5077 URUGUAY-ITALIA: IL CASO TROCCOLI, IMPOSSIBILE ESTRADIZIONE ?

20080604 14:24:00 redazione-IT

Le chiacchiere stanno a zero
di Roberto Ormanni

Le autorità uruguayane è bene che se ne facciano una ragione: la convenzione firmata a Roma il 14 aprile 1879 non prevede “espressamente” che un cittadino italiano possa essere estradato in Uruguay – scrive Roberto Ormanni dalla redazione romana di Gente d’Italia quotidiano delle americhe diretto da Mimmo Porpiglia – Ecco perché un’eventuale nuova richiesta di estradizione che dovesse essere presentata nei confronti dell’ex militare Nestor Jorge Fernandez Troccoli sarebbe destinata ad essere respinta.

In questo come in casi analoghi, per decidere se le richieste di estradizione possono essere accolte, la magistratura italiana – proprio come quella uruguayana – deve attenersi alle norme generali in materia. La regola generale, per l’Italia, è nell’articolo 26 della Costituzione della
Repubblica italiana: “L’estradizione del cittadino può essere
consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni
internazionali”.
E in questo senso le dichiarazioni del professor
Giovanni Esposito Fariello, ordinario di procedura penale all’
Università Federico II di Napoli, pubblicate nei giorni scorsi da Gente
d’Italia, rispondono esattamente (come abbiamo verificato ancora ieri
sera raggiungendolo telefonicamente) alle valutazioni tecniche e
giuridiche che il professore ha espresso in occasione dello studio
specifico eseguito sulle norme estradizionali e sulla estradabilità del
cittadino italiano. Non si tratta di opinioni, ma di necessarie
conclusioni sulla base del testo delle leggi in materia di
estradizione.
D’altronde l’Uruguay, se vuole mettere alla prova l’applicazione della legge, avrebbe già potuto, dal marzo scorso ad oggi,
rinnovare la richiesta di estradizione. Non l’ha fatto – nonostante il
governo di Montevideo sembra sia pronto a tutto pur di rimediare alla
“brutta figura” (per usare un eufemismo) di aver inviato in ritardo la
prima richiesta di estradizione – forse perché, al di là dei proclami
pubblici, si è accorto che incasserebbe un no dell’Italia. E come non
bastasse una nuova richiesta di estradizione servirebbe solo a salvare
“la faccia” della politica, visto che, in concreto, Troccoli è
irreperibile da quando prima il tribunale del riesame ha annullato l’
ordinanza di custodia emessa nell’indagine del Pm di Roma Giancarlo
Capaldo sulle torture del Plan Condor e poi, a causa del ritardo dei
documenti a sostegno dell’estradizione, è scaduto il periodo di fermo
“a fini estradizionali” (come si dice in gergo), e l’ex capitano di
vascello della marina uruguayana è stato scarcerato.
Il ritardo di quei
documenti ha impedito ai giudici italiani e al ministero di
pronunciarsi sulla possibilità reale di procedere all’estradizione: se
si è invitati a cena e un imprevisto ci impedisce di partecipare, poco
importa se il menu prevedeva carne o pesce.
Le opinioni di tecnici e
giuristi che Gente d’Italia ha pubblicato in questi giorni hanno il
solo scopo di aiutare un governo che, fino a prova contraria, afferma
di voler fare i conti con un passato non sempre edificante.
In un certo senso, il ritardo della richiesta di estradizione è stato, sul
piano processuale, una fortuna: ha lasciato aperta la porta ad una
possibile richiesta di processare in Italia Nestor Troccoli – con la
conseguente emissione di un ordine di cattura nei suoi confronti – per
i reati commessi all’estero. Una soluzione che avrebbe potuto essere
adottata tre anni fa, ma ancora non è troppo tardi. Non riusciamo a
capire perché si continui a discutere di un’estradizione che, sbagliata
la prima volta, potrebbe essere sbagliata anche la seconda. Se l’
Uruguay è convinto del contrario, invece di chiedere conto ai giuristi
italiani delle loro opinioni pubblicate da Gente d’Italia, presenti la
nuova richiesta: bastano poche ore di lavoro e invece sono trascorsi 60
giorni di chiacchiere. Altrimenti, segua la strada indicata dai
giuristi. Le chiacchiere, come dice un detto popolare delle nostre
parti, stanno a zero.

Roberto Ormanni

CASO TROCCOLI
Dalla nostra redazione di Montevideo
Federica Manzitti

PARLA L’AVVOCATO DELLE FAMIGLIE DEI DESAPARECIDOS OSCAR LOPEZ GOLDARACENA
“Il governo uruguayano dovrebbe formulare
una nuova denuncia da presentare in Italia”

Presentare una nuova richiesta di estradizione o appellarsi ai principi di cooperazione internazionale sui crimini contro i diritti umani sanciti nel 1973. Sono due delle strade che l’avvocato dei Familiari dei Desaparecidos uruguayani Oscar Lopez Goldaracena sta individuando nell’ipotesi che la Cassazione rifiuti il ricorso presentato dal governo sudamericano contro la scarcerazione di Jorge Troccoli. – scrive Federica Manzitti dalla redazione uruguayana di Gente d’Italia quotidiano delle americhe diretto da Mimmo Porpiglia – L’ex membro del corpo dei fucilieri navali, torturatore confesso dei detenuti politici dissidenti della dittatura, ricercato internazionale per il crimine di sparizione forzata e’ tornato in liberta’ il 24 aprile scorso dopo che era stato arrestato dai carabinieri di Marina di Camerota, in provincia di Salerno il 23 dicembre dello scorso anno.
“Ma su richiesta dell’Interpol”, sottolinea l’avvocato. Goldaracena rappresenta i familiari dei desaparecidos, piu’ di trenta, che sono stati catturati in Argentina tra il giugno e il dicembre del 1977 e trasportati illegalmente in Uruguay pochi mesi dopo. Per la loro sparizione forzata l’ex dittatore Gregorio Alvarez e l’ex militare della marina Juan Carlos Lacerbeau hanno ottenuto una condanna lo scorso 17 dicembre, dopo che questo reato era stato inserito nel codice penale uruguayano (ottobre 2006). Resta pendente il processo a carico di Troccoli che non si e’ presentato in aula e che, si e’ saputo dopo, si era rifugiato in Italia. La legge uruguayana non prevede il giudizio in contumacia, per questo l’ordine di cattura internazionale emesso dal giudice Luis Charles e diramato dall’Interpol serviva a riavere l’imputato in Uruguay per sottoporlo a giudizio. “Sebbene Troccoli sia cittadino italiano e nel caso che il trattato bilaterale di cooperazione penale non preveda l’estradizione per chi e’ possesso della cittadinanza, credo che ci siano altre strade perseguibili per portarlo in Tribunale. O qui a Montevideo o in Italia” spiega il legale. Troccoli e’ imputato grazie alla denuncia presentata da Goldaracena nel maggio del 2007 per la sparizione di alcune famiglie uruguayane radicate in Argentina. Famiglie, perche’ la maggioranza delle vittime erano giovani coppie, o giovani donne incinte, di cui tre sono state costrette a partorire nei centri di detenzione e poi presumibilmente uccise, o ancora come nel caso di Elsa e Aida Fernandez, madre e figlia, o addirittura famiglie intere come quella dei Severo, cinque componenti fatti prigionieri in Argentina e trasportati in Uruguay nell’aprile del 1978. La maggioranza delle sparizioni sono state effettuate a ridosso del Natale del 2007, proprio quando Troccoli, come e’ stato provato, viaggiava tra i due paesi uniti nel patto segreto del Plan Condor. Questa ed altre prove inchioderebbero Troccoli nel processo a suo carico a Montevideo. L’incarico affidatogli al centro operativo del piano di persecuzione contro i dissidenti quando era nell’intelligence della Marina Militare, la sua presenza nel centro di tortura Orletti a Buenos Aires, le testimonianze dei sopravissuti ad altri centri di detenzione clandestina che riconobbero l’accento uruguayano nella voce dei torturatori, o quelle di alcuni abitanti della citta’ fluviale di Nueva Palmira che videro decine di prigionieri trasportati sulle lance arrivate nottetempo nell’autunno del 1978 dalle coste argentine del Rio de la Plata. E poi le sue stesse confessioni rese nel libro l’Ira del Leviatano. “La richiesta di estradizione formulata del giudice Charles arrivata scandalosamente in ritardo presso gli uffici italiani conta piu’ di 600 pagine. C’e’ molto materiale a carico di Troccoli, credo che possa esserci qualcosa utile a riportarlo di fronte alla giustizia” spiega Goldaracena. Molti dei “suoi” desaparecidos erano membri GAU (uno dei movimenti politici di opposizione alla dittatura), proprio come quelli per cui il procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo ha chiesto la custodia cautelare in Italia del torturatore uruguayano. Anzi alcuni dei nomi coincidono negli elenchi delle due inchieste. Edmundo Dossetti e Ileana Garcia, Julio Cesar D’Elia e Yolanda Casco, Raul Gambaro, Raul Cattaneo sono i desaparecidos italiani dell’inchiesta di Capaldo, ma sono anche i desaparecidos uruguayani dell’inchiesta di Goldaracena. Eppure l’avvocato ed il procuratore non si sono mai parlati. Il legale uruguayano, che ha intentato la causa da solo senza Ong ne partiti politici alle spalle, si e’ messo a disposizione. “Nell’ultimo incontro che abbiamo avuto con il Ministro degli Esteri Gonzalo Fernandez in seguito allo scandalo Troccoli ci e’ stata dimostrata la piena disponibilita’ a collaborare fattivamente con la giustizia italiana, oltre che a tentare la strada del ricorso in Cassazione”. Goldaracena ricorda anche che il Tribunale di Salerno ha firmato per la scarcerazione per un vizio di forma, ossia per ritardo nell’inoltro della richiesta, senza entrare nel merito dei requisiti. “Forse un margine di operazione c’e’ rimasto, anche se io credo che la tesi sostenuta nel ricorso non dara’ frutti perche’ in ogni caso i documenti sono arrivati dopo la scadenza dei termini. Oltretutto, per quanto riguarda il ritardo, come ho piu’ volte ripetuto, stiamo parlando di un termine sancito da un trattato firmato nel 1879 quando l’unico mezzo di comunicazione tra i due paesi era la nave”, come a dire che il progresso getta un’ombra grottesca nella gestione del caso.
Ma oltre all’inchiesta del Plan Condor e all’ipotesi di una nuova richiesta di estradizione per individuare una seconda chanche nel caso Troccoli Goldaracena si rifa’ ad un documento firmato dalle Nazioni Unite il 3 dicembre del 1973. Sono principi di cooperazione internazionale per la persecuzione, la detenzione e il giudizio contro crimini di lesa umanita’. Con il codice 3074 e precedente al Trattato di Roma, il testo prevede che ogni stato aderente possa, in presenza di questi delitti, processare un imputato a prescindere dall’estradizione.”Non puo’ esserci un’isola di impunita’ e l’Italia non deve trasformarsi in quella di Troccoli. Credo che il governo uruguayano debba formulare una nuova denuncia da presentare al vostro paese”. L’incarico per tentare di risolvere il difficile caso ora e’ stato affidato dal Ministero degli Esteri all’avvocato romano Fabio Galiani. Il ricorso presentato la scorsa settimana porta la sua firma e con lui e’ stato incaricato di collaborare l’ambasciatore a Roma Carlos Abin su cui pende un provvedimento amministrativo per il pasticcio seguito al ritardo nella trasmissione dei documenti per l’estradizione. Intanto questa tragedia nella tragedia, come la definisce Goldaracena, “una tragedia per i familiari dei desaparecidos dovuta ad una negligenza sommamente colpevole”, continua a scatenare accuse incrociate. Goldaracena che fu il primo a chiedere le dimissioni di Abin, prima ancora dell’opposizione uruguayana che ora lancia strali in Parlamento, non vede scuse alla condotta del diplomatico uruguayano, ma non puo’ che interrogarsi sul trascorrere di quei novanta giorni stabiliti nel 1879 e traditi nel 2008. La Suprema Corte di Giustizia intanto ieri ha riposto negativamente alle dichiarazioni dell’Ambasciatore che chiedeva al potere giudiziale di assumere le sue responsabilita’ nel ritardo. “Abin pretende di scaricare su di noi le mancanze sue o dei suoi dipendenti per non aver presentato entro i termini la richiesta”, afferma un comunicato diffuso dalla Suprema Corte uruguayana. A Montevideo il processo contro Jorge Troccoli resta pendente. La Cassazione decidera’ se l’estradizione e’ ancora possibile. Ma i familiari delle vittime sia dall’Italia o dall’ Uruguay attendono un’unica risposta: portare il torturatore alla sbarra e sapere la verita’ sulla fine dei loro desaparecidos.
Federica Manzitti

 

 

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EmiNews 2008

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