5666 Ratifica accordo di promozione e protezione degli investimenti tra Italia e Rep.Dominicana

20080924 18:02:00 redazione-IT

“L’approvazione da parte della Camera dei deputati del disegno di legge di ratifica dell’accordo per la promozione e la protezione degli investimenti tra Repubblica italiana e Repubblica dominicana è un atto importante per incentivare le iniziative di collaborazione economica tra i due Paesi” – ha sottolineato l’On. Fedi intervenuto in discussione generale ed in dichiarazione di voto sul provvedimento.
“Non bastano i trattati internazionali per proteggere l’Italia che investe all’estero, occorre una vera azione di sistema che parta anche dal sistema economico italiano. In questo momento le scelte economiche sbagliate del Governo Berlusconi, invece, indeboliscono l’economia italiana, non sostengono lo sviluppo, impoveriscono il Paese, disincentivano gli investimenti. Non solo. Anche la cooperazione internazionale è sottoposta a tagli. Nonostante l’importante lavoro svolto, l’Istituto per il commercio con l’estero è sottoposto a riduzioni di bilancio.

Credo si debba riflettere su questi elementi, sulla sostanziale incapacità dell’Italia di oggi di rispondere alle nuove sfide globali. Occorre in definitiva una seria azione di sistema a livello nazionale ed internazionale per poter parlare di promozione e protezione degli investimenti italiani all’estero” – ha ricordato Fedi.

“Poi è vero che accordi internazionali di questo tipo debbano sempre più rispondere a nuovi modelli etici. Nel predisporre trattati internazionali di questa natura dovremmo preoccuparci di riequilibrare lo sbilanciamento tra i diritti degli investitori e quelli delle comunità dei Paesi contraenti, in termini di rispetto dell’ambiente, di diritti umani, di diritti del lavoro. Tuttavia questo è un aspetto che va trattato separatamente dalla natura bilaterale di questo accordo che tiene conto dei notevoli passi avanti fatti dalla Repubblica dominicana nella legislazione nazionale sui temi della protezione degli investimenti, delle norme antiriciclaggio e della trasparenza degli investimenti. In una realtà – ha concluso l’On. Marco Fedi – che è davvero interessante per le opportunità di investimento e per il posizionamento geo-politico”.

Segue il testo dell’intervento svolto in sede di discussione generale.

Il disegno di legge di ratifica dell’accordo per la promozione e la protezione degli investimenti tra Repubblica italiana e Repubblica dominicana, siglato nel 2006, sottoposto alla nostra attenzione, è composto da tre articoli e rispecchia i modelli tradizionali di autorizzazione, esecuzione ed entrata in vigore dei trattati internazionali di reciprocità. Non si discosta molto da altri accordi bilaterali che l’Italia ha sottoscritto nel quadro delle azioni di sistema a sostegno degli investimenti italiani nel mondo e dell’interscambio con altri Paesi predisponendo l’eventuale ricorso a sistemi di arbitrato nazionali, a Tribunali appositamente costituiti o al Centro internazionale per la soluzione delle controversie previsto dalla Convenzione di Washington del 18 marzo 1965.

L’Accordo non comporta oneri organizzativi né finanziari a carico della pubblica amministrazione o dei privati e si propone di colmare una lacuna esistente nello stato della regolamentazione dei rapporti bilaterali tra Italia e Repubblica dominicana.

La ratifica dell’Accordo riveste per entrambi i Paesi un’importanza rilevante. Costituisce uno stimolo per nuovi investimenti nella Repubblica dominicana. Tale Accordo potrà così incentivare iniziative di collaborazione economica. Oltre a contenere specifici strumenti di garanzia degli investimenti, il documento costituisce infatti la premessa per facilitazioni sul piano finanziario e assicurativo.

L’Istituto nazionale per il Commercio Estero, nel quadro periodico di aggiornamento sulla situazione dell’interscambio e delle relazioni commerciali tra la Repubblica Dominicana e l’Italia, esprime una positiva valutazione sull’impatto di questo accordo per far crescere le opportunità per una maggiore cooperazione economica tra i due paesi. Tali relazioni, caratterizzate da un saldo attivo per il nostro Paese, sono di entità modesta e rappresentano solo una piccola percentuale del commercio italiano con l’estero.

Nonostante l’entità modesta dell’interscambio, un rapporto della Commissione Europea per l’America Latina e i Caraibi (CEPAL), pone la Repubblica Dominicana ai primi posti tra i principali paesi dell’intera regione in termini di investimenti esteri diretti.

E le scelte interne di politica economica del governo dominicano autorizzano ad un relativo ottimismo rispetto alle possibilità di incremento sia dell’interscambio che degli investimenti diretti dall’estero. Investimenti dall’estero che – ci ricorda il nostro Istituto per il commercio estero – sono disciplinati da una nuova normativa che dà agli investitori stranieri e alle società nelle quali essi partecipano, o delle quali sono proprietari, gli stessi diritti e obblighi che le leggi attribuiscono agli investitori nazionali. La normativa prevede anche la possibilità del completo rimpatrio dei capitali e delle rimesse dei dividendi.

La legge 16-95 ha eliminato quindi svantaggi significativi per gli investitori stranieri e inoltre, grazie alle tutele offerte da essa, l’investitore straniero dispone di importanti garanzie contro rischi politici, rischi di inconvertibilità e di espropriazione, concesse da istituzioni riconosciute, quali la Overseas Private Investment Corporation e la Multilateral Investment Guarantee Agency, una agenzia della Banca Mondiale.

Per quanto riguarda la trasparenza degli investimenti esteri, è stata emanata la Legge 72/02 che punisce il riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite.

Sul livello internazionale, invece, le convenzioni bilaterali ancora non rispondono sufficientemente a criteri etici. Sarebbe necessaria anche qui un’azione multilaterale per ridisegnare i criteri che guidano questi rapporti internazionali, affinché vi sia una duplice valutazione della natura e degli effetti degli investimenti diretti esteri, con particolare attenzione a quelli di carattere speculativo. Inoltre, è fondamentale un riequilibrio dello sbilanciamento esistente tra i diritti degli investitori e quelli degli stati ospitanti, soprattutto delle loro comunità, vincolando i primi al rispetto di norme chiare in materia di ambiente e diritti umani. È necessario, in altre parole, adottare un modello diverso di regole globali, che internazionalizzino i diritti delle popolazioni, primo fra tutti quello al proprio sviluppo.

Sul piano nazionale dobbiamo rilevare che le condizioni oggettivamente più favorevoli per sostenere gli investimenti italiani all’estero sono rappresentate da un’economia forte, da scelte coerenti sotto il profilo degli interventi, da manovre economiche e di bilancio che vadano in direzione del risanamento dei conti pubblici, del rispetto dei parametri dell’Unione europea, continuando ad agire sul fronte della lotta all’evasione ed elusione fiscali. Non è questa la direzione assunta dal Governo Berlusconi.

L’Accordo in esame mira a creare un quadro di maggiore certezza giuridica in tutti i settori nei quali sono stati effettuati o sono ipotizzabili in futuro investimenti italiani nel territorio della Repubblica Dominicana e viceversa.

L’Accordo, composto da 15 articoli, fornisce le definizioni di quei termini, quali "investimento", "investitore", "persona fisica", "persona giuridica", "utili" e "territorio", necessari ad individuarne in modo certo l’ambito di applicazione.

La definizione di "investimento" ricomprende un elenco, non tassativo, di beni e diritti siti nel territorio del paese contraente, fra i quali sono inclusi:

§ diritti reali su beni mobili e immobili, nonché ogni altro diritto reale, compresi, per quanto impiegabili per investimento, i diritti reali di garanzia su beni altrui;

§ azioni, obbligazioni, quote di partecipazione, titoli di credito, titoli di Stato e pubblici;

§ crediti finanziari o qualsiasi altro diritto derivante da obblighi collegati con gli investimenti, nonché redditi reinvestiti;

§ diritti di proprietà intellettuale o industriale;

§ ogni diritto di natura economica derivante da legge, contratto, licenza, concessione o altro atto amministrativo.

L’Accordo si applicherà anche agli investimenti effettuati anteriormente all’entrata in vigore di esso, ma non alle controversie antecedenti.

Al fine di incoraggiare gli investimenti esteri ciascuna delle Parti si impegna ad assicurare sul proprio territorio agli investitori dell’altra Parte un trattamento giusto ed equo, assicurando piena e totale protezione agli investimenti da essi operati; le Parti garantiscono inoltre agli investimenti dell’altra Parte contraente un trattamento non meno favorevole di quello riservato ai propri cittadini o agli investitori di paesi terzi. Fanno però eccezione i benefici concessi da una delle Parti ad investitori di Paesi terzi in virtù di specifici accordi, come ad esempio gli accordi in materia di scambi transfrontalieri, nonché i vantaggi riconosciuti da una delle Parti ad investitori esteri per effetto della partecipazione a Unioni economiche, zone di libero scambio o accordi economici multilaterali.

La clausola della nazione più favorita trova applicazione anche in caso di risarcimento di danni derivanti da guerre, rivoluzioni, rivolte, stati di emergenza o altri avvenimenti similari.

La protezione degli investimenti è assicurata dalla clausola che stabilisce che gli investimenti effettuati da soggetti appartenenti ad uno degli Stati contraenti non potranno costituire oggetto di nazionalizzazioni, espropriazioni, requisizioni o altre misure con analogo effetto se non per fini pubblici o per motivi di interesse nazionale, in conformità alle disposizioni di legge e dietro corresponsione di un adeguato risarcimento. Tale indennizzo dovrà essere equivalente al valore di mercato del bene alla data in cui siano state annunciate le decisioni di nazionalizzazione o di esproprio e dovrà comprendere gli interessi maturati alla data di pagamento.

Ognuna delle due Parti contraenti si impegna a garantire il diritto per l’investitore dell’altra Parte a trasferire all’estero, dopo aver assolto gli obblighi fiscali, senza ritardo indebito e in valuta convertibile al tasso di cambio al momento più favorevole, tutti i capitali investiti e guadagnati. Vi sono tuttavia delle eccezioni al libero trasferimento dei fondi, qualora i beneficiari abbiano infranto norme del diritto civile, penale, ovvero gli stessi fondi costituiscano garanzia a fronte di procedure di contenzioso, o, infine, il trasferimento dei fondi possa ledere la legislazione del lavoro della Parte ove è stato effettuato l’investimento.

L’applicazione dell’Accordo esula dall’esistenza di relazioni diplomatico-consolari tra le due Parti. Viene inoltre applicata ogni norma – contenuta nella legislazione di una delle due Parti o nel diritto internazionale – che preveda migliori condizioni.

La durata dell’Accordo è prevista in dieci anni, con rinnovo automatico per ulteriori cinque anni, salvo denuncia di una delle due Parti, da inoltrare almeno un anno prima della scadenza.

Quanto all’incidenza delle norme proposte sull’ordinamento interno, l’esecuzione dell’Accordo in questione non comporta nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato. L’Accordo, una volta entrato in vigore, non implica la necessità di adottare elementi innovativi nel quadro della legislazione italiana.

Concludo annunciando il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico alla ratifica dell’accordo tra la Repubblica italiana e la Repubblica dominicana per la promozione e protezione degli investimenti.

__________________

Accordo tra Italia e Nuova Zelanda per il lavoro dei familiari del personale diplomatico

“I trattati internazionali sono sempre atti importanti, indipendentemente dal numero di persone che se ne avvantaggiano” – ha dichiarato l’On. Marco Fedi.

“Nel caso della ratifica, appena avvenuta alla Camera, dell’accordo tra Italia e Nuova Zelanda si risponde a un’esigenza primaria quale è quella del diritto al lavoro dei familiari del personale diplomatico e consolare e del personale presso le organizzazioni internazionali”. “Con questo accordo non solo la questione viene regolamentata ma anche semplificata nelle procedure e questo è sempre positivo in una fase in cui si parla tanto di semplificazione amministrativa”. “Nell’accordo tra l’altro è previsto il pieno rispetto di tutte le normative locali, sul lavoro, in materia tributaria e di sicurezza sociale”.

“Il ricorso ai trattati internazionali è un atto dovuto in assenza di regolamentazioni internazionali in materia. Su alcune questioni ritengo possa esserci uno sforzo degli organismi internazionali teso a prevedere risposte multilaterali anziché lasciare tutto alla reciprocità bilaterale ma fino a quando non avremo questa visione autenticamente “globale” anche delle relazioni tra singoli Paesi non potremo che utilizzare gli strumenti che abbiamo” – ha ricordato l’On. Marco Fedi.

“Soprattutto quando questi accordi sono l’unico strumento che abbiamo per arricchire il quadro normativo per le reti diplomatico-consolari nel mondo facilitando in questo modo la scelta delle destinazioni estere. Dovremmo proseguire in questa direzione. Ad esempio uno dei Paesi che richiederebbe interventi in questo senso è l’Australia, non solo per quanto attiene al lavoro ma anche ai visti che al momento non possono eccedere complessivamente 10 anni. Anche se ritengo che su questa materia si renda necessaria una riflessione più ampia che la semplice introduzione di incentivi” – ha concluso l’On. Marco Fedi.

Segue il testo dell’intervento svolto in aula in qualità di relatore.

Il provvedimento al nostro esame è il disegno di legge (C. 1627) di ratifica ed esecuzione dell’Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Nuova Zelanda, riguardante lo svolgimento di attività lavorativa da parte dei familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico amministrativo, fatto a Roma il 4 dicembre 2003, con scambio di note integrativo fatto a Roma il 2 e 7 novembre 2006.

L’accordo di reciprocità si prefigge di rendere possibile l’accesso al lavoro sul territorio della Repubblica italiana ai familiari e congiunti del personale delle Rappresentanze diplomatiche neozelandesi, sia del personale diplomatico e consolare che del personale tecnico che del personale dislocato presso le organizzazioni internazionali. L’accordo prevede analoghe condizioni e quindi la possibilità di svolgere attività lavorativa per i familiari e congiunti del personale della rappresentanza diplomatica e consolare italiana in Nuova Zelanda, incluso il personale tecnico ed il personale dislocato presso organizzazioni internazionali.

È evidente la ragion d’essere dell’accordo per quanto concerne la possibilità di accedere al mondo del lavoro per una categoria di persone che è chiamata a vivere in uno dei paesi contraenti per periodi lunghi e che, nel pieno rispetto di tutte le normative sul lavoro, in materia tributaria e sicurezza sociale, possa vedersi riconosciuto il diritto al lavoro. Altresì evidente il carattere di piena reciprocità sia per gli elementi appena citati che per le procedure semplificate che rappresentano elemento di novità in questo accordo.

I cittadini neozelandesi, in deroga a quanto previsto dal testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, potranno avvalersi di un procedimento semplificato che consente di avviare un rapporto di lavoro ottenendo un’autorizzazione tramite i centri per l’impiego. Procedura che consente di evitare le norme restrittive in materia di lavoro per cittadini extra-comunitari e che, di fatto, li assimila ai cittadini comunitari. Avendo l’Accordo carattere di reciprocità, le stesse condizioni valgono per i concittadini italiani in Nuova Zelanda, per i quali è previsto un simile canale privilegiato e semplificato.

L’Accordo risulta pienamente compatibile con l’impianto normativo vigente, italiano o comunitario; non si ravvisano elementi di incompatibilità o di contrasto, né emergono profili di impatto normativo sull’assetto delle autonomie territoriali.

L’intervento si rende necessario per facilitare l’accesso al lavoro per tutti i cittadini neozelandesi che vivono in Italia in qualità di familiari conviventi del personale diplomatico, consolare e tecnico-amministrativo e per i cittadini italiani della stessa categoria che vivono in Nuova Zelanda. L’esigenza di avere un quadro giuridico di riferimento per disciplinarne tutti i vari casi, ha indotto i Governi dei rispettivi Paesi ad assumere l’iniziativa di concludere un Accordo bilaterale in materia. Per i cittadini neozelandesi in Italia, l’Accordo summenzionato prevede infatti l’avvio di un procedimento amministrativo per ottenere l’autorizzazione al lavoro tramite i centri per l’impiego, esentandoli in tal modo dalle norme più restrittive applicate invece agli altri lavoratori extracomunitari. Anche per i cittadini italiani in Nuova Zelanda, avendo l’Accordo carattere di reciprocità, è prevista un’analoga procedura.

Quanto all’impatto dell’Accordo sull’organizzazione delle pubbliche amministrazioni, si ritiene che esso sia scarsamente rilevante poiché, non modificandone le strutture e i modelli organizzativi, ben si inserisce in percorsi procedurali già esistenti senza creare carichi aggiuntivi di lavoro, se non di assai modesta entità, né ulteriori costi.

Il disegno di legge di ratifica è composto da tre articoli. L’art. 1 autorizza alla ratifica, l’art. 2 alla piena esecuzione dell’accordo richiamando le modalità di entrata in vigore previste dall’art. 8 dell’accordo e l’art. 3 sull’entrata in vigore della legge di ratifica. Non vi sono oneri a carico del bilancio dello Stato e pertanto non vi sono norme di copertura finanziaria.

L’accordo è costituito da otto articoli.

L’art. 1. definisce l’oggetto dell’intesa, cioè i familiari conviventi di personale diplomatico e consolare. Per familiari si intendono i coniugi non separati ed i figli non coniugati di età compresa tra i 18 ed i 21 anni, ovvero effetti da disabilità fisica o mentale da cui consegua la mancata autosufficienza.

Gli artt. 2 e 3 fissano le procedure, in Italia e Nuova Zelanda, rispettivamente. In deroga alle norme generali sull’immigrazione, l’accordo prevede la segnalazione da parte delle Ambasciate al cerimoniale dei rispettivi Ministeri degli esteri della richiesta da parte di un soggetto avente diritto di poter esercitare attività lavorativa subordinata o autonoma.

L’art. 4 è relativo alla piena applicabilità della normativa locale in materia fiscale, del lavoro e della sicurezza sociale. Si esclude in maniera specifica il riconoscimento dei titoli di studio.

L’art. 5 concerne l’immunità che viene meno per quanto attiene alle giurisdizioni civile ed amministrativa per i soggetti interessati dall’accordo ove si verificassero fatti rilevanti sotto il profilo penale. I contraenti potranno richiedere la rinuncia alla autorizzazione in assenza della quale può esservi un provvedimento di revoca del permesso. L’esame della richiesta dovrà avvenire nel più breve tempo possibile. A questo proposito lo scambio di note del novembre 2006 precisa questo aspetto di celerità temporale.

L’art. 6 fissa i limiti il periodo relativo alla validità della autorizzazione, che è limitata al periodo della missione del dipendente cui il soggetto fa capo. L’autorizzazione non sarà concessa a coloro i quali hanno lavorato illegalmente nello Stato ricevente o che ne abbiano violate le leggi in materia fiscale o di sicurezza sociale o che destino allarme sotto il profilo della sicurezza nazionale.

L’art. 7 regola la durata ed i termini dell’accordo. La durata è illimitata fatta salva la possibilità di ciascuna delle parti di recedere dall’accordo con un preavviso scritto con tre mesi di anticipo.

L’art. 8 fissa l’entrata in vigore dell’accordo che è il primo giorno del secondo mese successivo alla data di ricezione della seconda delle notifiche con cui le parti contraenti si saranno reciprocamente comunicate l’avvenuto espletamento delle procedure a tal fine previste dai rispettivi ordinamenti.

Questa tipologia di accordi contribuisce ad arricchire il quadro normativo per le reti diplomatico-consolari nel mondo e a garantire l’accesso al diritto al lavoro dei familiari conviventi del personale, facilitando in questo modo la scelta delle destinazioni estere. Dovremmo proseguire in questa direzione, ad esempio uno dei Paesi che richiederebbe interventi in questo senso è l’Australia, non solo per quanto attiene al lavoro ma anche ai visti che al momento non possono eccedere complessivamente 10 anni. Credo comunque che su questa materia si renda necessaria una riflessione più ampia che la semplice introduzione di incentivi.

 

 

5666-ratifica-accordo-di-promozione-e-protezione-degli-investimenti-tra-italia-e-rep-dominicana

6404

EmiNews 2008

 

Views: 10

AIUTACI AD INFORMARE I CITTADINI EMIGRATI E IMMIGRATI

Lascia il primo commento

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*


Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.