5755 LA CRISI FINANZIARIA e IL RUOLO DELL'EUROPA

20081008 18:51:00 redazione-IT

di Lanfranco Fanti (da Bruxelles)

La crisi finanziaria che, partita dagli Stati Uniti, sta investendo per contagio l’Europa ed il mondo intero, è prima di tutto una crisi di un sistema, di un metodo che per anni ha concepito e promosso la supremazia del mercato deregolarizzato a scapito di una politica economica basata sulla produttività.
Le multinazionali e le banche acquisendosi a vicenda con il denaro fittizio dei prestiti senza copertura, hanno guidato questo sistema basato sulla speculazione finanziaria e non sulla reale produttività economica.
I nodi sono venuti al pettine: la corsa al petrolio ed alle altre materie prime, la crisi del settore immobiliare, la montagna di debiti sui quali si é costruita la iper-finanziarizzazione dell’economia hanno fatto, nello spazio di un mattino, crollare questo sistema.

L’effetto é ora devastante, precipita la fiducia nell’ideologia neoliberista della deregulation e della privatizzazione, mentre le borse e perdono in un giorno 450 miliardi.

Ma il prezzo chi lo paga? Mentre i responsabili di questo tracollo mondiale si sono assicurati liquidazioni miliardarie, le famiglie strangolate dai mutui e dal costo della vita non arrivano a fine mese, i piccoli risparmiatori abbagliati da facili guadagni ora temono per la loro liquidità.

Ci credevamo immuni da questa crisi, ci siamo invece resi conto che anche l’Europa é stata travolta da questo uragano e che non ne usciremo come prima. Intanto, grazie alle tanto vituperate regole di bilancio comunitario ed al rigore sui tassi di interesse della Banca centrale Europea, non corriamo il rischio di una vera e propria catastrofe economica e soprattutto monetaria, tipo l’Argentina, con una moneta che non vale nulla e gli assalti alle banche.

Ma é una magra consolazione che ci deve fare riflettere sul ruolo dell’ Europa che invece rischia di soccombere di fronte alla sua stessa incapacità di unirsi ed affrontare i problemi.

Forte é la tentazione di dare soluzioni nazionali a sfide globali, come hanno fatto in Irlanda, in Olanda e si apprestano a fare in Germania, e come sembrano orientarsi i leader europei che invece di tenere in conto dell’interdipendenza delle economie europee convocano summit con invitati selezionati ed adottano palliativi ( flessibilità nell’applicazione dei criteri di Maastricht, sanzioni per i manager responsabili) che non toccano alla radice il problema.

Mai come ora invece occorre un governo europeo dell’ economia, che adotti velocemente soluzioni per armonizzare i criteri di vigilanza bancaria sotto l’egida della BCE, e che istituisca uno strumento comunitario di ricapitalizzazione, un fondo di intervento europeo, il quale, con il controllo della BCE e del Parlamento europeo, funga da azionista di ultima istanza investendo temporaneamente denaro nel caso in cui la sfiducia del mercato rischiasse di mettere in ginocchio l’economia. Come sta succedendo oggi.

Un sistema di accumulo finanziario, una certa visione del profitto tipica del recente capitalismo made in USA é dunque sepolta. Ma rinchiudersi nei propri recinti nazionali é la peggiore risposta ad una crisi che non ha confini, mentre l’Unione Europea potrà rispondere efficacemente alla crisi solo se saprà dotarsi, oltre alla moneta unica, di un governo europeo dell’economia, di un sistema unico di controllo del sistema bancario, e nell’insieme, di una progettualità lungimirante per il rilancio degli investimenti, della produzione, dell’occupazione e della ricerca.

Di fronte a queste sfide che destabilizzano gli equilibri economici e politici di tutto il mondo, mi auguro che sia gli economisti liberisti, filo-americani e fautori del libero mercato, ma anche i numerosi critici da e di sinistra che hanno rifiutato la Costituzione Europea perché “poco sociale”, si convincano di quanto un’Europa unita politicamente, con maggiori funzioni di controllo e di guida economica rappresenti non solo l’unica soluzione efficace ma soprattutto l’unico saldo ancoraggio contro la deriva nazionalista, xenofoba e razzista che, proprio cavalcando temi anti-europei, sta riprendendo piede in alcuni paesi (Austria in primis).

Inserire dunque nell’agenda della costituente della Sinistra italiana il tema dell’Europa, delle sue politiche e delle sue funzioni, come suggerito a Chianciano nel documento proposto dal coordinamento europeo, appare a mio avviso una sempre più una stringente necessità.

Sarebbe opportuno allora aprire un dibattito che coinvolga forze e movimenti, che non si limiti alla condivisa necessità di difendere il sistema proporzionale e le preferenze in vista delle prossime elezioni, ma che apra anche un confronto sui contenuti, su quale sia la nostra visione dell’Europa, quali i nostri contributi di idee ed esperienze su temi oramai affrontati principalmente a livello europeo come il lavoro, i diritti, l’ambiente, l’energia, la pace, in modo da arricchire la piattaforma identitaria di un soggetto politico unitario della Sinistra italiana. Se é questo che vogliamo…

Siamo già in prima linea nelle tematiche sociali ed economiche che stanno scuotendo oggi l’Italia (scuola, lavoro, giustizia) presenti da Caserta a Vicenza per promuovere le nostre battaglie al razzismo, all’ingiustizia, alla prepotenza, ma questa crisi ha generato paura e la paura e l’arma migliore in mano della destra.

Facile quindi attribuire colpe, nascondere i problemi, allontanare le soluzioni e permettere a Berlusconi di delegittimare la Costituzione, il parlamento, l’opposizione. Intanto nei comportamenti quotidiani imperversa la discriminazione, la caccia al diverso/colpevole, vince la non-cultura della soubrette che diventa ministro. Pagina 1 del manuale dell’autoritarismo. A differenza del PD, il rischio "Berlusconi" lo abbiamo sempre denunciato, ma perdere tempo in ulteriori tatticismi potrebbe rivelarsi letale all’esistenza stessa della democrazia.

Lanfranco Fanti

 

 

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EmiNews 2008

 

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