5932 Un milione a Roma, tanti milioni in tutta Italia contro il decreto Gelmini

20081030 14:34:00 redazione-IT

«Contateci: siamo un milione» Bimbi, mamme e prof in piazza
Epifani: «Un intero Paese insorge»
di Silvia Garambois (da l’Unità)

Un milione di persone ha invaso Roma per dire il suo no al decreto Gelmini, che mercoledì è diventato legge. In testa al corteo i gonfaloni dei piccoli Comuni che rischiano di vedersi chiudere le scuole. Lo sciopero generale della scuola è proclamato da tutti sindacati di categoria (Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Gilda e Snals).

«Contateci: siamo un milione» Bimbi, mamme e prof in piazza
Epifani: «Un intero Paese insorge»
Silvia Garambois

veltroni in piazza, scuola
«’Anvedi i professori, ahò». Quali sono? Quei signori un po’ impacciati, con lo striscione "Se pensate che l’istruzione sia costosa, provate con l’ignoranza", che proprio non hanno l’aria di essere habitué delle piazze? In questo fiume di gente che attraversa Roma, colorata, vivace, che canta, che suona – c’è la banda, ci sono i fischietti, c’è una fisarmonica che accompagna una classe di piccolini -, che recita filastrocche, sono tanti quelli come loro, un po’ imbranati in mezzo ai liceali. I più scatenati sono i bimbi: «Uno, due, tre stella, la mia scuola si ribella…». Un gruppetto porta cartelli con su scritto "Io sono strumentalizzato". Lo sai cosa vuol dire? "Boh!", poi tornano a soffiare forte nel fischietto.

Maledettamente compresi nella parte, i bimbi si sentono e sono i protagonisti, la mamma da una parte e la maestra dall’altra, quegli striscioni fatti apposta per loro: "Ogni bambino è unico, le maestre sono tante". «Che bella manifestazione!», dicono ai lati della strada. Bella sì. Il corteo sta sfilando a Trinità dei Monti da 50 minuti, la testa del corteo ha raggiunto da tempo Piazza del Popolo, e qualcuno al telefonino grida: «Ma dove sei? Ancora a Termini? Ma quanti siete?». Corre voce che ci sono ancora i pullman fermi sul raccordo anulare, e dall’altoparlante danno i numeri: ne sono partiti 40 da Firenze, 18 da Arezzo, 38 dalle Marche, 30 dalla Puglia… Corre voce che nel serpentone della protesta ci siano ottocentomila persone: «No, siamo un milione!».

C’è il Gonfalone di Firenze, accompagnato dai costumi rinascimentali che sono emblema della città, c’è quello della Provincia di Napoli, ma ci sono anche i sindaci dei piccoli comuni, quelli con meno di cinquemila abitanti, quelli che perderanno la scuola. Sotto il Gonfalone di Polistena, con la fascia da sindaco, c’è il capo dell’opposizione, Massimo Frana: «Abbiamo votato all’unanimità un ordine del giorno contro la Gelmini, per questo rappresento io il comune: per noi, in Calabria, significa tagliare migliaia di posti di lavoro, 97 scuole nei piccoli comuni, è un regalo alla mafia».

Colori e suoni, palloni colorati, il colpo d’occhio dall’alto è di festa, ma ci sono in giro troppe orecchie d’asino (le portano i docenti, le portano gli studenti dei licei), troppe magliette con le frasi della protesta, troppa rabbia: «Referendum, referendum, referendum…». Sono stati i sindacati di categoria a organizzare questa giornata ( Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Gilda e Snals), ma il passa-parola è andato assai oltre.

Anche i politici sono confusi nella manifestazione, c’è Veltroni, la Bindi, Mussi, Fioroni, c’è Nicki Vendola con Bertinotti, c’è Di Pietro, festeggiati, certo. Ma meno del bimbo che corre con la maglietta verde con su scritto: "Io amo la mia scuola". Ed è arrivato anche il sole…

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Epifani: «Un intero Paese insorge»

epifani, cgil
Quando sale sul palco di piazza del Popolo, dal basso esplode un boato. Guglielmo Epifani, il segretario della Cgil, parla al milione di persone che sono venute a Roma per dire no al decreto Gelmini. Lui lo chiama «un’intero paese che insorge»: «State segnando una giornata memorabile – dice ai manifestanti – non solo per la scuola ma per la nostra democrazia, per il futuro del paese, per i nostri giovani. Non avevo mai visto una piazza così, forse avremmo dovuto scioglierne un’altra – dice a chi è rimasto fuori – ma probabilmente non c’è così grande da accogliere tutti».

Epifani poi si è rivolto ai giovani, a quelli che il governo chiama «facinorosi, strumentalizzati»: «Non vi pentirete di stare con noi – dice Epifani – non permetteremo che il vostro impegno sia messo in discussione da qualcuno che ha cattivi pensieri. La forza di questa piazza è la forza della democrazia ed è uno scudo per i nostri giovani. Qui c’è la maggioranza del paese che non si rassegna, che non abbassa la schiena, che non si fermerà».

Poi il segretario della Cgil parla della riforma: «Hanno chiamato in causa Obama – dice – ma lo sanno che se sarà eletto investirà 20 miliardi nell’istruzione? E lo sa il nostro governo – incalzato Epifani – che sta arrivando una crisi, che già 200 mila persone nel settore privato sono stati licenziati o in cassa integrazione e a questi si aggiungono i precari della scuola, dell’università, della sanità, dello Stato? A quanto si vuole far arrivare il numero di persone che perderà il lavoro?».

E nel discorso di piazza del Popolo non manca un richiamo all’unità sindacale: oggi sono tutti insieme in piazza, ma dall’Alitalia alla riforma dei contratti, ultimamente Cgil Cisl e Uil non sono andate troppo d’accordo: «Non scambiamo un piatto di lenticchie – dice – per la forza di questa ritrovata unità. Non divida il governo quello che le persone vogliono tenere unito». Epifani lascia la piazza con un appuntamento, quello del 14 novembre, quando torneranno in piazza gli universitari e i ricercatori. E con un appello «Il Governo apra finalmente il dialogo. Non lo deve al sindacato, ma al Paese reale per il futuro dell’Italia».

http://www.unita.it/

 

 

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EmiNews 2008

 

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