5754 Persecuzione dei Rom a Pesaro. Un uomo lotta fra la vita e la morte

20081008 17:42:00 redazione-IT

Pesaro, 7 ottobre 2008. Stasera, verso le 20, Radian Danila, Rom romeno di 35 anni, malato di cancro al pancreas, si è accasciato davanti all’ingresso dell’Ipercoop di Pesaro. Avvertiti telefonicamente da un suo familiare, abbiamo chiamato un’ambulanza, che l’ha trasportato d’urgenza al pronto soccorso dell’Ospedale San Salvatore. Le Istituzioni pesaresi, come i servizi sociali e tutte le autorità conoscono perfettamente la condizione sanitaria in cui
versano alcuni Rom che vivono a Pesaro: sono malati gravi, a volte incurabili e avrebbero diritto a una casa, a un sussidio, ad assistenza. Invece vivono al freddo, nell’umidità malsana di una casa fatiscente.

Nonostante le accorate proteste, l’allarme disperato che
il Gruppo EveryOne lancia da mesi, Pesaro ha condannato a morte questi
esseri umani e nega loro qualsiasi sostegno. Non hanno diritto neanche
all’acqua, alla corrente elettrica, a una stufa per scaldarsi. Hanno
negato loro persino un cassonetto dei rifiuti, costringendoli a vivere
come topi. Ma non è questo il limite della persecuzione cui sono
sottoposte le famiglie Rom di Pesaro. Non è questa l’ultima stazione
della Via Crucis che sono obbligate a percorrere, non avendo altra
opportunità. La città, infatti, ritiene che l’orrore in cui sono
calati questi esseri umani poveri e malati non è ancora una condanna
sufficiente e si appresta a colpirli con uno sgombero senza
alternative di alloggio. Significa che, se non riusciremo a fermare
l’odio irrazionale che ha contagiato praticamente l’intera
cittadinanza, risvegliando un barlume di umanità e tolleranza in
coloro che decidono, le famiglie "zingare" che vivono a Pesaro saranno
costrette a incamminarsi, al freddo, senza mezzi di sussistenza,
minate da gravi patologie e dalla precarietà, verso l’annientamento.
Gli attivisti del Gruppo EveryOne e pochi cittadini antirazzisti non
hanno rinunciato al dialogo con le Istituzioni, ma parlano, scrivono,
presentano documenti e lettere aperte in un clima tanto crudele quanto
surreale. Anziché provvedere alle emergenze umanitarie, anziché agire
con premura e civiltà, le autorità continuano a stringere d’assedio
questi profughi in condizioni drammatiche. Per loro non si tratta di
uomini, donne e bambini. Il "reato" che viene contestato loro non è
l’occupazione di uno stabile rurale (come scritto nel verbale di
denuncia), ma quello di esistere. A coloro che, con coraggio e spirito
di fratellanza, non rinunciano ad assisterli, con le proprie forze,
con i propri mezzi, con i propri cuori, sono riservati sospetto e
ostilità. Siamo come la Rosa Bianca o il Gruppo Westerweel nel Terzo
Reich. "Mi sento una criminale," ci confidava oggi una donna che aiuta
come può le famiglie Rom di Pesaro." Quando porto loro acqua, latte,
pane, pasta, devo agire di nascosto persino da mio marito. Perché non
capiscono che sono gente come noi?"
Radian Danila sta lottando fra la vita e la morte. Ha lottato tutta la
vita contro l’emarginazione: in Romania, a Milano e adesso qui a
Pesaro. Due malattie lo uccidono: un tumore e quella distorsione
dell’anima altrui, che i sopravvissuti all’Olocausto conoscono bene e
Primo Levi definì in una sintesi perfetta:

"Esiste un contagio del male: chi è non-uomo disumanizza gli altri,
ogni delitto si irradia, si trapianta intorno a sé, corrompe le
coscienze e si circonda di complici sottratti con la paura o la
seduzione al campo avverso".

Roberto Malini – roberto.malini@everyonegroup.com

 

 

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EmiNews 2008

 

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