5667 Anthony Giddens: «Il vero pericolo siamo noi, non è il terrorismo»

20080924 18:18:00 redazione-IT

di Maria Serena Palieri

E la speranza si è di nuovo tinta di nero.

La paura, dicono alcuni, è un’arma da sempre amata dal potere. Lei, sir Giddens, crede all’uso strumentale della paura da parte della politica?
«Certo non siamo la prima generazione a vivere in un clima di paura e ansia. Eric Fromm, il grande psicologo, parlava di un’“età dell’ansia” negli anni Sessanta. Legava questo concetto a una “paura della libertà”, che conduce la gente ad affidarsi a chi incarna l’autorità e, in circostanze estreme, a seguire i demagoghi. Non c’è dubbio che i leaders populisti nel corso della storia abbiano sfruttato il meccanismo dell’ansia così acutamente analizzato da Fromm. Molti leader di questo tipo, certo non tutti, erano di estrema destra. Alcuni leader di sinistra, come Stalin o Mao, non hanno esitato da parte loro a sfruttare le paure della gente se ciò li aiutava a consolidare il potere».

Durante la Guerra Fredda l’equilibrio del pianeta era basato sulla paura della bomba atomica. Oggi, secondo lei, c’è in giro più o meno paura che negli anni 50 e 60?
«Le nostre ansie – basate su motivi razionali o immaginari – sono abbastanza diverse da quelle diffuse mezzo secolo fa.
Il confronto nucleare tra le due superpotenze era all’epoca, per la gente, la fonte maggiore d’ansia. In Occidente per molti l’Urss era il nemico; e per molti cittadini sovietici (e anche per alcuni gruppi in Occidente) lo erano gli Stati Uniti. Le nostre ansie, al confronto, sono più diversificate. Le ragioni sono svariate. Una è che dal 1989 abbiamo perso la possibilità di immaginare come il mondo potrebbe essere diverso. La fine della storia sembra ci abbia lasciato con tutte le preoccupazioni intatte, senza offrirci la speranza di un’alternativa. La seconda ragione è che ora viviamo in un universo di rischi futuri, piuttosto che in un mondo dove possiamo confrontarci direttamente coi nostri nemici. Prenda il cambiamento climatico. Secondo ogni calcolo è una delle sfide più grandi che l’umanità abbia mai affrontato. Ci sono ancora alcuni scettici, tuttora convinti che il surriscaldamento globale non sia in corso, oppure che esso non venga prodotto dalle attività umane. Sull’altra sponda, però, ci sono scienziati che dicono che esso è più pericoloso, e le sue conseguenze più prossime, di quanto siamo usi pensare. È un’idea che incute paura, ma nello stesso tempo è anche astratta. I cittadini captano l’ansia, ma è difficile collegare possibili future catastrofi con la banalità della vita quotidiana. Quindi molte persone, semplicemente, ripongono la questione nel retrobottega della mente, dove essa si apposta nelle vesti di un’ansia generalizzata».

Apocalittici e integrati: la vecchia coppia concettuale di Umberto Eco si riaffaccia. Lei per quale idea propende?
«Ci sono, appunto, due scuole di pensiero quanto ai rischi attuali. Alcuni sostengono che il mondo che abbiamo creato è così pericoloso che la nostra civiltà può non essere in grado di fronteggiarlo. Martin Rees, eminente scienziato inglese, ha scritto un libro intitolato “Il nostro ultimo secolo”. È una sveglia per i pericoli che abbiamo di fronte. Nel suo pensiero essi vanno dal terrorismo internazionale al cambiamento di clima alle pandemie causate da nuovi virus che possiamo aver sguinzagliato col nostro intervento sulla natura. Sostiene, per esempio, che quasi certamente nei prossimi vent’anni ci sarà un attacco terroristico a una città, con un milione di persone uccise o ferite, probabilmente grazie all’impiego di qualche tipo di arma nucleare.
Altri però dicono che il mondo ora è salvo e più sicuro di quanto sia mai stato. Le guerre diminuiscono, la gente in media vive di più e molti paesi stanno uscendo dalla povertà e incamminandosi verso la prosperità. Per questi ultimi i rischi posti, per esempio, dal terrorismo globale sono stati esagerati, George W. Bush ha usato la minaccia del terrorismo per perseguire un programma che legittimasse l’intervento armato in Iraq e Afghanistan. Sono gli stessi che criticano i media perché suonano la grancassa dei rischi e li dipingono molto più pericolosi di quanto siano realmente.
Chi ha ragione? Non possiamo saperlo davvero, perché questa è la natura stessa del rischio. Se la minaccia del terrorismo recede, chiunque potrà dire che il rischio era semplicemente gonfiato da leaders senza scrupoli. Io, personalmente, penso che ci sia molta verità in quest’idea, sebbene ci sia una possibilità remota che Rees abbia ragione, e quindi dovremmo continuare a mantenere la vigilanza. Gli “ottimisti”, tuttavia, includono tra i rischi esagerati il cambiamento di clima e questo mi sembra sbagliato.
Il problema è opposto: i cittadini hanno bisogno di essere persuasi di quanto sia pericoloso l’incontrollato surriscaldamento globale. Inoltre, controllarlo non è un compito che possa essere rimandato a più tardi. Le emissioni di gas serra restano secoli nell’aria».

Un geniale comico italiano, Antonio Albanese, debutta in questi giorni in tv col surreale personaggio di «ministro della paura». La politica vera piuttosto cosa dovrebbe fare?
«Tentare di guidare il pubblico tra le varie situazioni di rischio esistenti e aiutare a distinguere i pericoli dubbi da quelli veri. I governi hanno la responsabilità specifica di promuovere efficaci politiche per il cambiamento climatico e convincere i cittadini della necessità di mutare il comportamento quotidiano. In molti paesi c’è da percorrere ancora una lunga strada e c’è troppa “politica dell’apparenza”: pii programmi non seguiti da azioni concrete. Viviamo in una civiltà non sostenibile, non solo per il cambiamento climatico, ma perché dipendiamo da fonti energetiche che presto o tardi si esauriranno. I giacimenti di petrolio e gas, nel mondo, hanno impiegato milioni di anni per formarsi, ma in soli due secoli noi li avremo prosciugati. Questi sono pericoli davvero reali, se non agiamo subito».

www.unita.it

 

 

5667-anthony-giddens-il-vero-pericolo-siamo-noi-non-e-il-terrorismo

6405

EmiNews 2008

 

Views: 9

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.