4767 FMI:Vende 400 tonnellate d'oro per far cassa

20080409 13:27:00 redazione-IT

Tito Pulsinelli www.selvas.org

Il Fondo Monetario Internazionale Internazionale (FMI), lunedì scorso ha deciso di mettere in vendita 400 tonnellate d’oro stivate nei suoi forzieri, e di licenziare 380 dipendenti. Il FMI ha bisogno di fare cassa, immediatamente: la crisi in cui si dibatte da vari anni è seria, e non può più giocare a nascondino, o gingillarsi con dichiarazioni ad hoc cui non credono più nemmeno i monopoli mediatici.
Il bilancio del FMI presenta numeri in rosso perchè è rimasto senza clienti; è diventato un organismo prescindibile perchè esistono altre fonti di finanziamento alternative, più vantaggiose per gli Stati.

Sostanzialmente, l’aumento del prezzo delle materie prime, del petrolio-gas, ed ultimamente anche dei cereali ed alimenti, ha generato flussi finanziari consistenti dai grandi centri industrializzati verso la periferia e i Paesi in via di sviluppo.

Questi erano i clienti-forzati del FMI, cui dovevano sottostare, arrendendosi all’inequitativo scambio di capitali a cambio di sovranità economica, fiscale, commerciale, monetaria ecc. Il FMI esercitava apertamente l’usura internazionale a favore del mondo industrializzato: Borsa di New York, Londra e G8.

Dominique Strauss-Kahn, boss del FMI, ha spiegato la decisione di vendere i gioielli di famiglia, con queste parole vagamente umoristiche. "Abbiamo deciso di sostituire un modello obsoleto di entrate, con un altro più moderno e prevedibile, in sintonia con con le altre istituzioni finanziarie internazionali…".

Mentre la Cina, l’India, la Russia, l’Iran e il Venezuela (tra gli altri) diversificano le proprie riserve nazionali sbarazzandosi dei dollari, vendeno il petrolio possibilmente in euro, e comprano oro, il FMI è costretto a vendere l’oro.

Con l’approdo-forzato alla modernità -cioè con la vendita dei lingotti- il FMI prevede di fare una cassa di 11 miliardi di svalutati dollari, da usare in un fondo di investimenti. "Abbiamo preso una decisione difficile ma necessaria, per eliminare un deficit e dare una base sostenibile alle finanze del FMI" ha concluso mestamente Strauss-Khan.

La vendita dello stock aurifero è un segno dei tempi. Un altro segnale della crisi terminale del neoliberismo e del mito della globalizzazione, che si abbina al declino del dollaro come mezzo di scambio internazionale, e alla crisi inoccultabile di Wall Street. Ossia alla diminuita capacità del sistema-USA di drenare ricchezza dal mercato globale per finanziare il proprio incontrollabile deficit.

Strauss-Khan ha praticamente confessato che una delle istituzioni disegnate a Bretton Woods sul finire della seconda guerra mondiale dagli "architetti" occidentali, ha compiuto la sua funzione e non ha più spazio in un mondo dove gli Stati Uniti non producono più la metà dei beni che circolano nel pianeta.
Ci sono altri attori globali ad aver determinato un’altra relazione di forze che ha messo fine alla breve stagione dell’egemonismo unipolare, che non può rivivere neanche a costo di spaventose guerre globali verso il Santo Graal eurasiatico, e i suoi immensi giacimenti di idrocarburi.

Lo capiranno lo elites europee? Per ora no, preferiscono cullarsi nel miraggio prussiano di far rivivere con gli argomenti della NATO lo sfumato egemonismo "occidentale". Sulle "invasioni umanitarie" è solidale anche la classe politica che finora rappresentava un’alternativa spettacolare. Come pure nell’affrontare la nuova realtà multipolare con la fiction degli "Stati Uniti Occidentali", cioè la falange delle elites della anglosfera+Europa+Israele riunificate sotto le bandiere di una NATO che si prefigge di surrogare o neutralizzare rapidamente i supestiti organismi internazionali, a cominciare dall’ONU.

Per finire, 945 miliardi di dollari sarebbe il costo della crisi finanziaria secondo le ottimistiche previsioni del FMI; di cui 565 sono ascrivibili ai crediti ipotecari delle banche degli Stati Uniti. Quanti ne hanno sacrificati finora i guru del Banco Centrale Europeo (BCE) nell’operazione-salvataggio? Bush, invece, ha speso invano 3 milioni di milioni di dollari senza poter metter mano sul petrolio iraqeno.

Tito Pulsinelli

 

 

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EmiNews 2008

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