4949 I Rom rubano bambini? ''Una bufala''

20080514 16:17:00 redazione-IT

Così Marco Nieli, presidente dell’Opera Nomadi di Napoli, sul caso del presunto rapimento della bambina di sei mesi a Ponticelli. ”E’ un linciaggio scatenato dai media. Tanti casi si sono sgonfiati come neve al sole”
* Rom, non esiste un modello europeo d’integrazione

NAPOLI – Una condizione psicotica di massa: così Marco Nieli, presidente dell’Opera Nomadi di Napoli, definisce quanto sta accadendo dopo il presunto tentativo di rapimento della bambina di sei mesi da parte di una Rom di Ponticelli. L’accusa è soprattutto ai mass media, che starebbero strumentalizzando la situazione, cavalcando l’onda dell’emergenza sicurezza.

Il rapimento di minore, dato già per certo, ha infatti causato reazioni violente nella popolazione locale – sassi, bottiglie incendiarie, aggressioni – e costretto la polizia a scortare fuori dal campo numerosi Rom sotto assedio.

Nieli, un ritorno all’idea dei Rom ladri di bambini…
Per me si tratta di una bufala, di un linciaggio scatenato dai media. Tanti casi di presunti rapimenti si sono sgonfiati come neve al sole. Ci sono stati precedenti analoghi a Firenze, Palermo, Lecco: nessun giudice ha mai dimostrato niente, e le accuse nel peggiore dei casi si sono ridotte a quelle di maltrattamenti ai minori, o di abbandono materiale e morale. Nel gennaio scorso a Scampia una famiglia Rom era stata accusata di sequestro di persona e di violenza di una ragazza rumena: l’accusato era stato un mio alunno, ho visto che si era sposato con la ragazza, sono stati tutti assolti. Anche se sulla questione della bambina non mi pronuncio, la presunzione di innocenza fino a prova contraria vale anche per un Rom. Ancora non mi risulta che ci sia stato un caso dimostrato di bambino rubato da una famiglia di Rom, anche se poi ovviamente le responsabilità sono sempre individuali. Aspetto fiducioso quanto deciderà la magistratura.

Intanto a Napoli c’è ancora un allarme sociale legato ai Rom.
Niente di nuovo. Si tratta di uno scenario già visto: i Rom sono gli stessi che stavano tre anni fa a Casoria, poi a Viale Cinzia e al Frullone. Non ci sono strumenti legislativi per integrarli: sono Rom senza residenza e senza contratto di lavoro regolare. La loro non è un’emergenza sicurezza ma umanitaria, dovuta a una politica sbagliata e cieca che ora, purtroppo, sta prendendo piede a livello nazionale. Si continua a non capire che siamo di fronte a un fenomeno strutturale di migrazioni a livello europeo. Sui media c’è uno scarto immenso rispetto alla realtà delle storie che raccogliamo sui campi. Ho letto che il sindaco Iervolino avrebbe dichiarato che la reazione della popolazione ‘è comprensibile’: sono sicura che si tratta di un travisamento di quello che ha detto il sindaco realmente.
Però a Ponticelli si è scatenato l’inferno. Possibile che sia solo colpa di un’informazione sbagliata?
C’è un intreccio di responsabilità: è una miscela costruita ad hoc, a Ponticelli ci sono interessi economici che fanno gola alla camorra, come quelli legati a un progetto di costruzione di una città della scienza con fondi europei. Dall’altro lato c’è un problema di consenso politico che si costruisce sulla pelle degli ultimi: il tema della sicurezza porta voti. Poi siamo di fronte a un’insufficienza di sforzi di una parte delle istituzioni che dicono di voler preventivare programmi di accoglienza che poi non si realizzano e il risultato è questo. Per fortuna gli assessori competenti degli enti locali hanno mantenuto ferme le loro posizioni di accoglienza ma ora chiediamo con più forza che realizzano gli impegni presi: l’unica possibilità è la creazione di un nuovo centro di accoglienza a Ponticelli. (Ida Palisi)

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Rom, non esiste un modello europeo d’integrazione

Il caso della Francia, dove ogni comune con più di 5000 abitanti deve dotarsi di un’area di accoglienza per i rom, ma chi non rispetta le regole viene allontanato

ROMA – Non esiste ancora un modello unico europeo di politica di integrazione dei Rom. Ci sono vari modelli nazionali. Tra questi di recente è stato preso molto a riferimento quello francese perché mescola – o tenta di mescolare – l’accoglienza alle politiche di sicurezza più rigide. Esiste in Francia la legge Besson (la prima del 1990, la seconda del 2000): ogni comune con più di cinquemila abitanti deve essere dotato di un’area di accoglienza per i rom. Con l’avvento al potere di Sarkozy (prima ministro dell’Interno, poi premier) la legge Besson è stata affiancata da una stretta in termini di sicurezza. Dal 2003 sono in vigore sanzioni particolarmente pesanti contro le infrazioni. Chi non rispetta le regole dei campi e dell’accoglienza viene allontanato. Anche chi occupa abusivamente un’area può essere arrestato. In ogni caso la legge Besson presentava i campi come una soluzione di passaggio e prevedeva un programma immobiliare di case da dare in affitto ai gitani stanziali e terreni familiari su cui poter costruire piccole case per alcune famiglie semistanziali e in condizioni molto precarie. Nella regione di Parigi sono stati creati campi per 560 posti in dieci anni (ne servirebbero tra i 6 e gli 8 mila) e in tutto il territorio francese ce ne sono 10 mila, un terzo di quelli necessari. Ma molti gitani e manouche vivono in case popolari e in vecchi quartieri. Pagano regolarmente l’affitto, la luce e l’acqua. (pan)

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