4751 SILVANA MANGIONE: «Chi controllerà che i controllori controllino?»

20080404 20:11:00 redazione-IT

«Chi controllerà che i controllori controllino?», si domandava Bertolt Brecht. Infatti le leggi e i regolamenti, che assegnano a questa o quella categoria di servitori dello Stato il compito di controllare che i precetti normativi vengano rispettati, non prevede poi una “superiore” verifica che il controllo venga esercitato appieno. Ci si affida dunque al senso di “servizio”, che ancora esiste nell’animo di coloro che – pubblici ufficiali – hanno davvero a cuore l’obbligo di proteggere i diritti dei cittadini garantendo correttezza e, più di tutto, uguaglianza di trattamento nei confronti di chi riveste qualunque tipo di carica, in base alla quale esercita una qualunque misura di potere. Siamo in piena fase elettorale.

Mai come ora è fondamentale che tutti i comportamenti, da parte di chi ha il dovere per legge o per regolamento di controllare, siano ispirati all’esigenza imprescindibile che le norme vengano rispettate. Per quanto riguarda noi, italiani all’estero, è forse ancora più importante che le consultazioni si svolgano nel clima della massima trasparenza, per garantire che il voto sia «personale ed eguale, libero e segreto», come stabilisce la Costituzione all’articolo 48, secondo comma. «Il voto è uguale, cioè ha lo stesso valore da chiunque sia dato, ricco o povero, colto o analfabeta», scrive il costituzionalista Giovanni Conserva. E Norberto Bobbio, nel Dizionario di politica dell’UTET, sotto la voce “Democrazia”, spiega: «tutti gli elettori devono essere liberi di votare secondo la propria opinione, formatasi quanto è più possibile liberamente, cioè in una libera gara di gruppi politici che competono per formare la rappresentanza nazionale» e aggiunge: «debbono essere liberi anche nel senso che debbono essere posti in condizione di avere delle reali alternative (il che esclude come democratica una qualsiasi elezione a lista unica e bloccata)». Le consultazioni elettorali per il rinnovo del Parlamento italiano, che coinvolgono gli italiani all’estero, hanno visto la presenza di più liste concorrenti le une con le altre, con un’offerta variata di programmi e persone fra cui gli elettori fuori d’Italia possono scegliere. Liberamente. Davvero liberamente? Speriamo di sì. E proprio su questo desideriamo tutti che venga esercitato il massimo controllo da chi gestisce le fasi e gli aspetti concreti delle consultazioni all’estero. Non vogliamo alimentare i falò di chi non aspetta altro che avere elementi per denigrare lo svolgimento delle elezioni all’estero per creare un movimento teso a far modificare la Costituzione all’incontrario, cancellando la nostra conquista: l’esercizio del diritto di voto in loco con elezione di nostri rappresentanti diretti, residenti nelle nostre ripartizioni elettorali. Stranamente (…o no?) finora si è parlato di brogli soltanto con riferimento alle tre ripartizioni extraeuropee. Come se la distanza dal centro, il progressivo allontanarsi nella “periferia dell’Impero”, avesse la forza di farci ignorare le leggi della democrazia. Chi sta al centro dell’Impero – e non ci conosce – dimentica che noi viviamo in paesi in cui la democrazia è particolarmente matura oppure in paesi in cui la nostra gente ha sacrificato la vita per proteggerla oppure ancora in paesi in cui una democrazia emergente lotta per ottenere – appunto – la massima trasparenza e uguaglianza. Siamo dunque tutti noi – italiani extraeuropei – impegnati, proprio come gli italiani in Europa, nell’ottenere, sostenere, difendere la democrazia con tutti i mezzi a nostra disposizione. A questo fine vogliamo che i controllori controllino, prima di tutto il rispetto delle leggi italiane. Sì, italiane, perché stiamo votando per eleggere i nostri rappresentanti al Parlamento italiano. E quindi, prima fra tutte, la legge sulla par condicio, che tende ad impedire che coloro che possiedono, dirigono, gestiscono uno o più mezzi di informazione, giornali, giornaletti, notiziari, foglietti, fogliacci, radio, radioline, programmi, programmucci, programmetti radiofonici o televisivi, portali, siti, blog e così via, possano usarli a loro fini personali, per l’elezione propria o di chi sostengono, con dichiarazioni non accompagnate dall’avvertimento: «si tratta di pubblicità elettorale» di questo o quel partito, di questo o quel candidato o candidata. Una volta indette le elezioni, l’ambasciatore d’Italia a Washington ha convocato d’urgenza la riunione Consoli, CGIE. Com.It.Es. degli USA, in modo che Presidenti di Com.It.Es. e Consiglieri del CGIE potessero offrire i propri suggerimenti e fare le proprie richieste ai Consoli. Non si tratta di indicazioni cogenti. I nostri pareri non sono vincolanti, ma hanno certamente un notevole valore politico (non partitico, capiamoci bene). Odio – lo sapete – parlare in prima persona, ma stavolta mi corre l’obbligo di informarvi che ho posto pubblicamente una serie di questioni etico–legali, che vi elenco qui di seguito. La prima è quella per cui i candidati proprietari, direttori o gestori di mass media e notiziari si astenessero dallo scrivere e dal comparire sui rispettivi strumenti di comunicazione di massa per tutta la durata della campagna elettorale, se non in condizioni di par condicio. Non è successo e non sta succedendo. Ed è male. Molto male. La seconda è che i candidati Presidenti di Com.It.Es. si dimettessero dalla carica. Lo ha fatto soltanto il Presidente del Com.It.Es. di Toronto (Canada), che ovviamente non era presente alla nostra riunione, ma ha maturato autonomamente la decisione di evitare qualunque possibile accusa di aver adoperato la propria carica per ottenere vantaggi non disponibili ad altri. La terza è che tutti coloro che per la propria posizione possono esercitare notevole influenza sui votanti (direttori di patronati di tutti i colori dell’arcobaleno, Consoli, Vice Consoli di carriera od onorari, corrispondenti consolari, Presidenti di Com.It.Es. non candidati e così via) non dichiarassero pubblicamente le proprie scelte esortando o costringendo coloro con cui sono in contatto a votare per una particolare lista o persona. In alcuni casi questo non sta succedendo. Ed è male. Molto male. Perché il giorno dopo la pubblicazione dei risultati delle elezioni, se – come nel 2006 – i nostri eletti al Senato consegneranno la maggioranza a questo o quel partito, i commentatori che non ci amano, quelli che ci considerano un peso, quelli che ci schifano, quelli che vorrebbero privarci dei nostri pieni diritti di cittadinanza, avranno facile campo ad accusare le elezioni all’estero, in particolare quelle extraeuropee, di illegalità, brogli e attacco alla democrazia. Per favore, ve ne prego con tutta la forza e l’anima, chi ha il dovere, per legge, di controllare CONTROLLI e INTERVENGA, prima che sia troppo tardi e il danno irreparabile sia fatto. Anche perché chi dovesse, egoisticamente e sprezzantemente, avvalersi della propria posizione per ricavarne un indebito vantaggio potrebbe vedersi denunciare alle autorità competenti in Italia e potrebbe (se eletto) vedersi negare la convalida dell’elezione, con ulteriore danno all’immagine degli italiani all’estero.

 

 

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EmiNews 2008

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