5082 FAO: E' finito il mercato "libero" dei cereali

20080608 19:18:00 redazione-IT

[b]di Tito Pulsinelli

Il baraccone romano della FAO ha chiuso secondo il copione già scritto prima dell’assise inconcludente. In altre parole, avrebbero potuto fare il tutto via mail, si sarebbero risparmiati dei bei soldi. Certo ne avrebbe perso lo spettacolo e la proiezione pubblicitaria degli illustri convenuti nell’unica capitale con due governi, quello laico repubblicano e quello monarchico trans-nazionale.
Alla fine c’è stata un pò di casino, e allora hanno sospeso le dichiarazioni finali delle varie delegazioni. Approvato all’unanimità, con il no esplicito sudamericano. Il Brasile è rimasto quatto quatto, contento di assaporare i privilegi di nuova potenza mondiale dell’agro-export, contento che la spinosa questione dell’etanolo sia stata relegata in un angolino. L’Argentina, invece, ha gridato forte e chiaro il suo no.[/b]

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Che rimane della costosa fiesta pubblicitaria? Nulla di concreto. C’è la fame alle porte -questo già lo sapevamo- e ognuno si arrangi come può, perchè la "lotta" si fa in ordine sparso.
La colpa, hanno detto molti cinici, è dell’India e della Cina che consumano troppe calorie carniche. E i cereali destinati a produrre carburanti per i motori? No problem, sono in arrivo quelli della "seconda generazione". Gli USA, seguiti a ruota da Berlusconi, hanno profittato per pubblicizzare i salvifici OGM.

In Sudamerica, invece, il governo argentino ha varato una legge per applicare una tassa all’esportazione crescente, fiorente e con prezzi in continuo rialzo dei cereali e della soya. Dovrebbe servire per sovvenzionare il prezzo controllato e il consumo garantito per la maggioranza della popolazione. Però le multinazionali della soya e i latifondisti locali si oppongono con virulenza. In nome del libero mercato e dell’egoismo infinito, bloccano i rifornimenti e creano una carestia artificiale. Sperano di far capitolare il governo di Buenos Aires.

In Guatemala, il governo ripesca un decreto legge del 1974 che obbliga i latinfondisti ad usare il 10% delle loro tenute per coltivare fagioli, mais e riso, al posto del cotone e della canna da zucchero.
E’ una elementare misura di protezione per il grosso della popolazione. Gli esportatori si oppongono e gridano contro il provvedimento cripto-comunista, anche se fu emanato da noti generali anti-guerriglia, responsabili di crimini contro l’umanità. La coerenza è un lusso inutile, l’egoismo è un imperativo categorico!

E’ al terzo anno la politica del Venezuela verso i Paesi caraibici e andini di scambiare petrolio con pagamento parziale in bovini, prodotti lattei e cereali. Questo tipo di baratto è stato esteso al Centroamerica e prevede lo scambio con fagioli ed altre leguminose.

La globalizzazione tramonta persino come mito del "modernariato", assieme alla famosa mano invisibile del mercato che tutto vede e a tutto provvede. Il mercato non è più in grado di provvedere neppure al bisogno vitale di calorie di 22 Paesi.
Andiamo a passo accelerato verso la Borsa del riso nel sudest asiatico, e le OPEC del grano e dei cereali. Il dollaro si inflaziona 30% all’anno e destabilizza i prezzi internazionali delle materie prime e degli alimenti, innescando così una incontrollabile speculazione. Il primo passo è sostituirlo con un paniere di monete.

Ma la colpa è dei Paesi petroliferi, dice Berlusconi, che si guarda bene dal ridurre quell’esorbitante 65% di tasse che grava sui combustibili serviti nelle stazioni di servizio.
Si sta chiudendo un’epoca. Quella del dollaro, del mercato e del pensiero unico, e della supremazia del capitalismo finanziario su quello produttivo. Quest’ultimo è ormai emigrato verso il Sud del mondo; dal Nord tiranneggiano i biscazzieri di prodotti finanziari.

Quelli che hanno una risposta ai problermi della incombente carestia sono coloro cui è stato impedito di fare presenza nell’assise romana della FAO, unanime nel rifiuto di un concetto politico: sovranità alimentare, fine del latifondismo e delle monocoltivazioni.
L’Unione Europa, se vuol essere credibile, dovrebbe finalmente dare un taglio ai finanziamenti pubblici all’industria agricola. Le sovvenzioni sono negative solo quando sostengono i consumatori?

A Roma, la FAO ha fatto inutilmente il gioco della Banca Mondiale e delle multinazionali dell’agro-speculazione: resuscitare i dogmi della OMC, bocciati sonoramente sia a Doha che a Cancun
Hanno sbattuto la porta in faccia alla società civile internazionale e ai sindacati dei contadini, ma è una vittoria di Pirro.
Certo è facile scriverlo in un documento già pre-confezionato, ma è un altro paio di maniche applicarlo nelle concrete politiche dei governi nazionali, soprattutto nel Sud del mondo.
Quando in Italia diminuisce il consumo del pane e della pasta significa che altrove stanno già saltando un pasto, e purtroppo è solo l’inizio.

La FAO ha curato la regia di un grande rito esorcista, ma è più facile resuscitare Dracula in Transilvania che rivitalizzare il libero-scambismo in materie esplosive come il cibo e il diritto alla vita. Non si scherza con la fame.[/b]

 

 

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EmiNews 2008

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