5831 Clima, l'Italia dice no a Kyoto Ue: non potete bloccare l'accordo

20081019 18:21:00 redazione-IT

Alla vigilia del Consiglio dei ministri dell’Ambiente Ue in Lussemburgo, in programma lunedì, il premier Silvio Berlusconi difende la posizione italiana sul pacchetto clima e la richiesta di posticipare di un anno le decisioni sulle misure da prendere in merito a cambiamenti climatici ed energia. E lo fa prendendo a pretesto il fatto che anche altri paesi abbiano fatto richieste analoghe. «La richiesta di avere più tempo per approfondire il tema dei costi per la riduzione dell’anidride carbonica è stata condivisa da altri nove Stati – sostiene Berlusconi -. Non c’è quindi nessun isolamento dell’Italia in Europa, ma solo la continuazione di un costume deteriore dell’opposizione e cioè quello di fare polemiche anche contro il proprio Paese».

Da qui l’attacco alla stampa: «Leggo su alcuni quotidiani che l’Italia si troverebbe isolata in Europa per quanto riguarda la vicenda del clima. Non è assolutamente vero. L’Italia ha richiesto che i costi della riduzione delle emissioni di anidride carbonica vengano sostenuti in modo eguale da ciascun cittadino europeo. Altrimenti, i costi stessi sarebbero più pesanti per i Paesi manifatturieri».

Alle parole del premier si è aggiunto l’intervento del ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli: «Domani, al vertice di Lussemburgo, la linea sarà quella di chiedere di rinviare e di rinegoziare il protocollo di Kyoto». Lo ha detto i in un’intervista a Sky Tg24. «Il problema – spiega Matteoli – non sarà nell’accordo del 2009, dove sicuramente si troverà un’intesa, il problema sarà la scadenza del 2012. È lì che noi dovremo lavorare per far sì che il 2012 sia più sereno perchè altrimenti le nostre imprese allora saranno ancora più penalizzate».

Riguardo alla dichiarazione di Berlusconi sull’Italia che non è isolata sul no alle richieste dell’Ue, il ministro delle Infrastrutture dice che «di Stati che stanno dalla nostra parte ce ne sono sicuramente molti», ma «quando si affrontano i problemi climatici e nei confronti del protocollo di Kyoto c’è molta timidezza da parte dei Paesi perchè si teme di essere accusati di non voler salvaguardare i problemi legati all’ambiente».

Lo scontro continua dunque dopo giorni di polemiche fra il commissario Ue all’Ambiente Stavros Dimas e il governo italiano sui costi dell’attuazione del piano Ue sul cambiamento climatico. Sabato la Commissione europea si è detta fiduciosa sulla possibilità di trovare un accordo costruttivo entro il 2008, così come indicato dai leader europei, nel summit di questa settimana.

Ma il governo italiano ha rilanciato la richiesta di procedere ad una accurata valutazione del rapporto costi-benefici, con una proposta che metterà sul tavolo questo lunedì a Lussemburgo alla riunione dei ministri dell’Ambiente Ue, alla quale parteciperà Stefania Prestigiacomo.

Sarà quella l’occasione, fanno sapere all’Esecutivo Ue, per un incontro fra il commissario all’ambiente Stavros Dimas e il ministro italiano, per fornire chiarimenti sul «potenziale impatto» del pacchetto. E questo anche alla luce della polemica che in Italia ha seguito le dichiarazioni del commissario Ue, che si era detto «allibito» per le obiezioni italiane e sulla quale è tornato oggi il ministro per la pubblica amministrazione Renato Brunetta, che ha definito il piano Ue «una follia».

L’Italia proporrà, nella riunione di Lussemburgo, una clausola di revisione al pacchetto 20-20-20 (20% riduzioni di Co2, 20% in più di energia rinnovabili e di efficienza energetica entro il 2020). L’ipotesi è di dare il via libera al pacchetto nel summit europeo di dicembre, ma con una clausola di revisione che permetta aggiustamenti, alla luce della valutazione dell’impatto del piano, da effettuare nel corso del 2009.

Non si tratta, ha precisato il ministro dell’Ambiente, di una domanda di rinvio, ma della richiesta che «l’impatto dei costi-benefici venga esattamente valutato nel corso del 2009 e, sulla base di tale valutazione, vengano eventualmente riparametrati gli oneri previsti dal provvedimento».

Nella riunione di lunedì e martedì il negoziato entrerà quindi nel vivo delle cifre e della strategia, nella consapevolezza, come ha indicato la stessa Commissione Ue, che sono vari i paesi che hanno preoccupazioni sul costo di attuazione del piano, soprattutto in un momento di recessione economica mondiale. Per questo è cruciale il ruolo che giocherà la presidenza di turno francese, che ha ribadito «la sua determinazione a trovare una accordo entro il 2008».

Per indirizzare il dibattito, il presidente di turno francese, il ministro dell’ambiente Jean-Louis Borloo, ha inviato un questionario ai 26 partner. Le problematiche sollevate vanno dalla individuazione dei settori confrontati al rischio di carbon leakage (cioè la delocalizzazione delle imprese a maggiore intensità energetica) all’assegnazione delle quote di Co2 tramite aste e alla destinazione delle relative risorse da parte degli stati membri; dai meccanismi di flessibilità sulla riduzione dello sforzo nei settori non industriali fino al finanziamento degli investimenti per la cattura e lo stoccaggio del carbonio.

Per il ministro ombra dell’Ambiente, Ermete Realacci «la sfida ambientale è la vera opportunità da cogliere per rilanciare l’economia italiana. Il nostro Paese nel contesto europeo è fra quelli che ha i requisiti maggiori per orientare il suo sistema produttivo su basi ambientali. Sviluppo delle fonti alternative, innovazione, ricerca, sono queste le risorse che l’Italia deve mettere da subito in campo per affrontare con orgoglio la questione energetica e la sfida dei mutamenti climatici». «Peccato – sottolinea l’esponente democratico – che il governo Berlusconi, invece, stia intraprendendo un pericoloso viaggio nel passato e il nostro premier, unico fra i leader dei grandi Paesi europei anche di centrodestra, continua ad inchiodare l’Italia in una posizione di retrovia rispetto al resto d’Europa. Dai catastrofici scenari presentati strumentalmente per affossare il pacchetto Ue, con conti economici che considerano solo i costi e non i benefici che il sistema paese avrebbe dalle politiche di riduzione di emissioni di Co2 e che invece, come sottolinea Dimas, sono per l’Italia assolutamente in linea a quelli di tutti gli altri Paesi europei e si attestano intorno allo 0,66% del Pil».

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EmiNews 2008

 

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