. Eppure in entrambi gli schieramenti le previsioni più gettonate danno una sostanziale parità, 6 deputati. Voce però già circolata anche nel 2006, fino al clamoroso risultato che vide l’Unione aggiudicarsi otto deputati e quattro senatori contro i quattro e uno del Polo. L’errore allora fu tutto della coalizione di centrodestra che non riuscì a tenere a bada il senatore Mirko Tremaglia e la sua personale lista. La tenuta della coalizione di centrosinistra invece premiò l’Unione anche se, con la vittoria in tasca, i democratici rivendicavano di aver semplicemente raccolto quanto seminato in «trent’anni di lavoro con gli emigranti italiani nel mondo». Il panorama questa volta è completamente diverso, più simile a quello delle altre circoscrizioni. «Eppure se non si riconosce la specificità del voto all’estero non capisci nulla di come andranno queste elezioni», spiega Norberto Lombardi, altra colonna portante del Coordinamento Pd italiani nel mondo. Loro, dicono, ci hanno provato a fare un accordo con le altre forze di sinistra: «Potevamo giocare un’asimmetria politica all’estero, fermo restando la specificità italiana», spiega Lombardi. Non ci sono riusciti. E così oggi i loro candidati sono "minacciati" dalla presenza delle liste della Sinistra arcobaleno (che non si presenta in Nordamerica), di Sinistra critica (solo in Europa), ma anche e forse soprattutto da quelle di Luigi Pallaro e Ricardo Merlo in Sudamerica. In particolare, a turbare i sogni dei democratici è la lista Movimento Associativo Italiani all’ Estero, l’ultima invenzione dell’argentino Merlo, il candidato più votato in tutta la circoscrizione durante la scorsa tornata elettorale, quando era capolista alla camera sotto il simbolo di «Pallaro senador». I due hanno litigato forse perché in Pallaro ribolle un’anima troppo conservatrice. Nelle liste di Merlo c’è una candidatura importante, quella più inquietante per il Pd: l’argentina Mirella Giai, che nel 2006 era capolista al senato per l’Unione e in un primo momento venne data per eletta. Nel riconteggio finale però venne scavalcata per pochi voti dal brasiliano Edoardo Pollastri (confermato quest’anno dal Pd, in coppia con la deputata uscente di Caracas Mariza Basile). La cosa non andò giù a Mirella Giai e così, dopo aver tentato inutilmente ricorso, ora ha deciso di passare alla concorrenza. Per il resto, le liste dei democratici non riservano grandi sorprese: tante riconferme e una sola new entry, la 29enne di Johannesburg Romina Crosato. Molto malumore invece per l’esclusione in Nord America del deputato Giovanni Rapanà, di Montreal, che alle scorse elezioni aveva ottenuto più voti di Gino Bocchino, canadese anche lui ma di Toronto, confermato capolista alla camera. Malgrado il tempo decisamente tiranno in questa tornata elettorale, anche la Sinistra arcobaleno ce l’ha fatta a presentare le liste quasi ovunque. In Europa ripropongono il deputato verde uscente Arnoldo Casola, mentre in Sudamerica puntano su esponenti dell’estrema sinistra uruguaiana, venezuelana, brasiliana e argentina. Infine al senato in Oceania, l’australiano Giovanni Sgrò, storica figura dell’emigrazione. Un nome d’eccezione.

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Mirella Giai: La «compagna» d’Argentina

La seconda volta di Mirella Giai. In questa tornata elettorale è in lizza nella lista «Movimento Associativo Italiani all’Estero» dell’onorevole Ricardo Merlo e non nell’Unione, come due anni fa. Nel 2006, infatti, l’ex diessina fu data come eletta fino a quando, dopo un secondo conteggio, risultò seconda rispetto a Edoardo Pollastri, per una manciata di voti. Giai sostenne che il nuovo conteggio era stato frutto di una operazione di «riequilibrio interno» nelle forze dell’Ulivo, dando a un margheritino il seggio che sarebbe spettato a lei. Nata a Pinerolo nel 1929, pronipote, nipote e figlia di emigrati in Argentina, Giai è sbarcata nel porto di Buenos Aires dopo la seconda guerra mondiale insieme alla sua famiglia. Il suo bisnonno è stato uno dei protagonisti della pampa gringa, aiutando a far diventare l’Argentina d’allora «il granaio del mondo».

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Giovanni Sgrò: L’italiano d’Australia

Si presenta ora con la Sinistra arcobaleno nella circoscrizione Africa, Asia, Oceania e Antartide in Senato. Giovanni Sgrò è uno degli italiani più famosi d’Australia. Partito dalla Calabria nei primi anni ’50 come imbianchino, diventa in poco tempo vice presidente del Senato australiano. Nel 1952 organizza addirittura una sommossa a Bonogilla, (400 chilometri a nord-ovest di Sydney) per protestare contro le pesanti condizioni di vita a cui erano sottoposti gli stranieri in Australia. Una vita che è stata un’avventura, e qualcuno pensò perfino di farne un film. Conosciuto come uno dal carattere forte e deciso, fece scalpore quando nel giorno dell’insediamento alla vice presidenza del Senato australiano pronunciò il suo primo discorso ufficiale in lingua italiana, dicendo: «Sono qui a rappresentare milioni di persone, gli italiani, che sono la colonna vertebrale di questo continente».

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Emanuele Filiberto: Il principe corre da solo

Anche Emanuele Filiberto scende in campo. Il rampollo di casa Savoia si candiderà alla Camera dei deputati nella lista «Valori e Futuro» nella circoscrizione Europa. Nessun apparentamento, il principe corre da solo, lontano dalle coalizioni. Solo lui, uno contro tutti, per affermare i valori della famiglia, della tradizione, della religione cattolica e per accentuare il bisogno di cambiamento. Chiede consensi agli italiani che vivono all’estero dei quali dice di conoscere meglio i problemi («perché sono stato emigrato anche io») e possiede già le ricette per risolverli. Il suo movimento si trasformerà presto in un partito. Lo slogan c’è già: «Crediamo nell’Italia e nel suo futuro!». E una promessa: «Non voglio chiedere una lira all’Italia e agli italiani. Amo questo Paese, sono felice di essere in Italia, anzi adesso voglio fare di più se me lo lasceranno fare».

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Luigi Pallaro: Il senador indipendente

Luigi Pallaro si ripresenterà nella circoscrizione America latina in Senato con il suo movimento «Associazioni Italiane in Sud America». Nelle elezioni di due anni fa, è stato il parlamentare in assoluto più votato tra i 18 deputati e senatori ottenendo ben 84.507 preferenze che gli aprirono le porte di Palazzo Madama. Appena eletto affermò che «avrebbe dato il voto di fiducia alla coalizione vincente» (in quel caso all’Unione) in quanto «non possiamo permetterci il lusso di andare all’opposizione». E così fece. Prodi lo ringraziò, e dovette farlo parecchie altre volte, con il voto del senadur molto spesso decisivo per far rimanere a galla il governo di centrosinistra. Il giorno della caduta del professore, però, Pallaro rimase nella sua casa a Buenos Aires, ma il suo voto non risultò decisivo. Ora ci riprova confermando la sua «totale indipendenza dai vari schieramenti» e pensando solo «agli interessi delle comunità sudamericane».

 

 

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